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Transumanismo

Chip cerebrali per tutti: Klaus Schwab lo diceva 5 anni fa

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Riemerge in rete una vecchia conversazione tra il creatore del World Economic Forum Klaus Schwab e il cofondatore di Google Sergej Brin.

 

L’incontro, tenutosi a Davos nel 2017, ha presto virato su temi che interessano entrambi, come il transumanismo pratico.

 

«Gli strumenti digitali dei Big Data sono al servizio del progresso medico e biologico e avanzano molto velocemente» dice il capo del gruppo di Davos grande e architetto del Grande Reset.

 

 

«Puoi immaginare che tra 10 anni saremo qui seduti avendo un impianto nel nostro cervello, tramite il quale posso immediatamente percepirvi, perché tutti voi avrete degli impianti , misurandovi tutte le vostre onde cerebrali – e posso dirti immediatamente come reagiscono le persone, oppure posso sentire come reagiscono alcune persone alle tue risposte. È immaginabile?» chiede il guru globalista svizzero.

 

«Penso che sia immaginabile», risponde il Brin, che prosegue descrivendo un possibile futuro transumanista in cui la coscienza potrebbe essere trapiantata nelle macchine.

 

«Penso che tu possa immaginare che, beh, verrai trapiantato, sai, su Internet per così dire, per vivere per sempre in un regno digitale. Sai, puoi immaginare che  solo nella tua incarnazione biologica vivrai per un’età molto lunga».

 

Klaus Schwab non è nuovo a inquietanti visioni sui chip cerebrali.

 

Come riportato da Renovatio 21, più volte lo Schwabbo ha insistito, nel suo concetto di Quarta Rivoluzione Industriale, sulla «fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica».

 

Essa passa necessariamente dalla biosensorizzazione del nostro corpo, cioè dalla completa digitalizzazione delle nostre esistenze. L’ingresso di ogni azione, anche involontaria, dell’essere umano in una grande piattaforma di controllo.

 

Schwab era arrivato a suggerire scansioni cerebrali, rese possibile dagli impianti biocibernetici, anche solo per viaggiare:

 

«Anche attraversare un confine nazionale potrebbe un giorno richiedere una scansione cerebrale dettagliata per valutare il rischio per la sicurezza di un individuo».

 

«I dispositivi esterni di oggi, dai computer indossabili alle cuffie per la realtà virtuale, diventeranno quasi certamente impiantabili nel nostro corpo e nel nostro cervello».

 

«I microchip impiantabili attivi che rompono la barriera cutanea del nostro corpo» cambieranno il modo in cui ci interfacciamo con il mondo «e ci costringeranno a chiederci «cosa significhi essere umani», sostiene Schwab.

 

Anche il personaggio di Sergej Brin è assai interessante. Nato da una famiglia ebraica di Mosca, è cresciuto nel Maryland per poi arrivare a Stanford, dove ha subito messo in piedi con il compagno di studi Larry Page il motore di ricerca Google.

 

Meno note sono le connessioni con altre industrie che ha creato negli anni. Al colosso mondiale YouTube, comprato da Google, egli piazzò come CEO la cognata Susan Wojcicki. La moglie Anne Wojcicki invece fu messa a capo di un’azienda di genetica, 23andMe, che diede un contributo fondamentale alla materializzazione di una genomica consumer: ad un prezzo molto abbordabile, una gran parte della popolazione si è sottoposta, talvolta per giuoco, allo screening genetico, per scoprire le loro caratteristiche cromosomiche e – cosa che ha sconvolto non poche vite – dove hanno parenti che non sapevano di avere.

 

Gli utenti di 21andMe, esattamente come Google, nell’usufruire del servizio davano alla società dei dati personali, anzi i più personali possibili: il proprio codice genetico. La quantità di dati genetici stivata ora dall’azienda costituisce un universo di informazioni ulteriore dove l’algoritmo di Google non poteva arrivare, e schiude possibilità di analisi e di azione ancora inesplorate.

 

Come riportato da Renovatio 21 tre anni fa, la Glaxo ha investito in 23andMe 300 milioni di dollari.

 

Sergej Brin è uno Young Global Leader. Fa parte, cioè, della carrellata di giovani di rilevanza politica o economica formato dai corsi del World Economic Forum di Davos.

 

Non è conosciuto al grande pubblico lo sforzo che Google compie tramite la sua società Biotech controllata, Verily, creata da Brin nel 2015 come parte di una grande riorganizzazione aziendale. Verily aveva in progetto di sviluppare lenti a contatto per diabetici in grado di monitorare costantemente il glucosio, un polsino che traccia lo stato della salute nonché una piattaforma di nanoparticelle che fungano da sensori di malattia.

 

Più oscuro, ma presente, il progetto che Verily aveva sulle zanzare: distruggere le specie portatrici di malattie rilasciando nell’ambiente zanzare sterili. Lo chiamano, echeggiando sinistramente nel mondo naturale il linguaggio informatico, progetto Debug.

 

Si tratta praticamente dello stesso progetto di sterilizzazione globale delle zanzare via bioingegneria portato avanti da Bill Gates e dal Pentagono, al quale aveva lavorato, come visibile nel documentario Unnatural History anche il dottor Crisanti.

 

Ciò in cui può tramutarsi un tale progetto, lo lasciamo immaginare al lettore.

 

 

 

 

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Oligarcato

Klaus Schwab chiede un governo globale in grado di «padroneggiare» le tecnologie come l’Intelligenza Artificiale e la Biologia Sintetica

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Il guru di Davos Klaus Schwab ha chiesto pubblicamente alle élite mondialiste unirsi per «padroneggiare» le tecnologie avanzate, avvertendole che se non agiscono rapidamente il mondo potrebbe «sfuggire al nostro potere».

 

Il fondatore del World Economic Forum stava parlando a un incontro a Dubai dal titolo non troppo sibillino «World Government Summit».

 

Schwab, rivolgendosi ad una immensa platea di tizi con identici vestiti arabi infilandoci pure all’inizio un renzistico «your highnesses»  («vostre altezze»), ha indicato le «tecnologie della Quarta Rivoluzione Industriale» (un concetto introdotto da lui stesso nel libro omonimo) e ha proclamato solennemente che «chi padroneggia queste tecnologie – in qualche modo – sarà il padrone del mondo».

 

 

«Mastah zis technologiss… Mastah off ze vorld ». L’inglese con tremendo accento tedesco dello Schwab si fa sentire in quest’ultima affermazione, portando una volta di più la sua figura verso quella regione dell’immaginazione tra il grottesco e i cattivi di James Bondo.

 

Allo Schwabbo la parola «master», che in lingua inglese è verbo («padroneggiare») sia sostantivo («padrone») ultimamente piace moltissimo. Allo scorso World Economic Forum Davos, come noto, aveva esortato a «padroneggiare il futuro» – «Master the Future», pronunziato schwabbianamente «Mastah ze fiuciah». A Bali, a latere del G20 che si è impegnato per i passaporti vaccinali internazionali, il nostro si era limitato a parlare in tranquillità di «ristrutturazione profonda, sistemica e strutturale del nostro mondo».

 

Parlando della tecnologia, il Klauso ha detto che «ci stiamo spostando nella fase esponenziale (…) Intelligenza Artificiale ma non solo, metaverso, nuove tecnologie spaziali… la biologia sintetica (…) «tra dieci anni saremo completamente diversi», ha detto il vegliardo tedesco allievo i Kissinger. «La mia profonda preoccupazione è che [con] le tecnologie #4IR [cioè della Quarta Rivoluzione Industriale, ndr], se non lavoriamo insieme su scala globale, se non formuliamo, modelliamo insieme il politiche necessarie, sfuggiranno al nostro potere di dominare quelle tecnologie».

 

Diciamo pure che il World Economic Forum di Schwab ha già affrontato l’argomento varie volte.

 

Sei mesi fa sul sito del WEF è pubblicato un articolo che invoca la fusione di sistemi di intelligenza umana e artificiale per censurare lo «hate speech» e la «disinformazione» online prima ancora che ne sia consentita la pubblicazione. In pratica, una tecnologia per la censura preventiva da applicarsi a chiunque voglia esprimersi liberamente in rete.

 

Ma con la cricca delle élite estremiste di Davos si va ben oltre. Un articolo dello scorso anno sempre sul sito del WEF parlava di «ragioni solide e razionali» per impiantare microchip nei bambini. Un dirigente di Nokia ha parlato a Davos di cellulari che «saranno costruiti direttamente nei nostri corpi». Assieme al transumanismo, anche un po’ di eugenetica non fa mai male: ecco la relatrice di Davos 2023 che parla di previsioni genetiche sulle malattie in grado di influire sulla decisione di avere figli.

 

Il Klaus Schwab non è nuovo a discorsi di estremismo transumanista in cui annuncia la necessità di fondere uomo e macchina, un processo che lui inserisce nel suo concetto di «Quarta Rivoluzione Industriale», propalata a piene mani a manager e amministratori di tutte le latitudini e di tutti i livelli, che ripetono a pappagallo la teoria transumanista della «fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica». Ciò è scritto nero su bianco sul suo libro La quarta rivoluzione industriale, che per qualche ragione ha la prefazione dell’erede Agnelli John Elkan.

 

Nel testo, lo Schwab spiega con entusiasmo come la tecnologia in arrivo consentirà alle autorità di «intromettersi nello spazio fino ad ora privato della nostra mente, leggendo i nostri pensieri e influenzando il nostro comportamento».

 

«Con il miglioramento delle capacità in questo settore, aumenterà la tentazione per le forze dell’ordine e i tribunali di utilizzare tecniche per determinare la probabilità di attività criminale, valutare la colpa o addirittura recuperare i ricordi direttamente dal cervello delle persone».

 

Senza pudore alcuno, lo Schwabbone era arrivato a suggerire l’utilizzo di scansioni cerebrali, rese possibili dagli impianti biocibernetici, anche solo per viaggiare: «anche attraversare un confine nazionale potrebbe un giorno richiedere una scansione cerebrale dettagliata per valutare il rischio per la sicurezza di un individuo» afferma il guro davosiano. «I dispositivi esterni di oggi, dai computer indossabili alle cuffie per la realtà virtuale, diventeranno quasi certamente impiantabili nel nostro corpo e nel nostro cervello».

 

«I microchip impiantabili attivi che rompono la barriera cutanea del nostro corpo» cambieranno il modo in cui ci interfacciamo con il mondo «e ci costringeranno a chiederci «cosa significhi essere umani», sostiene Schwab.

 

In un inquietante evento a Davos è possibile vedere Schwab che parla con il padrone di Google Sergej Brin della possibilità di leggere il pensiero a tutti i partecipanti nella sala. «Puoi immaginare che tra 10 anni saremo qui seduti avendo un impianto nel nostro cervello, tramite il quale posso immediatamente percepirvi, perché tutti voi avrete degli impianti, misurandovi tutte le vostre onde cerebrali – e posso dirti immediatamente come reagiscono le persone».

 

In pratica, già cinque anni fa, lo Schwabbo annunziava più chip cerebrali per tutti.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, al medesimo evento globalista di Dubai in cui ha parlato di persone Schwab, era intervenuto da remoto Elon Musk, che si era lanciato in un discorso dal sapore sovranista in cui si scagliava per l’indipendenza delle Nazioni e contro il governo mondiale ritenuto come un «rischio per la Civiltà».

 

 

 

 

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Bioetica

Stiamo già vivendo in una realtà transumanista?

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

 

L’anno scorso un esperto di transumanesimo di Oxford ha pubblicato Future Superhuman: Our transhuman lives in a make-or-break century.

 

Elise Bohan, un’australiana, ha sostenuto che i «sacchi di carne dal cervello di scimmia» (ovvero gli esseri umani) devono essere aggiornati con la tecnologia per affrontare le sfide del 21° secolo.

 

Il suo libro ha offerto l’occasione per un interessante dibattito con Mary Harrington, editorialista di Unherd, un magazine online britannico.

 

Harrington è una scettica transumanista. Dice che viviamo già in una società transumanista in cui ci affidiamo alla tecnologia per soddisfare i bisogni primari. E l’esperienza è stata del tutto negativa.

 

«Questa era è iniziata a metà del ventesimo secolo, con un’innovazione biomedica che ha cambiato radicalmente ciò che significa essere un essere umano, nell’ordine sociale umano: la tecnologia riproduttiva».

 

«La pillola è stata la prima tecnologia transumanista: si proponeva di non correggere qualcosa che non andava nella “normale” fisiologia umana – nel senso migliorativo della medicina fino a quel momento – ma invece ha introdotto un paradigma completamente nuovo. Si proponeva di interrompere la normalità nell’interesse della libertà individuale».

 

«Quasi ogni donna adulta nel mondo sviluppato ha implicitamente accettato la convinzione che la piena personalità femminile adulta dipenda strutturalmente da tecnologie che interrompono la normale fertilità femminile. E secondo la definizione con cui ho aperto, ciò rende quasi ogni donna adulta nel mondo sviluppato una transumanista».

 

L’autrice osserva che la tecnologia, nonostante le sue promesse liberatorie, è una merce rara che è governata dal dominio del mercato:

 

«E laddove la tecnologia viene utilizzata per “liberarci” dal tipo di dati – come la normale fertilità femminile – che prima erano gestiti, pragmaticamente, da norme sociali o legali, ciò che la sostituisce non è una “persona” umana libera dalla “natura”, ma un mercato in cui quella ‘natura’ diventa un insieme di problemi di domanda e offerta»

 

«Siamo già nell’era transumanista. Ma la storia finora suggerisce che, lungi dal fornire utopia, ciò che offre principalmente è una mercificazione del corpo umano che avvantaggia in modo sproporzionato coloro che hanno già potere e privilegi».

 

Harrington sottolinea inoltre che il transumanesimo è incompatibile con l’umanesimo vecchia maniera. Se il transumanesimo dovesse prevalere, ci sarebbe una massiccia rivoluzione culturale ed etica:

 

«Non puoi avere il transumanesimo senza buttare via l’umanesimo. E se le persone sono solo “sacchi di carne dal cervello di scimmia” come descrive Elise, che hanno urgente bisogno di essere migliorate, quale possibile ragione potremmo avere per opporci a un mercato di organi umani? O all’infanticidio? O all’ingegnerizzare geneticamente le masse perché siano più docili? Tutti questi sono repellenti solo se messi contro un’antropologia umanista».

 

 

Michael Cook

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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Eugenetica

Eugenetica e transumanismo WEF: a Davos relatrice afferma che le «previsioni genetiche» sulle malattie potrebbero influire sulle decisioni di avere figli

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La professoressa universitaria statunitense Nita Farahany, ospite al World Economic Forum di Davos, ha dichiarato che le «previsioni genetiche» potrebbero avere un ruolo nel decidere se le persone «decidano di avere figli».

 

«Molte persone e molte organizzazioni diverse con cui lavoro lottano con questioni di previsioni genetiche, in particolare per gli «highly penetrants», il che significa che è c’è la predizione che probabilmente svilupperai la malattia, come ad esempio la SLA, ma non lo fai sapere quando» ha detto la Farahany durante una tavola rotonda intitolata Transforming Medicine, Redefining Life (« Trasformare la medicina, ridefinire la vita»).

 

«Quindi, hai una previsione incredibilmente alta, ma hai ben poca idea di quando sarebbe l’inizio» della malattia. «Come consigli a qualcuno su come integrare tali informazioni nelle loro vite, indipendentemente dal fatto che debbano o meno eseguire test genetici?» si è chiesta l’esperta.

 

«Quali potrebbero essere anche le implicazioni per i loro familiari, perché se hanno quel particolare gene, quella particolare mutazione, potrebbe benissimo essere che i loro figli ce l’abbiano; oppure potrebbe benissimo implicare se decidono o meno di avere figli, di trasmetterlo ai loro figli».

 

La Farahany ha quindi discusso se i datori di lavoro e le compagnie assicurative debbano avere accesso ai dati sulla salute delle persone e alle «previsioni genetiche». Il che significa che si pone la domanda: è lecito discriminare professionalmente non i malati, ma i potenzialmente malati.

 

Insomma: tra le nevi miliardarie di Davos, siamo in pieno Gattacca. Si tratta di una conversazione eugenetica allo Stato puro, di quelle che sarebbero piaciute una volta poco più a Nord.

 

La Farahany non è nuova a dichiarazioni sconvolgenti, fatte come nulla fosse. In un discorso precedente, la professoressa della Duke University ha affermato che i dispositivi indossabili per la lettura della mente non sono un’invenzione del futuro, ma sono già qui fra noi, nei dispositivi indossabili dai consumatori: fasce per capelli che hanno sensori in grado di rilevare l’attività delle onde cerebrali, auricolari, cuffie, piccoli tatuaggi che puoi indossare dietro l’orecchio – «possiamo raccogliere stati emotivi, come la felicità, la tristezza o la rabbia», aveva detto Farahany durante l’evento WEF 2023 chiamato «Ready for Brain Transparency?» («Pronti alla trasparenza celebrale?»).

 

Durante la conferenza, la professoressa ha descritto tale tecnologia come integrata in «dispositivi multifunzionali», in modo che, ad esempio, gli stessi auricolari utilizzati per «prendere chiamate in teleconferenza e ascoltare musica» verrebbe migliorato con sensori elettroencefalografici per captare le onde cerebrali.

 

Farahany ha predetto che nel «futuro a breve termine» tali dispositivi diventeranno «il modo principale con cui interagiamo con tutto il resto della nostra tecnologia» e ha sottolineato che le principali aziende tecnologiche come Meta, guidata da Mark Zuckerberg, stanno «studiando modi per rendere questi dispositivi universalmente applicabili» al resto della nostra tecnologia.

 

“Noi come società dovremmo volerlo”, ha detto la Farahany parlando di tecnologie di lettura del pensiero che potrebbero aiutare a individuare autisti di camion che si addormentano. «In oltre 5.000 aziende in tutto il mondo, i dipendenti stanno già monitorando la loro attività cerebrale per testare i loro livelli di affaticamento», come nelle ferrovie Pechino-Shanghai, dove «i conduttori dei treni sono tenuti a indossare cappelli che raccolgono la loro attività cerebrale», o nelle «società minerarie di tutto il mondo». Perché «se fatta bene, la neurotecnologia ha promesse straordinarie».

 

È stato quindi toccato il tema aziendale riguardo ai dipendenti, cioè «se una persona sta prestando attenzione o se la sua mente sta vagando» e a cosa, più precisamente, sta prestando attenzione.

 

Tale tecnologia non solo può valutare se qualcuno sta prestando attenzione e a cosa, ma può intervenire per riportare la mente in carreggiata. Farahany ha condiviso che il MIT Media Lab ha già sviluppato una «sciarpa tattile» che «dà a una persona un piccolo ronzio – letteralmente – quando la sua mente inizia a vagare per aiutarla a rimettere a fuoco e affinare la sua attenzione».

 

Secondo Farahany, sebbene «non possiamo decodificare il parlato utilizzando semplici dispositivi indossabili», «ciò non significa che non ci sia già molto che possiamo decodificare», e prevede che l’ampiezza di ciò che possiamo raccogliere dal cervello aumenterà considerevolmente «nei prossimi giorni man mano che l’IA diventerà più potente, man mano che i sensori diventeranno più potenti».

 

Ritiene che un’importante difesa contro potenziali abusi della privacy che utilizzano tale tecnologia sia preventivamente «riconoscimento del diritto alla libertà cognitiva, diritto all’autodeterminazione del nostro cervello e delle nostre esperienze mentali», e ha aggiunto che «richiede che aggiorniamo l’esistente internazionale diritti umani».

 

Con questi diritti fondamentali in atto e le «migliori pratiche» in base alle quali i datori di lavoro monitoreranno solo cose come i livelli di affaticamento quando potrebbero determinare, ad esempio, se qualcuno ha sentimenti «amorosi» per un collega, quei datori di lavoro «rispetteranno l’autonomia dell’individuo», ritiene Farahany.

 

Il concetto delle scansioni cerebrali è stato teorizzato da Klaus Schwab nel suo libro sulla Quarta Rivoluzione Industriale, ritenuta una «fusione della nostra identità fisica, digitale e biologica».

 

«Anche attraversare un confine nazionale potrebbe un giorno richiedere una scansione cerebrale dettagliata per valutare il rischio per la sicurezza di un individuo» dice Schwab. «I dispositivi esterni di oggi, dai computer indossabili alle cuffie per la realtà virtuale, diventeranno quasi certamente impiantabili nel nostro corpo e nel nostro cervello».

 

Un video di una passata edizione del WEF lo vede discutere entusiasta di questa trasparenza cognitiva con il cofondatore di Google Sergej Brin, con il vecchio che si esalta all’idea di poter sapere tramiti impianti cerebrali di massa cosa pensa il pubblico in sala.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2022 era stato il capo della Nokia a dire che i cellulari «saranno costruiti direttamente nei nostri corpi».

 

 

«La visione che la Farahany ha descritto nei suoi discorsi sembra andare di pari passo con l’idea di uno stato di sicurezza biomedica, qualcosa a cui hanno alluso altri relatori del WEF» scrive Lifesitenews ricordando le parole dell’ex primo ministro britannico Tony Blair, il quale ha affermato in un altro evento di Davos che i registri digitali vaccinali e l’infrastruttura digitale per i dati sanitari sono «importanti» per prepararsi, ovviamente, a future pandemie.

 

Blair, che alcuni indicano come successore di Klaus Schwab, durante il biennio pandemico ha più volte spinto per passaporti vaccinali ed altri sistemi di bio-tracciamento degli esseri umani.

 

Non stupisce che Blair sia tra coloro che vogliono la guerra alla Russia – se necessario anche con armi nucleari.

 

 

 

 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

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