Droga
Il fentanil come arma di distruzione di massa

18 procuratori generali di Stati americani hanno scritto una lettera al presidente Biden firmata chiedendo una soluzione «non ortodossa» alla crisi del fentanil della nazione.
«Vi chiediamo di considerare di classificare il fentanil illegale come un’arma di distruzione di massa», hanno scritto gli Attorney General a settembre. «In effetti, data la letalità del fentanil, le quantità interdette e sequestrate non sono coerenti con ciò che ci si aspetterebbe dall’attività di traffico di droga e sono indicative di una cospirazione intenzionale per uccidere americani o di uno sforzo per accumulare una pericolosa arma chimica».
I firmatari includevano procuratori generali degli stati più colpiti dalle morti per overdose di fentanil, tra cui Florida, Texas, Kentucky e Connecticut. Anche i procuratori generali Jason S. Miyares della Virginia e Patrick Morrisey del West Virginia fanno parte del gruppo.
Nel 2022, il fentanil avrebbe ucciso più di 71 mila cittadini americani. L’overdose è oggi la prima causa di morte degli americani di età compresa tra 18 e 45 anni. Come riportato da Renovatio 21, stiamo assistendo anche allo sconvolgente aumento di overdosi tra donne incinte.
Secondo i procuratori generali, la designazione dell’oppioide sintetico come arma di distruzione di massa (WMD) coinvolgerebbe maggiormente il Dipartimento della Difesa e il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale. «Pensare di arginare il problema in modi diversi e nuovi può interrompere ciò che stanno facendo le compagnie straniere e i cartelli della droga coinvolti o almeno renderlo più costoso o difficile», ha scritto il gruppo di procuratori statali.
Non è chiaro se la Casa Bianca abbia dato risposta, tuttavia la proposta si sta scontrando con parte dei democratici che chiedono invece la depenalizzazione del possesso di qualsiasi droga se è per uso personale e lo sgombero delle precedenti condanne per tali reati – inclusi casi con fentanil.
«Una designazione di arma di distruzione di massa attiverebbe le risorse federali per interdire il fentanil illecito prima che raggiunga il nostro confine e avveleni le nostre comunità. Obbligherebbe una maggiore cooperazione tra Stati Uniti e Messico. È una risposta proporzionata a una crisi nazionale senza precedenti» scrive un lettore al Washington Post, per protestare contro un articolo dove alla proposta di considerare la droga una WMD si ribatteva con la politica, stantia, pleonastica se non fallimentare, di mettere l’accento sulle cure. «La designazione non impedirebbe a chiunque sia alle prese con un disturbo da uso di sostanze di accedere al recupero. È incoraggiante vedere diminuire lo stigma attorno a strumenti di riduzione del danno come le strisce reattive al fentanil. Se mio figlio Tommy ne avesse avuto accesso nel 2015, probabilmente sarebbe ancora con noi oggi».
Come riportato da Renovatio 21, i cartelli della droga messicani portano oltreconfine il fentanil (di fabbricazione cinese) tramite la massa di migranti e pure con incursioni di droni, che utilizzano talvolta pure in versione armata.
La pandemia ha portato un aumento delle morti per overdose tale che tra il 2020 e il 2021 si è raggiunta la cifra di 100 mila morti: una vera ecatombe. Già due anni fa era chiarissimo che le morti per droga superavano quelle per il COVID.
Il fentanil può provenire da laboratori in Messico che utilizzano sostanze chimiche fornite dalla Cina. Altre volte, pare che il fentanil arrivi direttamente negli USA dalla Cina, addirittura tramite ordini che è possibile piazzare online. I cartelli messicani possono produrre fentanil, ma la materia prima o il prodotto già pronto arriva decisamente dalle coste cinesi.
«Dal 2013, la Cina è stata la principale fonte del fentanyl che ha inondato il mercato delle droghe illecite degli Stati Uniti (…) alimentando l’epidemia di droga più mortale nella storia degli Stati Uniti. Sia l’amministrazione Obama che quella Trump hanno dedicato un significativo capitale diplomatico per convincere la Cina a reprimere la fornitura di fentanyl dalla Cina agli Stati Uniti, con la Cina che ha finalmente annunciato nell’aprile 2019 che la produzione, la vendita e l’esportazione di tutti i farmaci di classe fentanyl sono vietate, ad eccezione delle aziende autorizzate a cui il governo cinese ha concesso licenze speciali» scrive un saggio della Brookings Institution intitolato Fentanyl and geopolitics: Controlling opioid supply from China.
«Nonostante il fatto che la Cina sia orgogliosa di avere una forte posizione e reputazione antidroga – scriveva nel suo essay Vanda Felbab-Brown – è altamente improbabile che la Cina inizi una cooperazione antidroga con gli Stati Uniti (…) a meno che non inizi a sperimentare la propria epidemia di oppioidi sintetici. Inoltre, il significativo deterioramento delle relazioni USA-Cina potrebbe minare ulteriormente la volontà della Cina di applicare diligentemente il nuovo regolamento sul fentanyl».
In poche parole, diventa chiaro a tutti che il traffico di fentanil esiste per volontà cinese. Si tratta di una vera arma biologica stealth lanciata sulla società americana. Uno strumento geopolitico, una bomba che uccide la popolazione avversaria e ne disgrega la società.
Parimenti, è difficile non vedere che potrebbe trattarsi di una vendetta contro il mondo angloide, che fece subire al Regno di Mezzo l’orrore delle guerre dell’oppio.
Come riportato da Renovatio 21, il Pentagono sta finanziando un vaccino contro il fentanil – si tratterebbe del primo caso di vaccino comportamentale, una porta che si apre su una società del controllo biologico sempre più distopica.
Droga
Droga, mafia e rivoluzione: storia e geopolitica tra Stati Uniti e Cuba

La conquista del Messico nel 1848 e la definizione dei confini del nord lasciò campo aperto alla fantasia speculativa del sogno americano verso l’intero continente, ma anche e soprattutto verso l’America Latina. Esistevano ancora alcune realtà in mano a potenze europee come, per esempio, l’Honduras britannico o l’isola di Cuba, ma nel breve arco di alcuni decenni Washington avrebbe una volta per tutte ribadito che le terre del continente non intendevano accettare alcun padrone che non fosse americano.
La manifesta incapacità spagnola di continuare a gestire i propri possedimenti spianò la strada a Washington nella sua volontà di ergersi a potenza imperiale, al pari della ristretta cerchia europea. Quando, a inizio 1898, fu affondata la corazzata USS Maine, inviata in seguito alla rivolta cubana contro la Spagna, il presidente americano McKinley si convinse a intervenire militarmente.
La guerra fu rapida e si estese presto alle altre colonie spagnole. Nel dicembre dello stesso anno, Spagna e Stati Uniti siglavano il Trattato di Parigi, in cui venivano trasferite al controllo statunitense le Filippine, il Portorico e l’Isola di Guam. Successivamente, quando il senato americano approvò il trattato, denominò legalmente le nuove annessioni come territori incorporati, i cui abitanti non avevano diritto di diventare cittadini dell’unione. I nuovi territori acquisiti diventavano in questo modo ufficialmente parte degli Stati Uniti, a differenza dei suoi abitanti che, come accaduto con il Messico esattamente cinquant’anni prima, venivano mantenuti separati dagli statunitensi.
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Il Trattato di Parigi, invece, aveva garantito a Cuba l’indipendenza non consentendone l’annessione agli Stati Uniti. Cuba rappresentava un crocevia importante per la geopolitica statunitense. La sua posizione strategica permetteva di controllare gli stretti di mare all’ingresso del Golfo del Messico, affacciandosi sulle rotte marittime più importanti per gli Stati Uniti, a maggior ragione in seguito all’eventualità della costruzione del canale di Panama.
La volontà americana di mantenere un controllo sull’isola caraibica portò alla creazione di un emendamento militare che vincolava il ritiro dei soldati a precise condizioni: impossibilità per Cuba di allearsi con altre nazioni, contrarre un debito pubblico superiore alle entrate statali, concessione di una base navale agli Stati Uniti, diritto di intervento degli Stati Uniti per preservare l’indipendenza dell’isola e del suo governo allo scopo di garantire la protezione della vita, della proprietà e della libertà individuale.
Nonostante le grandi proteste dei leader cubani per questa palese limitazione politica, nel 1901 l’emendamento venne incorporato nella Costituzione dell’isola caraibica e due anni più tardi fu usato come base dell’accordo bilaterale ratificato dai due Paesi.
Successivamente alla proclamazione della Repubblica cubana vi fu un’ondata di nuovi coloni e affaristi statunitensi tanto che per il 1905 il 60% delle terre dell’isola passò in mano a proprietari non cubani. Con la fine della Seconda guerra mondiale, Lucky Luciano organizzò all’Havana nell’ottobre 1946 un incontro tra i più importanti malavitosi statunitensi dell’epoca.
Lo scopo della riunione era di ricostruire il controllo sul traffico di stupefacenti americano dopo la forzata assenza durante la guerra. L’isola divenne sempre più lo snodo fondamentale per il traffico di droga diretto verso gli Stati Uniti e parallelamente un rinomato centro turistico ricco di hotel di lusso e casinò di proprietà della malavita organizzata.
Nel 1960 Kennedy fu eletto alla presidenza e l’America Latina fu subito individuata come teatro principale in cui era necessario intervenire contro la diffusione del comunismo e per realizzare concretamente le idee dei teorici della modernizzazione. La rivoluzione capitanata da Fidel Castro fu il primo grande campanello d’allarme nel proprio «giardino di casa».
Il rischio, secondo il segretario di Stato nei due mandati di Eisenhower, John Foster Dulles, era che l’egemonia statunitense nell’America Latina venisse per la prima volta apertamente sfidata. Il lento e inevitabile scivolamento diplomatico di Castro verso l’Unione Sovietica, un movimento oscillatorio mosso dall’inasprimento progressivo dei rapporti con gli Stati Uniti, divenne l’inesorabile destino dell’isola. L’improvvisa apparizione sovietica all’interno del giardino di casa, cinquant’anni dopo la vittoria sulla Spagna e il Trattato di Hay-Pauncefote, fece sentire il dorato isolamento americano pericolosamente violato.
Fidel Castro, una volta raggiunto il potere sull’isola, reinstaurò la costituzione del 1940, considerata una delle più progressiste del tempo, che sarebbe andata a sostituire definitivamente quella voluta dagli americani nel 1901. Nonostante Castro si fosse rivolto inizialmente agli Stati Uniti, non incontrò un accordo con John Foster Dulles e finì per accettare giocoforza le offerte arrivate da Mosca.
Alla data del 24 ottobre del 1961 Castro aveva già nazionalizzato, in tre momenti diversi, le raffinerie della Texaco, Shell ed Esso, tutte le banche americane, le società di proprietà statunitense sull’isola, tra cui i vari casinò ed alberghi.
I rapporti diplomatici si interruppero e gli USA continuarono ad alzare la pressione contro i rivoluzionari attraverso un embargo parziale e con operazioni clandestine, la più importante delle quali fu la vicenda della Baia dei Porci, organizzata allo scopo di rovesciare la dittatura di Castro a Cuba. L’operazione militare, già pianificata dal governo Eisenhower e dal capo della CIA Allen Dulles, si trovò in rampa di lancio proprio a cavallo delle elezioni vinte dal democratico Kennedy. Il neoeletto presidente diede il suo assenso all’azione.
L’Intelligence americana si prodigò nel trovare una soluzione sostenendo una manovra militare messa in atto da esuli cubani anticastristi, finanziata e organizzata dagli Stati Uniti. Somoza, alleato principe per la causa anticomunista a stelle e strisce nel continente, si rese immediatamente disponibile e fornì immediato supporto, offrendo la base logistica da cui sarebbero partiti i gruppi paramilitari. Nessun luogo avrebbe potuto offrire miglior postazione strategica che la città di Puerto Cabezas nel Nord della costa atlantica nicaraguense. La sua posizione defilata, inserita in un territorio remoto e poco abitato, e la presenza di una pista d’atterraggio e di una banchina portuale, seppur malconce, creavano la perfetta skyline per farne la base di lancio dell’operazione denominata Happy Valley.
La vicenda della baia dei Porci terminò con un risultato disastroso per il governo Kennedy. La totale disfatta della spedizione, oltre a non sortire l’effetto desiderato, contribuì a incrinare l’immagine vincente degli Stati Uniti. L’inerzia dei rapporti si trascinò fino all’apice della crisi dei missili di Cuba dove venne sfiorata la catastrofe nucleare.
Kennedy e Chruščёv trovarono infine un compromesso nello smantellamento dei missili nell’isola caraibica (ma non per la base americana di Guantanamo) e segretamente per le basi americane in Turchia e in Italia.
La formazione dell’esercito irregolare di cubani anticastristi che da quel momento vennero utilizzati nella guerra segreta per l’uccisione del Líder Máximo Fidel Castro e di alti esponenti del governo rivoluzionario caraibico porto anche un’altra conseguenza. Come scrive Doug Valentine in The Strenght of the Pack, già con l’Office of Strategic Service, antenato della CIA, vennero utilizzati diversi drug smugglers come assassini, spie e corrieri.
La cosiddetta Cuban Brigade, forte di un numero di oltre 1400 esuli, venne utilizzata dagli anni Sessanta in avanti per portare avanti ogni forma di operazione coperta. In cambio soprattutto dell’attività di sicari, inviati ovunque ve ne fosse bisogno, i membri di questo gruppo paramilitare beneficiavano di un rapporto privilegiato con i servizi americani. Grazie alla loro fedeltà alla causa anticomunista godettero di uno speciale cono d’ombra sulle loro attività parallele di organizzazione del narcotraffico soprattutto verso l’immenso, e mai sazio, mercato statunitense.
Nel 1980, poi, Castro liberò le prigioni e un’ondata di nuovi esuli cubani anticastristi esondò verso la Florida a riempire le fila delle brigate. Parallelamente alle attività pro-rivoluzionarie dei cubani castristi in America Latina, alla rivoluzione sandinista, alla mobilitazione del Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN) in El Salvador, alla formazione dei Contras, alla gestione di Panama di Torrijos prima e di Noriega poi, la ricerca di fondi, più o meno leciti, era costante.
Come conseguenza di questi anni febbrili, l’afflusso di cocaina verso gli Stati Uniti negli anni Ottanta del Novecento raggiunse picchi mai visti prima.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Droga
Narcocartelli messicani usano droni armati contro pattuglia di frontiera USA

The New Juárez Cartel (NCDJ) carried out a drone strike on Mexican soldiers, killing 3 and injuring a general.
Mexico isn’t “on the brink” of war it’s already lost. The cartels own the battlefield, and the government is just a spectator. The only thing that stops this from… pic.twitter.com/bO2iNMZOMp — TexanonX™ (@TexanonX) February 4, 2025
The threat from the Cartel to American Safety cannot be more evident, THIS IS A WAR!
Drone footage of cartel warfare is ‘indicative’ of danger still present at border, says Rep. Chip Roy Roy said that the knowledge that cartels own drones with weapon capabilities ‘open[s] up a… pic.twitter.com/ffat5QRu8A — Dennis Emmitt (@DennisREmmitt) February 5, 2025
#Mexico 🇲🇽: A new video posted “MF” Cartel members operating Explosive-laden drone in #Zacatecas.
Cartel members displays a DJI Drone which is armed with an air-dropped Improvised (locally-made) Grenade —which will likely be used against #CJNG members. pic.twitter.com/9pxnm045ct — War Noir (@war_noir) January 23, 2025
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Big Pharma
Strage degli oppioidi, la famiglia Sackler sigla un accordo da 7,4 miliardi di dollari per i risarcimenti

Purdue Pharma e i suoi proprietari, la famiglia Sackler, hanno raggiunto un nuovo accordo da 7,4 miliardi di dollari per risolvere migliaia di cause legali relative al farmaco antidolorifico oppioide Oxycontin.
L’accordo è stato raggiunto quasi sette mesi dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva annullato un accordo precedentemente negoziato che avrebbe garantito ai Sackler ampia immunità dalle azioni legali in cambio di un risarcimento di 6 miliardi di dollari.
La Corte Suprema ha annullato l’accordo sostenendo che i Sackler non avevano diritto alle tutele legali destinate a favorire i debitori falliti.
Il nuovo accordo non proteggerà Purdue o i Sackler da ulteriori azioni legali da parte di stati, governi locali o singole vittime della crisi degli oppioidi.
L’accordo è stato negoziato da 15 stati, tra cui New York, California, Connecticut, Oregon, Texas, Florida e West Virginia. Ad altri stati verrà chiesto di firmare l’accordo, che diventerà definitivo solo quando sarà approvato da un giudice fallimentare statunitense.
Si ritiene che la crisi degli oppioidi abbia causato circa 700.000 vittime in due decenni. Il ruolo dei Sackler nella crisi è stato esplorato nel bestseller Empire of Pain di Patrick Radden Keefe.
La Purdue ha dichiarato bancarotta nel 2019, dopo aver dovuto affrontare migliaia di cause legali che accusavano la società e la famiglia Sackler di aver utilizzato un marketing ingannevole per aumentare le vendite dei suoi farmaci antidolorifici che creano dipendenza, tra cui l’Oxycontin.
L’azienda si è dichiarata colpevole di accuse di frode e di falsificazione del marchio relative alla commercializzazione di OxyContin nel 2007 e nel 2020. Sebbene i membri della famiglia Sackler abbiano espresso il loro «rammarico» per il ruolo di Oxycontin nella crisi degli oppioidi, non hanno mai ammesso di aver commesso illeciti.
Il procuratore generale del Connecticut William Tong ha affermato che il nuovo accordo contribuirà a dare una conclusione alle vittime della crisi degli oppioidi.
«Non è solo una questione di soldi», ha detto Tong. «Non ci sono abbastanza soldi al mondo per fare le cose per bene».
Come riportato da Renovatio 21, la diffusione mortale di sostanze come fentanil e ira anche in carfentanil pare essere un corollario della cosiddetta «crisi degli oppioidi» ingenerata dalle prescrizioni mediche spinte con forza dalla multinazionale farmaceutica Purdue, con un arricchimento tale da rendere la famiglia ebrea che ne è a capo, i Sackler, una delle più abbienti degli USA.
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Immagine di Guian Bolisay via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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