Alimentazione
Prepararsi alla fame

Mettiamola semplice: l’Italia produce il 36% del frumento che richiede il suo fabbisogno nazionale, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 63% della carne suina, il 56% del grano duro per la pasta.
Gli allevamenti saranno presto in ginocchio: energia aumentata dell’80%, i mangimi del 50%.
I fertilizzanti, che sono legati intrinsecamente alla Russia, sono aumentati del 170%.
La Russia e l’Ucraina coprono l’80% della produzione mondiale di olio di girasole, che serve ai forni.
In pratica, stiamo per entrare nel tunnel della crisi alimentare. I prezzi arriveranno alla follia, alcuni cibi spariranno. L’abbondanza dei nostri supermercati – quella che faceva piangere di gioia e stupore anni fa chi veniva dai Paesi del blocco socialista – subirà una contrazione certa.
Non è detto quindi che sappiamo cosa mangeremo. O meglio, se mangeremo.
Sì, la situazione è così grave: e al governo abbiamo Giggino di Maio (il capo della diplomazia che ha detto in TV che Putin che vale meno di un animale) e Mario Draghi, snobbato ad ogni tavolo decisionale, talvolta apparentemente non proprio sul pezzo. Vogliamo dire: guardate in faccia alla realtà, non è possibile che coloro che ora siedono in plancia di comando sappiano affrontare questa situazione.
L’Italia produce il 36% del frumento che richiede il suo fabbisogno nazionale, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 63% della carne suina, il 56% del grano duro per la pasta
Il Paese può precipitare nella carestia – e da lì, al caos.
Non è una prospettiva fantasiosa: i dati la supportano. L’Ungheria, da cui importavamo il 30% del fabbisogno di grano, ha chiuso. Altri Paesi stanno seguendo l’esempio magiaro (l’Italia pure sta discutendo di fermare certe esportazioni ora considerate stategiche). La Bulgaria ha copiato. La Moldavia stai proibendo le esportazioni di zucchero.
Dobbiamo pensare che a noi in qualche modo va bene. Ci sono Paesi come il Libano (piagato da una crisi mai vista), lo Yemen (distrutto dalla guerra coi sauditi), la Somalia, la Libia, il Nicaragua dipendono quasi interamente dal grano russo e ucraino. Pure la Turchia e l’Egitto: panificare potrebbe diventare rarissimo.
Come del resto in Italia: le scorte che abbiano dicono che siano per 40 giorni, 6 euro al chilo per il pane, la pasta oltre i 4 euro.
I pani e i biscotti italiani sono prodotti con grano tenero importato al 64%.
Possiamo rimanere con mezza pagnotta, con mezzo biscotto, con mezzo piatto di pasta. L’ipotesi è reale. Senza cereali, poi, le bestie non mangiano. Non danno carne. Non danno latte.
Non solo: potrà pure aumentare il prezzo del pacchetto di pasta fino ad divenire osceno (escludendo così i meno abbienti, tipo i no vax senza stipendio), ma quello che non cambia è la quantità: ci sarà meno materia alimentare in circolazione in Italia. Ci sarà, cioè, più fame – se non la fame vera e propria.
Arriva la catastrofe, la vediamo in faccia, ma non siamo in grado di riconoscerla
Mi rendo conto che possono sembrare considerazioni esagerate. Del resto, non ci siamo abituati. Arriva la catastrofe, la vediamo in faccia, ma non siamo in grado di riconoscerla, come in quel film svedese, Force Majeure, dove in un rifugio sciistico in montagna la gente vede la valanga arrivare ma non si preoccupa, perché crede che sia qualcosa di normale, di calcolato, perché «se fosse pericoloso ce lo avrebbero detto».
Come nel caso dei vaccini sperimentali mRNA, anche qui gioca la sua parte il rifiuto totale della popolazione della dissonanza cognitiva: non posso vivere con l’idea che la situazione sia così orrenda. Non posso vivere con l’idea che il mio governo, il mio medico, il mio giornale mi stiano mentendo. Non è possibile che la vita cambi d’un tratto. Non è possibile, no.
Invece, è possibile.
La guerra è tornata in Europa. Una guerra vera – fra due Paesi che la guerra se la ricordano bene, perché hanno perso l’ultima volta 20 milioni di ragazzi.
La guerra è tornata in Europa. Una guerra vera – fra due Paesi che la guerra se la ricordano bene, perché hanno perso l’ultima volta 20 milioni di ragazzi.
E chi vi comanda, poi, ha testato su di voi un’arma incredibile negli ultimi 2 anni: vi possono rinchiudere in casa, vi possono obbligare a innesti genici sconosciuti. Vi possono togliere la libertà di parola, la libertà di incontrarvi, di protestare, comprimere ogni vostro diritto umano. Cosa credete, che si tireranno indietro di fronte al razionamento del cibo?
Tra i miei conoscenti qualcuno mi accusa di pessimismo: si ricordano che nel 2020 dissi di fare scorte, e ne scrissi anche un articolo. Ebbene, le scorte che feci prima del lockdown a oltranza mi evitarono completamente le file ai supermercati, magari a giorni alterni a seconda del cognome (ve le ricordate, queste cose che vi hanno inflitto?). Tuttavia, riconosco che c’era qualcosa che non aveva preso in considerazione: la presenza nel circuito di produzione e distribuzione alimentare del polmone economico di un partito di governo.
Le cooperative controllano il 40% della GDO: hanno fatto fatturati favolosi, e dopo anni di problemi. Ci credo: l’unico posto in cui era possibile andare, chiaramente ad infettarsi, era il supermercato, unica attività lasciata stranamente intonsa. Un’economia di guerra (quello che ci ripetevano) avrebbe previsto invece che, tenendo le persone in casa in coprifuoco perpetuo, passassero i camion militari a scaricare sacchi di riso alla popolazione. Ma no: agli ipermercati era tutto normale… solo, a volte, qualche scaffale si svuotava.
Quello che sta accadendo è esattamente un attacco alla filiera alimentare
Non rinnego quello che dicevo due anni fa: la filiera è fragile. Lo si è visto bene presso altri grandi distributori, di utensili o di articoli sportivi – molti prodotti a catalogo sono rimasti esauriti per mesi, perché non solo è stato difficile in questi anni trovare container dalla Cina, è difficile perfino trovare le materie prime.
Ora, quello che sta accadendo è esattamente un attacco alla filiera alimentare.
Chiaramente, non può reggere. Essa non è colpita nei suoi snodi finali – l’impacchettamento, la distribuzione che dà da mangiare alle coop. Essa è stata polverizzata ab origine. Dall’Ucraina non parte più nulla. Dalla Russia, con grande intelligenza, non vogliamo più nulla. Da ogni altro Paese, pure UE, potrebbe non venire più niente. Questo è il lockdown, ma fatto bene. La pandemia potrebbe essere stata solo una prova generale di quello che sta davanti a noi.
L’enormità delle conseguenze sono qualcosa di cui ora non so vedere i confini.
Mancherà la pasta, il pane, la carne, il latte. Non pensate che mancherà a voi: mancherà ai vostri figli, a cui una carenza alimentare può compromettere la crescita
Mancherà la pasta, il pane, la carne, il latte. Non pensate che mancherà a voi: mancherà ai vostri figli, a cui una carenza alimentare può compromettere la crescita.
Non voglio pensare a cosa potrà uscire da questo pensiero: chiaramente, ne può uscire l’avvio di un collasso sistemico italiano. Ma non è questo che vorrei dire qui.
Voglio dire: preparatevi.
Fate scorte. Iniziate con la pasta. In certi supermercati trovate le confezioni da 5 kg, anche della Barilla, a 6/7 euro. Sono cinquanta pasti. Calcolate in base alla vostra famiglia. Sulla tempistica, fate voi: un mese? Due mesi? Non abbiamo idea di quanto possa durare questa cosa.
Poi quello che vi abbiamo detto l’altra volta. Cibo in scatola: minestroni, legumi. Riso: trovate i pacchi da 10 e 20 kg. Frutta secca. Nocciole, arachidi: non vanno a male e sono calorimetricamente potentissime. Evitateil pensiero di mettere qualcosa (tipo, la carne) in freezer: i blackout possono diventare realtà. Accettate la realtà della Simmenthal. Latte a lunghissima conservazione. Casse d’acqua, se avete l’acqua potabile non eccezionale. Olio, importantissimo.
Andate soprattutto alla cerca della sostanza più preziosa che vi serve: la pace interiore. Ve l’hanno portata via, ve l’hanno offesa, rubata, in anni di follie e terrore
Ancora: antibiotici, vitamine, disinfettanti. Carta. Per chi ha bambini: non scordate il latte in polvere, i pannolini.
Potremmo andare avanti nella lista del prepper 2022, ma ci fermiamo. Questo articolo vuole dire soltanto che la nostra vita quotidiano potrebbe impazzire, perché il mondo è impazzito. Il mondo è in guerra. E no, non danno segno di voler cedere.
Cominciate anche a contemplare l’idea di mangiare meno. O ancora meglio: cominciate a pensare di dover digiunare. Il vostro cibo potrebbe dover essere ceduto ad un bambino, che deve crescere, e che in questi due anni ha già subito anche troppo.
Chi vi scrive sta entrando nell’ottavo giorno di digiuno. Non è, decisamente, il primo che faccio e non sarà l’ultimo (anche se, in questo momento, lo vorrei). Per una adulto vivere periodi senza cibo è possibile, anzi, ne è riconosciuto l’effetto di lucidità che dà alla mente e di pulizia generale dell’organismo. Tuttavia – DISCLAIMER! – voi non dovete mettervi a digiuno in nessun modo se non sotto la supervisione medica, magari di uno dei dottori di digiunoterapia presenti sul territorio nazionale: in nessun modo io, che non sono un medico, vi sto dicendo che dovreste farlo, anzi.
Digiuno a parte, andate soprattutto alla cerca della sostanza più preziosa che vi serve: la pace interiore. Ve l’hanno portata via, ve l’hanno offesa, rubata, in anni di follie e terrore.
Senza la pace interiore, non potete pensare di essere pronti al futuro prossimo che la Cultura della Morte vuole farvi vivere
Dovete riprenderla. Senza di essa non potete nulla.
Senza la pace interiore, non potete pensare di combattere il Male che vi stanno lanciando contro.
Senza la pace interiore, non potete pensare di prepararvi alla fame.
Senza la pace interiore, non potete pensare di essere pronti al futuro prossimo che la Cultura della Morte vuole farvi vivere.
Roberto Dal Bosco
Alimentazione
Ramen verso i 1000 yen: la crisi del «piatto economico» giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’aumento dei costi di ingredienti e manodopera sta mettendo in crisi i conti dei ristoratori di quello che è il cibo popolare per eccellenza in Giappone. Secondo i dati di Teikoku Databank il 34% ha registrato perdite nello scorso anno fiscale. Rincari nei listini ormai inevitabili, anche se molti giapponesi non sembrano disposti a spendere di più per una ciotola dio ramen.
I ramen sono sempre di più uno dei piatti simbolo del Giappone in tutto il mondo. Una combinazione di noodle, dashi (brodo), tare (salsa) con l’aggiunta di grasso o olio e diversi ingredienti: piatto popolare, completo e soprattutto molto economico. Nella loro terra d’origine, però, l’aumento dei prezzi del 2024 sta creando i problemi ai tantissimi ristoranti che nel Paese del Sol Levante propongono questa specialità, ciascuno con le specificità della propria regione.
A rilevarlo è Teikoku Databank, compagnia fondata nel 1900 con l’obiettivo di «proteggere le aziende dalle frodi» e che detiene oggi il più ampio database aziendale del Giappone. Tra i ristoranti di ramen i bilanci in passivo di almeno 10 milioni di yen lo scorso anno sono aumentati di oltre il 30%, raggiungendo quota 72, rispetto ai 53 del 2023. A pesare non è solo il costo delle materie prime e dei servizi: c’è anche l’aumento delle spese per il personale a causa della carenza di manodopera, accompagnata dall’inarrestabile inverno demografico, che nel 2023 ha toccato il minimo storico.
A causare l’alto numero di insolvenze è anzitutto il mantenimento dell’economicità dei ramen nonostante gli aumenti. Il prezzo medio di una ciotola di ramen è difatti ancora inferiore ai 700 yen (circa 4 euro), secondo Teikoku Databank. Ma con i costi degli ingredienti del 2024 che, a ottobre, sono aumentati in media di oltre il 10 per cento rispetto al 2022, le aziende si trovano a dover avvicinare i prezzi alla soglia dei 1000 yen (circa 6 euro). Sebbene resti un prezzo basso rispetto a molte altre opzioni culinarie, il suo superamento è visto come un colpo all’immagine di questo cibo popolare, che potrebbe allontanare i clienti.
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Takatoyo Sato, gestore del ristorante Menkoi Dokoro Kiraku nel quartiere degli affari Shimbashi di Tokyo, ha dichiarato all’agenzia giapponese Kyodo News di aver aumentato i prezzi per l’ultima volta nel maggio 2024. Il più popolare tra la sua clientela locale è il ramen shoyu con brodo a base di salsa di soia a 950 yen, in aumento rispetto ai 780 yen del 2021.
«Non potevo più evitare di aumentare i prezzi, altrimenti saremmo andati in rosso», ha detto il 52enne durante una pausa tra il servizio del pranzo e della cena, in uno dei turni di 17 ore che svolge sei giorni alla settimana.
Circa il 34% dei 350 ristoranti di ramen intervistati da Teikoku Databank ha segnalato di aver registrato perdite nel corso dell’anno fiscale 2023. Sato ha raccontato che la scelta di aumentare i prezzi non è stata ben accolta da molti clienti abituali. «Abbiamo perso una parte della clientela. Anche se non lo ammettono apertamente, molti pensano che, in fondo, siano solo ramen… Ma questa visione cambierà», ha dichiarato, riferendosi al rincaro dei costi necessari per offrire anche questo cibo.
Nel frattempo, alcuni consumatori iniziano a modificare il loro punto di vista. Munayoshi Suzuki, un 34enne di Tokyo, ha espresso l’opinione che i clienti siano stati «viziati» dai prezzi contenuti e che ormai i ramen sono considerati un bene superfluo, alla stregua di alcol o sigarette.
Guardando al 2025, Teikoku Databank prevede che i fallimenti potrebbero continuare, con le piccole e medie imprese probabilmente più restie rispetto alle grandi catene a ritoccare i prezzi dei menu. Anche Sato si dice scettico sulla possibilità di convincere i clienti a spendere di più.
«Non ci resta che sperare che i costi non continuino a salire anche quest’anno», conclude.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Alimentazione
Ecco i pomodori OGM di Bill Gates. Ma c’è qualche ostacolo

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Lo studio incontra un «ostacolo importante»
Fleetwood ha riassunto i tre meccanismi utilizzati dai pomodori geneticamente modificati per colpire la vitalità delle uova della mosca bianca: 1) Produzione di chitinasi: i pomodori sono progettati per produrre un enzima derivato dalla felce Tectaria macrodonta che degrada la chitina, un componente chiave dei gusci d’uovo degli insetti. Questo enzima è destinato a uccidere gli embrioni in via di sviluppo all’interno delle uova. 2) Dirottamento riproduttivo: utilizzando domini di vitellogenina sintetica (SynVg), le proteine imitano i percorsi riproduttivi naturali delle mosche bianche, garantendo che gli insetticidi vengano rilasciati direttamente nelle uova. 3) Assorbimento migliorato: i domini di trasduzione proteica (PTD) facilitano il trasporto di questi composti insetticidi dall’intestino dell’insetto al suo apparato riproduttivo. Antoniou ha spiegato che per monitorare il funzionamento di questi meccanismi, i ricercatori hanno utilizzato un transgene che codifica una proteina fluorescente facilmente rilevabile, mCherry, che ha permesso loro di monitorare facilmente se il transgene veniva espresso. Utilizzando mCherry hanno preso di mira le parti della pianta (il floema e l’ apoplasto, ovvero lo spazio attorno alle cellule vegetali) che gli insetti mangeranno. In linea di principio, ha detto Antoniou, il parassita ingerirebbe qualsiasi proteina insetticida espressa in queste parti della pianta. Tuttavia, quando i ricercatori hanno dato in pasto alle mosche bianche i pomodori GM che esprimevano mCherry, non hanno rilevato la proteina fluorescente negli insetti, comprese le loro uova, come previsto. Sebbene gli autori non siano riusciti a spiegare perché il transgene fosse assente nelle mosche che mangiavano i pomodori, hanno affermato che un meccanismo di difesa innato nelle uova che degrada le proteine potrebbe aver causato il problema, ha affermato Antoniou. «Gli autori riconoscono che questo meccanismo di difesa naturale costituisce un ostacolo importante al progresso di questa tecnologia». Ha anche fatto notare che, poiché inizialmente i ricercatori avevano avuto problemi a rilevare il transgene nei pomodori ingegnerizzati, hanno dovuto utilizzare i polloni, ovvero piante che crescono dalle radici della pianta ospite. «Sono stati osservati problemi di silenziamento dell’espressione transgenica e, cosa ancora più sorprendente, importanti deformità in questi cloni di piante polloni», ha affermato Antoniou. «Ciò non è inaspettato, data la nota tendenza al silenziamento transgenico e la natura altamente mutagena del processo di trasformazione GM nel suo complesso, che può portare a gravi danni al DNA e interruzioni nei modelli di espressione genica».Iscriviti al canale Telegram
In che modo la tecnologia influenzerebbe gli esseri umani?
Fleetwood ha avvertito che l’integrazione del controllo dei parassiti nelle colture alimentari rappresenta un «cambiamento sismico nell’agricoltura». I sostenitori sostengono che riduce l’uso di pesticidi chimici, ma i critici sottolineano preoccupazioni circa le conseguenze indesiderate di tali tecnologie. Ha criticato lo studio perché non ha affrontato «i rischi di interrompere la riproduzione nelle specie bersaglio, di danneggiare gli organismi non bersaglio e di esporre gli esseri umani a nuove proteine». Sebbene i ricercatori abbiano sperimentato una varietà ornamentale di pomodoro, l’applicazione di questa tecnologia alle colture alimentari destinate al consumo umano solleva preoccupazioni per la salute, ha affermato Antoniou. «Un’informazione cruciale mancante è se i transgeni siano espressi nei frutti di pomodoro maturi. Se lo fossero, il consumatore ingerirebbe proteine insetticide, con conseguenze sconosciute per la salute» ha spiegato. «Sebbene ciò non comporti problemi riproduttivi diretti nel caso della chitinasi (perché gli esseri umani, compresi gli ovuli umani, non contengono chitina), potrebbero verificarsi reazioni tossiche o allergiche». Claire Robinson, redattrice di GM Watch, ha affermato che poiché la tecnologia GM utilizzata nello studio si concentra sulla produzione di chitinasi, un enzima che scompone la chitina, non influirà direttamente sulla fertilità umana. «La chitina è presente solo negli insetti/uova di insetti e nei funghi, e non nei mammiferi, compresi gli esseri umani». Tuttavia, ciò non significa che sia innocuo per gli esseri umani, ha affermato. «L’ingestione di questo insetticida prodotto da OGM può avere effetti negativi sulla salute degli esseri umani, che sono imprevedibili. Può anche danneggiare insetti non bersaglio e utili, i cui esoscheletri e uova contengono chitina». «Detto questo, a giudicare dall’articolo pubblicato sulla rivista, questa tecnologia non sembra funzionare bene e Gates e la DARPA devono affrontare la realtà: dovranno investire grandi quantità di fondi in un progetto che potrebbe non avere mai successo» ha aggiunto Robinson. «Gli insetti possono adattarsi rapidamente alle tecnologie e ai prodotti pensati per ucciderli ed è probabile che, anche se questa tecnologia venisse sviluppata fino al punto in cui inizialmente sembra funzionare, potrebbe avere una finestra di efficacia limitata». Brenda Baletti Ph.D. © 3 gennaio 2025 , Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Alimentazione
Chef britannica invita a mangiarsi l’albero di Natale

Secondo la chef britannica Julia Georgallis, i fornai possono «utilizzare gli aghi [dell’albero di Natale] come un’erba aromatica, nello stesso modo in cui si potrebbe utilizzare il rosmarino».
Il suo libro, How to Eat Your Christmas Tree («come mangiarsi l’albero di Natale»), contiene decine di ricette festive, tra cui istruzioni per il pesce marinato a Natale e lo zenzero e il gelato dell’albero di Natale.
Il libro di cucina della Georgallis, pubblicato nel 2020, contiene più di 30 ricette per tutto, dal pesce marinato a Natale all’aceto di Natale e al gelato all’albero di Natale e allo zenzero.
Gli aghi di pino possono essere usati per preparare il tè, che gli scienziati affermano possa rafforzare l’immunità e lenire il raffreddore. Alcune molecole degli aghi di pino, contenenti flavonoidi dal potere antinfiammatorio, possono svolgere un ruolo importante nella regolazione del metabolismo.
Per sperimentarlo, «tagliate gli aghi in pezzi più piccoli, aggiungeteli all’acqua bollente, toglieteli dal fuoco, lasciateli in infusione per 10-20 minuti e filtrate» consiglia il New York Post. «Oppure potete acquistare bustine di tè biologico agli aghi di pino preconfezionate».
Da notare che nessuna di queste ricette è consigliabile a chi utilizza un albero di Natale sintetico.
Renovatio 21 nota che bisognerebbe astenersi anche dall’ingollare le luci di Natale, per quanto quelle intermittenti dovrebbero davvero sparire dalla faccia del pianeta.
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