Pensiero
Gli ucraini non pagano il pedaggio in autostrada. E ci comandano
Gli ucraini non pagano il pedaggio in autostrada. Quando ho letto la notizia ho subito pensato ad una battuta, una cosa tipo Lercio, una barzelletta che finalmente sfotte la situazione di sottanza morale degli italiani verso il popolo di Zelens’kyj.
Poi ho controllato il messaggio: la cosa sembrava più seria, non c’era traccia di umorismo. Forse era una nuova trovata, finalmente originale, di micropropaganda Azov, tipo «casellante autostradale italiano lascia passare pullmino di profughi di Leopoli». Ci sta. Anni fa passai per l’Iran in macchina: quando il casellante seppe che eravamo italiani, ci fece passare senza pagare nulla. Fu un momento magico di amicizia fra i popoli.
No, non è nemmeno una notizia di colore. Il messaggio su Telegram ha un link. Non è il sito di un giornale, è, per direttissima, un link al sito della Società Autostrade.
«Ai sensi e per gli effetti dell’Ordinanza n. 876 del 13 marzo 2022 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile, si comunica l’esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per i transiti effettuati da cittadini ucraini, e/o soggetti comunque provenienti dall’Ucraina, che entrano nel territorio italiano per raggiungere il primo luogo di destinazione o di accoglienza».
Proprio così.
Gli ucraini non pagano l’autostrada. Tutto vero.
Pensavate di aver visto tutto, con la storia degli ucraini – vaccinati neanche al 30%, e chissà con cosa – e l’esenzione dal super green pass?
Credevate che con la sostituzione dei sanitari no-vax con lavoratori ucraini si fosse raggiunto il fondo?
Maddeché. Hanno appena cominciato.
Dovete prepararvi a titoli a decreti pro-Kiev eccezionali: «gli ucraini esentati dalla fila al supermercato», «i rifugiati ucraini possono passare con il rosso», «soffiarsi il naso senza fazzoletto: gli ucraini possono», «gli ucraini possono detenere armi da guerra» – pardon, questa ultima è vera, anche se al momento solo nel loro Paese, e sono armi da guerra che sta regalando il contribuente italiano.
Di fatto non c’è nulla di che scherzare.
Avevamo già visto, in passato, questo senso di sudditanza psicologica nei confronti di popoli ritenuti «martiri». Come non ricordare il terzomondismo – cioè l’idea che siccome vieni da un Paese povero e corrotto (anche a decenni dalla decolonizzazione) allora ci hai ragione – dei centri sociali, magari con accenti nordafricano-arabeggianti negli anni Novanta e primi Duemila (cioè, prima di capire che ai maghrebini non interessava esattamente il movimentismo comunista). Come dimenticare gli Inti-Illimani, 50 anni di carriera come portatori della sofferenza inflitta al popolo cinese dal golpe di Pinochet. El pueblo unido jamás será vencido. Oriana Fallaci, nella sua fase anti-islamica e filo-israeliana lamentò lo strapotere degli studenti palestinesi nelle università europee: chissà se aveva ragione, però la carta del popolo-martire, ai tempi di Arafatto, funcicava alla grandissima.
Possiamo capirlo, è un fenomeno umano. Incontrare nel 1993 una signora che ti dice che viene da Vukovar non poteva non sortire effetto – anche se, di fatto, chi scappava dai Balcani in Italia o in Germania non si comportava esattamente da vittima.
Il problema è che l’Ucraina – Paese che qualora entrasse in Europa sarebbe paradossalmente il più grande e di gran il più povero, nonostante la ricchezza di risorse – non si ferma alle autostrade aggratis.
Lo vediamo sempre più spesso: l’Ucraina comanda.
Lo si vede molto bene in televisione. Un programma di La7 invita con costanza imbarazzante un ragazzo italofono, che crediamo si colleghi dal suo Paese. Definito giornalisti, il giovane per qualche motivo non pare essere al fronte, a meno che non spari con qualche battaglione runico negli orari in cui non è ospite di Giletti.
Il ragazzo è partito indossando gli occhiali e cercando di offrire la sua opinione. Ora, senza lenti, si autoinquadra nella telecamerina del PC collegato con la nostra TV nazionale in modo irruento, il volto ossuto e stempiato, le urla a interrompere chiunque, da Franco Cardini (chi ci tocca di difendere!) a Luca Telese.
Proprio con il genero di Enrico Berlinguer va in onda una prima prepotenza interessante. Il Telese ogni tanto ha avuto dei momenti di lucidità, come quando di recente si è domandato se dopo la balla della strage al teatro di Mariupol’ – quella che, in assenza di corpi da esibire, le stesse autorità ucraine dovettero smentire – se dobbiamo credere a quel che vediamo (poco dopo gli hanno dato la strage di Bucha, forse avrà cambiato idea, non sappiamo).
Ecco quindi che nello spezzone di YouTube, Telese accenna alle svastiche del Battaglione Azov, al quale, si rende incredibilmente conto, «non possiamo dare armi», in quanto sono «milizie nazifasciste… che c’ha le rune della Seconda Guerra Mondiale sulla spallina». La preoccupazione, dice, gli arriva dal «New York Times, non dal Manifesto».
La risposta, sempre gridata: «il New York Times ha scritto tante boiate». Il Battaglione Azov, spiega, in realtà «è un reggimento». Quindi, «come si può dare ad un reggimento della Guardia Nazionale… finanziato dallo Stato… che porta la bandiera Ucraina… dire che sono neonazisti? Ma stiamo scherzando?»
Minga è finita. Dulcis in fundo: «non è una svastica! Si informi! È una runa… la smetta con queste SS! Guardi che le rune sono esistite prima delle SS… e la svastica si trova anche per esempio nei templi in India, onnò? Si trovano onnò le svastiche nei templi in India? Si trovano… Voi dite che sono neonazisti… non è vero!»
E niente. Glielo lasciano dire, così, tranquilli. Nessuno si dissocia, nessuno si imbarazza. È bellissimo.
Pensiamo all’occasione persa per tanti poveri ultras di tutta Europa – potevano andare in curva con le croci uncinate su striscioni, e in caso dire alle forze dell’ordine, ai giudici, ai giornalisti: «embè, la svastica ci stava da prima di Hitler. Non ce l’abbiamo perché abbiamo appena fatto un viaggio in Tamil Nadu, alla ricerca della spiritualità indiana, nei templi induisti tra lingam e scimmiette. ‘Ste rune non c’entrano col Terzo Reich: sono celtiche, anzi etrusche, anzi, guardi che anche il venetico usava una scrittura simile, stiamo per dare in massa l’esame di epigrafia preromana».
La voglia di ridere ci passa quando lo Youtubo ci offre un altro video simile. Il solito personaggio ucraino – dicono giornalista – è alle prese con un altro ospite in collegamento, un giornalista russo.
L’ucraino gli urla ripetutamente nella lingua di Leone Tolstoj. «Complimenti, mi sta offendendo in russo sulla TV italiana» tenta di abbozzare il moscovita.
Ma questo non è nulla: con fare ieratico, l’ucraino riprende la parola, in italiano.
«Per tutti coloro, che sono i mandanti, per tutti i propagandisti, e gli esecutori dei crimini contro i civili ucraini, dovete avere paura fino all’ultimo giorno della vostra misera esistenza. Ridi finché puoi, ridi. Poi non riderai più. Abbi paura, fino alla fine dei tuoi giorni. Perché noi vi troveremo tutti. Come ha fatto Israele dopo il ’72, dopo l’attentato, troveremo tutti e li puniremo. E capirete, finalmente la lezione di Dostojevskij, del Delitto e del Castigo»
Segue altra espressione in lingua slava.
Potete guardare il video qui sopra è controllare. Sì, è successa una cosa del genere, sulla TV italiana.
Un cittadino ucraino ha lanciato una minaccia – fantastorica, ma dettagliatissima – contro un cittadino italiano. Forse è legale, non sappiamo. Di certo nessuno l’ha interrotto, anche quando chiaramente stava raschiando il fondo della sua fantasia.
Fantasia che tuttavia per lo spettatore italiano –quello per il quale Putin sta perdendo la guerra, e le sanzioni sono una idea geniale – può essere scambiata per realtà. In questo universo parallelo, dove si compirà la tremenda vendetta dell’ospite di Gilletti, l’Ucraina vincerà la guerra e manderà dei kidon (le squadre di assassini del Mossad) ad ammazzare maree di russi.
Il rimando diretto è alla vendetta contro i palestinesi ritenuti responsabili della strage delle Olimpiadi di Monaco, la storia, negata da Israele per le patenti violazioni del diritto internazionale – uno, ricorderete, fu ucciso a Roma – divenuta il film di Steven Spielberg Munich. Perfino Spielberg e il suo sceneggiatore, ambedue ebrei, nel film lasciano trapelare qualche dubbio: giusto vendicarsi in giro per il mondo, facendo sparatorie e piazzando bombe in casa d’altri?
Per l’ucraino la prospettiva è accettabile. Così come potrebbe esserlo quella del caso del rapimento da parte dei servizi dello Stato Ebraico del nazista Adolf Eichmann per portarlo a processo, e condannarlo a morte, in Israele. Anche quello un po’ spinosetto, e non esattamente digerito dal diritto internazionale: Ian Shapiro, grande politologo di Yale, apre il suo corso di Filosofia Morale dello Stato indicandone le non piccole contraddizioni.
Non importa: ci viene detto che gli ucraini, in termini della futura vendetta, la pensano già come gli israeliani. La qualcosa è una paradossale conferma dell’influenza dell’ideologia Azov sul mainstream ucraino: in un’intervista del 2018, il fondatore del Battaglione Azov Andriy Biletsky ha spiegato di considerare Israele e il Giappone come modelli per lo sviluppo dell’Ucraina. Stati mono-etnici, dove ottenere la cittadinanza, al di fuori di precisi requisiti di razza, è pressoché impossibile. Stati che sono, con il neanche tanto segreto placet americano, armati fino a denti in modo illegale: Israele ci ha 200 e passa testate atomiche non dichiarate, il Giappone è pacifista per Costituzione ma nelle sue «forze di autodifesa» (basta non dire «esercito», una parola anticostituzionale) ha più caccia della Gran Bretagna.
Insomma, gli ucraini, sulla TV italiana, comandano. Possono dire qualsiasi cosa. Possono insultare, mentire in modo ridicolo, ingenerare fantasie minacciose.
Nessuno li ferma. Sbarra alzata. Casellante arreso. Nessun pedaggio.
La cosa non si limita, tuttavia, alla grottesca televisione nazionale dello Stivale.
Se ci pensate, la prepotenza è uno dei tratti precipui dell’opera mediatica di Zelens’kyj e dei suoi ministri.
In collegamento da un bunker dello Stato più povero e corrotto di Europa, un Paese che ha portato alla distruzione, Zelens’kyj chiede più armi. Costantemente.
Zelens’kyj chiede la no-fly zone, perfettamente conscio del fatto che Putin ha detto che a chiunque tenti di istituirla la Russia dichiarerà guerra seduta stante.
Zelens’kyj chiede i MiG polacchi.
Zelenskyj chiede missili antiaerei S-300 (di fabbricazione russa…)
Zelens’kyj chiede più sanzioni.
Zelens’kyj chiede che la Russia sia espulsa dal Consiglio di Sicurezza ONU.
Zelens’kyj chiede ancora armi.. Anzi, chiede «l’1% dei caccia e dei carrarmati NATO»
Ambasciatori e ministri ucraini dicono ai Paesi che usano il gas russo che devono farne a meno, subito. Lo pretendono, lo ordinano. Anzi, non basta solo il gas: gli altri Paesi devono rinunciare a qualsiasi cosa.
«Non è solo il gas russo, è petrolio, carbone, metalli, diamanti e altre materie prime. Noi (Ucraina) siamo diventati la più grande vittima di questa relazione perversa. Gli ucraini stanno pagando con la vita questa politica tedesca fallita», ha detto l’ambasciatore ucraino in Germania Andrij Melnyk all’agenzia Reuters poche ore fa.
«Questo tipo di ipocrisia con la Russia risale al Nord Stream 1 (gasdotto)», ha affermato Melnyk. «L’enorme dipendenza della Germania dalla Russia, in un momento della peggiore aggressione dalla seconda guerra mondiale, è vergognosa».
Notate anche qui, come nel caso del tizio della TV italiana: l’ucraino comanda, e insulta.
La cosa bella è che i tedeschi, per motivi psicanalitici che ora non vogliamo nemmeno affrontare, tacciono. Si fanno comandare, e insultare, dall’ucraino. Un po’ come i sanitari italiani, che pagano l’autostrada mentre i profughi ucraini prendono il loro posto di lavoro in ospedale.
Va tutto bene: noi intanto continuiamo a trasmettere. Zelens’kyj parla al Parlamento italiano. Zelens’kyj parla al Congresso USA. Zelens’kyj parla ai deputati inglesi. Zelens’kyj parla alla Knesset, il Parlamento israeliano, e paragona la situazione ucraina all’Olocausto: glielo lasciano fare, anche se qualcuno, che magari ha avuto i nonni deportati nei campi dalle truppe ucraine di Stepan Bandera, si è inalberato.
Zelens’kyj parla al premio Grammy, anche se agli Oscar, con grande scorno dello Sean Penn, invece non ce lo hanno voluto.
Zelens’kyj chiede che la Russia sia «portata alla giustizia».
Zelens’ky chiede se l’Occidente non abbia per caso paura della Russia, visto che non gli arriva la quantità di armi necessaria. (Mentre, come riportato da Renovatio 21, alcuni foreign fighter sono scappati perché mandati al fronte senza armi e senza munizioni).
È pazzesco. Richieste continue, isteriche, ondivaghe, di un egotismo totale: si rende conto il presidente ucraino che armare l’Ucraina significa portare il mondo a pochi metri dall’abisso termonucleare della Terza Guerra Mondiale?
La risposta è: sì. È l’unico modo che ha per sopravvivere, lui e i nazisti che lo circondano. Senza Terza Guerra Mondiale, l’Ucraina – nonostante la propaganda allucinatoria occidentale – verrà spazzata via con tutta la sua élite, e quindi «denazificata». Immaginiamo che succederà quello che successe a Norimberga. Forse no, forse i processi saranno diversi, o non ci saranno.
Ad ogni modo, voi capite il perché di questa tracotanza, di questa chuzpah, del mendicante che pretende di scegliere, del poveraccio che strepita e comanda. Alternative non ce ne sono. Urlando imperiosamente, fanno dimenticare al mondo, e forsanche a loro stessi, la loro situazione: un Paese bello e ricco distrutto da decadi di cleptocrazia oligarchica (miliardi di debito internazionale pur partendo con zero debito nel 1992, poche o nessuna infrastruttura creata), con una politica talmente corrotta e idiota da aver portato la guerra per sfinimento della pazienza del Cremlino – il quale ha dimostrato di averne riserve che possono durare anche anni, ma ad una certa, bum. Tutto debitamente annunciato per tempo, peraltro.
Ma non disperate: la vittoria finale della bandiera gialloblù e vicina, e quindi lo sarà anche la resa dei conti, su modello «israeliano» o meno che sarà.
Tuttavia la a situazione, quando il comico che suona il piano con il pene avrà vinto eroicamente la sua guerra contro Putin, diverrà brutta non solo per i filorussi. Lo sarà anche per certi ucraini, soprattutto quei pochi maschi che – segreto che i giornali non vi dicono – sono riusciti a passare il confine, dove i doganieri di Kiev trattengono gli uomini 18-60 anni per farne carne da cannone.
Leggiamo su un canale Telegram che il capo del Consiglio di sicurezza e difesa e nazionale di Kiev avrebbe appena affermato che «Tutti gli uomini che hanno lasciato l’Ucraina dopo l’inizio delle ostilità saranno fermati al ritorno. “Dovranno spiegare dove e come sono riusciti ad attraversare il confine”». Danilov ha sottolineato che tutti gli uomini che hanno lasciato l’Ucraina sono stati registrati.
Riuscite a capire con chi abbiamo a che fare? Ricordate cosa è successo al negoziatore?
Volete credere alle cose che vi urlano, alle immagini che vi mostrano?
Volete ascoltare le storie che vogliono obbligarvi a credere?
Davvero: volete prendere ordini da questi?
Volete farvi insultare, e nel frattempo distruggere i vostri interessi, perdere il lavoro, passare l’inverno al freddo, esperire per la prima volta in generazioni la fame?
Se la risposta è sì abbiamo per voi una buona notizia: abbiamo il governo giusto per procedere in questa generazione direzione.
Se la risposta è no, è il caso di dire: diamoci una svegliata.
Perché, dopo il COVID, stiamo avendo, a bruciapelo, un altro caso conclamato di «psicosi di formazione di massa».
Con la differenza che dall’amore per le molecole di mRNA stiamo passando per ipnosi massiva a quello degli atomi di uranio delle bombe che possono mettere fine alla Civiltà umana.
Roberto Dal Bosco
Immagine di Treleau via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported (CC BY-NC 3.0)
Pensiero
Vi augurano buona festa del lavoro, ma ve lo vogliono togliere. Ed eliminare voi e la vostra discendenza
Buona festa dei lavoratori! Ve lo ripetono da tutte le parti, del resto è una festa importantissima per la Repubblica: il Venerdì Santo, il giorno in cui Dio muore per l’umanità secondo quella che in teoria è la religione maggioritaria del Paese, si lavora. Il giorno dei morti, pure. Il Primo maggio, invece, no: vacanza.
Questo basterebbe a far comprendere qual è la vera religione che lo Stato italico vuole imporre alla sua popolazione – del resto, il suo libro sacro, la Costituzione, scrive al suo primo articolo che la Repubblica stessa è fondata sul lavoro – espressione incomprensibile, se non comprendendo la smania sovietica che avevano i comunisti e la sciocca acquiescenza dei democristiani che glielo hanno lasciato scrivere, accettando pure di lasciare fuori dalla Carta la parola «Dio».
Il dio della Costituzione, il dio della Repubblica è il lavoro?
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La divinizzazione politica di un concetto astratto, di un’attività umana, non solo l’indice della volontà di laicizzazione dello Stato. Poggia, essenzialmente, nel rigetto di avere per la cosa pubblica il fondamento del Cristianesimo.
Non è un caso che la festa del dio-lavoro avvenga l’indomani della notte di Valpurga, ritenuta nei secoli un momento di vertice dell’ attività del male sulla Terra – in genere, su Renovatio 21, facciamo ogni anno un articolo sull’argomento, annotando gli eventi concomitanti. La realtà è che la festa del Primo maggio è un tentativo di inculturazione, o meglio, di reintroduzione di usanze pagane – in particolare la festa celtica chiamata Beltane, di cui parla anche J.G. Frazer nel suo studio su magia e religione dell’antichità europea Il ramo d’oro.
La prima menzione di Beltane è nella letteratura irlandese antica dell’Irlanda gaelica. Secondo i testi altomedievali Sanas Cormaic (scritto da Cormac mac Cuilennáin) e Tochmarc Emire, Beltane si teneva il 1° maggio e segnava l’inizio dell’estate. I testi dicono che, per proteggere il bestiame dalle malattie, i druidi accendevano due fuochi «con grandi incantesimi» e guidavano il bestiame in mezzo a loro.
La vulgata progressista del Primo maggio, nata nel secondo Ottocento, si attacca quindi a questo sostrato antico, non cristiano, alla guisa di come ha fatto la Chiesa con alcune festività nel corso dell’anno.
Quindi: un nuovo dio, una nuova religione. Ma il problema è che neanche i suoi stessi sacerdoti ci credono. I loro discorsi – i loro incantesimi – sono inganni, sempre più infami, sempre più ridicoli.
Abbiamo sentito ieri il segretario generale CGIL Maurizio Landini dichiarare che «il governo Meloni difende il fossile e nega il cambiamento climatico, come si può pensare di cambiare modello di produzione?». Lo ha detto ad un evento dell’«Alleanza Clima Lavoro», di cui apprendiamo l’esistenza. Stendiamo un velo pietoso sull’attacco ai combustibili fossili, che fossili non sono (no, il petrolio non è succo di dinosauro!), che dimostra un allineamento con i gruppi ecofascisti più estremi e grotteschi visti negli ultimi anni – e pagati da chi, possiamo intuirlo.
Quindi: prima il «clima», poi i lavoratori. L’intero sistema industriale va cambiato per favorire l’ambiente, non l’uomo che lavora: conosciamo questa solfa, ora condita automaticamente dal terrorismo climatico. Si tratta di un’idea che avanza da tanto tempo, e si chiama deindustrializzazione.
Come abbiamo ripetuto tante volte su questo sito, la deindustrializzazione altro non è che deumanizzazione. Cioè, riduzione non dei lavoratori, ma della quantità stessa di esseri umani che camminano sul pianeta. Ciò era chiaramente esposto nelle opere di Aurelio Peccei e compagni oligarchi, quando l’élite – la stessa che stava dietro al Club di Roma, Club Bilderberg, WWF, etc. – cominciò a lavorare decisamente alla riduzione della popolazione.
Non è possibile diminuire il numero di esseri umani sul pianeta se si continua a produrre. Perché l’industria – il lavoro – dà cibo, e il cibo dà la vita, e la vita si moltiplica. La filiera dell’essere deve essere interrotta, molto prima. Niente industria, niente lavoro, niente vita. Niente persone. Niente umanità. Ora potete capire da dove vengono la povertà e la fame, che sembrano di ritorno anche nel Primo Mondo.
In alcuni testi risalenti a più di mezzo secolo fa, la cosa era messa nera su bianco: avrebbero creato deliberatamente un concetto prima sconosciuto, quello di inquinamento, per avere uno strumento di controllo del comportamento di popoli e Nazioni. Se ci pensate, anche questa è una scopiazzatura del cattolicesimo: non il peccato, ma l’impronta carbonica. Non il peccato originale, ma l’essere umano in sé, alla cui nascita c’è già un debito ecologico personale importante. Non la Santa Trinità, non l’Incarnazione, ma Gaia, dea terrifica che si fa pianeta.
Non ci sorprende, ma nondimeno continua a riempirci di orrore, vedere che chi è pagato per difendere i lavoratori è in realtà alleato delle forze che ne vogliono l’eliminazione. Lo aveva capito, con decenni di anticipo, il filosofo marxista Gianni Collu, che nel libro Apocalisse e rivoluzione notava che il paradigma non era più quello rivoluzionario della crescita operaia, cioè industriale, ma quello di una contrazione dell’intera società produttiva.
In pratica, Collu aveva compreso che stava venendo innestato, specie presso partiti, sindacati, intellettuali di sinistra, l’odio per l’uomo – in una parola, era stata avviata la Necrocultura. Non per niente il filosofo cominciò a scoprire, e rivelare, l’interesse crescente che molti circoli goscisti cominciavano a sentire verso un tema divenuto tabù nei millenni cristiani, cioè il sacrificio umano.
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Ora, guardate celebrare il vostro lavoro da chi è inserito, con stipendio, nel disegno per togliervelo – ed eliminare la vostra esistenza e la vostra discendenza. Non dobbiamo ricordare qui gli sforzi, fatti anche in sede europea, che i sindacati hanno fatto per il feticidio.
Nessuno dei vostri lavori è al riparo dal disegno mortale che avanza: se vi hanno detto che imparando a programmare avreste avuto sempre lavoro, provatelo a ripetere alle migliaia di licenziati alla IBM, come in tantissimi altri colossi tecnologici, sostituiti dall’Intelligenza Artificiale.
Nessuno è al sicuro: i grafici, cosa pensano di fare davanti alla presenza di incredibili programmi text-to-image, dove digiti cosa vuoi vedere e ti viene servito in un’immagine perfetta?
Attori, registi, produttori cinetelevisivi, cosa potranno di fronte ai software come Sora di ChatGPT, che promette di generare sequenze video a partire da semplici richieste? Sappiamo che l’ultimo sciopero ad Hollywood verteva su questo, e che già operano società di computer grafica talmente ultrarealista da aver disintermediato regioni immense della filiera.
Domani, cioè già oggi, tocca agli insegnanti. Ai bancari. Ai lavoratori dei fast food. A qualsiasi lavoratore. Alla realtà stessa.
Tuttavia, notatelo, nessun sindacato parla di fermare l’Intelligenza Artificiale. Vi parlano di cambiamento climatico, combustibili fossili, etc.
Lo fanno dopo aver assistito all’assassinio, con il green pass e l’obbligo al vaccino genico, dell’articolo 1 del loro libro sacro, il dogma primigenio della loro religione: ve lo abbiamo detto, non ci credono nemmeno loro.
E quindi, se anche quest’anno un boss sindacale, dinanzi al milione di ebeti ammassati per il concertone del Primo maggio, dovesse d’improvviso farsi scappare di nuovo l’espressione «Nuovo Ordine Mondiale», beh, sappiamo bene di cosa si tratta.
Non c’entrano le ricorrenze druidiche primaverili, qui siamo altrove nel calendario, in un’altra festa importante: sotto sotto, negli auguri ai bravi lavoratori, vi stanno dicendo che arriva il Natale. E che voi siete i tacchini.
Buon lavoro.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
I biofascisti contro il fascismo 1.0: ecco la patetica commedia dell’antifascismo
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Pensiero
«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?
All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.
Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.
«Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».
🗣️ “Apollo, God of sun, and the idea of light, send your rays and light the sacred torch for the hospitable city of Paris. And you, Zeus, give peace to all peoples on earth and wreath the winners of the Sacred Race.”#Paris2024 | @Paris2024 pic.twitter.com/FHMEmJ134U
— The Olympic Games (@Olympics) April 16, 2024
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Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».
Silenzio sacro
Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti.
Le montagne tacciono.
I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano.
Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.
Apollo Dio del sole e dell’idea della luce
manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola
per l’ospitale città di…
E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e
incorona i vincitori
della Razza Sacra
Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.
La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.
È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.
È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…
Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».
Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».
«I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».
LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».
Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.
Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.
La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.
Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».
«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.
«Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».
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Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.
E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?
Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.
Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.
Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.
Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.
Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.
Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.
Roberto Dal Bosco
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