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Geopolitica

Funzionario esercito USA: le armi inviate in Ucraina finiscono al mercato nero

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Alcuni giorni fa la CNN ha pubblicato un articolo intitolato «Cosa succede alle armi inviate in Ucraina? Gli Stati Uniti non lo sanno davvero». Lo riporta la testata governativa russa Sputnik, il cui sito è ora irraggiungibile dall’Italia.

 

L’emittente all news americana ha citato funzionari statunitensi e fonti del Pentagono che hanno affermato che «gli Stati Uniti hanno pochi modi per tracciare la sostanziale fornitura di armi anticarro, antiaeree e altre armi che hanno inviato oltre il confine in Ucraina».

 

«Abbiamo fiducia nel breve periodo, ma quando si entra nella nebbia della guerra, ne abbiamo quasi zero», ha detto alla CNN una fonte con familiarità con la questione. «Finiscono  in un grande buco nero e non ne abbiamo più idea dopo un breve periodo di tempo».

 

Secondo i funzionari statunitensi, il rischio è che, a lungo termine, «alcune di quelle armi finiscano nelle mani di altri eserciti e milizie che gli Stati Uniti non intendevano armare». Da parte sua, l’Ucraina «ha un incentivo a fornire solo informazioni che rafforzeranno la loro tesi per maggiori aiuti, più armi e più assistenza diplomatica».

 

L’ex funzionario dell’amministrazione Reagan Paul Craig Roberts ha affermato molte armi straniere vengono distrutte dall’esercito russo,  suggerendo che «qualsiasi cosa non distrutta viene venduta per arricchire i funzionari ucraini che possono controllare le armi». Pertanto, secondo il Roberts, grandi depositi di armi non raggiungono nemmeno il campo di battaglia.

 

Il Roberts ricorda altresì gli strampalati traffici di armi degli USA degli ultimi tempi. «Le armi rimaste in Afghanistan avrebbero dovuto equipaggiare le forze governative afghane contro i talebani», dice Roberts, aggiungendo che le armi statunitensi finite nelle mani dei jihadisti siriani, compresa l’ISIS, erano in realtà destinate a questi terroristi per rovesciare il presidente siriano Bashar al-Assad.

 

Fino a prima del conflitto, l’Ucraina era ritenuta dal Global Organized Crime Index «uno dei più grandi mercati del traffico di armi d’Europa», ha scritto Taylor Giorno del Quincy Institute nel suo editoriale di marzo per Responsible Statecraft. Nel pezzo era descritto come i «civili come i soldati» ucraini sarebbero soliti incanalare armi «in una vasta rete di traffico illecito di armi».

 

«Sebbene l’Ucraina abbia intensificato le indagini sul furto di proprietà militari nel 2014, la diversione di armi leggere e grandi è continuata», ha scritto la Giorno . «Un briefing di Small Arms Survey sui flussi illeciti di armi nel 2017, ad esempio, ha rilevato che, delle oltre 300.000 armi leggere scomparse dall’Ucraina dal 2013 al 2015, solo il 13% circa è stato recuperato… Il furto e la diversione non si limitano a armi leggere o ladri civili. Nel 2019, ad esempio, due soldati ucraini hanno tentato di vendere 40 granate RGD-5, 15 razzi RPG-22 e 2.454 cartucce di armi da fuoco per soli 75.000 grivna ucraine (circa $ 2.900)».

 

Jacobin, una rivista statunitense di sinistra, osserva , commentando l’articolo di aprile della CNN, che questa non è la prima volta che funzionari della difesa ed esperti di sicurezza statunitensi hanno espresso preoccupazione per il fatto che le armi straniere inviate in Ucraina potrebbero finire nelle mani sbagliate. Questo solleva la questione delle reali intenzioni di Washington, secondo la rivista.

 

«Lo scopo delle spedizioni di armi è rafforzare la mano dell’Ucraina nel raggiungere una soluzione negoziata del conflitto, un processo dal quale l’amministrazione Biden e i governi alleati si sono finora tenuti lontani?» chiede Branko Marcetic di Jacobin.

 

«O è, come hanno suggerito alcuni funzionari statunitensi e britannici, trasformare l’Ucraina in un pantano simile all’Afghanistan per la Russia, indebolendola e forse anche innescando un cambio di regime, mentre nel frattempo invia un messaggio alla Cina?»

 

Paul Craig Roberts considera questi suggerimenti non realistici. «Dato che le forze ucraine sono circondate, non c’è modo per le armi di attraversare le linee russe», dice. «Anche se le armi sono passate, l’esercito ucraino non è più in grado di compiere azioni offensive».

 

Varie voci hanno subito detto che le armi che venivano distribuite al popolo di Kiev trovavano immediatamente la via verso la criminalità organizzata, con varie sparatorie intra-ucraine emerse nei video dei primi giorni del conflitto.

 

Una delle persone che ha testimoniato da vicino il fenomeno, lo youtuber americano-cileno Gonzalo Lira, è stato di recente prelevato da uomini armati dello SBU, i servizi segreti ucraini, ed è stato fatto sparire per circa una settimana.

 

Come scritto da Renovatio 21, il vero dubbio che dobbiamo temere è se queste armi, profuse a piene mani anche dall’Italia, non troveranno la via per tornare qui da noi assieme a orde di combattenti neonazisti, che una volta perduta la guerra si rifugeranno dalla zia badante in Italia, dove potrebbero costituire una rete sotterranea come quelle viste durante le violentissime rapine in villa degli anni Novanta ad opera dei veterani balcanici.

 

Il risultato potrebbe essere una «zona di barbarie» estesa dall’Ucraina all’Europa, il sogno di chi vuole la disgregazione del tessuto sociale europeo.

 

Di queste cose di cui vi stiamo parlando, c’è qualche politico che se ne occupa? Qualche altro giornale?

 

 

 

 

 

 

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Geopolitica

Atrocità contro gli armeni in Nagorno-Karabakh: le testimonianze dei profughi

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Patrick Lancaster, giornalista americano indipendente noto per i suoi reportage sul Donbass dove si è trasferito a vivere, ha recentemente intervistato i cittadini dell’Artsakh, tra cui alcuni bambini, riguardo all’operazione militare dell’Azerbaigian. I testimoni affermano che soldati azeri avrebbero brutalmente ucciso uomini, donne e bambini innocenti.

 

Nel video postato tra  i profughi in Armenia dal Lancaster, che pare provato dai racconti, un ragazzino racconta la storia della sua fuga assieme alla famiglia nell’esodo generale degli armeni dell’Artsakh, tra la minaccia dei soldati di Baku, gli ingorghi per strada e la mancanza di cibo. Dice che i russi li hanno protetti, e che gli azeri temono l’accusa di genocidio, ciononostante hanno sparato sulle case del suo villaggio, poi alle persone. Il giovane dice che quando la sua comunità è tornata a raccogliere i corpi, hanno scoperto che ai morti erano state tagliate le braccia, le orecchie e le gambe.

 

Lancaster ha quindi parlato con una madre che stava fuggendo dalla sua terra natale con i suoi quattro figli. «Stiamo salvando le nostre vite e i nostri bambini dagli azeri», dice. «Abbiamo perso tutto. Abbiamo perso la nostra patria, le nostre case, la nostra storia». È la seconda volta che accade, dichiara, perché avevano già perso il loro villaggio nella guerra precedente.

 

Il marito è ancora a Stepankert e sta cercando di uscirne. Dice che ha un figlio con meno di due anni, e lo allattato al seno per tutto il tempo, perché durante il blocco non c’era niente da mangiare.

 

«Questa è storicamente la nostra terra! Avremmo dovuto vivere e morire lì! E questo è quello che ci hanno fatto! Non siamo pronti a vivere con loro. Non ci fidiamo di loro. Non sono persone pacifiche».

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Alla domanda se sia vero che gli azeri stanno tagliando gole e braccia risponde che «sì, ed è la stessa cosa nella guerra precedente. È così. Non lo so. È il loro modo di fare le cose».

 

Una signora anziana racconta che l’artiglieria è iniziata di prima mattina il 19 settembre. «Siamo corsi al rifugio. Poi i russi sono arrivati e ci hanno resi un po’ più sicuri». Poi sono stati portati all’aeroporto. «Sulla strada gli azeri sono stati gentili, ci hanno dato pane e acqua». Tuttavia, non si fida a tornare perché «tieni a mente che possono farlo ancora», riferendosi alla pulizia etnica azera.

 

 


«Un ragazzo di 19 anni, gli hanno impiantato un chiodo in testa! E poi lo hanno ucciso! È stato crudele. È stato negli anni Cinquanta e Sessanta. E poi, nel 1988, è stato fatto lo stesso a Baku Sumgait! Noi abbiamo vissuto pacificamente, ma loro non ci hanno lasciato vivere! Capite?»

 

La signora quindi dichiara al reporter americano che gli azeri «hanno ucciso dei bambini! Hanno tagliato loro la testa! Hanno ucciso anche i bambini piccoli!».

 

Un’altra donna interrompe: «è vero! al 100! Il bambino era mio parente!

 

L’anziana continua «hanno distrutto i bambini negli asili. Hanno tagliato loro braccia e gambe». Perché lo fanno? «Ci mostrano che è una guerra, fanno le cose in modo diverso».

 

«Sono terroristi, non sono esseri umani. Non c’è nulla di umano in loro. Questo è» continua la donna che dice di aver perso un bambino della sua famiglia. Lancaster dice che la donna sostiene che i suoi parenti sono stati decapitati dagli azeri.

 

Oltre 100.000 persone, ovvero oltre l’80% della popolazione dell’Artsakh nella regione del Nagorno-Karabakh, si sono trasferite la scorsa settimana a seguito dell’improvvisa azione militare dell’Azerbaigian.

 

Al momento non vi è condanna dell’ONU per l’accaduto. Nessuna vera condanna nemmeno da parte di USA, Federazione Russa, Unione Europea.

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Immagine screenshot da Rumble

 

 

 

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Geopolitica

La Russia accusa di terrorismo i comandanti ucraini

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Il comitato investigativo russo ha identificato quattro alti ufficiali militari ucraini come le menti di oltre 100 «attacchi terroristici» che hanno coinvolto droni contro infrastrutture civili.   In una dichiarazione di martedì, l’agenzia ha affermato di aver raccolto prove sufficienti per accusare i quattro comandanti in contumacia di crimini legati al terrorismo. La Russia cercherà l’arresto dei sospettati, ha affermato.   Il comitato ha nominato colpevoli il capo dell’Intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov, i comandanti dell’aeronautica militare e della marina Mykola Oleshchuk e Oleksiy Neizhapa, nonché il comandante del 383° reggimento droni dell’aeronautica militare Sergey Purdenyuk. I loro presunti reati sono avvenuti tra aprile 2022 e settembre 2023, scrive RT.   Funzionari russi accusano regolarmente Kiev di lanciare droni kamikaze ad ala fissa contro obiettivi all’interno della Russia. Alti funzionari ucraini definiscono pubblicamente questi droni «non identificati», ma fanno poco per negare la responsabilità del loro Paese per gli attacchi.

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Il programma semisegreto dei droni era stato dettagliato in agosto dalla rivista britannica The Economist, dove si spiegava come gli sviluppatori di droni concorrenti a volte conducano operazioni che «sembrano progetti di pubbliche relazioni progettati per portare un prototipo all’attenzione dei capi degli appalti, piuttosto che avere valore militare».   C’è anche un aspetto di guerra psicologica nel lanciare «attacchi da prima pagina» contro obiettivi civili come il centro finanziario di Mosca, affermava l’articolo.   Budanov, che è probabilmente il funzionario più coinvolto dai media tra i quattro ucraini accusati, ha dichiarato allo stesso quotidiano il mese scorso che la sua agenzia ha cercato di sconvolgere l’economia russa, anche costringendo gli aeroporti di Mosca e San Pietroburgo a chiudere durante i raid dei droni. Il capo dell’Intelligence militare di Kiev ha affermato che gli attacchi hanno causato «zero» vittime civili in Russia, contrariamente a quanto riportato dai resoconti locali.   Media russi avevano dato Budanov per morto quattro mesi fa dopo un attacco con missili di precisione al servizio militare ucraino. Lo stesso presidente russo Vladimir Putin aveva confermato a fine maggio che il quartier generale della GUR era uno degli obiettivi dell’attacco russo. Il ministero della Difesa russo aveva affermato che tutti gli «obiettivi designati» sono stati colpiti con successo.   A maggio, Budanov aveva promesso di «continuare a uccidere russi ovunque sulla faccia della terra fino alla completa vittoria dell’Ucraina», rivendicando la responsabilità del presunto assassinio di «molti» personaggi pubblici russi, senza però fornire alcun nome   Il Cremlino ha successivamente affermato che le parole di Budanov dimostrano solo che il presidente russo Vladimir Putin aveva ragione quando ha lanciato l’operazione militare russa in Ucraina. «Stiamo essenzialmente parlando di una nazione che è di fatto uno sponsor del terrorismo», aveva detto il portavoce presidenziale, Dmitrij Peskov, ai media russi a metà maggio in risposta alle parole di Budanov.

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La Polonia introduce controlli alle frontiere con gli altri Paesi Schengen

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Il governo polacco attuerà controlli temporanei alla frontiera con la Slovacchia a causa del crescente numero di migranti illegali che cercano di entrare in Germania attraverso la rotta balcanica, ha annunciato martedì in una conferenza stampa il ministro degli Interni Mariusz Kaminski. Misure simili sono state adottate anche dai governi di Austria e Repubblica Ceca.

 

Kaminski ha dichiarato che solo nelle ultime due settimane le autorità polacche hanno individuato e arrestato un totale di 551 migranti illegali alla frontiera e che il numero di migranti illegali è aumentato del 1000% rispetto allo scorso anno.

 

Sia la Polonia che la Slovacchia fanno parte della zona Schengen, il che significa che di solito non esistono controlli standard alle frontiere tra le due nazioni.

 

Varsavia ha affermato che le nuove misure verranno introdotte per un periodo iniziale di dieci giorni. Il comandante della guardia di frontiera polacca, Tomasz Praga, ha osservato che i controlli potranno successivamente essere rinnovati per periodi non superiori a 20 giorni. Un altro rappresentante delle guardie di frontiera ha inoltre affermato durante la conferenza stampa che il periodo totale durante il quale i controlli alle frontiere possono essere ripristinati non può superare i due mesi.

 

«Intraprendiamo tali azioni perché siamo uno Stato responsabile. Stiamo difendendo efficacemente il confine con la Bielorussia e speriamo che il problema nei Balcani e sul confine polacco-slovacco venga risolto in modo efficace», ha affermato Kaminski.

 

Il ministro degli Interni ha accusato le politiche di Bruxelles dell’ondata di rifugiati, affermando che la politica migratoria dell’UE è «irresponsabile e inadeguata alla realtà».

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«L’unica risposta adeguata all’ondata di migrazione illegale è una dura protezione delle frontiere esterne dell’UE e un cambiamento nel sistema di asilo», ha affermato.

 

Nel frattempo anche la Repubblica Ceca e l’Austria hanno annunciato i controlli alle frontiere con la Slovacchia che inizieranno a mezzanotte e dureranno inizialmente dieci giorni. Il primo ministro ceco Petr Fiala ha dichiarato che «grazie alle ispezioni saremo in grado di garantire ancora meglio la sicurezza dei nostri cittadini», sottolineando che Praga combatte attivamente i trafficanti e i «commercianti di miseria umana».

 

Anche il ministro degli Interni austriaco Gerhard Karner ha affermato che lo scopo dei controlli è impedire ai trafficanti di intraprendere rotte alternative verso l’UE attraverso l’Austria.

 

Il mese scorso, le autorità tedesche hanno anche denunciato l’afflusso di richiedenti asilo nel paese e hanno introdotto pattuglie di polizia ai confini con la Polonia e la Repubblica ceca. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che il numero di rifugiati che arrivano in Germania è «troppo elevato» e ha insistito sulla necessità di cambiare la situazione migratoria.

 

«Le cose non possono rimanere come sono adesso: più del 70% di tutti i rifugiati che arrivano in Germania non sono stati registrati in anticipo, anche se quasi tutti sono stati in un altro Paese dell’UE», ha detto Scholz.

 

A qualcuno potrebbero tornare alla mente – perché certe cose non si dimenticano – i sacri confini di Schengen invocati dall’allora premier Conte a inizio pandemia. Ovviamente Schengen fu sospesa, con i valichi dall’Italia considerata infetta chiusi dai Paesi limitrofi, e le famiglie a Gorizia che dovevano parlarsi attraverso una rete di confine.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Austria dieci mesi fa ha di fatto rigettato il sistema Schengen attuando un blocco per gli ingressi di Romania e Bulgaria. Il cancelliere austriaco Karl Nehammer un mese fa ha ribadito che il sistema di immigrazione della UE «è rotto da anni».

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 Immagine di Janusz Jurzyk via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

 

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