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Cina

Vocabolario del totalitarismo digitale cinese

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La Cina è sempre più spesso considerata come il grande laboratorio dello Stato di sorveglianza digitale.

 

Come segnalato da Renovatio 21 in questi anni, il Dragone dispone di hardware e software per il controllo di una popolazione immensa: si tratta di prodotti che, come nel caso delle telecamere o delle infrastrutture 5G, Pechino esporta in tutto il mondo. Parimenti, quello che secondo alcuni la Cina preme per «vendere» all’estero è, più che sistemi informatici, il sistema politico soggiaciante.

 

La «via cinese» alla società del controllo ha dei termini specifici, raccontati in un articolo di un lustro fa della testata del Pontificio Istituto per le Missioni Estere AsiaNews.

 

Tianluo diwang (天罗地网; «rete che si dirama dal cielo alla terra»)

Vi è il  tianluo diwang (天罗地网; «rete che si dirama dal cielo alla terra»), che  Meng Jianzhu, membro del Politburo incaricato della sicurezza interna, definisce «una griglia multidimensionale, adatta a tutti i tempi e infallibile nel fangkong (防控; prevenzione e controllo)».

 

Il fangkong elettronico, che si serve di una mole incalcolabile di Big Data setacciati da algoritmi di Intelligenza Artificiale, è fondamentale per il wei-wen (维稳; «mantenimento della stabilità»).

 

Tale infinito network di controllo era già stato concepito prima della presidenza Xi. Tuttavia è stato proprio l’attuale presidente a «introdurre il concetto di “mega-sicurezza nazionale”, subito dopo aver creato la Commissione centrale per la sicurezza nazionale (CCSN), il massimo organo della sicurezza in Cina».

 

«Una griglia multidimensionale, adatta a tutti i tempi e infallibile nel fangkong (防控; prevenzione e controllo)»

Xi si è quindi dato la carica anche di presidente del CCSN, promettendo una «road map per la sicurezza nazionale con caratteristiche cinesi che saprà affrontare le sfide del XXI secolo».

 

«Noi – ha ribadito in dichiarazioni raccolte nel 2014 dall’agenzia di Stato Xinhua – metteremo la più grande attenzione alla sicurezza esterna e interna; alla sicurezza territoriale come a quella dei cittadini; a quella tradizionale e a quella non tradizionale».

 

È seguito quindi un grande aggiornamento del sistema di sorveglianza di individui e gruppi considerati «destabilizzanti» – una repressione che ha mostrato il suo volto in Xinjiang e a Hong Kong, dove i software di sicurezza hanno giocato un ruolo primario.

 

«Nel 2014, Xi ha fondato il Gruppo di guida centrale per gli affari del cyberspazio, incaricato di costruire la più vasta banca-dati al mondo per schedare “elementi destabilizzanti” dai criminali e terroristi ai dissidenti, al personale della Chiesa sotterranea, agli attivisti di organizzazioni non governative» scrive AsiaNews.

 

«Quadri specializzati del weiwen hanno la piena cooperazione delle piattaforme nazionali dei social media e dell’e-commerce, come pure delle compagnie di alta tecnologia e del cloud, per costruire un network di intelligence senza interruzioni e onni-avvolgente che farebbe l’orgoglio del Grande Fratello di George Orwell».

 

Il fangkong elettronico, che si serve di una mole incalcolabile di Big Data setacciati da algoritmi di Intelligenza Artificiale, è fondamentale per il wei-wen (维稳; «mantenimento della stabilità»)

A questo si aggiunge il concetto di anfang (安防; «protezione della sicurezza»), che consisterebbe nel lavoro della sicurezza nazionale e della polizia.

 

In questo ramo sarebbe stato compiuto un cambio di paradigma grazie all’«uso con successo dell’Intelligenza Artificiale (IA) per mantenere la stabilità politica».

 

Si tratterebbe di «un balzo in avanti grazie ai sistemi di sicurezza permessi dall’IA, che beneficiano di vasti dati, sistemi cloud, “apprendimento profondo”, software di identificazione e sorveglianza».

 

«IA più anfang hanno cambiato la difesa passive [contro il dissenso] in attiva e avanzata messa in guardia», ha scritto il giornale Anhiu Daily. «Questo ha reso possibile la gestione della pubblica sicurezza basata su alta visibilità, digitalizzazione e abilitazione dell’IA».

 

L’anfang si basa anche su software di riconoscimento facciale che operano su una rete di centinaia di milioni di telecamere in tutto il Paese, programmi interfacciati con le banche dati del Paese, forse pure quelle private (il riconoscimento facciale è usato in Cina per prelevare contante al bancomat o anche per sbloccare il telefonino).

 

Nell’anfang (安防; «protezione della sicurezza») sarebbe stato compiuto un cambio di paradigma grazie all’«uso con successo dell’Intelligenza Artificiale (IA) per mantenere la stabilità politica»

L’anfang basata su face recognition dimostra di avere una capacità capillare assoluta.

 

Ad esempio, «vi è il caso di un residente di Wuhan, chiamato Xiao, ricercato dalla polizia per presunta frode. (…) viaggiava in bicicletta lungo il famoso Lago dell’est della città, quando il computer della polizia nel centro di sorveglianza ha dato un segnale. La faccia di Xiao è apparsa su una delle telecamere di sorveglianza che permettono il riconoscimento facciale, installate lungo il bordo del Lago dell’est. I media locali riportano che la faccia di Xiao, come ripresa dalla telecamera di sicurezza corrispondeva al 97,44% alla foto di criminali conservata nella banca dati. In 24 ore Xiao è stato arrestato».

 

Si tratta della costruzione di quello che è possibile definire come uno «Stato onnisciente».

 

L’anfang basata su face recognition dimostra di avere una capacità capillare assoluta

La potenza cinese in questo settore è presto spiegata: «sul riconoscimento facciale e altri know-how simili, la Cina ha il mercato che si espande con maggiore velocità. Ciò va di pari passo con l’assenza di leggi e regolamenti che proteggano la privacy dei cittadini».

 

La pervasività totalitarismo elettronico dell’anfang non si ferma nemmeno dinanzi al DNA. Dal 2016 la polizia cinese ha iniziato la raccolta di campioni di DNA della popolazione uiguri con l’apparente proposito di costruire una banca nazionale della genetica degli autoctoni dello Xinjiang. Secondo quanto emerso su giornali occidentali, avrebbero tentato, anche con l’aiuto di conoscenza accademiche europee, di creare un software in grado di costruire il volto di una persona a partire dal suo DNA.

 

Lo Stato di sorveglianza elettronico è tuttavia basato su una immensa componente HUMINT, cioè di Intelligence umana, coltivata e preparata negli anni a partire dalla strategia della «guerra del popolo» concepita da Mao Zedong.

 

Il cosiddetto «credito sociale» è  un sistema che limita i diritti del cittadino a seconda delle sue infrazioni, come passare con il rosso, non pagare in tempo le tasse o il mutuo, esprimere frustrazione riguardo al governo sui social media

«La mobilitazione delle masse per la causa dell’anfang e del fangkong è stato usato con successo per la prima volta per prevenire problemi nelle Olimpiadi estive del 2008».

 

Nel 2008 a Pechino vennero reclutati 850 mila Zhi’an zhiyuan zhe (治安志愿者 cioè “volontari della legge e dell’ordine”).che raccoglievano informazioni nel caso avessero avvertito la presenza o i piani di personaggi sospetti. «Le stesse tattiche sono state usate dalle autorità di Shanghai e di Hangzhou per assicurare la sicurezza pubblica durante l’Expo 2010 di Shanghai e il summit del G20 lo scorso anno».

 

Un capitolo a parte spetterebbe all’introduzione del cosiddetto «credito sociale», un sistema che limita i diritti del cittadino a seconda delle sue infrazioni, come passare con il rosso, non pagare in tempo le tasse o il mutuo, esprimere frustrazione riguardo al governo sui social media. Di recente è emerso che non indossare la mascherina fa perdere al cittadino cinese almeno 10 punti. Il credito sociale, di fatto, nel 2020 si è fuso con il sistema di tracciamento per il COVID messo in atto nel Celeste Impero.

 

L’Europa e l’Italia, ricordiamo al lettore, non sono lontane da simili prospettive. Anzi.

 

L’Europa e l’Italia, ricordiamo al lettore, non sono lontane da simili prospettive. Anzi

L’Italia, secondo i critici del Decreto Cura Italia, stava aprendo alla possibilità di lasciare ai cinesi l’appalto per l’infrastruttura 5G, che è peraltro necessaria ad un sistema di sorveglianza totale. Il 5G cinesi è peraltro portato ora in altri Paesi grazie anche alla geopolitica vaccinale impostata da Pechino, che può scambiare con i Paesi sudamericani (per esempio) ben due sieri anti COVID, il SinoVac e il SinoPharm.

 

La Cina spera di aggiungere alla sua tianluo diwang, la rete elettronica dipanata tra terra e cielo, anche l’uso del danaro. Come riportato da Renovatio 21, potrebbe essere imminente  il lancio di una criptovaluta di Stato da parte di Pechino. Il denaro elettronico produrrebbe una ulteriore capacità non solo di sorveglianza, ma di azione diretta sulla vita della popolazione.

 

L’Europa, che spinge sempre più apertamente per l’introduzione di qui a breve dell’euro digitale, non è, come abbiamo ripetuto qui tante volte, molto diversa.

 

E tra il credito sociale e il green pass – che significa che il cittadino che non ha ricevuto l’inoculo mRNA non può accedere al suo sostentamente, né alla Biblioteca comunale – non vediamo queste grandi differenze.

 

Ognuno sa che il sistema del green pass, per la teoria del pendìo scivoloso, finirà per inglobare tutto: le nostre tasse, le multe, i precedenti, il modo e i contenuti delle nostre espressioni.

 

La Cina è vicina. La Cina è già qua. La Cina siamo noi.

 

 

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La Cina accusa: la NATO trae profitto dal conflitto in Ucraina

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I Paesi della NATO stanno traendo profitto dal conflitto in Ucraina, ha dichiarato giovedì ai giornalisti il ​​portavoce del ministero della Difesa cinese Zhang Xiaogang.

 

A Zhang è stato chiesto di commentare la dichiarazione adottata all’inizio di questo mese in un summit della NATO a Washington, che ha etichettato Pechino come «un decisivo facilitatore della guerra della Russia contro l’Ucraina», liquidando il documento come «pieno di bugie e pregiudizi».

 

«Gli alleati della NATO guidati dagli USA continuano ad alimentare il fuoco e a trarre profitto dalla guerra. La NATO deve riflettere su se stessa, invece di scaricare la colpa sulla Cina», ha detto il Zhang, che ha continuato accusando il blocco atlantico di istigare conflitti in tutto il mondo.

 

«Dall’Ucraina all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, ha portato guerra e disastri in queste regioni e nei loro popoli», ha affermato il Zhango, ribadendo che Pechino «promuove attivamente i colloqui di pace» tra Mosca e Kiev.

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Pechino ha ripetutamente respinto le accuse secondo cui sta aiutando Mosca a eludere le sanzioni e sta aiutando l’industria della difesa russa. Nel febbraio 2023, la Cina ha proposto una tabella di marcia in 12 punti per la pace e da allora ha compiuto sforzi per mediare il conflitto durante i successivi incontri con funzionari russi e ucraini.

 

La Russia ha citato la continua espansione della NATO verso est e la sua cooperazione militare con Kiev come una delle cause profonde del conflitto. Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato che l’Ucraina deve diventare un paese neutrale e abbandonare il suo piano di entrare nella NATO affinché qualsiasi potenziale negoziato di pace abbia successo.

 

Il Cremlino ha anche affermato che «inondare» l’Ucraina di armi occidentali porterà solo a un’ulteriore escalation, ma alla fine non fermerà l’esercito russo.

 

Già poche settimane fa il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian aveva ribadito che NATO è una minaccia per la pace e la stabilità globali a causa della sua «radicata mentalità da Guerra Fredda e dei suoi pregiudizi ideologici», affermando che la NATO è un «prodotto della Guerra Fredda e la più grande alleanza militare del mondo».

 

Nonostante sostenga di essere un’organizzazione regionale e difensiva, il blocco ha continuato a «espandere il suo potere oltre i confini, sfondare le zone di difesa e provocare scontri», aveva quindi aggiunto il Lin in un incontro con la stampa.

 

Come riportato da Renovatio 21, la NATO per bocca del suo segretario Jens Stoltenberg aveva dichiarato la Cina come il futuro nemico principale dell’Alleanza Atlantica in quanto minaccia alla sua sicurezza e ai suoi valori, qualsiasi cosa queste parole significhino.

 

La Cina ha ricambiato attaccando apertis verbis la NATO come fonte delle tensioni in Kosovo e mostrando insofferenza per l’inclusione di Giappone e Corea del Sud nella Difesa Cibernetica NATO.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Cina di recente ha attaccato anche il G7, trasformato, secondo il portavoce degli Esteri cinesi Lin, in uno strumento dell’egemonia globale USA.

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Pechino dà più autonomia fiscale agli enti locali in piena crisi finanziaria

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Tra le decisioni adottate del terzo Plenum del Partito tenutosi nei giorni scorsi, il via libera a una «maggiore capacità fiscale autonoma» per far fronte al pesante squilibrio tra entrate e uscite. Su prefetture e contee gravano debiti ingenti che l’esplosione della bolla immobiliare in Cina ha reso ancora più insostenibili. Intanto la Banca centrale ha ritoccato nuovamente al ribasso i tassi per stimolare la crescita al di sotto delle attese.   Di fronte all’ammontare del debito delle amministrazioni locali in Cina – che secondi i dati ufficiali (da molti analisti indipendenti ritenuti addirittura sottostimati) ammonta a ben 5.600 miliardi dollari – il Partito Comunista Cinese intende dare più poteri ai governi locali nell’imposizione e nella gestione delle entrate fiscali.   È la decisone più significativa che compare tra le risoluzioni adottate dall’atteso terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese, tenutosi la scorsa settimana e ce aveva al centro proprio il rallentamento della crescita economica cinese che continua anche ormai finita la fase della pandemia.   Nelle oltre quaranta pagine del comunicato pubblicato domenica 21 luglio dall’agenzia statale Xinhua – nel quadro di una «chiara divisione delle responsabilità», si dice verrà concessa ai governi locali una maggiore «capacità fiscale autonoma», consentendo loro di aumentare le fonti fiscali e di espandere «in modo appropriato» la loro autorità di gestione in materia di tasse.

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La crisi finanziaria degli enti locali è uno dei problemi principali che gravano oggi sull’economia cinese. Da questi enti dipendono i servizi pubblici ai cittadini, come l’istruzione e la sanità, e dunque le loro difficoltà finanziarie possono portare a tagli che indirettamente riducono la capacità di spesa delle famiglie, rallentando così anche i consumi interni.   Da quando Pechino ha avviato le riforme del mercato, oltre quarant’anni fa, la tassazione e le riforme dei rapporti tra centro e territori sono state costantemente uno degli elementi più spinosi.   La riforma della ripartizione fiscale del 1994, lanciata dall’allora premier Zhu Rongji, ha alleviato il deficit di entrate del governo centrale, ma è stata accusata di aver causato l’aumento degli oneri per i governi locali. Di conseguenza, le amministrazioni locali si sono rivolte alla vendita all’asta dei diritti di utilizzo dei terreni per ottenere maggiori entrate. Ma l’esplosione della bolla immobiliare in questi ultimi anni gli si è ritorta contro.   Secondo i dati ufficiali del ministero delle Finanze, l’anno scorso le entrate fiscali dei governi locali hanno rappresentato il 54% del totale nazionale, a fronte di una spesa che è pari all’86% del totale. Uno squilibrio dovuto al rallentamento economico post-pandemia che ha aumentato le preoccupazioni per i rischi di stabilità finanziaria delle oltre 300 prefetture e delle circa 3.000 contee della Cina, alcune delle quali si trovano impantanate in un debito gravoso.   In questo quadro il Plenum del Partito ha deciso di istituire un «meccanismo a lungo termine» per disinnescare il rischio di debito nascosto e un’espansione «ragionevole» del denaro raccolto attraverso obbligazioni speciali emesse dai governi locali. Tra le misure in cantiere figurano anche l’aumento dei trasferimenti generali dal governo centrale alle autorità locali, il passaggio della riscossione dell’imposta sui consumi ai governi locali e il miglioramento della ripartizione delle entrate fiscali condivise, come l’imposta sul valore aggiunto.   Nel frattempo oggi la banca centrale cinese ha nuovamente ritoccato oggi due tassi di interesse di riferimento che erano già ai minimi storici per il Paese, nel tentativo di rilanciare la crescita economica che resta al di sotto del 5% indicato come obiettivo.   Il tasso prime sui prestiti a un anno, che costituisce il parametro di riferimento per i tassi più vantaggiosi che le banche possono offrire a imprese e famiglie, è stato ridotto dal 3,45% al 3,35%, dopo essere stato abbassato l’ultima volta in agosto.   Il tasso a cinque anni, il parametro di riferimento per i prestiti ipotecari, è stato ridotto dal 3,95% al 3,85%, dopo la riduzione di febbraio.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di edward stojakovic via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0  
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Cina

Test di gravidanza obbligatori nelle aziende cinesi

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Più di una dozzina di aziende in Cina sono state citate in giudizio per aver presumibilmente obbligato le candidate a sottoporsi a test di gravidanza, un’azione illegale secondo la legge cinese, ha riferito lunedì il Procuratorate Daily, un organo di informazione ufficiale del Paese.

 

Secondo il rapporto, la procura distrettuale di Tongzhou a Nantong, nella provincia orientale di Jiangsu, ha avviato un’indagine sulla questione a gennaio, dopo aver ricevuto la segnalazione da un gruppo locale di volontari dell’assistenza pubblica.

 

Dopo aver esaminato i registri di due importanti ospedali pubblici e di un centro di esami medici, gli investigatori hanno scoperto che 168 donne in cerca di lavoro presso 16 diverse aziende avevano effettuato test di gravidanza come parte dei loro controlli sanitari pre-assunzione. Hanno anche affermato che i registri di reclutamento e assicurazione del personale delle aziende indicavano che alle donne era stato chiesto di effettuare questi test, sebbene nella maggior parte dei casi le richieste non facessero parte dei requisiti ufficialmente documentati, ma fossero fornite verbalmente durante i colloqui di lavoro.

 

Il motivo addotto dai potenziali datori di lavoro per questa pratica e la loro riluttanza ad assumere donne incinte era l’indennità di maternità eccessivamente elevata che avrebbero dovuto versare dopo che la nuova dipendente avesse iniziato il congedo di maternità.

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L’indagine ha rivelato che almeno una donna che è stata trovata incinta al momento del controllo sanitario non è stata assunta. In seguito all’indagine, i procuratori hanno intentato una causa ufficiale contro le aziende, affermando che la pratica «aveva violato i diritti delle donne alle pari opportunità di lavoro».

 

Il rapporto non ha nominato nessuna delle aziende citate in giudizio, né ha detto se qualcuna di loro abbia affrontato misure punitive per le proprie azioni. Secondo la legge cinese, le aziende che violano le normative sulla parità di genere possono essere multate fino a 50.000 yuan (6.330 euro circa).

 

Il rapporto ha tuttavia rilevato che a quattro delle 16 aziende indagate era stato ordinato ufficialmente di rettificare le violazioni, mentre alle tre istituzioni mediche collegate al caso era stato «raccomandato» di rifiutarsi di includere test di gravidanza negli esami sanitari pre-assunzione quando richiesto dai potenziali datori di lavoro.

 

La donna che non era stata assunta dopo essere risultata positiva alla gravidanza ha poi ottenuto il lavoro e le è stato offerto un compenso.

 

La legge cinese proibisce ai datori di lavoro di includere test di gravidanza nei controlli fisici pre-assunzione, insieme ad altre forme di discriminazione di genere, come chiedere alle candidate donne informazioni sul loro stato civile o sui piani di avere figli.

 

Tuttavia, secondo una ricerca condotta lo scorso anno dall’Inspection Squad for Workplace Gender Discrimination watchdog, i candidati uomini hanno ancora un vantaggio sulle donne in alcuni ambiti, compresi i lavori governativi.

 

La ricerca ha scoperto che su quasi 40.000 lavori nel servizio civile nazionale, 10.981 erano contrassegnati come riservati agli uomini rispetto ai 7.550 riservati alle donne.

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