Pensiero
Dragonballe Z
Bisogna tentare di mantenere la calma, e ricostruire quello che è successo.
Il nostro premier si è scagliato contro il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Come noto, Lavrov ha parlato in una trasmissione TV di Mediaset. L’establishment è arrabbiato, sembra un colpaccio, un’esclusiva italiana che non dovremmo permetterci.
Tuttavia chi segue Renovatio 21, sa che in questi giorni il Lavrov – dei cui discorsi pubblici cerchiamo di tenere traccia, perché è importante sapere cosa dice la parte censurata del conflitto – ha rilasciato diverse interviste, dai media arabi a quelli cinesi, passando per una quantità di eventi pubblici nei quali ha offerto la sua analisi della situazione, spesso puntualissima.
Dagospia aveva anticipato che l’intervista aveva fatto saltare i nervi al governo antirusso. Chi è stato a mettere in moto la macchina che ha portato un ministro di Mosca a parlare sulla TV nazionale italiana?
È stato Valentino Valentini, l’ex poliglossico interprete di Berlusconi, testimone diretto degli anni della granitica amicizia italo-russa?
È stato un qualche potente della TV con entrature oltrecortina?
È stato Berlusconi stesso? Ma come, non era a cuccia dentro il governo? Ma come, non era arrabbiato con Putin perché Vladimir adesso gli butta giù il telefono come ad uno scocciatore? Mistero.
La rabbia nel Palazzo, a quel che si diceva, era tanta.
Quindi ecco che in un raro caso di apparizione pubblica, il Draghi post-COVID si spende contro l’apparizione catodica del ministro che insultò il suo amico Giggino, fidato capo della diplomazia italiana, il ministro forse più allineato col Mario premier.
Ecco quindi, che partono le balle del Drago. Le Dragonballe.
«Prima di tutto, parliamo di un Paese, l’Italia, dove c’è libertà di espressione» dice, con sorrisetto in volto il nostro premier per offendere Lavrov e la Russia.
«Questo Paese permette dunque di esprimere le proprio opinioni liberamente».
Eh? Machedaverodavero?
E noi dovremmo stare a sentire una cosa del genere? Il premier ha idea di cosa sia l’Italia – il mondo – nell’Anno Domini 2022?
Ban? Shadowban? Processi alle grandi piattaforme che ti zittiscono… Draghi ne ha mai sentito parlare? Draghi ha idea di come si sente attualmente una larga parte dei cittadini italiani?
Noi, che siamo censurati (e magari pure spiati) ovunque, dovremmo sentirci dire che abbiamo la libertà di esprimerci?
Ma Draghi si è accorto che non esiste una testata in Italia che anche solo mezza cosa fuori dalla narrazione? O meglio: Draghi si è accorto che se ne è accorta una vasta porzione della popolazione?
In Italia c’è la libertà di espressione?
Ci spiega allora perché i siti russi – Rt.com, Sputnik e talvolta pure il sito ufficiale del Cremlino – sono irraggiungibili?
Una balla del genere la deve proprio raccontare ad un popolo che, mentre si esprimeva liberamente in piazza, è stato fatto oggetto di forza ondulatoria fino a che non è stata spenta la protesta nella repressione più triste, tra manganelli, idranti, ondate di agenti in borghese ed in assetto antisommossa?
Le vagonate di celerini per far chiudere una pasticceria, qualcuno le rammenta? E piazza Duomo a Milano?
Ma di cosa stiamo parlando?
Ah, sì, la libertà di espressione.
Draghi, pur essendo un tecnocrate – termine anche troppo nobilitante per dire impiegato di Stato cooptato ad alti livelli – mai nella sua vita si si dovrebbe essere occupato del tema… tuttavia, in effetti di libertà di parola aveva parlato giusto qualche settimana fa.
Ricordate? Era per dire che gli articoli dove si discuteva dell’assassinio di Putin nel nostro Paese si possono scrivere tranquillamente… lui quindi stava dalla parte del giornale denunciato dall’ambasciatore russo. «In Russia non c’è libertà di stampa, solidarietà a Giannini e ai suoi giornalisti».
Fu una mossa geniale, degna di un grande leader lungimirante: il giorno dopo doveva chiamare Putin per parlare della mancanza di gas che sta facendo chiudere le nostre aziende.
Ci ribolle il sangue, lo vedete. Basterebbero le prime parole del suo discorso per voler chiudere tutto, per nausearci tra bugie e nonsensi.
Draghi dice che ciò che dice il ministro Lavrov è «aberrante». Tuttavia «aberrante», per noi, è avere un premier che non abbiamo votato, un primo ministro privo di partito, fatto piovere dal cielo da chissà chi.
Per noi che crediamo che il nostro voto valga qualcosa, sì, avere un premier del genere è aberrante: nella storia repubblicana si contano pochissimi casi di tecnocrati installati al potere, e tutti in era recente (il primo probabilmente è stato il suo mentore, Ciampi), quando la sovranità italiana era già stata patentemente liquidata, come testimonia il caso del Britannia, panfilo sul quale, come sappiamo, il Draghi diede un discorso di benvenuto caloroso (includendo nei saluti tali «Invisibili Britannici»: invisibili britannici di altro tipo ci sa che operano anche ora in Ucraina e forse pure in Russia…)
Per noi, il Britannia è aberrante.
Per noi è aberrante la «distruzione creativa» dell’economia promossa apertamente dal gruppo dei Trenta capeggiato da Draghi.
Per noi sono aberranti le fake news ministeriali, le dragonballe sui vaccinati che non contagiano, con l’annuncio, un po’ adolfesco, secondo cui «i nostri problemi dipendono dai non vaccinati».
Invece, dobbiamo sentire che «oscena» sarebbe la storia di Hitler di origine ebraica raccontata da Lavrov.
Il Draghi ostenta sicumera: eccerto, lui sta storia non la ha mai sentita, nonostante fino a qualche anno fa degli studi genetici comprovanti svolti da ricercatori belgi ne parlava in tranquillità il Corriere e tutta la stampa possibile, sempre ghiotta di scandali e paradossi sul tema di svastica e stella di David.
Non vogliamo nemmeno entrare nella faccenda. Con evidenza, Lavrov come altri, non si prendono la briga di spiegare cosa sia il zhidobanderismo ucraino, di cui Renovatio 21 ha parlato, ma forse è il caso di fare un articolo a parte: in breve, l’azione di oligarchi ebrei come Igor Kolomojskij, che da una parte crea e lancia il presidente ebreo (russofono) Zelens’kyj e dall’altra imbastisce e finanzia battaglioni nazionalisti pieni di croci uncinate ucronaziste.
Ci limitiamo a ricordare che gli stessi nazisti sono quelli a cui l’Occidente – compresa l’Italia – stanno fornendo armi – armi che in un futuro prossimo sappiamo come possano andare in mano a terroristi. Questo è «osceno», questo è «aberrante», non le storielle sulle origini giudaiche dello Hitler.
Fornire armi significa dare la possibilità di uccidere. Fornire armi ai nazisti significa aiutare stragi naziste. Ce ne rendiamo conto?
Com’è possibile aprire la bocca su Hitler quando si stanno armando personaggi con svastiche e rune?
Infine, ecco che il nostro – incredibile, davvero – si scaglia contro la libertà di stampa, che aveva sostenuto una manciata di secondi prima.
«La televisione trasmette liberamente queste opinioni», cioè, quella di Lavrov, del ministro in carica del Paese con cui siamo materialmente in guerra.
Per Dragonball evidentemente non è accettabile.
«Lei ha parlato di intervista» dice seccato al giornalista che aveva fatto la domanda. «In realtà è stato un comizio».
Il problema, dice il tecnocrate che oltre che di vaccini ne sa anche di giornalismo, è che è stata fatta «senza nessun contraddittorio».
Certo, come no: vediamo il contraddittorio che esiste in Italia sui giornali nei confronti suoi e del suo governo. Stiamo vedendo una folla infinita di giornalista che stanno chiedendosi se è il caso che a capo delle migliaia di testate atomiche americane ci sia uno in demenza senile. Stiamo vedendo il fior fiore di contraddittori sulla guerra in Ucraina, sulle armi inviate verso il sangue e il caos, sulle fabbriche che chiudono, sul rischio nucleare…
«Non è un granché professionalmente… Fa venire in mente strane idee». Ah bello, adesso ci parla di professionalità, e poi lancia un messaggio subliminale a qualcuno (Berlusconi? Salvini? Chi?), magari sottintendendo una mezza accusa di potenziale intelligenza con il nemico.
Quindi, se il ministro Lavrov non deve parlare in TV, se ogni comunicazione di Mosca deve essere censurata, significa che siamo in guerra con la Russia?
La risposta ve l’abbiamo già data: di fatto, sì, e, a quanto ha scritto nero su bianco il Financial Times, dentro ci ha trascinato proprio Mario Draghi.
Andate a rivedervi l’articolo: Draghi è considerabile come uno degli attori principali di quella che potrebbe essere la prima vera mossa di guerra economica dichiarata della storia umana: il sequestro (cioè, il ladrocinio) di 300 miliardi di dollari dei russi depositati in Banche Centrali estere. Spariti, puf. Mai successo: nemmeno, durante la Seconda Guerra Mondiale, i danari tedeschi depositati alla Banca d’Inghilterra, con i V2 che si mangiavano il 25% di Londra.
Nell’Euroregno dei Draghi, invece, si può.
«In Europa, è stato Draghi a spingere l’idea di sanzionare la Banca Centrale al vertice di emergenza dell’UE la notte dell’invasione. L’Italia, grande importatore di gas russo, in passato era stata spesso titubante riguardo alle sanzioni. Ma il leader italiano ha sostenuto che le scorte di riserve della Russia potrebbero essere utilizzate per attutire il colpo di altre sanzioni, secondo un funzionario dell’UE».
Così il Financial Times, che non ci risulta sia stato smentito.
In Senato, poche settimane prima, Draghi aveva dichiarato un qualcosa che ad oggi non capiamo bene cosa volesse dire – o non dire.
«Era stato tutto premeditato da tanto tempo» aveva dichiarato Draghi riguardo ad un presunto complotto russo che aveva programmato la situazione attuale.
«Le riserve della Banca centrale russa dalla guerra di Crimea ad oggi sono state aumentate sei volte, alcune sono state lasciate in deposito presso altre Banche centrali in giro per il mondo, altre presso banche normali. Non c’è quasi più nulla, è stato portato via tutto, queste cose non si fanno in giorno, in mesi, mesi e mesi. Non ho alcun dubbio che ci fosse molta premeditazione e preparazione».
Ci avete capito qualcosa? Stava già ammettendo il suo ruolo in questo attacco frontale a Mosca, che rende l’Italia bersaglio inevitabile? Oppure si tratta semplicemente di un’altra dragonballa nella guerra contro la Russia, una Dragonballa Z?
Non ci è dato saperlo, tuttavia di una cosa siamo certi: il disallineamento assoluto di Draghi e del suo governo rispetto all’interesse nazionale.
Industrie disintegrate, valanghe di disoccupazione, la fame che può incredibilmente tornare fra noi, la minaccia sempre più viva di uno scontro termonucleare in casa nostra: tutto questo avviene mentre il nostro governo di occupa di armare l’Ucraina e di lamentarsi se il ministro russo parla alla TV italiana.
Tutto questo, dopo aver rubato due anni della nostra vita, e una fetta definitiva della nostra prosperità, con il COVID, lasciando una scia di morti e di mRNA che gridano vendetta al cielo.
Questo sì è «osceno», e «aberrante», e «fa venire in mente strane idee».
In realtà, sappiamo esattamente che idee dobbiamo avere.
Roberto Dal Bosco
Immagine di Attili Filippo via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0); immagine modificata.
Pensiero
Manifesto per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica
Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).
Parere (n. 25): Per un nuovo Manifesto di Ventotene, per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica
Nel 1941, un gruppo di antifascisti confinati sull’isola di Ventotene redasse un documento, intitolato «Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un Manifesto», che auspicava l’instaurazione di una «Federazione Europea» in grado di superare, assorbendola, la sovranità degli Stati continentali. (1)
L’idea alla base del «Manifesto di Ventotene» era, in sé, semplice: trasferire alla prevista Federazione Europea il nocciolo duro della sovranità statale, ossia le competenze in materia di politica estera e di difesa, lasciando agli Stati federati «l’autonomia che consenta … lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli».
Il passo più decisivo nella direzione indicata dal Manifesto fu la firma a Parigi, il 27 maggio 1952, del Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa (CED) e che prevedeva, a termine e secondo modalità del tutto originali, la creazione di un’ulteriore comunità europea, la Comunità Politica Europea (CPE): l’azione congiunta della CED e della CPE, unitamente a quella svolta dalla allora neocostituita Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA, 1951), avrebbe assicurato i pilastri politici ed economico-strategici su cui fondare l’edificio federativo prospettato dal Manifesto di Ventotene. (2)
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Tuttavia, il mutato assetto delle relazioni internazionali conseguente alla guerra di Corea (1950-1953), alla morte di Stalin (1953), alla sconfitta francese di Dien Bien Phu (1954), all’adesione della Repubblica Federale Tedesca alle organizzazioni di difesa europea (UEO) e atlantica (NATO) e alla creazione del Patto di Varsavia (1954/55), spinse gli Stati firmatari, e in particolare la Francia, a rinviare sine die la ratifica del Trattato di Parigi, con la conseguenza che né la CED, né la CPE videro mai la luce.
Il fallimento della CED e della CPE segna di fatto il tramonto dell’ideale federalista europeo, perché, da allora, nessun altro trattato o accordo o dichiarazione d’intenti ha voluto o potuto resuscitare il progetto di Federazione Europea formulato dal Manifesto di Ventotene.
Quanto resta, oggi, di quell’ideale federalista è una organizzazione internazionale denominata Unione Europea – nata nel 1992 sulle ceneri della preesistente Comunità Economica Europea (CEE, 1957) – che, al di là delle dichiarazioni di facciata e della sua costante preoccupazione di presentarsi come tempio di pace e democrazia, è ben lontana dal promuovere il progetto di integrazione politica federale proposto dal Manifesto di Ventotene, limitandosi a perseguire la cooperazione monetaria strettamente funzionale al capitalismo ultra-finanziario e digitale promosso dalle élites globali: ossia, ciò che il Manifesto indicava espressamente tra le cause principali della «crisi della civiltà moderna». (3)
In questo senso, è sufficiente ricordare i passaggi del Manifesto che stigmatizzavano: «La formazione di giganteschi complessi industriali e bancari …(che premono)… sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi»; «l’esistenza dei ceti monopolistici e … dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello Stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali»; «la volontà dei ceti militari (di predominare)… su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi»; infine, il fatto che «gli ordinamenti democratico liberali …(sono)… lo strumento di cui questi gruppi si (servono) per meglio sfruttare l’intera collettività».
Alla luce di queste affermazioni, formulate più di 80 anni fa e forse per questo dimenticate, il CIEB auspica che i cittadini europei leggano (o rileggano) con attenzione il Manifesto di Ventotene per valutare attentamente la distanza che separa questo documento, e gli ideali a esso sottesi, dalle proposte elaborate o commissionate da taluni apparati allo scopo di rilanciare l’immagine di un’Europa incrinata da un diffuso euroscetticismo perché sempre più mercato-centrica e, quindi, lontana dai cittadini.
Alla luce delle affermazioni contenute nel Manifesto sarebbe opportuno leggere anche il «Rapporto sulla competitività europea», presentato in questi giorni da un ex premier italiano tra il plauso delle lobby industriali, delle istituzioni nazionali ed europee, della politica e dei media, che fa leva essenzialmente sulla riforma del mercato dei capitali e su maggiori investimenti nei settori – guarda caso – degli armamenti e delle infrastrutture digitali.
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Ma, al di là della scelta dei settori considerati prioritari, ciò che più colpisce del Rapporto, sotto il profilo etico, è la sua impostazione complessivamente volta ad anteporre gli interessi economico-finanziari rispetto a qualsiasi altro bene o valore, a cominciare dalla vita e dalla salute dell’uomo: basti rilevare che, per l’autore del Rapporto, il rilancio dell’Europa passa anche attraverso l’ulteriore semplificazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali per uso umano, quelle stesse procedure che hanno permesso di introdurre sul mercato un farmaco sperimentale – il cosiddetto vaccino anti-COVID – la cui rischiosità è da tempo ammessa pubblicamente dalle medesime aziende farmaceutiche che lo hanno prodotto e commercializzato, dagli enti di ricerca e dalle autorità regolatorie.
Forse non c’è migliore esempio di questo per evidenziare il divario tra gli ideali e gli obiettivi dell’attuale Unione Europea e quelli enunciati dal Manifesto di Ventotene, il cui incipit era dedicato proprio al «principio di libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita».
Evidentemente i tempi sono maturi per l’adozione di un nuovo Manifesto di Ventotene che formuli un modello di Europa i cui protagonisti siano realmente i cittadini e che metta definitivamente da parte quell’artificiosa costruzione che si fregia astrattamente del titolo di «unione europea» e che altro non è che lo schermo dietro cui si muovono le élites finanziarie globali.
CIEB
18 settembre 2024
NOTE
1) Per il testo originale del Manifesto, cfr. il sito dell’Istituto di studi federalisti «Altiero Spinelli»: https://www.istitutospinelli.it/download/il-manifesto-di-ventotene-italiano/
2) È utile ricordare che, a differenza della CED, che nasceva da un comune trattato internazionale, la CPE sarebbe stata creata da una vera e propria Assemblea costituente composta dai delegati degli unici organi internazionali che, all’epoca, rappresentavano – sia pure indirettamente – i popoli europei, ossia l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale nata nel 1949 e del tutto distinta dalle comunità europee di cui si parla nel testo) e l’Assemblea parlamentare della già citata CECA. Può pertanto affermarsi che il progetto CPE resta, nel quadro della storia delle organizzazioni internazionali, un esperimento assolutamente unico e, soprattutto, irripetuto: tutte le comunità europee che videro la luce negli anni successivi (CECA, CEE, EURATOM), come anche l’odierna Unione Europea (UE), sono nate in base alle vicende costitutive delle comuni organizzazioni internazionali, ossia mediante trattati internazionali negoziati, firmati e ratificati da organi statali secondo le rispettive procedure di diritto interno.
3) Cfr., anche per le citazioni seguenti, il capitolo 1 del Manifesto, citato alla nota 1.
Il testo originale del presente Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb
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Pensiero
Sacerdote tradizionalista «interdetto» dalla diocesi di Reggio: dove sta la Fede cattolica?
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Geopolitica
Zakharova e le sanzioni ai media russi: gli USA stanno diventando una «dittatura neoliberista»
Le ripetute sanzioni volte a limitare la libertà dei media russi negli Stati Uniti sono un segnale dell’erosione dei valori democratici a Washington, ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova.
La portavoce ha rilasciato queste dichiarazioni all’agenzia di stampa RIA Novosti a margine dell’Eastern Economic Forum tenutosi mercoledì a Vladivostok, poche ore dopo l’introduzione di un nuovo ciclo di sanzioni da parte degli Stati Uniti.
Washington ha imposto severe restrizioni ai media russi in passato, ha osservato Zakharova. L’imposizione di queste nuove sanzioni «testimonia l’irreversibile degrado dello stato democratico negli Stati Uniti e la sua trasformazione in una dittatura neoliberista totalitaria», ha affermato, aggiungendo che i notiziari sono diventati una «merce di scambio nelle dispute di parte e il pubblico è deliberatamente tratto in inganno da insinuazioni su mitiche interferenze nei “processi democratici”».
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Gli attacchi ai media russi sono «il risultato di operazioni attentamente ponderate» pianificate dai servizi segreti e coordinate con i principali organi di informazione, ha affermato la Zakharova.
L’obiettivo, ha affermato, è «sterilizzare lo spazio informativo nazionale e, in futuro, globale da qualsiasi forma di opinione dissenziente». Questa nuova «caccia alle streghe» è volta a mantenere «la popolazione in uno stato di stress permanente», oltre a costruire l’immagine di «un nemico esterno», in questo caso la Russia, ha sottolineato la portavoce.
Mercoledì, i dipartimenti di Giustizia, Stato e Tesoro hanno annunciato uno sforzo congiunto per colpire con sanzioni e accuse penali i media russi, tra cui il noto notiziario governativo Russia Today, e gli individui che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden afferma essere «tentativi sponsorizzati dal governo russo di manipolare l’opinione pubblica statunitense» in vista delle elezioni presidenziali di novembre.
Queste azioni degli Stati Uniti «contravvengono direttamente ai loro obblighi di garantire il libero accesso alle informazioni e il pluralismo dei media» e non rimarranno senza risposta, ha affermato la Zakharova.
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Immagine di Diana Robinson via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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