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Cervello

Il meccanismo psicologico della pandemia: dissociazione traumatica, diniego, ipnosi di massa

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Renovatio 21 propone questo video, sottotitolato in italiano da un lettore, della psicologa francese Ariane Bilheran.

 

Diplomata alla Scuola Normale Superiore di Parigi, Ariane Bilheran ha poi aggiunto agli studi classici una formazione in filosofia e psicologia con un dottorato nel campo della psicopatologia. Esercita l’attività di psicologa e insegna psicologia clinica all’Università della Provenza Aix-Marseille. Dirige anche la società Sémiode che offre servizi di consulenza in semiologia e antropologia culturale.

 

Questo è il suo intervento all’assemblea franco-italiana del 29 Gennaio 2022 organizzata come atto di resistenza di intellettuali francesi e italiani per difendere i diritti umani inalienabili e il diritto dei popoli di disporre di sé stessi.


Riportiamo il testo dell’intervento della dottoressa Bilheran.

Con la dissociazione traumatica la psiche dell’individuo si paralizza, resta bloccata e non ha più la capacità di pensare quello che gli succede

 

La dissociazione traumatica è un meccanismo psicologico potente che si instaura quando l’individuo vive un’esperienza di terrore nel caso di una minaccia supposta o reale alla sua propria integrità o quella altrui. Può essere la conseguenza di un’angoscia di morte terribile, per esempio, per sé o per gli altri.

 

Con la dissociazione traumatica la psiche dell’individuo si paralizza, resta bloccata e non ha più la capacità di pensare quello che gli succede.

 

È come una ferita a cielo aperto su cui la psiche cerca di mettere dei cerotti detti meccanismi di difesa, tra cui spicca il famoso diniego.

 

Il diniego è l’incapacità di rappresentarsi una realtà vissuta come insopportabile, come la rappresentazione secondo la quale certi individui al potere possano volere consapevolmente il nostro male

Il diniego è l’incapacità di rappresentarsi una realtà vissuta come insopportabile.

 

Per esempio, per quel che riguarda il nostro argomento, la rappresentazione secondo la quale certi individui al potere possano volere consapevolmente il nostro male.

 

Questa rappresentazione può generare un tal livello di angoscia che l’individuo non può far altro che sopprimerla dal proprio campo del possibile. Ciò non esiste, ciò non può esistere.

 

Il processo è assolutamente incosciente per gli individui, avviene loro malgrado.

 

Il regime totalitario mette in atto tre angosce traumatiche principali: l ‘angoscia di morire, l’angoscia di perdere tutto, e l’angoscia di frammentazione.

 

Esso propone un’ideologia, una credenza illusoria, nella quale l’individuo può credersi al riparo dal dover attraversare queste situazioni, a patto che sia il buon allievo obbediente.

Siccome il diniego ha permesso la paralisi del pensiero, l’individuo è come privato di sé stesso e funziona come un automa

 

Siccome il diniego ha permesso la paralisi del pensiero, l’individuo è come privato di sé stesso e funziona come un automa.

 

Il sistema totalitario occupa allora il terreno della vita psichica dei cittadini con un’altra narrazione delirante: un discorso di certezze che ha risposte per tutto. Big Brother pensa per voi e si prende cura di voi: « non pensate più e andrà tutto bene ».

 

Ecco l’origine del fenomeno che alcuni chiamano l’ipnosi di massa.

 

Senza la dissociazione traumatica e il diniego che è messa come cerotto di fortuna sulla ferita aperta, l’ipnosi suggestiva dei mass-media che veicolano l’ideologia totalitaria, non potrebbe agire con tanta efficacia.

I discorsi paradossali reiterati che inducono la paralisi conducono all’anestesia affettiva

 

I discorsi paradossali reiterati che inducono la paralisi conducono all’anestesia affettiva. In pratica non capiamo più nulla e dunque non riflettiamo più; si è violentati, dunque non si sente più, si è presi in un’illusione, dunque si è privati del proprio giudizio e ciò fino ad entrare nel contagio delirante collettivo, la ripetizione fanatizzata dei discorsi dell’aggressore e la sua difesa idealizzata: è la famosa sindrome di Stoccolma.

 

La potenza del diniego è anche un indicatore dell’intensità del trauma. Si può supporre che questi vissuti traumatici siano delle bombe a scoppio ritardato.

 

La sofferenza psichica è tale che comporterà un numero considerevole di dipendenze, di idee depressive e di comportamenti a rischio, ma anche di atti violenti su se stessi (autodistruzione, suicidi) o su altri (aggressioni), man mano che il discorso dominante del regime totalitario darà prova dei suoi numerosi paradossi che comportano una crescente confusione mentale.

 

La questione che dovrebbe occupare principalmente gli studi di psicopatologia – e sfortunatamente non  è affatto il caso – consiste in quali siano le condizioni per uscire dal diniego.

Si è violentati, dunque non si sente più, si è presi in un’illusione, dunque si è privati del proprio giudizio e ciò fino ad entrare nel contagio delirante collettivo, la ripetizione fanatizzata dei discorsi dell’aggressore e la sua difesa idealizzata: è la famosa sindrome di Stoccolma

 

Proporrò diverse piste.

 

La prima è di non parlare assolutamente della rappresentazione angosciante con chiè nel diniego. Ogni spiegazione frontaleè  destinata a fallire, giacché rafforzerà il diniego.

 

La seconda pista è di permettere all’individuo di prendere le distanze da questa rappresentazione angosciante e dalla sua origine parlando d’altro, approcciando un altro soggetto fuori dal contesto traumatico e ciò al fine di riattivare le funzioni logiche, ricordando la vita di prima del trauma e soprattutto quei punti di riferimento fondamentali, piacevoli e rassicuranti.

 

La terza pista è di provare, nella misura del possibile, di non rompere il legame. Bisogna capire che quando si cerca di convincere qualcuno che è nel diniego, esprimiamo la nostra propria angoscia nell’attesa che le persone si sveglino di fronte a questa deriva totalitaria. Trasmettiamo un sovrappiù di angoscia a un individuo che è già devastato da un eccesso d’angoscia.

La sofferenza psichica è tale che comporterà un numero considerevole di dipendenze, di idee depressive e di comportamenti a rischio, ma anche di atti violenti su se stessi (autodistruzione, suicidi) o su altri (aggressioni)

 

L’uscita dal diniego può essere progressiva o brutale. In quest’ultimo caso è importante di posizionarsi in accompagnamento benevolo poiché i rischi di un crollo psicologico sono concreti.

 

A volte certi individui non escono dal diniego poiché sono invischiati in fatti manipolatori: in particolare la lingua corrotta del regime totalitario che ha tolto loro gli strumenti concettuali per pensare il reale.

 

Il lavoro di decostruzione del reclutamento settario attraverso parola dev’essere intrapreso con pazienza e pedagogia ricordando l’origine delle parole, il senso delle parole, i diversi paradossi usati dal potere totalitario per paralizzare il pensiero.

Un edificio costruito sulla menzogna e sul segreto perverso è destinato a crollare prima o poi

 

È ugualmente indispensabile articolare una cronologia dei fatti e organizzare il pensiero a partire dall’origine: come tutto è cominciato, su che criterio, quale fondamento, che valore, che legittimità , che verità

 

Un edificio costruito sulla menzogna e sul segreto perverso è destinato a crollare prima o poi.

 

Vi ringrazio della vostra attenzione.

 

 

Ariane Bilheran

 

 

 

 

Immagine di KuleshovEvgeniy via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-ND 3.0)

Cervello

Alcuni pazienti ricordano esperienze di pre-morte dopo attacchi di cuore

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

In un articolo sulla rivista Resuscitation, alcuni sopravvissuti ad un arresto cardiaco hanno descritto esperienze di morte lucida avvenute mentre parevano essere incoscienti.

 

Nonostante il trattamento immediato, meno del 10% dei 567 pazienti studiati, sottoposti a RCP [rianimazione cardiopolmonare, ndt] in ospedale, si sono ripresi sufficientemente da essere dimessi. Quattro pazienti su 10 sopravvissuti, tuttavia, hanno ricordato un certo grado di coscienza durante la RCP non catturato dalle misure standard.

 

Lo studio ha anche scoperto che in un sottogruppo di questi pazienti, quasi il 40% aveva un’attività cerebrale che tornava alla normalità, o quasi, da uno stato «flatline», in alcuni punti anche dopo un’ora dall’inizio della RCP. Come catturato dall’EEG, una tecnologia che registra l’attività cerebrale con elettrodi, i pazienti hanno visto picchi nelle onde gamma, delta, theta, alfa e beta associati a funzioni mentali più elevate.

 

I sopravvissuti riferiscono da tempo di aver avuto una maggiore consapevolezza ed esperienze potenti e lucide, affermano gli autori dello studio. Questi hanno incluso la percezione della separazione dal corpo, l’osservazione degli eventi senza dolore o angoscia e una valutazione significativa delle proprie azioni e relazioni.

 

Questo nuovo lavoro ha scoperto che queste esperienze di morte sono diverse dalle allucinazioni, dai deliri, dalle illusioni, dai sogni o dalla coscienza indotta dalla RCP.

 

Gli autori dello studio ipotizzano che il cervello «piatto» e morente rimuova i sistemi inibitori (frenanti) naturali. Questi processi, noti collettivamente come disinibizione, potrebbero aprire l’accesso a «nuove dimensioni della realtà», compreso il ricordo lucido di tutti i ricordi immagazzinati dalla prima infanzia alla morte, valutati dal punto di vista della moralità.

 

Sebbene nessuno conosca lo scopo evolutivo di questo fenomeno, esso «apre la porta a un’esplorazione sistematica di ciò che accade quando una persona muore».

 

L’autore senior dello studio Sam Parnia, della NYU Langone Health, afferma: «sebbene i medici abbiano a lungo pensato che il cervello subisse danni permanenti circa 10 minuti dopo che il cuore smette di fornirgli ossigeno, il nostro lavoro ha scoperto che il cervello può mostrare segni di recupero elettrico prolungato nella RCP in corso. Questo è il primo ampio studio a dimostrare che questi ricordi e i cambiamenti delle onde cerebrali possono essere segni di elementi universali e condivisi delle cosiddette esperienze di pre-morte».

 

Gli autori concludono che la ricerca fino ad oggi non ha né dimostrato né smentito la realtà o il significato delle esperienze e delle dichiarazioni di consapevolezza dei pazienti in relazione alla morte.

 

Dicono che l’esperienza ricordata riguardo alla morte merita ulteriori indagini empiriche. Hanno in programma di condurre studi che definiscano più precisamente i biomarcatori della coscienza clinica e che monitorino gli effetti psicologici a lungo termine della rianimazione dopo l’arresto cardiaco.

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Cervello

Neuralink inizia gli esperimenti sugli umani. Alle scimmie sono successe cose terribili

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Pochi giorni fa Neuralink, la società di Elon Musk che sta costruendo chip cerebrali di modo da creare un’interfaccia uomo-macchina, ha iniziato a reclutare volontari per il suo primo trial clinico, a cui è stato dato il nome di Prime (Precise Robotically Implanted Brain-Computer Interface). Tale impianto sarebbe destinato a persone che hanno subito una paralisi.   I volontari devono avere circa 22 anni ed essere seguiti da un «caregiver» che sia considerabile «coerente ed affidabile». Possono far richiesta di partecipare allo studio, della durata di 6 anni, pazienti con quadriplegia per lesione al midollo spinale, SLA, persone non vedenti o non udenti o afasiche.   L’autorizzazione all’uso dei microprocessori impiantati dentro il cranio degli esseri umani è stata respinta varie volte dall’ente regolatorio statunitense FDA, tuttavia a maggio era stata concessa. L’azienda non fa sapere quanti saranno i partecipanti.   All’inizio di questo mese, Elon Musk aveva affermato su Twitter che le scimmie morte durante i test Neuralink erano casi «terminali», «già prossimi alla morte», chiarendo che nessuna di loro è morta a causa degli impianti cerebrali dell’azienda biotecnologica.   I documenti visti come parte di una nuova indagine da Wired, tuttavia, così come la testimonianza di un ex dipendente, contraddirebbero completamente le affermazioni di Musk – e i dettagli sono tanto sconvolgenti quanto schiaccianti, aggiungendosi a un caso crescente contro la sicurezza dei dispositivi Neuralink.   Secondo i registri veterinari ottenuti da Wired dal California National Primate Research Center (CNPRC) presso UC Davis, il sito della ricerca sui primati Neuralink circa una dozzina di scimmie hanno subito un destino orribile dopo aver ricevuto un impianto Neuralink, tra cui gonfiore del cervello e paralisi parziale.   Il primo è il caso della scimmia «Animal 20». Nel dicembre 2019, una parte interna dell’impianto cerebrale inserito nel primate si è «spezzata» durante l’intervento chirurgico. Più tardi quella notte, la scimmia ha graffiato il sito dell’impianto, prelevando sangue, e ha strattonato l’impianto, rimuovendolo parzialmente.

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Un intervento chirurgico di follow-up ha scoperto che la ferita era infetta, ma che il posizionamento dell’impianto impediva il trattamento. La scimmia è stata soppressa il mese successivo.   Prima di ciò, una scimmia femmina denominata «Animale 15» ha iniziato a premere la testa contro il terreno dopo aver ricevuto l’impianto cerebrale, a stuzzicare il sito finché non sanguinava e alla fine ha perso la coordinazione, tremando quando il personale è entrato nella stanza. Gli scienziati hanno scoperto che aveva un’emorragia cerebrale e nel marzo 2019 anche lei è stata sottoposta ad eutanasia.   L’anno successivo, un primate chiamato «Animal 22» è stato soppresso nel marzo 2020 dopo che il suo impianto cerebrale era diventato così allentato che le viti che lo fissavano al cranio «potevano essere facilmente sollevate», secondo un rapporto necroscopico. «Il fallimento di questo impianto può essere considerato puramente meccanico e non aggravato dall’infezione», afferma l’autopsia.   Wired scrive questa affermazione da sola contraddice apparentemente le affermazioni di Musk secondo cui nessuna scimmia è morta direttamente a causa degli impianti cerebrali Neuralink.   Vi è poi il resoconto di un ex dipendente di Neuralink, che ha detto a Wired che le affermazioni di Musk secondo cui le scimmie erano già malate terminali sono «ridicole», addirittura un’«invenzione pura e semplice».   «Abbiamo avuto queste scimmie per circa un anno prima che venisse eseguito qualsiasi intervento chirurgico», ha detto l’ex dipendente.   La testimonianza di uno scienziato anonimo che conduce una ricerca presso il CNPRC sembrerebbe corroborare le affermazioni dell’ex dipendente, scrive Futurism.   «Queste sono scimmie piuttosto giovani», avrebbe detto alla rivista. «È difficile immaginare che queste scimmie, che non erano adulte, fossero terminali per qualche motivo».

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In aggiunta ai problemi di Neuralink, un gruppo etico noto come Physicians Committee for Responsible Medicine ha inviato lettere alla Securities Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti, chiedendo che indagasse sulle affermazioni sospette di Musk.   «Stanno affermando che metteranno sul mercato un dispositivo sicuro, ed è per questo che dovresti investire», ha detto a Wired Ryan Merkley del Physicians Committee. «E consideriamo la sua menzogna come un modo per mascherare ciò che è accaduto in questi studi esplorativi».   La tesi del comitato si basa sull’argomentazione secondo cui i post di Musk su Twitter contano come fonte di notizie per gli investitori, il che, dato che i suoi follower sulla piattaforma supera i 150 milioni, è probabilmente ragionevole. I tweet di Musk hanno portata – e conseguenze – indipendentemente dal fatto che sia disposto ad accettarli o meno.   L’articolo di attacco a Musk si inserisce in un contesto mediatico sempre meno favorevole al CEO di Tesla: è noto come oramai Musk venga demonizzato dai media mainstream per le sue posizioni politiche e per il tentativo di fare di Twitter un ambito giornalistico che goda ancora della fiducia del pubblico.   Neuralink, che aveva iniziato con impianti di microchip cerebrali sui suini, non è la prima azienda ad avviare sperimentazioni umane con un’interfaccia cervello-computer. Nel 2022, la società tecnologica con sede a New York Synchron, finanziata dai miliardari Bill Gates e Jeff Bezos, ha già impiantato il suo primo dispositivo per la lettura della mente in un paziente statunitense in una sperimentazione clinica.   Vi sono altri casi simili di impianti cerebrali che tentano di aiutare pazienti in condizioni estremamente critiche come quello portato avanti dagli scienziati della Stanford University, che consente ad un uomo con le mani paralizzate di poter «digitare» fino a 90 caratteri al minuto, semplicemente pensando alle parole.   Anche un colosso digitale come Facebook era interessato alla tecnologia del pensiero degli individui.   Chip cerebrali sono stati utilizzati per comandare piante carnivore.  Pochi mesi fa è emerso che gli scienziati sono riusciti a far giocare sempre a Pong anche delle cellule cerebrali in vitro.   La trasformazione cibernetica della vita umana è uno dei punto focali del transumanismo, predicato sia da entusiasti della Silicon Valley più o meno innocui che da vertici planetari come il Klaus Schwab, patron del World Economic Forum di Davos, che immagina un mondo dove in aeroporto saranno fatte «scansioni cerebrali» per evitare che il passeggero nutra idee pericolose. «Una fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica» dice Klaus Schwab.   Elon Musk si conferma figura davvero significativa, e potenzialmente apocalittica, del nostro tempo.

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 Immagine di Steve Jurvetson via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic  
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Cervello

Scienziati ricreano una canzone dei Pink Floyd leggendo i segnali cerebrali degli ascoltatori

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Nuovo passo avanti della tecnologia per la lettura della mente.

 

Un gruppo di scienziati dell’Università della California – Berkeley hanno addestrato un computer per analizzare l’attività cerebrale di qualcuno che ascolta la musica e, basandosi solo su quegli schemi neuronali, ricreare la canzone.

 

La ricerca, pubblicata martedì su Plos Biology, ha prodotto una versione riconoscibile, anche se ovattata, della canzone dei Pink Floyd del 1979, «Another Brick in the Wall (Part 1)».

 

I ricercatori avevano capito come utilizzare l’attività cerebrale per ricostruire la musica con caratteristiche simili alla canzone che qualcuno ascolta.

 

 

«Puoi effettivamente ascoltare il cervello e ripristinare la musica che quella persona ha sentito», ha detto al New York Times Gerwin Schalk, un neuroscienziato che dirige un laboratorio di ricerca a Shanghai e ha raccolto dati per questo studio.

 

I ricercatori hanno anche trovato un punto nel lobo temporale del cervello che ha reagito quando i volontari hanno sentito il ritmo della chitarra della canzone, proponendo che questa particolare area possa essere coinvolta nella nostra percezione del ritmo.

 

I risultati offrono un primo passo verso la creazione di dispositivi più espressivi per assistere le persone che non possono parlare. Negli ultimi anni, gli scienziati hanno compiuto importanti progressi nell’estrazione di parole dai segnali elettrici prodotti dal cervello delle persone con paralisi muscolare quando tentano di parlare.

 

Una quantità significativa delle informazioni trasmesse attraverso la parola proviene da ciò che i linguisti chiamano elementi «prosodici», come il tono.

 

«Comprendendo meglio come il cervello metabolizza la musica, gli scienziati sperano di costruire nuove “protesi vocali” per le persone con malattie neurologiche che colpiscono la loro produzione vocale» scrive il NYT. L’obiettivo è che questi dispositivi trasmettano non solo ciò che qualcuno sta cercando di dire, ma conservino parte della musicalità, del ritmo e dell’emozione del discorso organico.

 

Per raccogliere i dati per lo studio, i ricercatori hanno registrato dal cervello di 29 pazienti affetti da epilessia presso l’Albany Medical Center nello Stato di New York dal 2009 al 2015.

 

Come parte del loro trattamento contro l’epilessia, ai pazienti è stata impiantata nel cervello una rete di elettrodi simili a chiodi. Ciò ha creato una rara opportunità per i neuroscienziati di registrare dalla loro attività cerebrale mentre ascoltavano la musica.

 

Il team ha scelto la canzone dei Pink Floyd in parte perché piaceva ai pazienti più anziani. La canzone contiene 41 secondi di testo e due minuti e mezzo di brani strumentali lunatici, una combinazione utile per capire come il cervello elabora le parole rispetto alla melodia.

 

Analizzando i dati di ogni paziente, i ricercatori identificato quali parti del cervello si illuminavano durante la canzone e a quali frequenze reagivano queste aree.

 

Per ricostruire in modo leggibile «Another Brick in the Wall», i ricercatori hanno utilizzato 128 bande di frequenza. Ciò significava addestrare 128 modelli di computer, che collettivamente hanno messo a fuoco la canzone.

 

I ricercatori hanno quindi eseguito l’output di quattro singoli cervelli attraverso il modello. Le ricreazioni risultanti erano tutte riconoscibili come la canzone dei Pink Floyd, ma presentavano notevoli differenze. Il posizionamento degli elettrodi del paziente probabilmente spiega la maggior parte della varianza, hanno detto i ricercatori, ma contano anche le caratteristiche personali, come se una persona fosse un musicista.

 

Altri gruppi stanno conducendo esperimenti simili utilizzando scanner cerebrali non invasivi, come la risonanza magnetica funzionale o fMRI, che fornisce una misura meno dettagliata dell’attività ma scansiona l’intero cervello, scrive il Times.

 

Come riportato da Renovatio 21, vi sono altri casi simili di impianti cerebrali che tentano di aiutare pazienti in condizioni estremamente critiche come quello portato avanti dagli scienziati della Stanford University, che consente ad un uomo con le mani paralizzate di poter «digitare» fino a 90 caratteri al minuto, semplicemente pensando alle parole.

 

Anche un colosso digitale come Facebook era interessato alla tecnologia del pensiero degli individui.

 

Chip cerebrali sono stati utilizzati per comandare piante carnivore.  Pochi mesi fa è emerso che gli scienziati sono riusciti a far giocare sempre a Pong anche delle cellule cerebrali in vitro.

 

Nel 2022, la società tecnologica con sede a New York Synchron, finanziata dai miliardari Bill Gates e Jeff Bezos, ha già impiantato il suo primo dispositivo per la lettura della mente in un paziente statunitense in una sperimentazione clinica.

 

Yu Takagi, neuroscienziato dell’Università di Osaka, ha collaborato quest’anno con gli scienziati di Google per utilizzare i dati fMRI per identificare il genere musicale che un volontario stava ascoltando mentre si trovava in uno scanner cerebrale.

 

«La nuova ricerca ha anche sottolineato ciò che rende la musica diversa dal parlato. Quando i volontari dello studio hanno ascoltato una canzone, la parte destra del loro cervello tendeva ad essere più coinvolta rispetto alla sinistra, mentre accade il contrario quando le persone ascoltano un discorso semplice» scrive il NYT. «Questa scoperta, che replica la ricerca precedente, aiuta a spiegare perché alcuni pazienti colpiti da ictus che non parlano bene possono cantare chiaramente frasi».

 

Il grande quotidiano neoeboraceno si esalta, come ordinato al mainstream, per le possibilità terapeutiche delle biotecnologie anche più invasive, non soffermandosi nemmeno un secondo davanti ai pericoli che questo ulteriore passo avanti nell’interfaccia uomo-macchina può porre.

 

La trasformazione cibernetica della vita umana è uno dei punto focali del transumanismo, predicato sia da entusiasti della Silicon Valley più o meno innocui che da vertici planetari come il Klaus Schwab, patron del World Economic Forum di Davos, che immagina un mondo dove in aeroporto saranno fatte «scansioni cerebrali» per evitare che il passeggero nutra idee pericolose.

 

«Una fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica» dice Klaus Schwab.

 

Come riportato da Renovatio 21, ad un incontro al WEF con il fondatore di Google Sergej Brin, aveva dimostrato tutta la sua frenesia in materia.

 

 

«Puoi immaginare che tra 10 anni saremo qui seduti avendo un impianto nel nostro cervello, tramite il quale posso immediatamente percepirvi, perché tutti voi avrete degli impianti, misurandovi tutte le vostre onde cerebrali – e posso dirti immediatamente come reagiscono le persone, oppure posso sentire come reagiscono alcune persone alle tue risposte. È immaginabile?» chiede il guru globalista svizzero.

 

«Penso che sia immaginabile», risponde il Brin, che prosegue descrivendo un possibile futuro transumanista in cui la coscienza potrebbe essere trapiantata nelle macchine.

 

«Penso che tu possa immaginare che, beh, verrai trapiantato, sai, su Internet per così dire, per vivere per sempre in un regno digitale. Sai, puoi immaginare che solo nella tua incarnazione biologica vivrai per un’età molto lunga».

 

Siamo al transumanismo spinto, impudico, tracotante. Ma ciò non riguarda solo noi e le nostre scelte. Esattamente come i vaccini, ciò riguarda soprattutto i nostri figli, sui quali già si allungano i bisturi della chirurgia cerebro-cibernetica.

 

Per impiantare i microchip nei bambini, dice Davos in un documento emerso tempo fa, ci sono «ragioni solide e razionali».

 

Per quanto possa sembraci strano e apparentemente lontano, soprattutto dato l’interesse di aziende e di poteri statali e superstatali di spingere il controllo i nostri pensieri – anche, addirittura, nei nostri sogni, che possono essere hackerati a fini pubblicitari.

 

La situazione è tale che esperti di giurisprudenza cominciano a discutere di leggi che riconoscano la «libertà cognitiva» e lo «spionaggio cerebrale».

 

L’era della psicopolizia, dove vi verrà proibito pure di pregare con la mente, è già materialmente iniziata: ma, tranquilli, come l’altra volta, è per il vostro bene, quindi accettate l’iniezione di transumanismo nella vostra carne, e fate silenzio – perché sanno cosa pensate.

 

 

 

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