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Mons. Viganò: «la crisi inizia con il Vaticano II»

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Renovatio 21 ripubblica brani dell’intervista a Mons. Viganò di Aldo Maria Valli per il suo sito Duc in Altum

 

 

 

Eccellenza (…)

 

Mel Suo Appello per un’alleanza antiglobalista Lei ha chiamato a raccolta governanti, leader politici e religiosi, intellettuali e persone di buona volontà, invitando tutti a riunirsi per lanciare un manifesto antiglobalista. Ci può aggiornare sugli sviluppi, non solo italiani, di questa iniziativa?

 

Ho lanciato un Appello per rispondere alla tirannide globalista, e vedo crescere l’interesse e l’appoggio di tante forze in varie Nazioni.

 

Credo comunque che l’evidenza delle responsabilità della crisi russo-ucraina e la follia di insistere nelle provocazioni anziché ricercare la pace faranno comprendere a molte persone il pericolo al quale si espongono se non si organizzeranno per resistere con fermezza al colpo di stato del deep state.

 

So che negli Stati Uniti l’iniziativa trova una buona accoglienza non solo tra i repubblicani, ma anche in molti elettori democratici, disgustati dagli scandali e dalla corruzione di Obama, dei Clinton e dei Biden. 

 

 

Nel Suo Appello si parla di veri e propri «movimenti popolari di resistenza e comitati di liberazione nazionale» per una riforma radicale della politica. A giudizio di alcuni, tuttavia, nella situazione attuale non vi sarebbe una tensione morale idonea, dato che l’opinione pubblica è in larga parte assuefatta e addormentata. Lei, che ha contatti con il mondo intero, come risponde a questa obiezione?

 

Le masse sono poco inclini alla mobilitazione, soprattutto se esse sono manipolate e narcotizzate da esperti di psicologia sociale. La vera resistenza e la costituzione di Comitati di Liberazione Nazionale potranno aver successo se saranno coordinati da intellettuali e politici che sappiano anteporre il bene comune e la difesa della giustizia al proprio tornaconto elettorale.

 

Servono leader coraggiosi, con il senso dell’onore, animati da sani principi morali: il loro esempio, assieme ad un risveglio delle coscienze e ad un sussulto di dignità dei magistrati, delle forze dell’ordine, dei funzionari pubblici potrebbe davvero impedire l’avvento del Nuovo Ordine Mondiale. 

 

L’impegno sociale e politico va ovviamente coniugato ad uno sguardo soprannaturale, unendo all’azione anche la preghiera confidente nell’aiuto della divina Provvidenza. I sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli sono quindi chiamati ad accompagnare spiritualmente i loro fratelli nella buona battaglia non solo con l’orazione, ma anche con la penitenza, il digiuno e la frequenza dei Sacramenti.

 

La Misericordia di Dio e l’intercessione potente della Vergine Santissima aspettano un nostro gesto concreto e di vera conversione per riversare un torrente di Grazie su questa povera umanità. Così, la nostra inferiorità numerica e la nostra pochezza di mezzi davanti al nemico darà modo al Signore di mostrare quanto siano vere le Sue parole: Sine me nihil potestis facere (Gv 15, 5). 

 

 

Il colpo di stato globalista è avvenuto, e continua a realizzarsi, anche perché i vertici della Chiesa cattolica non sono più i garanti della libertà nel rispetto della dignità umana ma si sono asserviti al Nuovo Ordine Mondiale, parlano lo stesso linguaggio dei globalisti e perseguono gli stessi interessi delle élites dominanti. Questo asservimento, fonte di grande sofferenza per tanti Cattolici, sembra spegnere ogni speranza in una rinascita cristiana. Il fattore tempo ha una sua importanza. Più questo pontificato perdura, più la Chiesa risulta omogenea al progetto complessivo, fino all’autoannullamento. Lei ritiene che, dopo il regno di Bergoglio, sarà possibile una ripresa? Che cosa vede all’orizzonte?

 

La complicità della chiesa bergogliana e dell’intero Episcopato mondiale alla farsa psicopandemica ha segnato uno dei punti più bassi raggiunti dalla Gerarchia nella storia. Ma questa è la logica conseguenza di un’ideologia corrotta e corruttrice che trova le proprie basi nel Vaticano II, come i suoi stessi artefici tengono a ribadire con orgoglio.

 

(…)

 

È evidente che l’apostasia della Gerarchia cattolica è la punizione con cui la Maestà divina affligge l’umanità ribelle e peccatrice, affinché riconosca i diritti sovrani di Dio, si converta e torni finalmente sotto il giogo soave di Cristo.

 

E finché i Vescovi non comprenderanno il loro tradimento e se ne pentiranno, nessuna speranza è possibile per il mondo, visto che la salvezza si può avere solo nell’unico Ovile e sotto l’unico Pastore. 

 

 

Di recente tra i membri del Sacro Collegio è girato un memorandum, firmato con lo pseudonimo Demos, che mette in fila i disastri causati a ogni livello (dottrinale, pastorale, gestionale, economico, legislativo) dal pontificato di Bergoglio. «Meglio tardi che mai», hanno commentato alcuni, mentre altri hanno detto: «Inutile chiudere la stalla quando i buoi sono ormai scappati». Che cosa pensa di quel memorandum? Ritiene che sia opera di un cardinale? È il sintomo di una sia pur tardiva presa di coscienza?

 

Questo memorandum elenca gli orrori del «pontificato» bergogliano, e questo certamente è già un progresso rispetto al magnificarlo. Ma gli orrori e gli errori dell’Argentino e della sua corte non sono comparsi dal nulla, come se nei precedenti Pontificati tutto fosse perfetto e meraviglioso.

 

La crisi inizia col Vaticano II: deplorare i sintomi di una malattia senza comprenderne le cause è un’operazione inutile e dannosa. Se il Sacro Collegio non si persuaderà che occorre tornare a quello che la Chiesa credeva, insegnava e celebrava sino a Pio XII, ogni opposizione all’attuale regime sarà destinata a certissimo fallimento. 

 

 

All’interno del Collegio Cardinalizio c’è a Suo avviso una figura credibile, autenticamente cattolica, sulla quale i porporati, in caso di conclave, potrebbero far convergere i voti per un totale cambio di registro rispetto all’attuale pontificato?

 

Certi Papi, non dimentichiamolo, sono concessi; altri sono inflitti. Ma prima di discutere del prossimo Conclave, occorre far luce sull’abdicazione di Benedetto XVI e sulla questione dei brogli del Conclave del 2013, che prima o poi dovranno dare luogo ad un’indagine ufficiale; se vi dovessero essere prove di irregolarità, il Conclave sarebbe nullo, nulla l’elezione di Bergoglio, così come nulle sarebbero tutte le sue nomine, gli atti di governo e di magistero.

 

Un reset che ci riporterebbe provvidenzialmente allo status quo ante, con un Sacro Collegio composto solo dai Cardinali nominati fino a Benedetto XVI, estromettendone tutti quelli creati dal 2013, notoriamente ultraprogressisti. Di certo la situazione attuale, con tutte le indiscrezioni sulle dimissioni di Ratzinger e sull’elezione di Bergoglio, non giova al corpo ecclesiale e crea confusione e disorientamento nei fedeli.

 

Anche qui, i Cattolici possono implorare la Maestà divina di risparmiare ulteriori umiliazioni alla Sua Chiesa, concedendole un buon Papa.

 

Se c’è un Cardinale che voglia davvero «un cambio di registro» che si faccia avanti, e che – per l’amor di Dio – la smetta di rifarsi al Vaticano II e pensi alla santificazione del Clero e dei fedeli.

 

 

Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden è sempre più in difficoltà e il Presidente mostra in modo sempre più evidente la propria inadeguatezza; eppure, in virtù di alleanze e incroci di interessi ad altissimo livello, sembra impossibile far cadere questo castello di carte. Come si sta muovendo Trump? Può aiutarci a leggere meglio la situazione americana, della quale Lei è esperto?  

 

L’amministrazione Biden è lo specchio della corruzione che vige nella cosa pubblica, laddove si prescinda dai principi morali immutabili del Vangelo. E se un politico favorevole all’aborto, all’eutanasia, al gender e a tutte le peggiori deviazioni osa definirsi cattolico, dovremmo chiederci quale sia la responsabilità dei maestri, degli educatori e dei sacerdoti presso i quali questo politico è stato formato. Cos’ha insegnato il parroco al catechismo? Cosa il professore nell’Università cattolica? cosa il direttore spirituale del futuro leader politico?

 

E siamo di nuovo al punto di partenza: il Vaticano II, che invece di convertire alla Chiesa il mondo, ha convertito al mondo la Chiesa, rendendo vana la sua evangelizzazione. Si parlava tanto di «Chiesa missionaria», ma allo stesso tempo la predicazione è diventata propaganda di fatui ideali filantropici, di vecchie ideologie di sinistra, di vuoti slogan pacifisti. Ed ecco, da quelle scuole dei Gesuiti, la crème del Vaticano II: personaggi come la Pelosi o Biden, che di cattolico non hanno nulla ma che si presentano impunemente a ricevere la Comunione col plauso dei Vescovi. 

 

L’Episcopato americano, troppo attento a compiacere Bergoglio, si è anzi ben guardato dal condannare il programma elettorale dei Dem, mentre non ha esitato a scagliarsi contro Trump che, pur con tutte le sue contraddizioni, certamente difende in modo più efficace e convinto i principi della Legge naturale e la santità della vita. 

 

La crisi russo-ucraina ci mostra un Biden, fantoccio del deep state, ostinato nell’impedire la pace nel conflitto in corso perché troppo preoccupato di insabbiare gli scandali suoi e del figlio Hunter: penso ad esempio al caso Burisma e agli interessi nei biolaboratori in Ucraina.

 

Se le prove condurranno all’incriminazione di Hunter Biden e al coinvolgimento del padre Joe, l’impeachment sarà inevitabile e ampiamente giustificato, e questo potrebbe condurre Trump nuovamente al potere. Se poi, nel frattempo, i processi in corso dimostreranno la frode elettorale, egli potrebbe esser proclamato Presidente. E questo sarebbe un colpo mortale per il deep state e per il Great Reset.

 

 

La vicenda COVID e quella della guerra in Ucraina hanno portato allo scoperto l’esistenza di profonde differenze – potremmo dire antropologiche prima ancora che culturali e politiche – fra chi avverte il problema del condizionamento al quale siamo sottoposti dall’azione costante e coordinata dei “padroni del pensiero” e chi invece accetta la narrativa dominante e si allinea ai dogmi imposti. A fronte di tali differenze, che stanno dividendo anche persone unite da vincoli familiari e di amicizia, come dobbiamo muoverci, da credenti, per testimoniare la Verità senza cedere alla tentazione della «militarizzazione» delle coscienze?

 

La manipolazione delle coscienze costituisce una vera e propria violazione della libertà dell’individuo, conducendolo ad un ottundimento delle sue facoltà che possono inficiare la moralità delle sue azioni.

 

La psicologia sociale insegna che chi viene sottoposto al condizionamento mentale secondo specifiche tecniche, finisce per agire sfalsando il proprio giudizio o addirittura astenendosi dal formulare una valutazione morale delle proprie azioni: pensiamo alla forza trainante dell’esempio della massa, al potere che esercita il giudizio sociale sul nostro comportamento, alla forza della minaccia di sanzioni per indurci a «rispettare le regole», e viceversa alla seduzione dei premi e delle ricompense per il nostro agire «socialmente responsabile».

 

Su questo si è costruita ad esempio la farsa pandemica, in cui tutti i principi della manipolazione di massa sono stati messi in opera con grandissimo successo, senza che vi fosse una reazione altrettanto di massa da parte di chi è stato privato di diritti, del lavoro, dello stipendio, della possibilità di muoversi. 

 

I fedeli, in quanto parte della società, hanno subìto la propaganda di regime anche con la COVID, con l’aggravante che i deliri delle Autorità civili sono stati ratificati e appoggiati dall’Autorità ecclesiastica, che ha quindi indotto i Cattolici ad obbedire acriticamente ai lockdown, all’uso delle mascherine, alla somministrazione di una terapia genica sperimentale moralmente inaccettabile. Va quindi riconosciuto che la responsabilità dell’accettazione della psicopandemia e della campagna vaccinale ricade quasi interamente sui Pastori, e massimamente su Bergoglio, che non fa mistero del proprio incondizionato appoggio al NWO, al WEF e all’ideologia globalista. 

 

Lei mi parla di «militarizzazione» delle coscienze, come se questa fosse una cosa deplorevole. Nostro Signore ha detto: «D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc 12, 52-53).

 

E ancora: «Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato» (Mt 10, 21-22).

 

Come possiamo pensare che dinanzi al dispiegamento delle forze del male, davanti all’attacco del Nuovo Ordine contro la società e contro Cristo sia possibile evitare la “militarizzazione” delle coscienze, se con questa espressione intendiamo la coraggiosa testimonianza di Cristo, e di Cristo crocifisso? 

 

La verità non è una clava con cui percuotere chi la ignora, ma una luce che non può essere nascosta sotto il moggio, e che potrà forse abbagliare all’inizio, ma non potrà essere ignorata dalle persone di buona volontà e di retta coscienza.

 

Chi non vuole vedere quella luce – che è sempre un raggio dell’unica Luce del mondo che è Cristo – si schiera con le tenebre, e dev’essere aiutato ad uscirne con Carità. Questo vale tanto più per i nostri cari: le loro errate convinzioni, dinanzi alla nostra paziente risposta senza animosità, spesso si incrinano e col tempo comprendono che il nostro «complottismo» era solo un anticipare con la ragione e l’approfondimento ciò che di lì a breve sarebbe stato di pubblico dominio.

 

Certo è più facile comprendere l’inganno della psicopandemia che non quello ben peggiore ordito dai Modernisti con il Concilio. 

 

(…)

 

 

Ci prepariamo a entrare nella Settimana Santa. Vorrebbe, Eccellenza, spendere una parola per aiutarci a viverla bene, in modo autenticamente cattolico?

 

Oggi inizia il tempo di Passione, che culminerà nella celebrazione del Triduo Sacro: la bellezza e la profonda spiritualità dei riti di questi giorni sono un’occasione preziosa per completare degnamente la Santa Quaresima in preparazione alla Resurrezione di Nostro Signore. 

 

Contempliamo l’Osanna della folla che riceve trionfalmente il Figlio di David in Gerusalemme, e che poco dopo si lascia manipolare dal Sinedrio e invoca a Pilato la crocifissione del Re d’Israele: ci sia di monito per tenerci lontano dai cattivi consiglieri e dalle autorità corrotte, seguendo con coraggio il Signore lungo la via della Croce. 

 

Contempliamo la dolorosa flagellazione, la coronazione di spine, la salita al Calvario e la crocifissione di Nostro Signore, dopo una sentenza ingiusta e iniqua, compiuta dall’autorità civile per compiacere gli interessi dei sommi sacerdoti: unendoci spiritualmente alla Passione del nostro Santissimo Redentore, non lasciamoci ingannare da chi, usando della propria autorità, vorrebbe ancor oggi mandare a morte Nostro Signore Gesù Cristo, ripetendo le parole di allora: non habemus regem, nisi Cæsarem, non abbiamo altro re che Cesare (Gv 19, 15). 

 

Videbunt in quem transfixerunt, Guarderanno a Colui che hanno trafitto (Gv 19, 37), dice la Scrittura. Guardiamo anche noi al Salvatore sfigurato dai tormenti della Passione, considerando quanta parte ciascuno di noi abbia avuto nei dolori di Nostro Signore: pentiamoci dei nostri peccati, delle nostre infedeltà, dei nostri rispetti umani, dei nostri silenzi. Scuotiamoci dalla nostra mediocrità e schieriamoci coraggiosamente sotto le insegne del Re dei re, iniziando con una vita in grazia di Dio, la recita del Santo Rosario, l’assistenza alla Santa Messa, la Confessione e la Comunione frequenti. E ricordiamo che non c’è Resurrezione senza Croce, e che lo strumento della morte è diventato, per il Sangue Preziosissimo versato dal Signore, emblema di vita e di vittoria. 

 

 

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Pensiero

Manifesto per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica

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Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).

 

Parere (n. 25): Per un nuovo Manifesto di Ventotene, per un’Europa che metta le persone – e non la finanza – al centro della politica 

 

Nel 1941, un gruppo di antifascisti confinati sull’isola di Ventotene redasse un documento, intitolato «Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un Manifesto», che auspicava l’instaurazione di una «Federazione Europea» in grado di superare, assorbendola, la sovranità degli Stati continentali. (1)

 

L’idea alla base del «Manifesto di Ventotene» era, in sé, semplice: trasferire alla prevista Federazione Europea il nocciolo duro della sovranità statale, ossia le competenze in materia di politica estera e di difesa, lasciando agli Stati federati «l’autonomia che consenta … lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli».

 

Il passo più decisivo nella direzione indicata dal Manifesto fu la firma a Parigi, il 27 maggio 1952, del Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa (CED) e che prevedeva, a termine e secondo modalità del tutto originali, la creazione di un’ulteriore comunità europea, la Comunità Politica Europea (CPE): l’azione congiunta della CED e della CPE, unitamente a quella svolta dalla allora neocostituita Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA, 1951), avrebbe assicurato i pilastri politici ed economico-strategici su cui fondare l’edificio federativo prospettato dal Manifesto di Ventotene. (2)

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Tuttavia, il mutato assetto delle relazioni internazionali conseguente alla guerra di Corea (1950-1953), alla morte di Stalin (1953), alla sconfitta francese di Dien Bien Phu (1954), all’adesione della Repubblica Federale Tedesca alle organizzazioni di difesa europea (UEO) e atlantica (NATO) e alla creazione del Patto di Varsavia (1954/55), spinse gli Stati firmatari, e in particolare la Francia, a rinviare sine die la ratifica del Trattato di Parigi, con la conseguenza che né la CED, né la CPE videro mai la luce. 

 

Il fallimento della CED e della CPE segna di fatto il tramonto dell’ideale federalista europeo, perché, da allora, nessun altro trattato o accordo o dichiarazione d’intenti ha voluto o potuto resuscitare il progetto di Federazione Europea formulato dal Manifesto di Ventotene.

 

Quanto resta, oggi, di quell’ideale federalista è una organizzazione internazionale denominata Unione Europea – nata nel 1992 sulle ceneri della preesistente Comunità Economica Europea (CEE, 1957) – che, al di là delle dichiarazioni di facciata e della sua costante preoccupazione di presentarsi come tempio di pace e democrazia, è ben lontana dal promuovere il progetto di integrazione politica federale proposto dal Manifesto di Ventotene, limitandosi a perseguire la cooperazione monetaria strettamente funzionale al capitalismo ultra-finanziario e digitale promosso dalle élites globali: ossia, ciò che il Manifesto indicava espressamente tra le cause principali della «crisi della civiltà moderna». (3)

 

In questo senso, è sufficiente ricordare i passaggi del Manifesto che stigmatizzavano: «La formazione di giganteschi complessi industriali e bancari …(che premono)… sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi»; «l’esistenza dei ceti monopolistici e … dei plutocrati che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici per dirigere tutta la macchina dello Stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali»; «la volontà dei ceti militari (di predominare)… su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi»; infine, il fatto che «gli ordinamenti democratico liberali …(sono)… lo strumento di cui questi gruppi si (servono) per meglio sfruttare l’intera collettività».

 

Alla luce di queste affermazioni, formulate più di 80 anni fa e forse per questo dimenticate, il CIEB auspica che i cittadini europei leggano (o rileggano) con attenzione il Manifesto di Ventotene per valutare attentamente la distanza che separa questo documento, e gli ideali a esso sottesi, dalle proposte elaborate o commissionate da taluni apparati allo scopo di rilanciare l’immagine di un’Europa incrinata da un diffuso euroscetticismo perché sempre più mercato-centrica e, quindi, lontana dai cittadini. 

 

Alla luce delle affermazioni contenute nel Manifesto sarebbe opportuno leggere anche il «Rapporto sulla competitività europea», presentato in questi giorni da un ex premier italiano tra il plauso delle lobby industriali, delle istituzioni nazionali ed europee, della politica e dei media, che fa leva essenzialmente sulla riforma del mercato dei capitali e su maggiori investimenti nei settori – guarda caso – degli armamenti e delle infrastrutture digitali.

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Ma, al di là della scelta dei settori considerati prioritari, ciò che più colpisce del Rapporto, sotto il profilo etico, è la sua impostazione complessivamente volta ad anteporre gli interessi economico-finanziari rispetto a qualsiasi altro bene o valore, a cominciare dalla vita e dalla salute dell’uomo: basti rilevare che, per l’autore del Rapporto, il rilancio dell’Europa passa anche attraverso l’ulteriore semplificazione delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali per uso umano, quelle stesse procedure che hanno permesso di introdurre sul mercato un farmaco sperimentale – il cosiddetto vaccino anti-COVID – la cui rischiosità è da tempo ammessa pubblicamente dalle medesime aziende farmaceutiche che lo hanno prodotto e commercializzato, dagli enti di ricerca e dalle autorità regolatorie. 

 

Forse non c’è migliore esempio di questo per evidenziare il divario tra gli ideali e gli obiettivi dell’attuale Unione Europea e quelli enunciati dal Manifesto di Ventotene, il cui incipit era dedicato proprio al «principio di libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita».

 

Evidentemente i tempi sono maturi per l’adozione di un nuovo Manifesto di Ventotene che formuli un modello di Europa i cui protagonisti siano realmente i cittadini e che metta definitivamente da parte quell’artificiosa costruzione che si fregia astrattamente del titolo di «unione europea» e che altro non è che lo schermo dietro cui si muovono le élites finanziarie globali.

 

 

CIEB

 

18 settembre 2024

 

NOTE

1) Per il testo originale del Manifesto, cfr. il sito dell’Istituto di studi federalisti «Altiero Spinelli»: https://www.istitutospinelli.it/download/il-manifesto-di-ventotene-italiano/

2) È utile ricordare che, a differenza della CED, che nasceva da un comune trattato internazionale, la CPE sarebbe stata creata da una vera e propria Assemblea costituente composta dai delegati degli unici organi internazionali che, all’epoca, rappresentavano – sia pure indirettamente – i popoli europei, ossia l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale nata nel 1949 e del tutto distinta dalle comunità europee di cui si parla nel testo) e l’Assemblea parlamentare della già citata CECA. Può pertanto affermarsi che il progetto CPE resta, nel quadro della storia delle organizzazioni internazionali, un esperimento assolutamente unico e, soprattutto, irripetuto: tutte le comunità europee che videro la luce negli anni successivi (CECA, CEE, EURATOM), come anche l’odierna Unione Europea (UE), sono nate in base alle vicende costitutive delle comuni organizzazioni internazionali, ossia mediante trattati internazionali negoziati, firmati e ratificati da organi statali secondo le rispettive procedure di diritto interno.

3) Cfr., anche per le citazioni seguenti, il capitolo 1 del Manifesto, citato alla nota 1.

 

 

Il testo originale del presente Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb

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Pensiero

Sacerdote tradizionalista «interdetto» dalla diocesi di Reggio: dove sta la Fede cattolica?

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Ci risiamo.   A Reggio Emilia, ancora una volta, la Diocesi torna ad esprimersi su due sacerdoti che da qualche anno hanno preso residenza sulle colline di Casalgrande Alto, in un’altura che sormonta e si affaccia su tutto il panorama padano della provincia.   Il settimanale cattolico reggiano La Libertà, nella sua versione online, vero e proprio megafono della Diocesi, rende nota la vicenda riuscendo a sbagliare subito il bersaglio, ovvero pubblicando la foto di un castello presente a Casalgrande Alto e identificandolo, nella didascalia, come «sede della Città della divina misericordia». Peccato che quel castello non sia affatto la sede dei due sacerdoti.    Ma tornando ai due preti, trattasi di don Claudio Crescimanno e don Andrea Maccabiani, già da tempo saliti agli onori della cronaca locale e nazionale a motivo di quella che la stessa Curia ritiene essere una presenza, ma soprattutto un ministero, illecito e non autorizzato dalle gerarchie. 

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Cosa fanno di così strano questi due sacerdoti? In sintesi: si limitano a fare i preti, celebrano la Santa Messa, amministrano i sacramenti e assicurano una buona formazione cattolica a ragazzi ed adulti. Insieme a loro, in quella che potremmo tranquillamente definire un’umile dimora, ci sono alcuni animali facenti parte di quella che è un’azienda agricola gestita dagli stessi sacerdoti con l’aiuto di qualche laico.   Nessun clamore. Nessun profilo appariscente o volutamente polemico, sulle colline di Casalgrande si respira piuttosto un certo silenzio e uno stile di vita molto tranquillo, sia per i sacerdoti che per i laici che frequentano la piccola comunità sorta per un semplice e quanto mai pratico motivo – cercare ciò che nelle istituzioni ordinarie ecclesiali ora sembra mancare: la Fede cattolica.    Ebbene si sa che oggi, la categoria più detestata dalla gerarchia ecclesiastica, è proprio quella che nella semplicità della tradizione bimillenaria della Chiesa Cattolica, ricerca la Fede così come sempre è stata insegnata, attraverso il catechismo e la liturgia, quest’ultima vera e propria teologia pregata   Non potevano, a motivo di quanto appena accennato, passare inosservati due sacerdoti stanchi delle istituzioni ordinarie, stanchi di strutture senza Fede e liturgie protestantizzate («Signore io non sono degno di partecipare alla Tua mensa», recitano in coro tutti coloro i quali continuano a celebrare e a frequentare il Nuovo Rito, ignari, oppure no, di aderire ipso facto ad un protestantesimo velato sotto le mentite spoglie del cattolicesimo), giunti dunque davanti al bivio più importante della loro vita: stare con Dio e con la Chiesa, o prestare obbedienza a chi Dio lo mette sempre al secondo posto, o, addirittura, lo rende «il dio» di tutte le religioni.    Già, perché mentre la Diocesi di Reggio Emilia nei giorni scorsi stilava, per poi renderla pubblica magari anche con la lettura nelle chiese della provincia durante la Messa domenicale, la lettera che vede infliggere la pena dell’interdetto per don Claudio Crescimanno (per «interdetto» s’intende la pena che impedisce non solo di amministrare tutti i sacramenti, i sacramentali, di partecipare a qualsiasi forma di culto liturgico, ma anche l’impossibilità di ricevere ciascune delle cose elencate), papa Francesco a Giacarta, recando grande scandalo per la partecipazione ad un incontro interreligioso e la visita alla moschea di Istiqlal, non contendo, incontrando i giovani di Schola Occurrentes appartenenti alle più svariate «fedi» impartiva loro una «benedizione» interreligiosa, dove è mancato programmaticamente il segno della croce.   «Vorrei impartire una benedizione (…) Qui voi appartenete a religioni diverse, ma noi abbiamo un solo Dio, è uno solo. E in unione, in silenzio, pregheremo il Signore e io darò una benedizione per tutti, una benedizione valida per tutte le religioni». Forse per la prima volta, un papa ha benedetto qualcosa senza fare il segno della croce.   Nihil sub sole novum, è tutto già visto e rivisto in seno ai predecessori di Bergoglio, che in particolare da Assisi ‘86 in poi hanno consolidato la pratica — poiché la teoria fonda le sue radici nel Concilio Vaticano II e nei suoi stessi documenti — di un sincretismo da coltivare e, appunto, «benedire».    Nessun commento tuttavia su questa ennesima riprova di quanto la Fede cattolica da oltre cinquant’anni sia messa a forte rischio e abbia smarrito la retta via e la retta ragione, ma si trova piuttosto il tempo e la volontà di prendere seri provvedimenti verso due sacerdoti che sul cocuzzolo della montagna rispondono semplicemente alla richiesta dei fedeli che chiedono aiuto.   Suppliscono, cioè, alle mancanze dei tanti confratelli e degli stessi vescovi impegnati a riempirsi la bocca di parole come «unità», «comunione ecclesiale» e tanto altro ancora salvo poi minarla continuamente con il pieno appoggio o ancora peggio con il silenzio rispetto ad una chiesa ormai fondata su valori — o sarebbe meglio dire disvalori — che nulla hanno a che vedere con Cristo.   Sarebbe interessante, e pure molto avvincente, evidenziare tutte le possibili lacune e le imprecisioni presenti nel comunicato che vede infliggere la pena a don Crescimanno, ma non è questo l’intento. Vorrei qui invece sottolineare quella che io ritengo personalmente essere la totale impossibilità, secondo ragione e secondo logica, di ricevere, accogliere e ritenere queste pene valide. 

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Se è vero che riconoscendo l’autorità gli si dovrebbe riconoscere anche il comando e, quindi, l’eventuale divieto e pena, la situazione di grave crisi nella Chiesa obbliga vescovi, sacerdoti e fedeli ancora cattolici a scegliere sé obbedire ciecamente a guide che, seppur con il carattere di guide, sono guide cieche, oppure sé ricorrere ai mezzi opportuni per salvare l’anima e salvare anime.   Dio o gli uomini. La propria anima, le anime dei fedeli, o l’obbedienza sproporzionata e non ancorata alla Verità a chi non propone più i veri mezzi della Salvezza, non proponendo più, in sintesi, Gesù Cristo ed il Suo estremo Sacrificio sulla Croce, che si ripete in modo incruento sull’Altare.   La questione, aldilà di ogni discussione di diritto canonico, è più semplice che mai, e ci obbliga, non tanto per superficialità quanto piuttosto per capacità di cogliere le priorità, ad una scelta immediata per conservare la Fede, visto la grave crisi in cui da oltre mezzo secolo versa la Santa Chiesa, costringendoci ad invocare un altrettanto e quanto mai reale stato di necessità per tante anime in pericolo poiché senza veri pastori.    Davanti a questi reali fatti, davanti allo scempio che, nei contenuti identici a chi ha preceduto ma in una forma ancor più evidente e rapida, non c’è più spazio per mezze misure, non c’è più tempo per cantilene conservatrici, oramai sepolte come polvere sotto al tappeto, spazzate via seguendo la sorte di chi, stando sempre in mezzo, viene o ingoiato da una parte o sputato via dall’altra, seguendo le coordinate di Bussole rotte, Gruppi (in)Stabili e Timoni senza più un timoniere.    Oltre a quelle già presenti e strutturate, forse è tempo di piccole minoranze pronte a sorgere ed insorgere, per combattere la propria piccola battaglia al servizio di Dio.   Forse è il tempo di ricreare quel rapporto interrotto da quella diabolica rivoluzione francese, che come insegnava il compianto Agostino Sanfratello, aveva interrotto, per sempre, quel rapporto più semplice e più genuino fra clero e popolo, nelle campagne, nelle parrocchie vere.    Casomai il vescovo di Reggio Emilia, monsignor Giacomo Morandi, dovesse perdersi su un sentiero di montagna durante una camminata od un’escursione, troverà forse la consapevolezza che, cercando nuove vie potrebbe smarrirsi; tornando indietro, invece, sulla strada principale già percorsa, potrebbe ritrovare la giusta via.   Chi ha orecchie, intenda.    Cristiano Lugli 

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Geopolitica

Zakharova e le sanzioni ai media russi: gli USA stanno diventando una «dittatura neoliberista»

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Le ripetute sanzioni volte a limitare la libertà dei media russi negli Stati Uniti sono un segnale dell’erosione dei valori democratici a Washington, ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova.

 

La portavoce ha rilasciato queste dichiarazioni all’agenzia di stampa RIA Novosti a margine dell’Eastern Economic Forum tenutosi mercoledì a Vladivostok, poche ore dopo l’introduzione di un nuovo ciclo di sanzioni da parte degli Stati Uniti.

 

Washington ha imposto severe restrizioni ai media russi in passato, ha osservato Zakharova. L’imposizione di queste nuove sanzioni «testimonia l’irreversibile degrado dello stato democratico negli Stati Uniti e la sua trasformazione in una dittatura neoliberista totalitaria», ha affermato, aggiungendo che i notiziari sono diventati una «merce di scambio nelle dispute di parte e il pubblico è deliberatamente tratto in inganno da insinuazioni su mitiche interferenze nei “processi democratici”».

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Gli attacchi ai media russi sono «il risultato di operazioni attentamente ponderate» pianificate dai servizi segreti e coordinate con i principali organi di informazione, ha affermato la Zakharova.

 

L’obiettivo, ha affermato, è «sterilizzare lo spazio informativo nazionale e, in futuro, globale da qualsiasi forma di opinione dissenziente». Questa nuova «caccia alle streghe» è volta a mantenere «la popolazione in uno stato di stress permanente», oltre a costruire l’immagine di «un nemico esterno», in questo caso la Russia, ha sottolineato la portavoce.

Mercoledì, i dipartimenti di Giustizia, Stato e Tesoro hanno annunciato uno sforzo congiunto per colpire con sanzioni e accuse penali i media russi, tra cui il noto notiziario governativo Russia Today, e gli individui che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden afferma essere «tentativi sponsorizzati dal governo russo di manipolare l’opinione pubblica statunitense» in vista delle elezioni presidenziali di novembre.

 

Queste azioni degli Stati Uniti «contravvengono direttamente ai loro obblighi di garantire il libero accesso alle informazioni e il pluralismo dei media» e non rimarranno senza risposta, ha affermato la Zakharova.

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Immagine di Diana Robinson via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

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