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Epidemie

Lager pandemici attivi: l’esercito australiano trasferisce positivi al COVID e famigliari in campi di quarantena

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L’esercito australiano ha iniziato a trasferire con la forza i residenti dello Stato dei Territori del Nord nel campo di quarantena di Howard Springs, situato nella città di Darwin, dopo che nove nuovi casi di COVID sono stati identificati nella comunità di Binjari.

 

L’operazione arriva dopo che sabato sera sono stati istituiti duri lockdown nelle comunità di Binjari e della vicina Rockhole.

 

«I residenti di Binjari e Rockhole non hanno più i cinque motivi per lasciare le loro case», ha detto il primo ministro del Territorio del Nord, Michael Gunner , riferendosi ai cinque motivi consentiti del Paese per uscire dalla propria abitazione: acquisto di cibo e forniture, esercizio fisico fino a due ore, cura o assistenza, lavoro o istruzione qualora non possa essere svolto da casa, vaccinazione ma nel luogo più vicino possibile.

 

«Possono uscire solo per cure mediche, in caso di emergenza o come previsto dalla legge».

 

«È molto probabile che oggi vengano trasferiti più residenti a Howard Springs, sia come casi positivi che come contatti stretti»

 

Quindi, l’ammissione della deportazione programmata:

 

«È molto probabile che oggi vengano trasferiti più residenti a Howard Springs, sia come casi positivi che come contatti stretti», ha continuato il premier dello Stato, aggiungendo sono stati «già identificati 38 contatti stretti da Binjari ma quel numero aumenterà. Quei 38 sono in fase di trasferimento ora».

 

L’esercito ha apertamente un ruolo nella situazione:

 

«Siamo grati per il supporto di circa 20 membri del personale dell’ADF [l’esercito australiano, ADF, così come i camion dell’esercito per aiutare con il trasferimento dei casi positivi e i contatti stretti –  e per sostenere le comunità»

«Ho contattato il Primo Ministro la scorsa notte. Siamo grati per il supporto di circa 20 membri del personale dell’ADF [l’esercito australiano, ADF, così come i camion dell’esercito per aiutare con il trasferimento dei casi positivi e i contatti stretti –  e per sostenere le comunità».

I camion militari pandemici, che a Bergamo trasportavano bare e cadaveri, in Australia stanno cominciando a rilocare cittadini vivi.

 

Nemmeno il costo sanitario, umano dell’operazione è ora dissimulato: «siamo consapevoli del fatto che questo può avere un certo impatto sulla salute mentale delle persone e sul loro benessere generale», ha detto a NT News  commissario di polizia Jamie Chalkner.

 

Dei nove nuovi casi a Binjari, quattro sono donne e cinque sono uomini, inclusa una donna di 78 anni che è stata trasportata al Darwin Hospital.

 

Non sono stati segnalati nuovi casi di COVID-19 domenica, tuttavia il ministro Gunner ha affermato di essere preoccupato per la «mescolanza tra le famiglie» a Binjari e Rockhole, le cui popolazioni sono rispettivamente di circa 220 e 130 persone.

 

Domenica, il premier dello Stato dei Northern Territories Michael Gunner ha dichiarato: «sì, queste sono misure forti, ma la minaccia alle vite è estrema».

 

Lo stesso Gunner si è espresso con paroledi fuoco contro coloro, anche vaccinati, osino essere contrari all’obbligo vaccinale.

 

«Se sei anti-obbligo, sei assolutamente no vax. Non mi interessa quale sia il tuo stato vaccinale. Se tu sostieni o dai il via libera a chiunque discuta contro il vaccino, tu sei assolutamente un no vax, il tuo stato vaccinale diventa irrilevante»

«Se sei anti-obbligo, sei assolutamente no vax. Non mi interessa quale sia il tuo stato vaccinale. Se tu sostieni o dai il via libera a chiunque discuta contro il vaccino, tu sei assolutamente un no vax, il tuo stato vaccinale diventa irrilevante».

 

«Se fai campagne contro l’obbligo (…) se sei là fuori in qualsiasi forma a fare campagne contro questo obbligo sei un anti-vaxxer».

 

«Se dici di essere “pro-persuasione”… spingila, ficcala».

 

 

«Se fai campagne contro l’obbligo (…) se sei là fuori in qualsiasi forma a fare campagne contro questo obbligo sei un anti-vaxxer»

Il presidente dell’associazione medica del Queensland, un altro Stato australiano, una settimana fa ha dichiarato che i non vaccinati saranno «infelici» e «soli» per tutta la vita. Vi sono stati altresì consigli ai nonni di «non avvicinarsi ai nipoti», mentre il capo della Sanità dello Stato del Nuovo Galles ha scoraggiato le conversazioni tra conoscenti. L’Australia aveva proibito baci e abbracci per il capodanno 2020/2021 così come i regali di Natale se provenienti dall’estero.

 

La quarantena in Australia obbliga le persone a scattarsi selfie geo-tracciati. Lo Stato del Nuovo Galles del Sud aveva proposto il carcere per i non vaccinati qualora cercassero di entrare nei negozi.

 

Le scene di violenza delle forze dell’ordine sui privati durante il primo lockdown – dove avevano il diritto di entrare in casa e arrestarli davanti alle loro famiglie – si sono tramutate nelle immagini di repressione alle manifestazioni di Melbourne e nelle immagini di una violenza indiscriminata anche fuori dalle manifestazioni, perfino su minorenni inermi.

 

L’anno scorso si sono registrati in Australia almeno 4 neonati morti dopo che era stato negato il permesso per lo spostamento in un altro Stato dove dovevano operarsi chirurgicamente.

 

I militari sono mobilitati per le strade del lockdown australiano da molto tempo.

 

L’Australia secondo molto osservatori non è più concepibile come Paese democratico. La mancanza di una Carta dei diritti (elemento che non ha tuttavia frenato nessuna «democrazia» al mondo nella disintegrazione del diritto) ha reso l’isola-continente in qualcosa che è definibile come una prigione pandemica totale.

 

I lettori di Renovatio 21 avevano già potuto vedere la struttura di internamento in un altro articolo, in cui le forze dell’ordine imponevano, ad una signora trattenuta in quarantena, di mantenere la mascherina fuori dal suo «modulo» abitativo anche quando prende il tè.

 

Come riportato da Renovatio 21, campi di deportazione pandemici sono stato messi in costruzione in Australia negli ultimi mesi.


Strutture di quarantena, di fatto, già esistono in alcuni Stati del Paese.

 

Tuttavia, i potenti d’Australia non stanno agendo in solitaria. Pure le autorità statali in America (per esempio, lo Stato di Washington) stanno costruendo nuove «strutture di quarantena» per gli americani che «non sono in grado di mettersi in quarantena a casa propria».

 

Già dallo scorso anno le autorità di Quebec City, in Canada, hanno annunciato che isoleranno i cittadini «non collaborativi» in strutture apposite per il coronavirus, la cui location rimane un segreto.

 

La Nuova Zelanda, dove la premier ha sconsigliato ai cittadini di parlare con i vicini, ha anche annunciato l’intenzione di mettere i contagiati COVID e i loro familiari in «strutture di quarantena».

 

A gennaio, le autorità tedesche hanno anche annunciato che avrebbero trattenuto i dissidenti COVID che ripetutamente non rispettano correttamente le regole in quello che è stato descritto come un «campo di detenzione» situato a Dresda.

 

Nella misteriosa «Lettera dal Canada», un documento emerso un anno fa e pubblicato in Italia da Renovatio 21, si parlava di «acquisizione di (o costruzione di) strutture di isolamento in ogni provincia e territorio».

 

«Quando diversi membri del comitato hanno insistito incessantemente per ottenere una risposta, ci è stato detto che coloro che si fossero rifiutati avrebbero vissuto prima a tempo indeterminato sotto le restrizioni. E che in un breve periodo di tempo, poiché più canadesi sono passati al programma di cancellazione del debito, quelli che si rifiutano di partecipare sarebbero considerati un rischio per la sicurezza pubblica e sarebbero trasferiti in strutture di isolamento».

 

«Una volta in quelle strutture avrebbero avuto due opzioni, avranno due opzioni,  parteciperanno al programma di cancellazione del debito e saranno stati rilasciati, o rimarranno  indefinitamente nella struttura di isolamento secondo la classificazione di un grave rischio per la salute pubblica e avranno sequestrato tutti i loro beni».

 

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Epidemie

I servizi segreti tedeschi hanno nascosto per anni le prove dell’origine del COVID

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L’agenzia di Intelligence estera tedesca (Bundesnachrichtendienst, o BND) ha ottenuto prove nei primi giorni della pandemia che l’hanno convinta che il COVID-19 abbia avuto origine in un laboratorio. Lo riportano i quotidiani germanici Die Zeit e Sueddeutsche Zeitung.

 

Berlino avrebbe deciso di mantenere segreta la conclusione per paura di un possibile errore e di ricadute politiche, hanno affermato i giornali, che hanno effettuato sul caso un’inchiesta.

 

Il BND ha inviato un team di specialisti per indagare sulle origini del virus nelle prime settimane del 2020, si legge nel rapporto. Si sono concentrati sulle agenzie governative e sulle istituzioni scientifiche cinesi, tra cui il laboratorio di Wuhan, dove avrebbero scoperto documenti che i media tedeschi descrivono come «affascinanti ed esplosivi».

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Secondo quanto riferito, le scoperte dell’agenzia di intelligence tedesca includevano dati su esperimenti con i coronavirus, nonché una serie di studi inediti del 2019-2020, tra cui quelli riguardanti gli effetti dei coronavirus sul cervello umano.

 

«Il materiale suggerisce che una quantità insolitamente grande di conoscenze sul presunto nuovo virus fosse disponibile a Wuhan in una fase insolitamente precoce», ha riferito Die Zeit.

 

I materiali sarebbero stati valutati da un team di analisti del BND guidato da un virologo. Il team ha incrociato i dati con studi e materiali disponibili al pubblico ottenuti da altre nazioni e ha concluso «con una certezza dell’80-95%» che il COVID «probabilmente ha avuto origine in un laboratorio cinese». Il BND avrebbe ritenuto che l’epidemia fosse stata causata da un incidente derivante dalle lassiste norme di sicurezza nel laboratorio di Wuhan.

 

I risultati sono stati presentati al governo dell’ex cancelliera Angela Merkel, ma costei sarebbe rimasta scettica e ha deciso di non condividere le informazioni con nessuno, inclusa l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il parlamento tedesco, secondo i media. Berlino avrebbe paura di potenziali complicazioni nelle relazioni con Pechino e Washington.

 

Anche il governo del cancelliere Olaf Scholz, succeduto a quello di Merkel, a quanto si dice non ha ritenuto le conclusioni del BND abbastanza convincenti e inizialmente ha deciso di tenerle nascoste. Solo alla fine del 2024 il BND è stato autorizzato a condividere le sue scoperte con la CIA e un gruppo di scienziati attentamente selezionati, secondo i media.

 

La CIA ha affermato a gennaio 2025 di ritenere «con scarsa sicurezza» che il COVID-19 abbia avuto origine in un laboratorio. Il governo cinese ha ripetutamente respinto la teoria della fuga di laboratorio.

 

L’improvviso cambiamento della CIA è degno di nota, dato che nel 2023 un informatore rivelò che l’agenzia aveva corrotto sei dei suoi analisti del team investigativo sulle origini del COVID per respingere la teoria secondo cui il COVID-19 fosse il risultato di una fuga laboratoriale del nuovo coronavirus in Cina, legata a una ricerca congiunta. L’insabbiamento della catastrofe wuhaniana da parte dello spionaggio USA è al centro di un libro di Robert F. Kennedy jr, il quale ha sostenuto che la CIA è coinvolta nel finanziamento del laboratorio.

 

Il dietrofront era arrivato appena cinque giorni dopo l’insediamento di Trump e con l’agenzia sotto una nuova guida con Timothy Ratcliffe, che ha lasciato intendere che sarebbero state rilasciate ulteriori rivelazioni.

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«Come sapete, ho dichiarato pubblicamente che penso che la nostra Intelligence, la nostra scienza e il nostro buon senso ci dicano tutti che le origini del COVID sono state una fuga di notizie all’Istituto di virologia di Wuhan», aveva dichiarato il Ratcliffo al sito Breitbart. «Ma la CIA non ha fatto quella valutazione o almeno non l’ha fatta pubblicamente. Quindi mi concentrerò su questo e guarderò i dati di Intelligence e mi assicurerò che il pubblico sia consapevole che l’agenzia sta per uscire dai giochi».

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso era emerso che funzionari dell’Intelligence statunitense avrebbero «messo a tacere» i ricercatori che avevano trovato prove che la pandemia di COVID-19 fosse il risultato di una fuga dal laboratorio cinese.

In seguito all’inchiesta di Sueddeutsche Zeitung e Die Zeit, Berlino ha affermato che avrebbe condiviso le conclusioni del BND con il Parlamento tedesco e l’OMS e che in futuro avrebbe reso pubblici alcuni materiali relativi alla valutazione scientifica delle conclusioni dell’agenzia.

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Ambiente

Le microplastiche rendono i batteri come l’Escherichia coli più resistenti agli antibiotici

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Uno studio pubblicato martedì sulla rivista Applied and Environmental Microbiology ha scoperto che quando i batteri Escherichia coli vengono mescolati con le microplastiche, diventano cinque volte più resistenti a quattro comuni antibiotici.   Secondo un nuovo studio che alimenta le preoccupazioni globali sulla resistenza agli antibiotici, la miscelazione di minuscoli pezzi di plastica con alcuni batteri nocivi può rendere più difficile la lotta contro questi ultimi con diversi antibiotici comuni.   Lo studio, pubblicato martedì sulla rivista Applied and Environmental Microbiology, ha scoperto che quando i batteri Escherichia coli (E. coli) MG1655, un ceppo di laboratorio ampiamente utilizzato, venivano coltivati ​​con microplastiche (particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri), i batteri diventavano cinque volte più resistenti a quattro comuni antibiotici rispetto a quando venivano coltivati ​​senza particelle di plastica.

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I risultati potrebbero essere particolarmente rilevanti per comprendere i collegamenti tra gestione dei rifiuti e malattie, suggerisce lo studio. Gli impianti di trattamento delle acque reflue comunali contengono sia microplastiche che antibiotici, rendendoli «punti caldi» che alimentano la diffusione della resistenza agli antibiotici.   «Il fatto che ci siano microplastiche ovunque intorno a noi… è una parte sorprendente di questa osservazione», ha affermato in un comunicato stampa Muhammad Zaman, coautore dello studio e professore alla Boston University.   «C’è sicuramente la preoccupazione che questo possa presentare un rischio maggiore nelle comunità svantaggiate, e non fa che sottolineare la necessità di una maggiore vigilanza e di una comprensione più approfondita delle interazioni [tra microplastiche e batteri]».   Molti tipi di batteri stanno diventando resistenti agli antibiotici, in gran parte a causa del loro uso eccessivo. Ogni anno, solo negli Stati Uniti, si verificano più di 2,8 milioni di infezioni resistenti a questi farmaci, uccidendo 35.000 persone all’anno, secondo i Centers for Disease Control and Prevention.   La resistenza dell’Escherichia coli è un problema perché, anche se solitamente i batteri vivono in modo innocuo nell’intestino degli esseri umani e degli animali, alcuni ceppi possono causare gravi malattie.   Esistono diversi tipi di pericolosi batteri resistenti agli antibiotici, tra cui lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA), che spesso causa infezioni negli ospedali, e il Clostridium difficile (C. diff), che provoca diarrea.   Il nuovo studio segue un altro studio pubblicato a gennaio sulla rivista Environment International, in cui i ricercatori hanno etichettato il DNA dei batteri nel terreno con marcatori fluorescenti per tracciare la diffusione dei geni della resistenza antimicrobica, scoprendo che le microplastiche nell’ambiente aumentano la diffusione della resistenza fino a 200 volte.   Le implicazioni del nuovo studio potrebbero essere importanti come parte della prova di un «forte legame» tra microplastiche e resistenza antimicrobica, secondo Timothy Walsh, co-fondatore dell’Ineos Oxford Institute for Antimicrobial Research nel Regno Unito e autore dello studio di gennaio.   Walsh ha tuttavia affermato che il valore dei risultati del nuovo studio è stato limitato, poiché la ricerca è stata condotta in laboratorio piuttosto che in un ambiente reale e si è concentrata su un solo ceppo di Escherichia coli.   Secondo uno studio, gli scienziati non sono del tutto certi del motivo per cui le microplastiche possano dare ai batteri un vantaggio contro gli antibiotici, ma ritengono che le particelle funzionino bene come superficie per il biofilm, uno scudo appiccicoso che i batteri formano per proteggersi.

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Sulla base delle loro osservazioni, gli autori del nuovo studio hanno concluso che le cellule batteriche più abili a formare biofilm tendono a crescere sulle microplastiche, il che suggerisce che le particelle di plastica possono «portare a infezioni recalcitranti nell’ambiente e nell’ambiente sanitario».   Le microplastiche sono parte di una crisi globale dell’inquinamento da plastica: secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ogni anno finiscono nell’ambiente circa 20 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica.   Alla fine del 2024, i delegati di oltre 170 paesi si sono incontrati in Corea del Sud dopo due anni di negoziati per finalizzare un trattato globale volto ad affrontare la crisi mondiale dell’inquinamento causato dalla plastica.   Tuttavia, alla fine della sessione non è stato adottato alcun trattato e si prevede di riunirsi nuovamente nel 2025.   Pubblicato originariamente da The New Lede Shannon Kelleher è una giornalista del The New Lede. 

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Epidemie

Giudice USA ordina alla Cina di pagare 24 miliardi di dollari per il COVID

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Un giudice federale degli Stati Uniti ha ordinato alla Cina di pagare 24 miliardi di dollari di danni allo Stato del Missouri per le accuse secondo cui Pechino avrebbe ingannato il mondo riguardo all’epidemia di COVID-19 e avrebbe accumulato dispositivi di protezione durante i primi mesi della pandemia.

 

La causa è stata inizialmente intentata dal procuratore generale del Missouri nell’aprile 2020, durante i primi mesi della pandemia. Lo stato ha accusato la Cina di aver messo in pericolo i residenti nascondendo informazioni sulla diffusione del virus, il che, a suo dire, ha ritardato gli sforzi di risposta.

 

La causa ha anche affermato che la Cina ha deliberatamente limitato le esportazioni di dispositivi di protezione, causando aumenti dei prezzi e carenze. Il COVID-19 è stata la terza causa di morte nel Missouri nel 2020 e nel 2021, hanno affermato gli avvocati dello Stato, incolpando le azioni di Pechino per aver esacerbato la crisi.

 

Il caso è stato archiviato nel 2022 ai sensi del Foreign Sovereign Immunities Act, che limita la capacità delle corti statunitensi di ritenere responsabili i governi stranieri per azioni non commerciali. Tuttavia, una corte d’appello ha successivamente consentito di procedere con la rivendicazione più limitata di accumulo di scorte.

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Venerdì il giudice Stephen N. Limbaugh ha stabilito che il Missouri ha fornito prove «soddisfacenti» per ritenere la Cina responsabile di «aver intrapreso azioni monopolistiche per accaparrarsi DPI».

 

Il procuratore generale del Missouri Andrew Bailey ha accolto con favore la decisione, definendola «una vittoria storica per il Missouri e gli Stati Uniti nella lotta per ritenere la Cina responsabile per aver scatenato il COVID-19 nel mondo». Ha promesso che lo Stato avrebbe «incassato ogni centesimo», possibilmente sequestrando beni di proprietà cinese nel Missouri, compresi i terreni agricoli.

 

La Cina ha respinto la causa, ritenendola motivata da ragioni politiche.

 

«La cosiddetta causa non ha fondamento nei fatti, nella legge o nei precedenti internazionali. La Cina non l’accetta e non l’accetterà», ha affermato venerdì in una dichiarazione il portavoce dell’ambasciata cinese Liu Pengyu, avvertendo che se la sentenza danneggiasse gli interessi della Cina, Pechino adotterebbe «contromisure reciproche».

 

In precedenza, Pechino aveva definito il caso una «farsa», sostenendo che i tribunali statunitensi non hanno giurisdizione sulle azioni sovrane intraprese dalla Cina.

 

Dopo anni di indagini al rallentatore, e insabbiamenti, e censure, possiamo dire che colpe della Cina della pandemia possono apparire «mitigate» dal fatto che l’operazione di Gain of Function all’Istituto di Virologia di Wuhano sia stata finanziata in larga parte, se non interamente, dalla Sanità americana e in particolare da Anthony Fauci, chissà perché graziato nelle ultime ore dell’amministrazione Biden.

 

L’attuale ministro della Salute USA Roberto F. Kennedy junior ritiene che anche la CIA sia implicata nella catastrofe wuhaniana.

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