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Riprogenetica

In arrivo il furto di DNA ai danni delle celebrità

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L’universo oscuro dell’etica del DNA sta per diventare ancora più oscuro.

 

Immaginiamo di poter riprodurre un bambino usando del DNA di un nostro mito del cinema o dello spettacolo: qualcuno ne sta già discutendo.

 

In un saggio per il sito universitario americano The Conversation, i professori di giurisprudenza della Georgia State University e dell’Università del Maryland sostengono che i «paparazzi genetici» potrebbero presto inseguire il DNA di personaggi pubblici, comprese celebrità e politici.

 

Ciò potrebbe gettare nel caos il sistema legale il che potrebbe essere una cattiva notizia non solo per i vip, ma anche per tutti i cittadini in generale.

 

Tra le recenti innovazioni della genetica e della riproduzione, le leggi sull’interesse pubblico sono piuttosto aleatorie e vi è inoltre una mancanza di un solido precedente; i tribunali non sono attrezzati per affrontare le potenziali conseguenze di questo nuovo cambiamento, estremamente inquietante, del furto del DNA delle persone.

 

Per prima cosa, l’acquisto e la vendita di presunti ricordi di celebrità non è una novità: dalla gomma di Britney Spears al French toast mezzo mangiato da Justin Timberlake apparso all’asta su eBay.

 

La question è che alcuni di questi oggetti, se sono effettivamente legittimi, potrebbero contenere materiale genetico vitale.

 

Mentre quei campioni di DNA potrebbero essere stati di scarsa utilità negli anni passati, le tecnologie genetiche hanno fatto molta strada da quando gli scienziati hanno annunciato di aver sequenziato l’intero genoma umano nel 2003. E con queste scoperte arrivano nuove possibilità di azioni inquietanti.

 

Si consideri la gametogenesi in vitro (IVG), una tecnologia che potrebbe un giorno essere in grado di trasformare le cellule non riproduttive di quasi tutti i tessuti o organi in spermatozoi o ovociti. 

 

Le conseguenze, se una tale tecnologia dovesse mai diventare una realtà, sono decisamente sinistre. «Immagina di poter produrre un bambino con la tua star del cinema preferita usando il DNA di una ciocca di capelli o di una scaglia di pelle», si legge in un post sul blog della Georgia State University citato nel saggio di The Conversation .

 

«Quella che sembra la trama di un thriller di fantascienza in realtà non è così lontana dalla realtà».

 

Qualche precedente esiste, ma non promette nulla di buono. Ad esempio, nel 2018, Madonna ha perso la sua offerta di fermare l’asta di diversi oggetti personali, inclusi oggetti carichi di DNA tra cui la spazzola per capelli e la biancheria intima.

 

Nell’artocolo del sito universitario americano, i professori sostengono che i tribunali probabilmente adatteranno i casi che coinvolgono i «paparazzi genetici» nel quadro legale dei diritti alla privacy, una «complessa rete di regolamenti statali e federali che disciplinano il modo in cui le informazioni possono essere acquisite, accessibili, archiviate e utilizzate».

 

«In altre parole, il sistema legale statunitense semplicemente non sa riconoscere in modo significativo il diritto personale al proprio DNA» nota Futurism. Si tratta di una pericolosa lacuna che potrebbe rendere indifesi i cittadini davanti a questo crimine spaventoso: il furto genetico. 

 

Colmare questa mancanza diventerà più importante che mai man mano che il sequenziamento del DNA verrà ulteriormente commercializzato e quindi più prontamente disponibile. Ma chi garantirà che i nostri dati biologici più privati ​​non finiscano nelle mani sbagliate?

 

Per il momento si tratterà di aspettare i casi apripista, che certamente saranno le cause intentate da o contro personaggi pubblici e celebrità varie.

 

«Quando le controversie che coinvolgono il furto genetico da personaggi pubblici inevitabilmente raggiungono l’aula di tribunale», scrivono i ricercatori, «i giudici dovranno affrontare questioni fondamentali su come la genetica si relaziona alla personalità e all’identità, alla proprietà, alla salute e alla malattia, alla proprietà intellettuale e ai diritti riproduttivi».

 

La gametogenesi è stata già ottenuta in esperimenti con i topi. Gli esseri umani sono, giocoforza, la prossima fermata.

 

Come riportato da Renovatio 21, con la gametogenesi si rende possibile quello che un articolo di 5 anni fa del New York Times chiamava il «Brad Pitt Scenario»: qualcuno potrebbe recuperare le cellule della pelle di una celebrità come l’anziano biondo dolicocefalo hollywoodiano da un letto d’albergo o da una vasca da bagno; da queste cellule, sarà possibile creare dei gameti, e quindi creare una nuova prole per Brad Pitt.

 

Ma al di là della questione della genomica-celebrity, la gametogenesi potrebbe permettere il sogno proibito del movimento LGBT: la riproduzione omosessuale. La gametogenesi permette di trasformare cellule non sessuali in gameti, cioè spermatozoi ed ovuli. Quindi, si ipotizza, diventerà possibile ottenere un ovulo da un uomo, di modo di farlo fecondare dal partner, oppure di ottenere uno spermatozoo da una donna, di modo che fecondi l’ovulo della compagna.

 

Un’altra possibilità – folle e inutile quanto si vuole ma il XXI secolo è ancora lungo – sarebbe quella di procreare invertendo il genere dei genitori: la donna mette lo spermatozoo, l’uomo l’ovulo. Ogni combinazione diviene possibile, nell’umiliazione terrificante della legge naturale.

 

Come riportato da Renovatio 21, un problema concreto in fatto di possibile uso non autorizzato di materiale genetico era stato posto durante le Olimpiadi invernali di Pechino 2021.

 

Patricia Adams, direttore esecutivo dell’organizzazione no-profit canadese Probe International, aveva affermato che era «molto probabile» che le autorità cinesi potessero raccogliere il DNA degli atleti con le migliori prestazioni ai Giochi – una raccolta certa di DNA la si è avuta, senza dubbio, con l’uso dei tamponi COVID.

 

La Cina, come ribadito da Renovatio 21, è sospettata di avere un programma di produzione in laboratorio di esseri umani geneticamente modificati di modo da servire da «supersoldati».

 

Come sappiamo la Cina è stata, per lo meno ufficialmente, il primo Paese al mondo a modificare eugeneticamente degli embrioni tramite la tecnologia CRISPR.

 

 

 

 

 

Immagine di rhysadams via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

 

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Riprogenetica

Micro testicoli coltivati dagli scienziati in laboratorio

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Alcuni scienziati sono riusciti a coltivare in laboratorio minuscoli organoidi di testicoli. Lo riporta il sito Futurism.

 

Il fenomeno apre la strada ad una riproduzione artificializzata a partire dalla stessa produzione dei gameti.

 

A febbraio l’Università israeliana Bar-Ilan ha annunciato in un comunicato stampa che i suoi ricercatori sono riusciti a far crescere con successo testicoli artificiali da cellule di topo in una capsula di Petri, in uno sviluppo che, dicono come sempre, potrebbe essere utilizzato in futuro per contribuire a curare l’infertilità maschile umana.

 

Come mostrano le riprese ravvicinate al microscopio degli organoidi, è evidente che hanno formato le strutture di base dei testicoli, compresi i tubuli attraverso cui passa lo sperma e anche il contorno oblungo generale dell’organo vero e proprio.

 

Sebbene questa non sia la prima volta che gli scienziati riescono a far crescere testicoli in laboratorio (è già successo almeno una volta, quando nel 2015 alcuni scienziati americani ne crearono una coppia in grado di produrre testosterone utilizzando cellule staminali umane per aiutare i soldati le cui gonadi erano rimaste ferite in combattimento), questo, secondo la vulgata transumanista degli scienziati, ultimo successo potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento dell’infertilità maschile.

 

La «scienza» quindi prevede di produrre spermatozoi da testicoli in vitro, aggiungendo un livello ulteriore all’artificio della riproduzione artificiale, usando come scusante il crollo della fertilità maschile registrato in questi anni.

 

Come riportato da Renovatio 21, ricerche oramai comprovate segnalano una tendenza allarmante: il numero di spermatozoi degli uomini è diminuito, i livelli di testosterone sono precipitati e la disfunzione erettile è in aumento.

 

Anche il cosiddetto «periodo COVID» ha influito negativamente su questa problematica già abbondantemente conclamata. Come se non bastasse, un nuovo studio ha concluso che la fertilità maschile è ridotta per diversi mesi dopo l’iniezione del vaccino COVID-19 a base mRNA.

 

Nonostante non se ne parli con la stessa frequenza dell’infertilità femminile, è comunque un problema molto serio: come spiega uno studio del 2015 pubblicato sul Journal of Human Reproductive Sciences, fino al 2% degli uomini in tutto il mondo presenta problemi di «spermatozoi non ottimali».

 

In un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz, la dottoressa Nitzan Gonen del Bar-Ilan, specialista nella determinazione del sesso del feto e direttrice dell’Istituto di nanotecnologia e materiali avanzati dell’istituto, ha espresso il desiderio di demitizzare le discussioni comprensibilmente imbarazzanti che circondano testicoli, sperma e infertilità maschile mentre lei e i suoi colleghi lavorano alla loro ricerca, pubblicata di recente sull‘International Journal of Biological Sciences.

 

«La scienza oggi riconosce più di 100 geni in cui le mutazioni possono causare l’inversione sessuale, ma pensiamo che questa sia solo la punta dell’iceberg», ha detto la Gonen. «E ora arriviamo al motivo per cui sono entrato in questo ramo di ricerca; stavamo cercando un sistema cellulare, un sistema in vitro, per studiarlo. Fino a quel momento non esisteva un sistema biologico per modellare il testicolo».

 

I ricercatori non sono ancora riusciti a far crescere i testicoli in vitro, né sono riusciti a fargli produrre sperma. Tuttavia, questo progresso segna la prima volta dalla 2015 che un’obiettivo simile viene raggiunto.

 

Il fine ultimo sembra quello di voler artificializzare non solo l’unione dei gameti, ma la produzione dei gameti stessi.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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IVF

I bambini in provetta incrementati del 30% in dieci anni. E quanto sono aumentate le chimere umane?

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Curioso paradosso: in Italia, Paese che soffre di un calo di nascite considerevole, un numero crescente di bambini viene al mondo grazie alla riproduzione artificiale. Si nasce sempre meno, ma sempre più spesso se si proviene dalla provetta.   Secondo uno studio condotto da un gruppo italiano e presentato al 40° congresso della Società Europea di Medicina della Riproduzione ed Embriologia (ESHRE) ad Amsterdam, dal 2010 al 2020, la percentuale è aumentata dal 32% al 42%, con un incremento di circa il 30%. Tra le donne sotto i 38 anni, queste cifre raggiungono addirittura il 70-80%.   La ricerca ha analizzato i dati di 6.600 coppie sottoposte a PMA (procreazione medicalmente assistita, cioè riproduzione artificiale) presso un centro di Roma, suddivise in 11 gruppi a seconda dell’anno del primo trattamento (dal 2010 al 2020). Questi gruppi sono stati confrontati per verificare la nascita di un bambino entro 3 anni, l’incidenza di aborti spontanei e parti gemellari, e la prevalenza di parti singoli con più di 2 bambini entro 6 anni.

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La stimolazione ormonale è stata effettuata con protocolli differenti, e tutti i pazienti sono stati sottoposti a ICSI (cioè l’inseminazione intracitoplasmatica, che prevede l’inserimento di un singolo spermatozoo nell’ovocita maturo). Gli ovociti freschi (si dice così, come per le uova e la verdura) sono stati coltivati fino al secondo-terzo giorno di sviluppo o fino allo stadio di blastocisti (5-7 giorni), con trasferimenti a fresco o dopo il congelamento di tutti gli embrioni (freeze-all), non testati con PGT (un test per analizzare il DNA embrionale e determinare anomalie genetiche) o testati e risultati «cromosomicamente sani» (sic), e trasferimenti di embrioni singoli o multipli.   «Nel corso degli ultimi 10 anni, il periodo di tempo che abbiamo preso in considerazione per questo studio» spiega il ginecologo romano primo autore del paper. «l’implementazione e la crescente adozione di questi approcci hanno migliorato i risultati della fecondazione in vitro. L’indicatore principale del successo della fecondazione in vitro è il tasso cumulativo di bambini nati, ma ci sono altri risultati da considerare per una valutazione più approfondita dell’efficacia e dell’efficienza del trattamento, compreso il tempo necessario per arrivare ad avere un bambino, il tasso di aborto spontaneo e la prevalenza di gravidanze gemellari».   «Inoltre, la coppia dovrebbe essere sempre messa nelle migliori condizioni per pensare a un progetto di family planning, puntando ad avere più di un bambino, quando possibile(…) I progressi clinici e di laboratorio – hanno migliorato l’efficacia e l’efficienza della fecondazione in vitro nel tempo, soddisfacendo anche il desiderio di pianificazione familiare». Insomma, i bambini sintetici aumentano, così come la cultura della genitorialità pianificata, che in inglese si dice Planned Paranthood, e ci chiediamo dove abbiamo già sentito questa espressione.   L’agenzia Adnkronos, che scrive del documento presentato, riporta che il risultato sarebbe stato ottenuto grazie a cinque strategie che avrebbero incrementato i tassi di successo della PMA nell’arco di dieci anni.   Il catalogo è, per chi avversa la produzione di esseri umani in laboratorio come pratica antiumana ed apocalittica, impressionante.   «Le cinque strategie vincenti sono le terapie ormonali personalizzate e mai uguali da donna a donna, mirate a ridurre rischio di complicanze, come l’iperstimolazione ovarica, senza però compromettere il risultato» riporta l’agenzia, e bisogna ringraziare perché almeno qui si ricorda che ci possono essere tremende complicanze nei procedimenti riprogenetici – abbiamo ricordato, su Renovatio 21, casi di «sindrome da iperstimolazione ovarica» anche mortali.   Si aggiunge quindi «la coltura a blastocisti, cioè portare gli embrioni prodotti in laboratorio al quinto-settimo giorno di sviluppo, lo stadio più adatto a facilitare poi l’impianto in utero», e «l’approccio freeze-all, cioè la scelta di congelare i gameti e gli embrioni prima di procedere con il trasferimento, in modo da avere tempo per ottimizzare le condizioni dell’utero materno»: in pratica, la vita passa giocoforza per l’azoto liquido, dove sappiamo che l’embrione potrebbe poi essere parcheggiato indefinitamente.   Ancora, ci parlano della strategia del «test genetico pre-impianto che consente di conoscere lo stato di salute degli embrioni prima del transfer»: qui forse è possibile parlare di eugenetica al microscopio? Stanno dicendo, in pratica, che gli embrioni non in salute non vengono impiantati? A quanto pare, davvero pochi, anche nell’ambiente, hanno sentito parlare del fenomeno degli «embrioni a mosaico»: embrioni da scartare perché ritenuti dagli «esperti» non sani, ma che poi, impiantati, si sono trasformati in bambini perfettamente sani. Sì, con grande sorpresa degli scienziati, la vita sa come ripararsi…   Non siamo nemmeno sicuri che la selezione pre-impianto sia in linea con la legge (che consideriamo comunque sbagliata, iniqua) 40/2004, tuttavia non rileva: la legge è stata demolita pezzo per pezzo a suon di sentenze di ogni grado, e noi abbiamo l’idea che essa fosse stata scritta proprio con questo intento, lasciando all’interno del testo bombe ad orologeria che l’avrebbero tirata giù in toto: si trattava, per i vescovi e per i loro galoppini democristiani, da scrivere una legge che funzionasse come «resistenza simbolica» all’arrivo del bambino artificiale cattolicamente accettabile, cosa di cui ora la Pontificia Accademia Pontificia per la Vita retta da monsignor Paglia tratta sempre più apertis verbis.   Come dire: il 20 settembre 11870, a Porta Pia, il papa mandò qualche soldato a resistere simbolicamente; oggi, con leggi fallite, i prelati hanno messo in scena un teatrino per far finta di opporsi alla breccia da cui non entrano i garibaldini, ma gli umanoidi.   Ricordiamo, en passant, un numero: secondo l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici (AIGOC), nel solo 2018 – sei anni fa… – la fecondazione in provetta ha ucciso 171.730 embrioni italiani nel corso di un solo anno. Vale a dire, più bambini morti che con l’aborto di Stato della 194/78. Immaginiamo, nel 2024, quanto questa cifra sia aumentata. E quindi, di quanti embrioni scartati ed eliminati eugeneticamente, di quanti esseri terminati, stiamo parlando? Di un milione? Due? Tre milioni? Ribadiamolo, sì: sono sempre numeri da bomba atomica.

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Ma torniamo al documento sulle «strategie» per accrescere il numero di bambini sintetici circolanti in Italia. Apprendiamo che si fa uso anche «della recente adozione dell’approccio multiciclo, cioè la sensibilizzazione della coppia a “non mollare” (…) e a considerare la PMA come un percorso, le cui potenzialità spesso non si concretizzano in un solo tentativo ma, in media, in almeno tre».   Che vuol dire: tante punture per la donna, ma soprattutto tanti embrioni che vengono prodotti e scartati. Se una donna si sottopone e tre cicli significa che non solo ha fatto eliminare dagli scienziati quantità di figli prodotti in laboratorio, ma che è passata per la morte anche di vari di loro che, dopo essere stati selezionati eugeneticamente, si sono ritrovati nell’utero ma, come si dice in gergo, non hanno «attecchito».   A questo punto, visto che siamo su Renovatio 21, ricordiamo quale può essere il destino di embrioni multipli impiantati nella donna e «attecchiti»: possono finire con il creare quello che si chiama «chimera umana».   Ma che cosa è una «chimera umana»?   In biologia, una chimera è un organismo o una creatura che presenta due o più popolazioni di cellule geneticamente diverse, ciascuna originata da zigoti differenti. Queste popolazioni cellulari geneticamente distinte di fatto coesistono all’interno dell’organismo   Le chimere umane, ovvero individui derivati dalla combinazione di due embrioni, costituiscono una realtà riconosciuta da un numero significativo di anni, benché questa realtà sia spesso ignorata nonostante il notevole incremento dei casi, come riportato da alcuni professionisti medici.   Le persone chimeriche, le quali presentano due diversi set di DNA in quanto risultato della fusione di due esseri distinti, effettivamente mostrano disfunzioni che emergono col tempo: il «fratello» che è stato assorbito continua a crescere all’interno del corpo del gemello ospite più sviluppato. È possibile che tessuti come capelli, muscoli e persino occhi si trovino all’interno del corpo di un individuo chimera.   In altre situazioni, l’embrione assorbito si sviluppa in modo «coordinato» con l’altro gemello, diventando un organo specifico all’interno del corpo dell’embrione dominante.   Il chimerismo ha già giocato brutti scherzi in giro per il mondo.   Sono stati riportati casi in cui individui hanno avuto figli, ma non hanno trasmesso il loro proprio DNA ai loro discendenti, poiché gli organi genitali, sia maschili che femminili, erano in realtà derivati dai gemelli assorbiti durante la fase embrionale. Di conseguenza, la loro prole è geneticamente figlia dei fratelli che non hanno mai conosciuto e dei quali non erano nemmeno a conoscenza, ma che esistono nella realtà della genetica: è da capogiro, a pensarci, ma è così.   In America, dove i test genetici sono arrivati al consumatore, saltano fuori casi sempre più allucinanti. I servizi sociali tolgono i bambini ad una donna, che viene arrestata dalla polizia dopo un test del DNA: i figli non sono suoi, li ha rapiti – invece li ha partoriti lei, solo che i suoi organi riproduttivi erano in realtà della sorella che condivideva con lei il grembo materno, e che si è fusa con la donna, che quindi, da figlia unica, ha una sorella, ma non la ha mai vista, perché è dentro di lei, ma al contempo è la vera madre dei suoi figli (sì, gira la testa). Prima di risolvere legalmente questo problema, la signora ne ha passate di ogni tipo.   Stesso caso per un uomo che si è sentito dire di non essere il padre dei suoi figli, in quanto il vero padre, dissero i medici, era secondo i risultati del DNA un parente stretto, un fratello (vicenda di corna abbastanza classica). E invece, l’uomo era figlio unico – suo fratellino si era sistemato, molto prima di nascere, come organo genitale del fratellone, e ha continuato così, generando così dei figli con la cognata.   L’aberrazione biologica qui fa il paio con quella sociale, perché le ramificazioni di distruzione della società, della famiglia, del concetto stesso di identità individuale sono abissali.

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Ora, non può non esserci un aumento dei casi di chimere umane visto l’incremento degli impianti multipli previsti nei procedimenti di riproduzione assistita. Nella PMA, i medici inseriscono nella donna più embrioni con la speranza che almeno uno di essi si sviluppi con successo. Questa pratica può portare non solo a parti gemellari e plurigemellari (che sono, come visibile, tipici della riproduzione artificiale), ma anche, in alcuni casi non sempre riconosciuti, a fenomeni di chimerismo umano.   Non ci è chiaro se vi siano studi specifici sull’aumento delle chimere in Italia. Abbiamo sentito in questi anni, tuttavia, racconti aneddotici di operatori sanitari, che ci dicono che negli ospedali continuano a capire casi del genere.   Dietro ai paper trionfalistici, e i relativi articoloni sulla stampa, può nascondersi una realtà che è possibile definire, alla lettera, mostruosa.   Tornate al pensiero iniziale: sempre meno figli, ma sempre più bambini in provetta. Come non cogliere il messaggio di fondo: il mondo moderno preferisce il bambino programmato, pianificato, artificiale. Il futuro eugenetico della nostra società sta tutto qui.   Davvero, dopo aver visto l’apartheid biotica e il green pass, credete che vi lasceranno generare liberamente figli, nel numero che volete, facendo decidere alla natura invece che allo Stato riprogenetico e ai suoi volenterosi gineco-Frankenstein «esperti di fertilità», e le coppie che ora, grazie alla Lorenzin che ha messo la provetta nei LEA, possono cercare di prodursi la prole in laboratorio a spese del contribuente.   Passano, previa strage massiva di embrioni, dalla chimera di un figlio al figlio-chimera.   Come non vedere che l’Italia si sta trasformando ogni giorno di più in una terra di mostri?   Roberto Dal Bosco

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Riprogenetica

La FDA approva il kit per l’inseminazione domiciliare

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

In un altro sviluppo nella commercializzazione della riproduzione assistita, un’azienda americana ha ottenuto l’approvazione della FDA per un kit di inseminazione artificiale. Il prodotto, chiamato Mosie Baby Kit, sarà disponibile nei negozi Walmart e CVS e su Internet al prezzo di 129,99 dollari.

 

L’azienda spiega la sua missione come segue:

 

«Mosie Baby ha la missione di fornire alle persone gli strumenti di cui hanno bisogno per far crescere la propria famiglia alle loro condizioni. La loro visione è quella di creare una comunità sicura e inclusiva per coloro che desiderano concepire aprendo conversazioni sul concepimento e apportando dignità, accessibilità e fiducia al processo di inseminazione a casa».

 

Progettato per essere utilizzato con un campione di seme di donatore fresco o congelato criogenicamente, ogni kit Mosie Baby include due siringhe brevettate, progettate specificamente per l’inseminazione a domicilio, e due coppette di raccolta brevettate per la raccolta del seme.

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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