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Storia

La disgustosa incoronazione del re antiumano – con ringraziamenti per l’artiglieria ucraina

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La pomposità dell’incoronazione di re Carlo III ha infastidito molti.

 

Vuoi perché una porzione della popolazione (e della stessa corte, a quanto si dice) sognava che vi fosse un’abdicazione a favore del principe Guglielmo, attualmente più, diciamo così, «fotogenico» (non ha mai preso buste della spesa con dentro milioni dalla famiglia Bin Laden, almeno non ancora, tanto per dirne una).

 

Vuoi perché la situazione economica in vaste parti del Regno ha portato una povertà di tipo dickensiano (con file fuori dalle mense dei poveri, generi alimentari divenuti carissimi, bollette non pagate, aumento del costo della vita oramai insostenibile, milioni di pasti saltati e un incremento esponenziale di donne che si prostituiscono).

 

Vuoi perché in molti si rendono conto che invece di Diana, come regina si ritrovano Camilla Parker-Bowles.  E poi, già, come è morta Diana?

 

Tuttavia, bisogna fare attenzione ai dettagli: al carro d’oro, al diamante rubato – rubato, sì: perché il Sudafrica ha chiesto la restituzione del diamante tagliato a taglio più grande del mondo, chiamato la Grande Stella d’Africa, che è incastonato nello scettro reale tenuto dal re Carlo III, ed era stato donato dal governo coloniale sudafricano governo a re Edoardo VII per il suo 66° compleanno nel 1907. Un simbolo, è il caso di dire, un pochino coloniale.

 

Bisogna anche tenere a mente la mielosa, intollerabile esibizione di servilismo da parte dei leader nazionali e di gran parte della popolazione britannica, ha visto il Carlo – che come suo padre, e i suoi figli, porta avanti l’agenda antiumana dell’ambientalismo, della riduzione della popolazione con il controllo delle nascite, incoronato oggi a Londra.

 

L’incoronazione di un re, la dimostrazione della sua maestà, non è da considerarsi come una faccenda coreografica, buona per il gossip e le foto di rito. Un re incoronato trasmette come prima cosa la potenza di cui dispone.

 

Ecco che il vero carattere dell’evento è stato colto dal messaggio consegnato dal ministero della Difesa del presidente ucraino Zelens’kyj ai reali.

 

Il presidente comico, non ha partecipato, ma la sua versatile moglie sì.

 

Il ministero della Difesa ucraino ha quindi preparato un video celebrativo, montato sulle note di «London Calling», la canzone dei Clash, i quali, se sono morti tutti (non andiamo a controllare) si staranno rivoltando nella tomba. O forse no – sale la tristezza.

 

Il video mostra le armi britanniche dispiegate sul fronte ucraino e l’incontro del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj con re Carlo e l’enigmatico primo ministro indo-britannico Rishi Sunak, il leader laburista Keir Starmer  (recentemente finito sui giornali per la polemica per cui il 100% delle donne non avrebbe il pene, o forse  sì, lo avrebbero) e l’ex primo ministro Boris Johnson – quest’ultimo importante assai, perché, come sa il lettore di Renovatio 21, fu Johnson, planato a Kiev agli sgoccioli del suo premierato, a far sì che l’Ucraina mollasse accordi di pace praticamente già raggiunti con Mosca nell’aprile 2022.

 

 

«Alla vigilia della storica incoronazione, vorremmo ringraziare i nostri amici britannici per la vostra amicizia. Siamo grati per il vostro incrollabile supporto e collaborazione, soprattutto nell’ultimo anno!» recita tweet del ministero della Difesa del regime di Kiev.

 

Guardate voi stessi quanto dettagliati sono, questi complimenti. «Missili NLAW», «artiglieria», «veicoli corazzati», «sistemi di difesa aerea», «carrarmati Challenger II»… «hanno addestrato i nostri soldati».

 

Al nuovo re la Difesa della banda di Kiev offre una vera parata militare, targata Union Jack, in azione nella zona di guerra russo-ucraina. E del resto la clip in cui Carlo parla alle truppe ucraine dà proprio quell’effetto: un sovrano che parla ai propri soldati.

 

(Da notare come il video, in perfetto stile della inesausta mendicanza militare e finanziaria ucraina, si chiuda con la richiesta di una portaerei… ma è solo uno scherzo, chiaro. No?)

 

La testata londinese The Independent ha titolato «L’Ucraina guida il mondo in risposta all’incoronazione di re Carlo». Nel frattempo, il Palazzo ha definito il tappeto giallo e blu srotolato nell’abbazia di Westminster una «felice coincidenza».

 

Mentre la corona genocida e il regime di Kiev si corrispondevano in amorosi sensi, la polizia arrestava i leader di un gruppo repubblicano che si era riunito per protestare contro la monarchia con cartelli e canti: «Not our King», «Non è il nostro re!»

 

È incredibile, ma l’unica lucidità del Paese  – come era stato per Alfie Evans, lasciato trucidare dallo Stato della regina e la sua famiglia, come Charlie, Archie e chissà quanti altri – la dimostrano gli ultras. Che non solo non si inginocchiano (a differenza dei nostri rappresentanti, incluso il vescovo di quei cattolici che furono perseguitati, torturati e sterminati dalla Corona di Albione), ma ricordano alla famiglia reale, come hanno fatto i tifosi del Liverpool pochi giorni fa, di «dare da mangiare ai poveri».

 

Ma i britannici poveri, che sono in aumento evidente da anni, non sono una priorità: la guerra contro la Russia invece lo è – e non vi stupite, perché è la continuazione di un conflitto che, in Centrasia, la corona inglese portava avanti contro lo Zar già quasi 200 anni fa.

 

Medvedev qualche giorno fa, in un momento di sincerità metastorica ha definito il Regno Unito come «nemico eterno» della Russia.

 

Noi pensiamo invece che la Corona – quella del padre del re che sognava di morire e reincarnarsi in una pandemia che uccidesse quante più persone possibili – sia nemica dell’umanità intera, e non sappiamo se sia davvero eterna.

 

È in giorni come questo che ci preme di ricordare Guido Fawkes, e come la storia che stiamo vivendo, dalle guerre dell’oppio cinesi al Donbass, dalla fame dell’Irlanda a quella dell’India, dallo sterminio dei boeri delle guerre di inizio Novecento al «Risorgimento» italiano, sarebbe stata diversa se la corona fosse tornata cattolica.

 

No, noi non abbiamo dimenticato.  No, noi non possiamo dimenticare.

 

C’è un mondo che canta con gli ultras. «You can shove your coronation…»

 

 

Immagine di Katie Chan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

Storia

Il Cremlino attacca il tour di PR degli Azov: «disgustoso»

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Il tour di pubbliche relazioni in corso in Europa della 3ª Brigata d’assalto ucraina è un’ulteriore prova dei tentativi di Kiev di diffondere l’ideologia neonazista, ha detto mercoledì alla testata russa RT il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. La brigata include combattenti del famigerato Reggimento Azov, accusato di crimini di guerra nel Donbass.

 

All’inizio di questo mese, l’unità ha annunciato che i suoi militari si recheranno in nove città in Polonia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Repubblica Ceca e Lituania, dal 21 luglio al 2 agosto.

 

La brigata ha promesso di raccontare ai partecipanti «solo la verità sul servizio nella brigata, storie dalla prima linea», aggiungendo che vuole incoraggiare più persone a sostenere l’Ucraina nel suo conflitto con la Russia, direttamente o indirettamente.

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Nei commenti a RT di mercoledì, Peskov ha definito il tour «un fenomeno disgustoso» e «una brutta esibizione del regime di Kiev». La trovata, sostiene il portavoce, dimostra ancora una volta che la Russia ha ragione a opporsi alle politiche dell’Ucraina, ha aggiunto il portavoce, sostenendo che il governo di Kiev è diventato «una delle culle della rinascita del nazismo nel continente europeo».

 

Peskov ha anche suggerito che i media occidentali «sono pronti a supportare qualsiasi delle più brutte manifestazioni del regime di Kiev, solo per continuare la guerra fino all’ultimo ucraino». Il tour sottolinea la necessità della campagna militare della Russia, i cui obiettivi includono la completa «denazificazione» del paese vicino, ha sottolineato Peskov.

 

Ufficialmente istituita all’inizio del 2023 e guidata dal «nazionalista integrale» ucraino e – secondo i giornali occidentali prima della guerra – suprematista bianco Andrey Biletsky, la 3ª Brigata d’assalto include molti membri del Reggimento Azov, già noto come Battaglione Azov. Quest’ultimo è stato formato nel 2014, dopo che il colpo di stato sostenuto dall’Occidente a Kiev ha portato allo scoppio delle ostilità nel Donbass. Il reggimento è stato accusato di molteplici crimini di guerra durante lo svolgimento dei combattimenti.

 

Come riportato da Renovatio 21, Zelens’kyj si è mostrato in foto e video con Biletsky al fronte un anno fa. Le atrocità commesse dal Battaglione Azov sono state sminuite con fastidio da Zelens’kyj durante interviste con TV americane.

 

Il tour in corso ha incontrato problemi nella città olandese di Rotterdam, dove l’organizzazione locale per il benessere degli animali Wmo Radar ha annunciato di aver deciso di «non ospitare più il controverso evento» a causa della «negativa attenzione mediatica».

 

Numerosi politici locali hanno criticato l’evento e alcuni hanno espresso il sospetto che la brigata intendesse invitare gli ucraini a tornare a casa e unirsi ai combattimenti.

 

Il partito locale Leefbaar Rotterdam ha definito l’incontro «indesiderabile», notando che era «circondato da parecchia oscurità». Simon Ceulemans, rappresentante del partito nel consiglio comunale, ha osservato che «ci sono molti altri modi per rimanere informati sulla guerra» e che «un incontro così piuttosto controverso non è necessario». L’evento non era nemmeno politicamente neutrale, ha aggiunto.

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In seguito, la brigata ha confermato che l’evento è stato annullato non solo a Rotterdam, ma anche a Berlino, Bruxelles e Colonia, con gli incontri finora inalterati a Praga e Vilnius. Ha spiegato che dietro l’annullamento c’erano «ragioni di sicurezza».

 

Come riportato da Renovatio 21, precedenti tour di persone legate all’Azov si erano avuti al Congresso USA, in Vaticano (dove il papa ha ricevuto le mogli dei combattenti imprigionati), in Italia (dove le stesse sono andate in TV) e, evento contraddittorio solo in apparenza, in Israele.

 

Un veterano dell’Azov aveva vinto i giochi paralimpici militari organizzati dal principe Enrico d’Inghilterra a Disney World, in Florida, lo scorso anno. Il combattente è stato premiato dal comico ebreo Jon Stewart affiancato da un topolino gigante. Talvolta visibile erano i tatuaggi con il Sonnenrad, il sole nero SS.

 

Insulti al Battaglione Azov si erano avuti alla marcia milanese del 25 aprile nel 2022, dove alcuni non avevano gradito la presenza nel corteo di bandiere ucraine.

 

 

In quell’occasione all’evento erano comparse, cosa incredibile ma di cosa vogliamo stupirci oggidì, anche bandiere della NATO e striscioni inneggianti all’Alleanza Atlantica, per lo scorno dei vetero-comunisti habitué della manifestazione che parte da Piazzale Loreto. Accanto ai drappi ucraini e NATO, spuntavano immancabili bandiere UE.

 

Secondo il sito governativo russo Sputnik, che cita documenti dall’ambasciata danese che avrebbe visionato, istruttori militari della NATO provenienti dalla Danimarca e dal Regno Unito hanno addestrato soldati ucraini presso una base del Battaglione Azov, nonostante l’esclusione di Azov dai finanziamenti militari statunitensi a causa del suo radicalismo.

 

Le origini ideologiche naziste (o meglio, ucronaziste) di Azov sono state apertamente e ripetutamente insabbiate sia dagli algoritmi dei social che dall’operato indefinibile dei giornalisti d’Italia e di tutto il mondo, arrivando persino a togliere dal web vecchi articoli che raccontavano la pura verità su svastiche e violenze.

 

Il Battaglione Azov, ora ritenuto da Facebook come non pericoloso, continua a godere di grande popolarità presso il mainstream internazionale. Indimenticabile il giornalista italiano che disse in TV che si trattava di lettori di Kant.

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Storia

La grande tradizione americana di sparare ai candidati presidenziali. E ai presidenti

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Il tentato assassinio di Donald J. Trump non costituisce una grande novità negli Stati Uniti d’America.   In tre cicli elettorali consecutivi durante gli anni Sessanta e i primi anni Settanta, i candidati alla presidenza furono bersaglio di assassini, ricorda il New York Times in una breve nota. Due, tra cui un presidente in carica, furono uccisi. Uno fu gravemente ferito.   L’ultimo episodio del genere risale al 1972, quando il governatore dell’Alabama George C. Wallace fu colpito a morte mentre era in campagna elettorale in un centro commerciale fuori Washington, DC. Il Wallace rimase parzialmente paralizzato a causa della sparatoria e dovette usare una sedia a rotelle fino alla sua morte, avvenuta nel 1998.

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Quattro anni prima, Robert F. Kennedy, senatore ed ex procuratore generale degli Stati Uniti, aveva appena vinto le primarie democratiche in California nel 1968 quando fu colpito a morte dopo aver pronunciato un discorso di vittoria all’Ambassador Hotel di Los Angeles. Suo figlio Robert F. Kennedy Jr. è attualmente in corsa per la presidenza come candidato indipendente e ha cercato senza successo la protezione del Secret Service, l’agenzia americana preposta alla sicurezza dei presidenti.   Il presidente John F. Kennedy, fratello maggiore di Robert F. Kennedy, fu colpito a morte da Lee Harvey Oswald durante una visita a Dallas nel novembre 1963 per rafforzare il sostegno alla sua candidatura alla rielezione nel 1964. Non tutti sanno che il termine «conspiracy theory» – cioè teorico del complotto, o «complottista» – fu coniata dalla CIA proprio per sviare l’attenzione da chi notava che molti particolari nella ricostruzione del presidenticidio non collimavano.   Meno noto è un altro tentativo di uccidere JFK: l’11 dicembre 1960, durante una vacanza a Palm Beach, in Florida, il Kennedy, allora presidente eletto, fu minacciato da Richard Paul Pavlick, un ex impiegato delle poste di 73 anni spinto dall’odio verso i cattolici. Il Pavlick intendeva far schiantare la sua Buick del 1950 carica di dinamite contro il veicolo di Kennedy, ma cambiò idea dopo aver visto la moglie e la figlia di Kennedy salutarlo. L’uomo anticattolico fu arrestato tre giorni dopo dai servizi segreti dopo essere stato fermato per infrazione alla guida; la polizia trovò la dinamite nella sua macchina e lo rinchiuse.   Secondo il Congressional Research Service, prima di sabato si erano verificati almeno 15 attacchi diretti a presidenti, presidenti eletti e candidati alla presidenza, cinque dei quali avevano causato vittime.   Nel 1975, ci furono due tentativi di assassinio del presidente Gerald R. Ford in meno di tre settimane. Nel primo, Lynette A. Fromme, un’accolita della setta di Charles Manson, cercò di sparare con una pistola al Ford mentre camminava dal suo hotel al Campidoglio di Sacramento, ma la camera non aveva proiettili.   Diciassette giorni dopo, Sara Jane Moore, che era stata coinvolta in diversi gruppi di sinistra, cercò di sparare al presidente fuori da un hotel a San Francisco, ma mancò il bersaglio quando un marine che era in piedi accanto a lei le fece alzare il braccio mentre sparava.   Nel marzo 1981, circa due mesi dopo il suo insediamento, il presidente Ronald Reagan fu colpito e gravemente ferito fuori da un hotel di Washington, DC, da John W. Hinckley Jr., che sosteneva di voler attirare l’attenzione dell’attrice Jodie Foster dopo averla vista nel film Taxi Driver. Il ragazzo aveva seguito la Foster iscrivendosi all’università di Yale, quella dove, peraltro, è attiva la società segreta studentesca Skull and Bones, dalla quale, secondo una vulgata storica finita in film come The Good Shepherd, sarebbe nata la CIA. Degli Skull and Bones sono membri riconosciuti i Bush.

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Poco noto il fatto che Hinkely fosse il figlio di John Hinckley Sr., politico e sostenitore finanziario della campagna elettorale di George H. W. Bush – che a quel tempo ricopriva la carica di vicepresidente – nelle primarie contro Ronaldo Reagan, fu riportato anche il loro legame d’affari nel settore petrolifero. Il fratello maggiore di Hinckley, Scott, era amico di Neil Bush, uno dei figli di George H. W. Bush; i due avevano in programma di pranzare insieme il giorno della sparatoria. Inoltre, Neil Bush ha vissuto per un periodo a Lubbock, in Texas, la stessa città dove John Hinckley risiedette verso la fine degli anni settanta.   Se Reagan fosse morto nell’attentato, il vicepresidente dell’epoca, George H. W. Bush, sarebbe diventato presidente. Lo Hinckley, dopo anni di manicomio criminale, è stato rilasciato senza condizioni nel 2022.   È noto che Reagan, attore hollywoodiano con un debole per le barzellette (era eccezionale a raccontare quelle societiche), fece una battuta ai chirurghi una volta entrato in sala operatoria per l’intervento di urgenza: «spero siate tutti repubblicani».   Andando indietro nel tempo, troviamo altri esempi di attentati ed omicidi politici di rilievo.   Il 14 ottobre 1912, l’ex gestore di tavera John Schrank (1876-1943) tentò di assassinare l’ex presidente degli Stati Uniti Teodoro (1858-1919) mentre faceva campagna per la presidenza a Milwaukee, nel Wisconsin. Il proiettile di Schrank conficcò nel petto di Roosevelt dopo essere penetrato nella custodia in acciaio degli occhiali di Roosevelt e aver attraversato una copia spessa 50 pagine (piegata una sola) del suo discorso intitolato La causa progressista più grande di qualsiasi individuo, che portava nella tasca della giacca.   Lo Schrank fu immediatamente disarmato e catturato; avrebbe potuto essere linciato se Roosevelt non avesse gridato a Schrank di rimanere illeso. Roosevelt ha assicurato alla folla che stava bene, quindi ha ordinato alla polizia di prendersi cura di Schrank e di assicurarsi che non gli fosse stata fatta violenza.   In quanto esperto cacciatore e anatomista, Roosevelt concluse correttamente che, poiché non stava tossendo sangue, il proiettile non aveva raggiunto il suo polmone. Quindi rifiutò il suggerimento di recarsi immediatamente in ospedale per pronunziare il suo discorso esattamente programmato. L’assassinio presidenziale più storico rimane quelli di Abramo Lincoln (1809-1865), ucciso mentre si trovava a teatro dall’attore John Wikes Booth (1838-1865). Il Booth al momento di premere il grilletto sulla nuca del presidente avrebbe proferito la formula latina «sic semper tyrannis» («così sempre per i tiranni», che è il motto dello Stato della Virginia. Curiosamente, si era detto che la moglie di Tony Blair, Cherie Booth, fosse sua discendente, ma la cosa sembra smentita.   Il Lincoln aveva subito tentativi di assassinio anche il 23 febbraio 1861 e nell’agosto 1864.   Un altro assassinio presidenziale riuscito fu quello del presidente James A. Garfield (1831-1881), il ventesimo presidente degli Stati Uniti, presso alla stazione ferroviaria di Baltimora e Potomac a Washington, alle 9:20 di sabato 2 luglio 1881, meno di quattro mesi dopo il suo insediamento. Tale Charles J. Guiteau fu condannato per l’omicidio di Garfield e giustiziato per impiccagione un anno dopo la sparatoria. Il Guiteau credeva di aver svolto un ruolo precipuo nell’elezione del Garfield, per il quale sentiva di dover essere premiato con l’assegnazione di un consolato a Parigi o Vienna.

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Venti anni dopo, fu assassinato il presidente William McKinley (18403-1901) venerdì 6 settembre 1901 al Temple of Music di Buffalo, New York. McKinley, mentre partecipava all’Esposizione Panamericana, è stato colpito due volte all’addome a distanza ravvicinata da Leon Czolgosz, un anarchico, armato con un revolver calibro 32 nascosto sotto un fazzoletto. Il primo proiettile rimbalzò su un bottone o su una medaglia premio sulla giacca di McKinley e si conficcò nella sua manica; il secondo colpo gli ha trapassato lo stomaco. Sebbene inizialmente McKinley sembrasse in fase di ripresa, le sue condizioni peggiorarono rapidamente a causa della cancrena attorno alle ferite e morì il 14 settembre 1901 alle 2:15.   Vi sono altresì casi di morte di presidenti che si sospettano siano stati assassini.   Il 9 luglio 1850, il presidente Zaccaria Taylor (1784-1950) morì a causa di una malattia diagnosticata come colera morbus, che presumibilmente venne dopo aver mangiato ciliegie e latte durante una celebrazione del 4 luglio. Quasi immediatamente dopo la sua morte, iniziarono a circolare voci secondo cui Taylor era stato avvelenato dai meridionali pro-schiavitù, e teorie simili sono persistite nel 21° secolo.   Nel giugno 1923, durante un viaggio nella parte nordoccidentale degli Stati Uniti, il presidente Warren G. Harding (1865-1923) fu vittima di una intossicazione alimentare, che divenne polmonite subito dopo portandolo alla morte.   Il 30 gennaio 1835 un tentativo di uccidere il presidente Andrea Jackson (1767-1845) fu eseguito da un imbianchino del Campidoglio, ma ambo le pistole usate si incepparono. Più tardi qualcuno ha provato le due pistole ed entrambe hanno funzionato bene. Lawrence è stato arrestato dopo che Jackson lo ha picchiato duramente con il suo bastone. Lawrence fu dichiarato non colpevole per pazzia e rinchiuso in un istituto psichiatrico fino alla sua morte nel 1861.   Nel 1909 il presidente Guglielmo Taft (1857-1930) fu obbiettivo di un tentativo di assassinio mentre incontrava il presidente massone del Messico Porfirio Diaz. La sua sicurezza trovò un uomo che nascondeva una pistola lungo il percorso della processione presidenziale a El Paso, in Texas. Un’altra cospirazione per uccidere il Taft sarebbe saltata fuori nel 1919.   Anarchici argentini, guidati da Severino di Giovanni, pianificarono di far saltare il treno del presidente americano Erberto Hoover (1874-1964) mentre era in visita nel Paese il 19 novembre 1928.   Il 15 febbraio 1933, diciassette giorni prima della prima inaugurazione presidenziale di Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), Giuseppe Zangara sparò cinque colpi a Roosevelt a Miami, in Florida. I colpi di Zangara hanno mancato il presidente eletto, ma Zangara ha ferito mortalmente il sindaco di Chicago Anton Cermak e ferito altre quattro persone. Zangara si dichiarò colpevole dell’omicidio di Cermak e fu giustiziato sulla sedia elettrica il 20 marzo 1933. Non è mai stato stabilito in modo definitivo chi fosse l’obiettivo di Zangara, ma la maggior parte inizialmente presumeva che avesse sparato al presidente eletto. Un’altra teoria è che l’attentato potrebbe essere stato ordinato dall’incarcerato Al Capone e che Cermak, che aveva condotto una repressione contro il Chicago Outfit e la criminalità organizzata di Chicago più in generale, fosse il vero obiettivo.   Secondo i servizi segreti sovietici dell’NKVD – agenzia antesignana del KGB – piani di assassinio del Roosevelt sarebbero stati concepiti dalle Waffen-SS naziste, che avrebbero voluto colpire oltre al presidente USA anche Winstone Churchill e Giuseppe Stalin alla conferenza di Teheran nel 1943.

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Nel 1947 presidente Enrico Truman (1884-1972) fu invece al centro di un complotto di assassinio ordito da terroristi ebrei. Durante l’insurrezione ebraica in Palestina prima della formazione dello Stato di Israele, l’organizzazione paramilitare sionista Lehi avrebbe inviato una serie di lettere bomba indirizzate al presidente e al personale di alto rango della Casa Bianca.   Il 1 novembre 1950, due attivisti indipendentisti portoricani, Oscar Collazo e Griselio Torresola, tentarono di uccidere il presidente Truman alla Blair House, dove Truman viveva mentre la Casa Bianca era sottoposta a importanti lavori di ristrutturazione. Nell’attacco, Torresola ha ferito il poliziotto della Casa Bianca Joseph Downs e il poliziotto della Casa Bianca Leslie Coffelt ferito a morte.   Il presidente Riccardo Nixon (1913-1994) fu oggetto di un tentato assassinio mentre si trovava in Canada il 13 aprile 1972. Un uomo armato, Arthur Bremer, si avvicinò al corteo presidenziale, ma non riuscì a sparare. Il mese dopo il Bremer sparò e ferì gravemente il governatore dell’Alabama Giorgio Wallace, che rimase paralizzato.   Il 22 febbraio 1974 tale Samuel Byck progettò di uccidere Nixon facendo schiantare un aereo di linea commerciale contro la Casa Bianca. Ha dirottato un DC-9 all’aeroporto internazionale di Baltimora-Washington dopo aver ucciso un agente di polizia della Maryland Aviation Administration e gli è stato detto che non poteva decollare con i blocchi delle ruote ancora al loro posto. Dopo aver sparato a entrambi i piloti (uno dei quali morì in seguito), un ufficiale di nome Charles “Butch” Troyer sparò a Byck attraverso il finestrino della porta dell’aereo. È sopravvissuto abbastanza a lungo da uccidersi sparandosi.   Anche Jimmy Carter, George Bush padre e figlio, Bill Clinton, Obama e lo stesso Trump hanno subito le attenzioni di attentatori.   Questa grande tradizione made in USA sembra non dare cenni di voler terminare.

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Storia

Trump aveva minacciato di morte il capo dei talebani mostrandogli una foto satellitare della sua casa: il racconto di un deputato USA

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Il deputato repubblicano texano Wesley Hunt e il deputato repubblicano della Florida Byron Donalds sono stati intervistati dall’ex conduttrice del canale sportivo ESPN Sage Steele nel suo podcast rivelando alcune storie inedite su Donald Trump.

 

Durante l’intervista, il deputato Hunt ha rivelato la sua «storia preferita sul presidente Trump», in cui Donald ha lanciato un severo avvertimento ai leader talebani mentre negoziava il ritiro militare degli Stati Uniti dall’Afghanistan.

 

«Ci sono il presidente Trump e Mike Pompeo, e stanno parlando con la leadership dei talebani nella stanza» ha raccontato il deputato. «Avevano un traduttore nella stanza. Il presidente Trump ha guardato il leader dei talebani e ha detto questo. “Voglio lasciare l’Afghanistan, ma sarà un ritiro basato su condizioni”».

 

Poi, Trump avrebbe aggiunto: «se torci anche un capello a un solo americano, ti uccido», prima di infilare la mano in tasca, tirare fuori una foto satellitare della casa del leader talebano, porgergliela e uscire dalla stanza.

 

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Un’altra clip del podcast, diventata virale online, mostra il deputato Hunt, che è afroamericano, che smantella la bugia razziale del Partito Democratico secondo cui gli elettori conservatori sarebbero in qualche modo razzisti.

 

«Byron e io siamo due deputati di distretti a maggioranza bianca che il presidente Trump avrebbe vinto con più di 20 punti di scarto, e abbiamo vinto entrambi in modo schiacciante in quanto uomini di colore. Stiamo letteralmente vivendo il sogno del dottor Martin Luther King. Non siamo giudicati in base al colore della nostra pelle, ma in base al contenuto del nostro carattere», ha spiegato il deputato del Texas.

 

Ha continuato affermando che il motivo per cui due uomini di colore riescono a vincere le elezioni politiche in aree prevalentemente bianche e conservatrici è che «non parlano realmente di razza».

 

«Stiamo parlando del Paese e di ciò che è importante per tutti», ha affermato Hunt.

 

Come noto, il ritiro dall’Afghanistan sotto Biden fu un raccapricciante disastro senza precedenti, in cui gli americani subirono anche un sanguinoso attacco terroristico all’aeroporto, che uccise diversi soldati americani. Biden rispose disintegrando con un drone un’auto dove invece che i terroristi perpetratori della strage perì un’intera famiglia di innocenti. La mente dell’attentato, un militante affiliato allo Stato Islamico, fu in seguito eliminato dai talebani.

 

Il nuovo regime gode ora della smodata quantità di armamenti lasciata dagli USA, che lo rendono una vera potenza militare nella regione. È stato calcolato che Kabul dispone ora di più elicotteri militari dell’esercito australiano.

 

Il ritiro dall’Afghanistan fu talmente catastrofico e grottesco che l’allora portavoce degli Esteri cinese, il combattivo Zhao Lijian, canzonò senza pietà l’amministrazione Biden, e pure i talebani stessi si misero a trollare la passione del presidente statunitense per il gelato.

 

In questo, era stato profetico un afghano d’elezione, lo sceicco terrorista Osama Bin Laden, ora sempre più popolare su TikTok: in una lettera rinvenuta, Bin Laden diceva ai suoi uomini di lasciare in pace Biden e lasciarlo fare carriera, perché la sua incompetenza avrebbe portato «gli USA in una crisi».

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