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Politica

Boris Johnson e il Colle Oppio dei popoli

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La scenetta esilarante andata in onda al G20 di Roma sta tenendo banco.

 

Al Quirinale, nello spazio photo-call a favore dei media mondiali prima della cena offerta dalla Presidenza della Repubblica, Boris Johnson, stretto tra Draghi e Mattarella, si prende la scena.

 

Ecco che, per qualche motivo, parte un’improvvisa enumerazione dei sette colli di Roma.

 

L’inglese si lancia elencando i nomi latini anglicizzati: «Capitoline, Quirinal, Viminal, The Esquiline, The Aventine, The Lateran…».

L’inglese si lancia elencando i nomi latini anglicizzati: «Capitoline, Quirinal, Viminal, The Esquiline, The Aventine, The Lateran…».

 

D’un tratto, il biondo conservatore si blocca, agitando il conteggio delle mani a mezz’aria: si gira verso Mattarella, che alza le braccia. Interviene il Mario Draghi: «hai già detto il Colle Oppio?».

 

«Ah, Oppio. Yeah».

 

Boris abbozza un sorriso sotto uno sguardo furbetto. C’è caso che sappia perfettamente che l’italiano ha suggerito qualcosa di sbagliato. Potrebbe davvero essersi trattato di un crudele, irresistibile quiz-trappola in mondovisione ai danni dei vertici della Repubblica?

Potrebbe davvero essersi trattato di un crudele, irresistibile quiz-trappola in mondovisione ai danni dei vertici della Repubblica?

 

 

Draghi – liceo classico dai gesuiti in classe con il banchiere Luigi Abete, il capo della polizia Gianni De Gennaro, e il candidato presidente della Repubblica Giancarlo Magalli – ha dato un suggerimento sbagliato. Il Colle Oppio è una delle tre alture che costituiscono il Monte Esquilino, anzi l’Esquilàin. Epperò c’è il Parco del Colle Oppio, che tutti i romani conoscono da più di un secolo, quindi uno può ingannarsi.

 

Il gruppo, comprese le signore rimaste silenti, hanno dimenticato il Palatino. Ma non rileva. Vorremmo vedere voi. E poi, sul serio, vogliamo meravigliarci? Vogliamo scagliare la prima pietra?

 

Quanti di noi sanno dire i nomi di tutti e sette i nani di Biancaneve?

 

Quanti di noi sanno dire i nomi di tutti e sette i nani di Biancaneve?  Quanti conoscono gli articoli della Costituzione?

Quanti sopravvivono al tragico gioco nelle serate alcoliche con gli amici di nominare tutti e cinquanta gli Stati americani? Quanti sanno elencare senza timore i dieci comandamenti?

 

Anzi, più in tema, chiediamo: quanti conoscono gli articoli della Costituzione?

 

Ecco, Alcuni si fermano al primo articoli, anzi a quella prima frase, quell’ouverture di sapore sovietico: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Ebbene, se ve la ricordate, in questo momento, non avete vinto niente.

 

Avete perso comunque anche se la vostra mente ha ritenuto il proseguo dell’articolo 1: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».

 

Johnson già in passato mise in difficoltà il governo italiano: 2003, intervista al premier Silvio Berlusconi

Se ci guardiamo in giro, è più utile sapere che l’Oppio non è uno dei sette colli di Roma, almeno ci fai bella figura se incontro il Boris Johnsòne, uomo che già in passato mise in difficoltà il governo italiano. Un’episodio che tutti paiono aver dimenticato: Johnson e l’esperto in Mussolini Nicholas Farrell intervistarono per il giornale Spectator Silvio Berlusconi a Porto Rotondo, nella mitologica villa sarda del Cavaliere, quella con ragazze e primi ministri boemi ignudi, nonché un vulcano finto e il tunnel per l’attracco segreto per i sommergibili.

 

L’intervista fu una bomba: «Soltanto l’8 per cento degli italiani ha fiducia in questa magistratura» disse l’uomo di Arcore; «Vi dico la verità, se vivessi in un Paese dove non ci fossero le elezioni, diventerei un rivoluzionario, se non un terrorista. E questo è perché io amo troppo la libertà, e senza libertà un uomo non è un uomo. Non ha dignità». «Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino». «Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro, devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche- Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana»

 

L’intervistato ne ebbe anche per un suo ministro. In seguito Farrell avrebbe raccontato che Silvio li portò su di un’auto da golf al cospetto di una pianta grassa del giardino. «Ci ha fatto vedere un cactus che – diceva – assomiglia al cervello di Tremonti. Tutto contorto, ma pieno di roba».

 

Sull’intervista Johnson-Berlusconi si aprì una crisi profonda che segnò l’estate politica 2003. Berlusconi disse che si era trattato solo di una chiacchierata informale davanti a un bicchiere di vino. Johnson e Farrell insistettero: c’erano due registratori sul tavolo, niente champagne ma solo tè freddo, ci abbiamo impiegato mesi a ottenere l’incontro…

 

Farrell dice di non essersi reso conto della «una tale intensità di casino» che il pezzo avrebbe provocato. Il discolo Johnson, secondo noi, invece già si fregava le mani…

 

Quindi, tornando alla gag di poche ore fa, c’è la possibilità che il Johnson nella scenetta da patito del Castiglioni-Mariotti cui ha costretto i vertici dello Stato italiano possa averci un po’ goduto. Di fatto il Boris, qualcuno ricorderà, è un classicista.

 

Come dimenticare che a Melbourne, davanti ad un pubblico eccitatissimo, citò un pezzone dell’Iliade in greco antico.

 

 

Come dimenticare la saggezza antica – tragica, nel vero senso della parola – con il quale all’inizio della pandemia rifiutò il lockdown: «preparatevi a perdere i vostri cari». Londra, a differenza di Roma e Wuhan, non avrebbe chiuso niente, perché l’Ananke pandemica, la crudele dea del destino inalterabile, avrebbe fatto il suo corso

Come dimenticare la saggezza antica – tragica, nel vero senso della parola – con il quale all’inizio della pandemia rifiutò il lockdown: «preparatevi a perdere i vostri cari». Londra, a differenza di Roma e Wuhan, non avrebbe chiuso niente, perché l’Ananke pandemica, la crudele dea del destino inalterabile, avrebbe fatto il suo corso. Non eravamo d’accordo, allora… tuttavia non potevamo non restare colpiti  da cotanta lucidità classica.

 

Poi, accadde che d’improvvisò si ammalò, dissero che era in terapia intensiva, intubato… giravano voci sempre più tremende. Soprattutto, accade che gli misero addosso alcuni consiglieri epidemiologici dell’Imperial College  (con bei finanziamenti del Bill Gates), che fornirono modelli statistici apocalittici.

 

Il Boris si riprese e fece un 180°, lockdown più duro del mondo (forse solo qualche Stato australiano ha fatto peggio). La sua vita politica, e privata, tuttavia fiorì: sopravvive agli scandali che gli tira dietro il vendicativo stratega Dominique Cummings (l’architetto della Brexit, immortalato anche in un celebre film TV) che viene defenestrato, gli nasce un figlio con la nuova compagna, che diventa moglie. L’inversione a U pare non riguardare solo la pandemia, ma anche questioni su tutte le altre questioni care al politicamente corretto che un tempo detestava: ecco, al G7 di giugno, il voto di Boris per una ricostruzione postpandemica «più verde, giusta, gender neutral». Un mondo «post-COVID» che «dovrà essere più femminile».

 

Boris e la sua saggezza classica, insomma, sono stati normalizzati – neutralizzati. Cioè, per usare un termine antico, castrati

Boris e la sua saggezza classica, insomma, sono stati normalizzati – neutralizzati. Cioè, per usare un termine antico, castrati.

 

Ora, come riportato da Renovatio 21, il premier londinese offre la cena a Bill Gates, con il popolo britannico esasperato a tentare un moto ondulatorio sulla macchina del gigamiliardario tecno-pandemico.

 

Mica è la prima volta. Un anno fa aveva incontrato, in veste di presidente di turno del G7, sempre il Billo Gates,  per implementare l’«approccio globale» della Gates Foundation alla «sicurezza sanitaria». Con loro c’erano anche gli amministratori delegati di dieci delle più grandi aziende farmaceutiche, e Johnson parlò di una guida al piano sanitario globale sviluppato dalla Bill and Melinda Gates Foundation in collaborazione con il Wellcome Trust – un ente fondato dall’industriale farmaceutico massone Wellcome, la cui azienda poi fu fusa con Glaxo.

 

Quanta simpatia avevamo per il mattacchione Boris, pasticcione e carnale, determinato e divertito.

 

Siamo ad un livello terminale della politica anche nella sua forma di intrattenimento delle masse

Al punto che si poteva passare sopra tranquillamente al Pig gate, quella storia dei riti rivoltanti delle confraternite studentesche a base di teste di maiale, mimiche sessuali include. Lo scandalo travolse l’allora premier David Cameron, che faceva parte dell’oxfordiano Bullingdon Club «i cui iscritti erano tutti figli di papà danarosi, vestivano in frac alle riunioni, passavano il sabato sera a ubriacarsi nei pub della zona e una volta sbronzi spaccavano tutto». Una strana eco di questa storia è percepibile nel primo episodio («National Anthem») dell’inquietante e fortunata serie distopica Black Mirror, dove un aitante primo ministro viene ricattato pubblicamente: o avrà un rapporto sessuale con un maiale in diretta TV o una giovane della famiglia reale verrà uccisa. Molti dissero che questa strana profezia della serie britannica era uno spiffero che proveniva dalle storie del Bullingdon Club.

 

Boris era membro dello stesso Club, nonostante egli non sia mai stato del tutto considerato un vero membro purosangue dell’élite: suo nonno paterno si chiamava Osman Keman, figlio di Ali Kemal, ultimo ministro degli Interni dell’Impero ottomano, assassinato nel 1922 durante la guerra d’indipendenza turca. La famiglia, emigrata in Cornovaglia, cambiò nome in Johnson. Storia interessante anche questa.

 

Non importa. Importa che siamo ad un livello terminale della politica anche nella sua forma di intrattenimento delle masse (riguardo al quale, l’ex direttore di quotidiani Boris ha moltissimo da dire).

 

La politica si riduce ad un teatrino neanche più divertente (specie dopo che hanno neutralizzato intrattenitori maestri come Berlusconi e, più di recente, Donald Trump)

 

Marx lamentava dell’oppio dei popoli. Ora siamo al Colle Oppio dell’élite del G20

Diceva Carlo Marx: la Storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. Il pensatore comunista però non aveva intuito che la farsa sarebbe stata di ordine giovanile, goliardico. Viminal, Esquilàin, Gongolo, Iowa, Mammolo, Kentucky, Aventàin, Pisolo, New Hampshire…

 

Marx lamentava dell’oppio dei popoli. Ora siamo al Colle Oppio dell’élite del G20.

 

Cos’è andato storto?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

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Politica

Biden sostiene che i cannibali hanno divorato suo zio

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Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato durante la campagna elettorale che un suo zio scomparso nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale era stato mangiato dai cannibali.

 

Il sottotenente Ambrose Finnegan delle forze aeree dell’esercito americano fu dichiarato disperso nel maggio 1944, dopo che il suo bombardiere leggero si schiantò in mare.

 

«È stato abbattuto in una zona dove all’epoca c’erano molti cannibali», ha detto Biden ai giornalisti fuori dall’Air Force One a Scranton, in Pennsylvania. «Non hanno mai recuperato il suo corpo, ma il governo è tornato quando sono andato laggiù e hanno controllato e trovato alcune parti dell’aereo».

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Diverse ore dopo, in un incontro con i membri del sindacato United Steelworkers a Pittsburgh, Biden ha raccontato la stessa storia.

 

«È stato ucciso in Nuova Guinea e non hanno mai trovato il corpo perché c’erano molti cannibali, davvero, in quella parte della Nuova Guinea», ha detto l’81enne politico del Delaware.

 

Secondo l’agenzia del Pentagono per i prigionieri di guerra e i dispersi (POW-MIA), Finnegan non fu mai abbattuto. Né era in missione di ricognizione, come ha affermato Biden.

 

Il bombardiere leggero A-20 Havoc era decollato dall’isola di Los Negros quando i suoi motori si sono guastati a bassa quota, secondo il resoconto ufficiale dell’incidente. L’aereo precipitò in mare al largo della costa settentrionale della Nuova Guinea e due membri dell’equipaggio su tre non riuscirono mai a uscire dal relitto che affondava, che non fu mai ritrovato. L’unico sopravvissuto è stato salvato da una barca di passaggio.

 

Biden ha raccontato molte storie fittizie sulla sua vita nel corso di 50 anni di carriera in politica, la più famosa delle quali è stata l’arresto mentre cercava di visitare Nelson Mandela in una prigione sudafricana. Ha ripetuto una storia sfatata su un conducente dell’Amtrak più di una dozzina di volte.

 

L’affermazione cannibale sullo zio Ambrose, tuttavia, è servita da trampolino di lancio per attaccare il suo predecessore – e presunto sfidante – Donald Trump. Nel discorso elettorale a Pittsburgh, Biden ha raccontato una storia su come Trump si sarebbe rifiutato di onorare i soldati americani caduti sepolti in Francia, definendoli «perdenti».

 

La storia è apparsa per la prima volta sulla rivista The Atlantic – testata di sinistra di proprietà della vedova di Steve Jobs – nel settembre 2020, riferendosi a eventi avvenuti nel novembre 2018, in occasione del centenario dell’armistizio della Prima Guerra Mondiale. Trump ha negato l’accusa, definendola «un’altra notizia falsa inventata data da fallimenti disgustosi e gelosi in un vergognoso tentativo di influenzare le elezioni del 2020!»

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Nel giro di pochi giorni erano emersi documenti che sfatavano le affermazioni dell’Atlantic, ma ciò non ha impedito ai democratici di sollevarle ripetutamente come se fossero vere.

 

Come riportato da Renovatio 21, la carriera politica del Biden è stato un susseguirsi senza requie di menzogne.

 

 

Al mendacio va aggiunto anche il plagio, divenuto chiaro nel caso dei discorsi di Biden copiati da quelli del politico laburista britannico Neil Kinnock, del quale ripeteva pure i dettagli biografici sulla sua famiglia.

 

Varie volte egli dovette scusarsi perché beccato a mentire spudoratamente, talvolta peggiorando la sua situazione. Al ritiro dalla campagna presidenziale 1987, La Repubblica (sì, La Repubblica), aveva intitolato «Casa Bianca, si ritira Biden, il candidato copione».

 

Se ci si chiede come mai all’epoca le bugie continue del Biden venissero a galla, la risposta probabilmente sta nel fatto che la stampa, allora, era più libera, e faceva il suo lavoro.

 

Come sia stato possibile mandare un personaggio del genere alla Casa Bianca è un mistero spiegabile con la decadenza terminale dei nostri tempi. E realizziamo che la cosa non è stata priva di conseguenze tragiche per il mondo: mezzo milione di persone morte in Ucraina, più un genocidio in corso in Medio Oriente, che minaccia di divenire, anche lì una guerra atomica.

 

Se raggiunge il potere, la menzogna si trasforma rapidamente in morte e massacro.

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Politica

Scoppia un incendio in una fabbrica di munizioni nella città natale di Biden poco prima della sua visita

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Secondo quanto riferito dai media locali e testimoni oculari, la fabbrica dell’esercito americano a Scranton, in Pennsylvania, specializzata in munizioni per artiglieria, ha preso fuoco lunedì pomeriggio.   L’impianto di munizioni dell’esercito di Scranton ha iniziato a emettere fumo nero poco prima delle 15:00, ora locale. I servizi di emergenza locali sono stati chiamati per far fronte a quello che è stato descritto come un «incendio alla struttura».   La struttura del Joint Munitions Command (JMC) è di proprietà delle forze armate statunitensi ma è gestita dalla General Dynamics-Ordnance e da Tactical Systems. Produce proiettili di artiglieria da 155 mm e 105 mm, colpi di mortaio da 120 mm, proiettili navali da 203 mm, nonché una varietà di munizioni fumogene, illuminanti e incendiarie.   Gli Stati Uniti hanno cercato di aumentare la produzione di munizioni per artiglieria per rifornire l’Ucraina nel conflitto con la Russia.  
Scranton è una comunità di circa 75.000 residenti nel nord-est della Pennsylvania. È il luogo di nascita del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Ieri era prevista la sua visita in città, ma gli eventi non sembrano aver attirato molto pubblico.

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Il presidente ha visitato la casa dove è nato, accompagnato da bambini. Non sono mancate osservazioni sul fatto che tiene una ragazzina per mano.   Manifestanti anti-Biden sono apparsi anche qui per dare al presidente il loro «benvenuto».     Al contrario, ali di folla, come sempre, hanno saluto il presidente Trump, che si trovava ad Harlem per uno dei tanti processi-farsa intentati contro di lui negli ultimi mesi.   «Ancora quattro anni!» canta la folla di sostenitori del biondo uomo del Queens, primo ex presidente della storia americana a finire sotto processo   Pare che il nuovo nomignolo che la base trumpiana ha trovato per il presidente sia «Genocide Joe», espressione scandita ripetutamente agli ultimi comizi di Trump.

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Politica

Guerra civile USA in arrivo: sondaggio rivela che uno su cinque afferma che la violenza politica potrebbe essere necessaria

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Molti americani credono che il voto non sarà sufficiente per indirizzare il loro Paese nella giusta direzione. Infatti, un nuovo sondaggio ha rivelato che in vista delle elezioni presidenziali americane di quest’anno, un elettore su cinque ritiene che la violenza possa essere necessaria per raggiungere i propri obiettivi politici.

 

Il sondaggio PBS/NPR/Marist, pubblicato mercoledì, ha mostrato che il 20% degli adulti statunitensi – compreso il 28% dei repubblicani – ritiene che «gli americani potrebbero dover ricorrere alla violenza per rimettere in carreggiata il proprio Paese». Questa opinione è stata condivisa dal 12% dei democratici e dal 18% degli elettori indipendenti.

 

I risultati dell’indagine riflettono i crescenti dubbi nel sistema politico statunitense. Quasi tre americani su dieci, compreso il 61% dei repubblicani, non credono ancora che il presidente Joe Biden abbia vinto le elezioni del 2020. Un sondaggio di USA Today pubblicato all’inizio di quest’anno ha mostrato che più della metà dei sostenitori del presunto candidato repubblicano Donald Trump hanno poca fiducia che i voti di quest’anno verranno contati accuratamente.

 

Un sondaggio dell’Università della Virginia pubblicato lo scorso ottobre ha rilevato che il 31% dei sostenitori di Trump e il 24% degli elettori di Biden ritengono che «la democrazia non sia più un sistema praticabile e gli americani dovrebbero esplorare forme alternative di governo per garantire stabilità e progresso».

 

Più di quattro sostenitori di Trump su dieci concordano sul fatto che «la situazione in America è tale che favorirei gli stati che si separano dall’Unione per formare un proprio paese separato».

 

Il sondaggio PBS/NPR/Marist appena pubblicato ha rivelato che il 41% degli americani ritiene che il paese sia andato così fuori strada da aver bisogno di un leader che sia «disposto a infrangere alcune regole per rimettere le cose a posto». Questa opinione è stata condivisa dal 56% dei repubblicani, dal 28% dei democratici e dal 37% degli indipendenti.

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Il sondaggio mostra che, mentre Biden e Trump si avviano verso la loro volatile rivincita a novembre, il Paese si trova in «una posizione incredibilmente pericolosa», ha affermato la PBS. Barabra McQuade, professoressa di diritto dell’Università del Michigan, ha incolpato Trump per la polveriera politica, affermando che aveva alimentato il timore di manipolare gli elettori. «Indipendentemente dalla tua politica, l’idea di infrangere le regole e di impegnarsi nella violenza è semplicemente antitetica all’idea dell’America», ha detto.

 

Trump e i suoi sostenitori hanno sostenuto che l’amministrazione Biden ha abbandonato le norme democratiche «usando come arma» il sistema giudiziario per perseguitare i suoi nemici politici e interferire nelle elezioni del 2024.

 

L’ex presidente ha promesso di perdonare molte delle persone condannate per crimini derivanti dalla rivolta del Campidoglio degli Stati Uniti del gennaio 2021, definendoli «ostaggi J6».

 

Due anni fa, dopo il raid dell’FBI nella magione dell’ex presidente USA a Mar-a-Lago, su Twitter cominciò l’ascesa dell’hastag #civilwar.

 

In questi ultimi anni è emerso che per molti osservatori una seconda Guerra Civile Americana pare oramai inevitabile.

 

Ad accennarne è stato anche lo stesso Biden, non si sa con che grado di lucidità mentale. Anche Trump, tre mesi fa, fece un post sul social Truth scrivendo semplicemente le due parole «Civil War».

 

L’investitore ultramiliardario Ray Dalio, capo dell’immane hedge fund Bridgewater Associates, ha parlato l’anno passato di un «rischio pericolosamente alto» che gli Stati Uniti possano scivolare nella Guerra Civile entro i prossimi 10 anni a causa della «quantità eccezionale di polarizzazione» attualmente osservata nel Paese.

 

Un film che ipotizza una seconda Guerra Civile americana è nelle sale in questi giorni. Che si tratti di «predictive programming»?

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