Geopolitica
Quelli che dicono ancora: il Battaglione Azov è composto da nazisti

Stiamo assistendo, sbigottiti, ad una propaganda tesa a far dimenticare al pubblico della presenza di elementi apertamente neonazisti tra le fila delle forze ucraine.
Come rimbalzato da più parte, Enrico Mentana ha dichiarato in televisione che il Battaglione Azov, quello con i simboli SS nelle mostrine, non era un battaglione neonazista. La pagina di un articolo sull’argomento scritto su La Stampa degli Agnelli-Elkann ai tempi del golpe di Maidan (2014) ora non è più raggiungibile. Inoltre, come abbiamo visto, ora anche Facebook consente ad alcuni utenti di elogiare il Battaglione Azov sul social media.
Tuttavia, in rete e perfino in TV c’è ancora qualcuno che dice le cose come stanno.
Massimo Giletti, su La7 (la rete di Mentana) ha mandato in onda un’intervista a un addestratore militare che dice di essersi rifiutato di preparare il Battaglione Azov. «Ho detto di no, sono nazisti». L’uomo dice che anche dall’altra parte, quella filorussa, «c’è gente che ha fatto cose allucinanti».
Su YouTube si può trovare anche un’intervista al giornalista, poi presidente RAI, Marcello Foa. Nell’intervista, risalente al 2015, Foa sostiene che Azov «è una brigata composta da truppe paramilitari neonaziste, esistono tanti documenti visivi, filmati in internet, che è stata decisiva per rovesciare con la forza il regime di Yanukovich un anno e mezzo fa».
Interrogandosi sulla «disinformazione» che già allora aleggiava intorno alla situazione ucraina, Foa aggiunce che «se anche il Parlamento americano dopo due anni di inefficienza si accorge che l’America ha finanziato delle organizzazioni che sono oggettivamente pericolose, qualcosa non torna»-
In questi giorni sta invece tenendo banco l’intervista che l’ex deputato britannico George Galloway, acerrimo nemico della guerra in Iraq ai suoi tempi, ha fatto lo scorso 9 marzo a Scott Ritter, un ex ufficiale dell’intelligence della Marina che ha servito come ispettore delle armi delle Nazioni Unite in Iraq. Renovatio 21 ne ha scritto ieri, riguardo alle conclusioni comunicate da Ritter a Galloway riguardo i biolaboratori ucraini finanziati dagli USA.
Nella stessa intervista (minuto 58:24), Ritter ha trattato anche la questione dei neonazi presenti tra le file delle forze di Kiev.
«I militari li hanno assorbiti – dice Ritter – e ha promosso i loro ufficiali nella gerarchia, per cui ci sono i neonazisti dappertutto. E il più grande imbarazzo di tutti è quando truppe britanniche, americane e canadesi sono andate in Ucraina per addestrare quella forza militare secondo le tattiche NATO e l’equipaggiamento NATO, le fotografie mostrano che stavano addestrando il Battaglione Azov, perché quelle erano le prime unità che l’Ucraina ha portato all’addestramento».
«Noi abbiamo addestrato nazisti, letteralmente» esclama Ritter.
Tuttavia, non basta. I fact checker sono già pronti a negare tutto, i siti a spegnere pagine, i social a cancellare contenuti. Il neonazismo non è, e non è mai stato, un problema in Ucraina. Con buona pace delle continue dosi del racconto dell’orrore hitleriano a cui la popolazione mondiale è stata sottoposta dal 1945 ad oggi.
Viviamo in un mondo orwelliano dove la realtà può essere capovolta in un nanosecondo.
È difficile farsene una ragione.
Geopolitica
«È ora di andare»: Orban chiede la defenestrazione della Von der Leyen

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha chiesto le dimissioni della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, pubblicando un’immagine parodia in vista del voto di sfiducia previsto al Parlamento europeo. La mozione, prevista per giovedì, prende di mira la sua gestione degli approvvigionamenti del vaccino contro il COVID-19.
Martedì Orban ha condiviso un’immagine stilizzata come la copertina della celeberrima rivista americana TIME, raffigurante uno sfondo rosso e una von der Leyen in ritirata, con la didascalia «è ora di andare».
L’immagine era una parodia della copertina della rivista dedicata a Biden del 2024, pubblicata dopo l’annuncio dell’allora presidente degli Stati Uniti di ritirarsi dalla campagna elettorale.
L’Orban è da tempo uno dei più aspri oppositori di von der Leyen, accusandola di minare le istituzioni dell’UE e di interferire negli affari interni degli Stati membri, scontrandosi spesse volte con Bruxelles su controversie sullo stato di diritto e sulla politica sanzionatoria, e ha affermato che la leadership dell’Unione ha cercato di isolare politicamente l’Ungheria.
All’interno dell’UE, von der Leyen ha dovuto affrontare crescenti critiche, in particolare per la sua condotta durante la pandemia di COVID-19. Il suo rifiuto di pubblicare i messaggi privati scambiati con l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, durante i colloqui sull’approvvigionamento dei vaccini ha alimentato continue polemiche. Un tribunale europeo ha stabilito all’inizio di quest’anno che il suo ufficio non era riuscito a fornire una giustificazione legittima per la riservatezza dei messaggi.
Time to go. pic.twitter.com/utLYFKQz6b
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) July 9, 2025
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Varie voci, provenienti da tutto l’arco europarlamentare e dal mondo dell’euroscetticismo hanno accusato Ursula di centralizzare il potere, aggirando le tradizionali procedure della Commissione e il controllo parlamentare, nonché di ignorare la sovranità nazionale in questioni delicate.
Il voto di sfiducia di giovedì è stato avviato dall’eurodeputato rumeno Gheorghe Piperea, che ha denunciato un modello di «eccesso istituzionale» nella condotta di Von der Leyen. La mozione necessita di una maggioranza dei due terzi e del sostegno della maggioranza assoluta dei 720 membri del Parlamento europeo per essere approvata – una soglia che, secondo gli osservatori, difficilmente verrà raggiunta.
Come riportato da Renovatio 21, in risposta la Von der Leyen si è scagliata contro i suoi oppositori, etichettandoli come «complottisti» e «no-vax» sostenuti dal Putin. Intervenendo in una sessione plenaria questa settimana, ha affermato che alcuni dei suoi critici stavano agendo «per conto dei loro burattinai in Russia».
Mosca ha ripetutamente accusato von der Leyen di nutrire idee russofobe. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, all’inizio di quest’anno, l’ha definita «Führer Ursula» e l’ha accusata di promuovere la militarizzazione in tutta l’UE, distogliendo l’attenzione dalla cattiva gestione finanziaria dell’era pandemica. I funzionari del Cremlino hanno anche criticato il suo sostegno all’Ucraina e il suo ruolo nell’estensione delle sanzioni contro la Russia, definendola uno dei principali motori dello scontro tra UE e Mosca.
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Geopolitica
L’UE potrebbe dare altri 100 miliardi di euro all’Ucraina

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Geopolitica
La guida suprema dell’Iran riappare dopo settimane

La guida suprema della Rivoluzione iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha fatto la sua prima apparizione pubblica dall’inizio della guerra del suo Paese contro Israele il mese scorso.
Sebbene Khamenei la scorsa settimana abbia pubblicato un video provocatorio in cui rivendicava la vittoria nelle recenti ostilità, non era riapparso pubblicamente fino a sabato sera, quando ha partecipato a una cerimonia per celebrare la cerimonia religiosa sciita annuale Ashura presso il suo complesso.
Il ritiro del religioso dalla vita pubblica, scatenato dal timore che potesse essere assassinato da Israele o dagli Stati Uniti, ha dato origine a speculazioni sulla sua salute e sulla sua presa del potere.
WATCH: Iranian leader Ayatollah Khamenei appears at a public mourning ceremony — the first time since the 12-day war. pic.twitter.com/pfMcjheD2z
— Sprinter Observer (@SprinterObserve) July 5, 2025
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Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz aveva dichiarato che Israele avrebbe voluto uccidere Khamenei, ma non ne ha avuto occasione.
Credo che se Khamenei fosse stato nel nostro mirino, lo avremmo eliminato», ha dichiarato giovedì Katz al canale israeliano Channel 13, come riportato da Reuters. «Tuttavia Khamenei lo aveva capito, si era nascosto in profondità e aveva interrotto le comunicazioni con i comandanti che avevano sostituito quelli eliminati, quindi alla fine non era realistico», ha aggiunto. «Volevamo eliminare Khamenei, ma non c’era alcuna possibilità operativa», ha detto Katz.
Riprese televisive ira circolanti mostrano Khamenei alla cerimonia, con indosso una tunica clericale nera e una kefiah. Erano presenti anche il vicepresidente, il ministro della giustizia e il presidente del parlamento iraniano.
Gli analisti ritengono che la ricomparsa del religioso segnali un tentativo di riaffermare la normalità e la sfida del regime nei confronti degli Stati Uniti e di Israele. Venerdì il presidente Trump ha dichiarato che all’Iran non sarà consentito riavviare il suo programma nucleare.
Rivolgendosi ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, Trump ha affermato di ritenere che gli attacchi aerei statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan siano stati un «grande successo» che ha distrutto in modo permanente le capacità nucleari del Paese. «Direi che l’intera questione nucleare è stata bloccata definitivamente», ha affermato Trump.
Tuttavia, il Presidente ha riconosciuto che l’Iran potrebbe tentare di riavviare il suo programma nucleare altrove. Se ciò accadesse, Trump ha promesso che gli Stati Uniti impedirebbero l’ulteriore arricchimento dell’uranio. «Se dovessero farlo di nuovo, tanto vale che inizino da un posto diverso, perché quel posto è completamente distrutto».
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«Potrebbero partire, ma credo che dovrebbero partire da un luogo diverso», ha continuato. «Ma se partissero, ci sarebbe un problema. Non permetteremmo che ciò accadesse».
L’Iran ha formalmente sospeso la sua cooperazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), a seguito degli attacchi aerei israeliani e statunitensi del mese scorso. Il 4 luglio, l’AIEA ha confermato che i suoi ultimi ispettori erano stati ritirati dal Paese, dopo che i legislatori iraniani avevano votato per porre fine alla collaborazione con l’agenzia. Agli ispettori dell’AIEA era stato negato l’accesso alle strutture prese di mira da Israele e Stati Uniti.
In un rapporto del 22 giugno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il giorno degli attacchi americani, l’AIEA ha affermato che l’Iran aveva accumulato più di 400 kg di uranio arricchito al 60% di purezza, non lontano dal 90% necessario per realizzare un’arma nucleare. Secondo l’AIEA, non è ancora chiaro cosa sia successo a queste scorte in seguito agli attacchi israeliani e statunitensi.
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