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FSSPX e vaccini: non schierandosi ci hanno detto (finalmente!) da che parte sta il vertice

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Recentemente — precisamente l’11 dicembre scorso — don Davide Pagliarani, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, è intervenuto all’Angelus Press Conference for Catholic Tradition, tenutosi a Kansas City, nello Stato del Missouri.

 

Il titolo dell’intervento del superiore della FFSPX, dedicato al tema della vaccinazione COVID-19,era «La Missione della Fraternità San Pio X».

 

Il primo estratto di questo intervento fatto notare in Italia dal sito di Gloria.tv., riportava però solo quattro minuti del discorso di don Pagliarani. 

 

La versione integrale dell’intervento, invece, è stata pubblicata dal canale YouTube in  inglese della San Pio X lo scorso 5 gennaio. 

 

 

 

Possiamo dunque dire, a rigor di logica, che non vi siano più dubbi: attraverso questo intervento, il Superiore della FSSPX pare esprimersi ufficialmente a nome di tutta la Fraternità stessa, e non più attraverso singoli sacerdoti o distretti quali, pur avendo già parlato di questo tema ricoprendo cariche importanti, potevano lasciare il velato dubbio che non rappresentassero il pensiero ufficiale e generale della Fraternità. 

 

Renovatio 21, avendo risposto a quasi tutti i passati pronunciamenti dei singoli sacerdoti e distretti della San Pio X, ad onor del vero anche con voci discordanti provenienti da sacerdoti della Fraternità stessa, sulla scorta di tutto quello che è già stato detto, chiarito e criticato nel commento ai singoli passaggi degli anzidetti pronunciamenti, non può fare a meno di soffermarsi un’ultima volta su quello che, finalmente, potremmo definire il pronunciamento finale. 

 

In realtà, basterebbe andarsi a leggere i commenti che i fedeli anglofoni (e non solo) hanno lasciato sotto al video di don Davide pubblicato, appunto, dal distretto inglese: in essi si respira tutto lo sgomento e lo scandalo arrecato ai fedeli, increduli dinanzi ad un discorso che pci appare privo di ogni dimensione verticale, privo di ogni considerazione morale la quale, per un cattolico — e a maggior ragione per un sacerdote che dovrebbe tutelare della salute delle anime —, dovrebbe valere come argomentazione primaria per orientare le proprie azioni verso un cammino di perfezione che porti a quella santità che ci viene chiesta da Dio stesso: «Sancti estote, quia ego sanctus sum Dominus Deus vester» (Lv. 19, 2).

 

«Padre Pagliarani — recita una dei tantissimi commenti al video — è una questione morale! Non solo una questione medico/politica!! La FSSPX dovrebbe dare risposte morali/etiche alla fede cattolica e opporsi a ciò che va contro la legge di Dio»

«Padre Pagliarani — recita una dei tantissimi commenti al video — è una questione morale! Non solo una questione medico/politica!! La FSSPX dovrebbe dare risposte morali/etiche alla fede cattolica e opporsi a ciò che va contro la legge di Dio».

 

La commentatrice si riferisce, ovviamente, alla questione morale legata alla produzione dei vaccini COVID-19 testati e sperimentati ricorrendo all’utilizzo di linee cellulari di feti abortiti, precisamente a HEK-293 (Human Embryonic Kidney, linea embrionale risalente al 1973 e dove «293» sta a «293» esperimento utile al raggiungimento della linea cellulare funzionale e completa, raggiungimento per il quale, è fuori da ogni dubbio, sono sicuramente stati utilizzate moltitudini di feti abortiti e squartati volontariamente).

 

La cosa che stupisce particolarmente, è che questo argomento morale, avente a che fare con il crimine dell’aborto, non viene giammai trattato dal Superiore italiano durante il suo discorso, ma esce solo quando, al termine di esso, nella parte dedicata alle domande, viene lui posto il quesito specifico. Quesito al quale — chiunque potrà poi udire con le proprie orecchie — non viene data una vera e propria risposta, se non un sommario invito alla prudenza nel giudizio, facendo di fatto riferimento ai singoli casi — ma da quando la morale cattolica può essere riferita esclusivamente al singolo caso senza avere una traccia che indichi la liceità o meno di una determinata azione o, in questo specifico caso, cooperazione? 

 

Don Pagliarani poi, a proposito della questione legata ai vaccini testati attraverso l’utilizzo di linee cellulari di feti abortiti che viene spolverata giusto nel finale, offre alcuni esempi che ci lasciano ancor più spiazzanti.

 

Uno di essi si riferisce alla possibilità di ricevere un trapianto di cornea proveniente da un uomo che è stato ucciso. È lecito o non è lecito? Don Pagliarani risponde che sì, è lecito.

 

A nostro avviso, invece, no: non è lecito, poiché ciò che è stato contaminato dall’omicidio non può lasciarci tranquilli moralmente ed eticamente, nemmeno se ciò non rappresentasse una cooperazione diretta con quella cattiva azione — oltre al fatto che trapiantare qualcosa facente parte del corpo di qualcun altro potrebbe non essere essere cosa gradita a Dio, che ordina tutto per un preciso motivo.

 

Il secondo esempio si riferisce ad uno Stato che, con i soldi altresì provenienti dalle tasse di un cattolico, costruisce successivamente una moschea. In questo caso, addirittura, il riferimento è ad una azione che: 1. non abbiamo la certezza che avvenga nello specifico con i nostri soldi; 2. è comunque un’azione che viene dopo, successiva, e per la quale non può esistere alcun grado di responsabilità poiché la precisa azione cattiva dello Stato non era dato conoscerla.

 

Il terzo esempio si riferisce alla possibilità o meno di mangiare carne di un animale che è stato offerto in sacrificio agli dèi pagani. Anche in questo caso, il reverendo risponde che sì, è lecito mangiarla. A nostro parere invece, oltre al fatto che risulta essere una possibilità e quindi un esempio quantomeno anacronistico se riferito ai giorni nostri, anche in questo caso, diciamo fermamente che no: se la cosa è risaputa, non è lecito mangiare di quella carne, che potrà peraltro essere facilmente sostituita da altra carne non sacrificata agli dèi o da altri alimenti non contaminati da un’azione cattiva. 

 

Tutto questo senza dimenticare che fino a quando qualcosa non è imposto con la forza, privandoci dunque della nostra libertà e della nostra responsabilità, nulla è obbligatorio e per tutto vi è una scelta, anche se essa, a maggior gloria di Dio, dovesse costarci la vita — e la vita dell’umile contadino austriaco Franz Jägerstätter, primo obiettore della storia militare, potrebbe fungere da esempio per tutti noi e per tanti sacerdoti del tempo presente. 

 

Non partire dal presupposto morale che alimenta e nutre la barbarie di questo vero e proprio cannibalismo biologico, o trattarlo con sufficienza, basterebbe già come elemento necessario per capire che qualsiasi discorso risulta inutile

Non partire dal presupposto morale che alimenta e nutre la barbarie di questo vero e proprio cannibalismo biologico, o trattarlo con sufficienza, basterebbe già come elemento necessario per capire che qualsiasi discorso risulta inutile, specie se la suddetta superficialità proviene dagli ambiti teoricamente più fedeli alla tradizione e, quindi — sempre teoricamente — alla morale cattolica. 

 

«Mons. Lefebvre si è espresso contro i mali minori ma lei non sta predicando contro i mali più gravi!» scrive ancora una fedele nella parte dedicata ai commenti del video della conferenza di don Pagliarani.

 

Tornando proprio alla conferenza del Superiore Generale della Fraternità San Pio X, e tralasciando la parte dedicata alle domande nella quale come già detto è stata solo sfiorato il tema morale della questione, si può facilmente intuire come di fatto il Superiore FSSPX incentri il discorso tutto sulla volontà di non prendere una precisa posizione su questo dibattito legato ai vaccini e a ciò che fa da contorno ad essi.

 

Tutti più o meno — a favore o contrari al vaccino — vengono messi sullo stesso piano motivando che tutte e due le controparti alla fine lottano per due obiettivi finali diversi, ma attraverso gli stessi presupposti e modalità che portano ai differenti scopi: la libertà individuale, i diritti umani in senso moderno  e l’autodeterminazione. 

 

Ciò che anche qui rimane inspiegabile, è come la FSSPX non riesca a capire che chi sta lottando contro questo sistema è invece totalmente disposto a rinunciare ad ogni tipo di libertà sociale e personale come intesa oggi, a costo di mantenere la propria dignità.

 

Padri e madri di famiglia, nonni e nonne, universitari, docenti, sanitari, lavoratori, gente comune e sicuramente di eterogenea estrazione (ma d’altronde, come si potrebbe mai pretendere o stupirsi che una cosa di portata mondiale non coinvolga l’eterogeneità dei diversi soggetti coinvolti? Come non rammentare di quando la Fraternità Sacerdotale San Pio X marciava contro l’aborto alla Marcia per la Vita di Roma insieme a mussulmani, buddisti, ebrei e cattolici delle più varie estrazioni moderniste?) che si sta opponendo all’imposizione di un marchio — quello del vaccino ma ancor più quello del green pass — privandosi di ogni finta «libertà» sociale individuale per difendere la vera Libertà, ovvero quella che appartiene ai figli di Dio e che viene dalla Verità. 

 

Ciò che anche qui rimane inspiegabile, è come la FSSPX non riesca a capire che chi sta lottando contro questo sistema è invece totalmente disposto a rinunciare ad ogni tipo di libertà sociale e personale come intesa oggi, a costo di mantenere la propria dignità

E come si può supporre che la Verità non sia dalla parte di coloro che si sporcano le mani resistendo a ciò che ci è inflitto nell’ora presente?

 

Ebbene, ai sacerdoti della Fraternità e a tutti coloro i quali pensano che la propria missione sia quella di non schierarsi né da una parte né dall’altra, basterebbe guardare ad un fatto teologico tanto evidente quanto semplice da capire: da circa un anno e mezzo siamo davanti ad uno dei più grandi peccati di idolatria che la storia recente abbia mai conosciuto.

 

Dio, il concetto di Salvezza e di salute sia in senso corporale che in senso spirituale, sono stati cancellati ovunque per lasciare spazio alla «nuova religione sanitaria» a cui tutti devono essere sottomessi per adorare il novello «salvatore»: il dio Vaccino che, non a caso, fu presentato in Italia proprio, osannato e paragonato anche in tante chiese al Bambino Gesù che viene a salvare il mondo. 

 

Dio, il concetto di Salvezza e di salute sia in senso corporale che in senso spirituale, sono stati cancellati ovunque per lasciare spazio alla «nuova religione sanitaria» a cui tutti devono essere sottomessi per adorare il novello «salvatore»: il dio Vaccino che, non a caso, fu presentato in Italia proprio, osannato e paragonato anche in tante chiese al Bambino Gesù che viene a salvare il mondo

Bene fa don Davide Pagliarani, durante il suo discorso in Missouri, a dire che da due anni non si parla di altro se non di COVID-19 e di vaccini, ma proprio a motivo di questo risulta inspiegabile come non riesca a vedere in questo il peccato di idolatria che getta grave scandalo sulle genti, sempre più dimentiche delle cose di Dio.

 

Chi poi, schierandosi contro tutto questo, ne parla e continua a parlarne, bisogna tenere presente che è costretto a trattarne a motivo di ciò che la sua resistenza gli costa a livello sociale, umano, professionale, economico e financo familiare. 

 

Deve difendersi da tutto questo, e quindi deve per forza parlarne organizzando la sua resistenza, anche a favore della collettività da una parte oppressa e da una parte totalmente obnubilata. Costui non può però essere paragonato a chi, in nome di — quelle sì — false libertà, con già tre dosi di vaccino in corpo e tutti i marchi verdi di questo mondo, continua a schiumare dalla bocca rabbia, odio, paure, follia. 

 

Il peccato di idolatria è fra i peccati più gravi insieme a quello dello scandalo che si arreca ai piccoli laddove un prodotto ed un’azione collegata al tremendo crimine dell’aborto diventa, appunto, di coinvolgimento pubblico mondiale. 

 

Ma a nessuno a quanto pare sembrerebbe importare nulla. 

 

Così come quasi nessuno, all’interno della Fraternità San Pio X — fatta eccezione di non pochi sacerdoti che si rendono conto, capiscono, ci danno ragione ma dovrebbero oramai schierarsi al di là di ciò che dicono le loro gerarchie — sembra aver capito che non è il vaccino che è nato per far fronte al COVID, quanto piuttosto il COVID che è nato per idolatrare mondialmente il vaccino — il «dio Vaccino».

 

Non prendere posizione in questo preciso momento storico equivale, invece, a prenderla

In conclusione: non prendere posizione in questo preciso momento storico equivale, invece, a prenderla.

 

Cercare di stare sopra le righe, facendo quelli superiori che stanno fra i «terzi» senza sporcarsi le mani come fanno i puristi, è ciò che di più sbagliato si possa compiere oggi, mentre i piccoli resistono soffrendo e pagando le sofferenze di un sistema ingiusto ed evidentemente contrario ad ogni Legge di Dio. 

 

«Scrivo con le mani legate, ma preferisco questa condizione al sapere incatenata la mia volontà. Non sono il carcere, le catene e nemmeno una condanna che possono far perdere la fede a qualcuno o privarlo della libertà. Perché Dio avrebbe dato a ciascuno di noi la ragione ed il libero arbitrio se bastava soltanto ubbidire ciecamente? O, ancora, se ciò che dicono alcuni è vero, e cioè che non tocca a Pietro e Paolo affermare se la guerra è giusta o ingiusta, che importa saper distinguere tra il bene ed il male?».

 

Queste parole sono state scritte da Franz Jägerstätter nel 1943, durante la sua prigionia che poi si trasformò in martirio. 

 

Nei suoi Esercizi spirituali, Sant’Ignazio di Loyola offre una delle meditazioni più importanti: quella detta dei «Due stendardi», che riassume la lotta nella storia fra Cristo e Satana, fra il Bene ed il Male, richiamando l’uomo all’ineludibile combattimento spirituale ed alla scelta fra lo stendardo di Cristo, «sommo capitano e Signore Nostro», e quello di Lucifero, «mortale nemico della natura umana», uno contro l’altro in un enorme campo di battaglia. 

 

Oggi più che mai è necessario schierarsi, capire da quale parte stare senza fingere di non sapere da quale parte debbono stare i figli di Dio, e da quale parte rischiano di incanalarsi tutti coloro i quali, idolatrando tutto ciò che vuole sostituirsi a Dio, finiscono per rendersi schiavi delle élite globaliste, dei voleri della massoneria e di tutti i poteri anticristiani aventi come unico e finale obiettivo la distruzione dell’essere umano in ogni sua forma — sociale, umana, etica, biologica e, soprattutto, spirituale in qualità di essere creato ad immagine e somiglianza di Dio stesso. 

 

Franz Jägerstätter decise da quale parte stare dall’inizio alla fine della sua obiezione di coscienza, pagata con il sacrificio della vita in odio alla sua Fede. Decise di non cooperare in alcun modo — né diretto né remotamente indiretto — con il Terzo Reich, che l’umile terziario francescano austriaco riteneva un male assoluto in quanto ingiusto, anticristiano e pagano. 

 

Tutti — a parte la sua amata moglie e il suo parroco, ma solo alla fine — sacerdoti e vescovi compresi, gli dissero che sarebbe bastata una sua adesione esterna ad arruolarsi anche senza combattere, solamente indossando la divisa e senza andare al fronte, continuando a rifiutare e a condannare comunque l’origine, la natura e la missione della Germania nazionalsocialista. 

 

«D’altronde è soltanto un “sì” esterno, caro Franz, che potrebbe salvare la tua vita risparmiando sofferenze e indigenze alla tua famiglia. Non è una cooperazione diretta a questo male» gli dicevano. 

 

Il contadino austriaco, conscio della salita alla santità alla quale tutti, nessuno escluso, siamo chiamati, mirò a quella perfezione che piace e che vuole Dio da noi. 

 

«Poiché nessuno può garantirmi che nell’esercito non metterei in pericolo la mia anima, non posso cambiare la mia decisione, che Lei già conosce…», scrisse al suo parroco uno degli ultimi giorni della sua vita terrena. 

 

A noi la scelta: se vivere come farisei che ogni volta si chiedono cosa sia lecito o meno fare quando si ha a che fare con qualcosa che si è servito di un Male per giungere all’obiettivo finale o se, come Franz, seguendo la retta coscienza volta a Dio, decidere di rimanere fermi e intransigenti quando non esserlo vorrebbe dire ledere Verità, Giustizia e Carità. 

 

 

Cristiano Lugli 

 

 

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«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?

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All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.

 

Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.

 

«Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».

 

 

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Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».

 

Silenzio sacro

 

Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti.
Le montagne tacciono.
I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano.
Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.

 

Apollo Dio del sole e dell’idea della luce
manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola
per l’ospitale città di…
E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e
incorona i vincitori
della Razza Sacra

 

Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.

 

La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.

 

È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.

 

È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…

 

Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».

 

Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».

 

«I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».

 

LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».

 

Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.

 

Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.

 

La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.

 

Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».

 

«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.

 

«Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».

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Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.

 

E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?

 

Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.

 

Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.

 

Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.

 

Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.

 

Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.

 

Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.

 

Roberto Dal Bosco

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Foreign Fighter USA dal fronte ucraino trovato armato in Piazza San Pietro. Perché?

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È davvero forte il titolo che ha dato ieri l’edizione romana de la Repubblica, il giornale che ha dato la notizia: «Super ricercato Usa arrestato armato durante l’udienza del Papa: “Vengo dal fronte di guerra ucraino”».   «Cosa ci faceva un americano armato come un macellaio a Roma?» si chiede il quotidiano degli Agnelli. «Cosa ci faceva uno dei più pericolosi e ricercati criminali dello Stato di New York, nella top twelve dei “most wanted“, armato sino ai denti a Piazza San Pietro e arrivato direttamente dall’Ucraina? Moises Tejada, cinquantaquattrenne statunitense, negli USA è “classificato come estremamente violento”, così è scritto sul sito del New York State Department of Corrections and Community Supervision’s Office of Special investigations».   Viene specificato che nelle avvertenze è posto un monito preciso: «se lo vedete chiamate subito le forze dell’ordine, non cercate di fermare questi soggetti da soli poiché sono particolarmente pericolosi».

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Il fatto, leggiamo, risale a quasi dieci giorni fa. «I nostri poliziotti, ispettorato Vaticano, l’hanno notato (…) nell’Urbe. Non un giorno qualsiasi, poiché piazza San Pietro era affollatissima per l’udienza generale del Papa».   Poi parte la descrizioni delle doti extrasensoriali delle italiche forze dell’ordine: «Gli agenti senza sapere chi fosse, grazie anche al loro intuito, non gli hanno mai levato gli occhi di dosso, nemmeno per un secondo, fino a decidere di fermarlo e, infine, perquisirlo» continua il quotidiano fondato dal «laico» Scalfari, che pure anche lui qualche visita in Vaticano, nei primi giorni del papa preferito dai massoni, se l’era fatti per intervistare proprio l’inquilino di Santa Marta.   Ma torniamo in Piazza San Pietro, con i poliziotti premonitori. Lo hanno fermato, e «l’istinto aveva dato loro ragione. La scoperta delle armi che hanno trovato addosso all’americano gli ha lasciati interdetti: perché andare in giro con tre coltelli, uno con la doppia lama, da venti centimetri ciascuno? Per farne cosa?»   Già, una bella domanda. A cui epperò mica nessuno vuole dare risposta, neanche ci prova. Qualche giornale di destra, a denti stretti, ha provato a parlare di «segnale», ma buttandola là.   Quindi: un criminale americano super-ricercato, violentissimo, che dal fronte ucraino finisce, armato di coltelli, in Vaticano. Non abbiamo idea del perché. Interessante. Assai.   Apprendiamo che l’uomo, tale Moises Tejada «è planato sull’Urbe una decina di giorni fa, così hanno potuto verificare gli investigatori attraverso l’analisi del passaporto, dalla Moldavia dove era da poco arrivato da Kiev».   «In commissariato, in manette, con l’accusa di porto abusivo d’armi e resistenza, gli agenti hanno scoperto che negli USA, precisamente nello stato di New York, è considerato un “most wanted“». Pare che il personaggio si sarebbe reso responsabile di sequestri di agenti immobiliari che rapinava e riempiva di botte. Chiedeva appuntamenti per vedere case di lusso, poi aggrediva violentemente gli immobiliaristi per poi lasciarli seminudi nelle abitazioni.   Strano modus operandi, che forse parla di una tipologia specifica di personalità.   «Insomma, più che un criminale tutto tondo, una persona fuori controllo degna però di essere inserita tra i maggiori ricercati dello Stato» continua Repubblica. «A questo punto investigatori e inquirenti si sono domandati: come mai uno degli uomini più ricercati a New York è riuscito a lasciare il Paese in aereo e dirigersi a Kiev?»   È bello che il giornale degli Elkann guidato da Maurizio Molinari trovi, per una volta, di farsi una domanda vera. Specie considerando i rapporti non idilliaci di ambedue – gli Elkann e Molinari – con la Russia. Perché la Russia c’entra anche qui.   «A febbraio del 2022 ha abbandonato gli USA e si è diretto in Ucraina (come emerge dal suo passaporto) dove ha spiegato ai magistrati di aver combattuto, gli ha perfino mostrato delle foto in mimetica, armato di pistole e fucili». Il nostro è un Foreign Fighter, quindi, e non fa nulla per nasconderlo – c’è da capirlo, del resto, perché abbiamo visto, a dispetto di una legge specifica, l’Italia fischiettare sui Foreign Fighter pro-Kiev, mentre ci ricordiamo di subitanei arresti in aeroporto per quelli sospettati di aver combattuto per conto dei russi.

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Ma torniamo alle domande che Repubblica pone, e cerchiamo di accennare noi una mezza risposta, fatta della solita nuvola di puntini che sarà compito del lettore unire da sé.   In primis, ricordiamo che, per quanto riguarda la facilità con cui si possono spostare dagli USA all’Ucraina certi criminali. Ci viene in mente la vicenda del veterano americano incriminato dal Dipartimento di Giustizia USA per l’omicidio di una coppia in Florida, molto misteriosamente comparso a «lavorare» al fronte in Ucraina come «volontario», nonostante su di lui penda una richiesta di estradizione da parte di Washington. Il personaggio, che in America avrebbe minato la casa della moglie incinta, cercato di ucciderla, e poi ammazzato una coppia di «donatori» che volevano dare danaro alla sua causa, avrebbe aderito nel 2015 ad una milizia di estrema destra e, secondo documenti trapelati dalla divisione penale del Dipartimento di giustizia dell’Ufficio per gli affari internazionali il veterano americano in Ucraina avrebbe «presumibilmente preso come prigionieri non combattenti, li avrebbe picchiati con i pugni, li avrebbe presi a calci, li avrebbe picchiati con un calzino pieno di pietre e li avrebbe tenuti sott’acqua».   In secundis, vediamo come la personalità con tratti di violenza parossistica pure non è rara tra la manovalanza estera mandata in Donbass – anche prima dell’invio delle truppe russe il 24 febbraio 2022. Nel caso sopracitato, secondo il sito Ukr-leaks che raccoglie i documenti trapelati, un testimone – poi arrestato negli USA – avrebbe quindi anche raccontato di come il veterano americano avrebbe picchiato e annegato la ragazza, mentre un altro membro del gruppo, un australiano, le avrebbe somministrato iniezioni di adrenalina in modo che la giovane non perdesse conoscenza. «Tutto questo è stato filmato dalla telecamera» scrive il sito.   Diciamo di più: tali tipi di profili, inclini alla violenza parossistica sino all’essere insensata, ultrasadica, non solo sono comuni nelle guerre sporche degli USA in giro per il mondo, sono necessari.   La creazione delle forze neonaziste che servono il regime di Kiev – cioè lo Stato profondo americano – è stata operata per anni andando a lavorarsi le parti della popolazione che più si sarebbero prestate alla psicologia della violenza indiscriminata: ecco serviti al serbatoio immenso di braccia tatuate e teste rasate che sono le curve degli stadi le teorie di Bandera. È un processo di radicalizzazione, che non deve essere stato differente da quello di ISIS e Al-Qaeda. Lo si vede bene, descritto anche con una certa mesta poesia, nel film Syriana. È un qualcosa che, nemmeno più a denti stretti, cominciano a temere i servizi di sicurezza americani e pure qualche politico goscista francese: i Foreign Fighter di ritorno, radicalizzati in Ucraina in maniera totale, di ritorno a casa, magari pure con qualche arma di quelle «donate» a Kiev.   È il «jihadismo ucronazista» coltivato dall’Occidente per questo conflitto e forse per il prossimo – quello contro la stessa popolazione europea da trascinare nell’anarco-tirannia, come scritto tante volte da Renovatio 21.   Prendi una generazione impoverita (i soldi sono andati tutti agli oligarchi, gli stessi che poi hanno finanziato le milizie ucronaziste), la riempi di ideali che risuonano con il testosterone giovanile, sangue e suolo, la violenza come principale valuta sociale… aggiungi appoggi politici, armi, etc. Quello che ottieni è guerra. Morte e distruzione. Cioè quello che serve ai pupari per creare il cambiamento geopolitico.   È bene ricordare che se diciamo «nazisti», stiamo dicendo davvero «nazisti», oppure anche peggio.  Strapagati giornalisti italiani ci hanno detto che i ragazzi con la svastica leggono Kant, la realtà è che i «nazionalisti integralisti» ucraini sono stati capaci di crudeltà che hanno impressionato pure gente di stomaco. È il caso di quel famigerato skinhead americano tatuatissimo, un altro volontario del fronte ucraino che aveva dichiarato che mai aveva visto una violenza del genere.   Girava un video, già prima della guerra, intitolato «gli ebrei si beccano la corda». Il contenuto: una donna incinta e suo marito, presumibilmente di origine giudaica, venivano linciati dai miliziani. Dicevano che si trattava di propaganda russa, non era vero. I nazisti ucraini non esistono. Salta fuori che, anche se i due non sono ebrei, il video è vero: e che i nazisti ucraini non solo esistono, ma sono capaci di gesti così indicibili da far pensare, più che altro, a vere caricature dei nazisti.

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E allora, torniamo alla domanda vera: perché? Perché il supercriminale Foreign Fighter ucraino stava in Piazza San Pietro?   Ah, poi c’è chi si chiede come abbiano fatto a beccarlo: alcuni non sono disposti ad accettare subito la storia dell’intuito da chiaroveggenti dei nostri, pur bravissimi certo, poliziotti zona Vaticano. Qui le ipotesi possibili sono due.   La prima: in Vaticano ci sono telecamere dotate di tecnologia face recognition, ma forse non si può dire, perché in Italia non si capisce se siano esattamente legali, e la Santa Sede non è Italia ma, pensano gli attuali occupanti del Soglio, è meglio non dirlo troppo spesso. Quindi: voi che su Facebook scrivete commenti contro Bergoglio, occhio.   La seconda: qualcuno ha fatto una soffiata, e ha avvertito i nostri che il tizio, ecco la foto segnaletica, era diretto da quelle parti. Qui si aprirebbero altre questioni cui ovviamente non sapremmo rispondere in alcun modo. Se lo ha mandato qualcuno, chi lo ha mandato? A fare cosa? Chi ha spifferato? Con che fine? Era avvertire di un pericolo, o era, più sottilmente, far comprendere a qualcuno, che c’è quel pericolo esiste?   Roba abissale, giuochi di specchi sacri e geopolitici come ai tempi di Ali Agca e le piste che incrociano i lupi grigi (altri giovani radicalizzati contro la Russia…), servizi bulgari, frati belgi legati alla CIA (come suggerì in un’intervista, sornione e diabolico, Andreotti), magari pure la Madonna di Fatima, et pour cause.   Possiamo solo buttare lì qualche altro puntino per il lettore. Sappiamo che il rapporto del papa con l’Ucraina, partito con un bacio alla bandiera della Centuria di Maidan (proprio ad un’udienza del mercoledì), passato per una politica di relazioni sterile, falsa e millantatoria, finito con vari insulti da parte Ucraina, è quello che è.   Lui ce l’ha messa tutta: ha taciuto quando hanno attaccato un suo sacerdote – sì, un prete cattolico, ad Uzhgorod – quando aveva osato pregare per la pace, ha provato a vendere ai giornalisti l’idea che la sua conversazione a Budapest con Ilarione – gerarca modernista e filocattolico del Patriarcato di Mosca finito rimosso, e che peraltro ora, dopo la Fiducia Supplicans, di Roma non ne vuole più sapere nulla – serviva alla pace, aveva mandato avanti Zuppi (idea geniale) a Kiev, aveva accettato che Zelens’kyj si sedesse prima di lui da ospite nell’incontro in Vaticano durante l’Italian tour del comico ucraino finito chez Bruno Vespa. (Qualcuno, in Russia, dice che il vertice tra Francesco e il comico TV divenuto presidente, invece, abbia alle spalle un famoso cardinale inglese…)   Bergoglio si era beccato gli insulti del consigliere di Zelens’kyj Mikhailo Podolyak, che sul Corriere della Sera (dove sennò) attaccò il papa e il cristianesimo tutto.  Poi, con la storia dell’appello ai negoziati lanciato dall’argentino alla testata svizzera, ecco le offese anche del ministro degli Esteri già «bambino di Chernobyl» in Irpinia Kuleba, che ha insinuato di antichi rapporti della Santa Sede con il nazismo (il bue che dice all’asino… ecco quella storia lì).   Davvero, il ragazzo biancovestito in sedia a rotelle ce l’aveva messa tutta, o almeno aveva fatto finta, almeno per un po’. Adesso, chissà cosa vogliono dirgli.   Anche perché ad essere arrabbiati con lui mica sono solo quelli della banda di Kiev. Qualche mese fa è partita la rabbia dei rabbini, perché questa equidistanza vaticana con i palestinesi (fra cui, ricordiamo, la Chiesa cattolica ha molti, molti fedeli) non si poteva sentire. Anche lì: il sudamericano si era impegnato, nel 2017 aveva pure visitato la tomba del fondatore del sionismo Teodoro Herzl (ma perché?) a fianco di un soddisfattissimo premier Netanyahu, quello che adesso chiamano macellaio genocida, sconfessando il suo predecessore papa San Pio X che, in modo leggermente diverso, quando Herzl gli chiese l’appoggio per far tornare gli ebrei in Palestina gli promise che la Chiesa si sarebbe opposta con ogni forza al progetto.   Ma un patatrac presso il Sacro Palazzo cuore della cristianità globale farebbe comodo a tanti altri.

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Sappiamo come funziona il pensiero dei padroni del vapore: il programma va mandato avanti per traumi. Le società umane si manipolano shock dopo shock. Presidenti uccisi, presidenti rapiti, bombe nelle piazze, nelle stazioni, aerei dirottati, torri che cascano, guerre, invasioni, pandemie.   Aggiungiamo anche un altro pensiero, sul quale non ci dilungheremo qui. Durante la guerra del Vietnam la CIA organizzò uno sforzo operativo chiamato Phoenix Program, che doveva distruggere fisicamente e moralmente il sistema dei Viet Cong attraverso rapimenti, infiltrazioni, assassinii, terrorismo, torture. Secondo alcuni, il Phoenix Program prevedeva la creazione vera e propria di serial killer. Soldati americani capaci di violenze infinite, psicopatici al punto da essere più considerabili per i nemici come vampiri (con atti di cannibalismo inclusi) che non come nemici, in grado quindi di scatenare timori ancestrali nei vietnamiti comunisti.   C’è chi dice che l’effetto più evidente di questo programma siano stati i continui casi di assassini seriali registrati in USA negli anni Settanta e Ottanta. Moltissimi di questi soggetti, divenuti popolari grazie a stampa, TV e cinema, avevano un passato tra i militari americani, alcuni proprio direttamente in Vietnam. Se ci fate caso, dopo gli anni Novanta – in cui il fenomeno divenne una costante, più che nella cronaca nera, nella cultura popolare – i serial killer sono spariti.   Dove sono finiti gli assassini seriali? Sono scomparsi? O forse, dice qualcuno con malizia, ne hanno «chiuso la fabbrica»? E la fabbrica, magari, si può riaprire? L’hanno riaperta?   Una volta potevi parlare dei patsy, dei capri espiatori usati nei grandi misteri storici, e non prenderti del complottista. Ricordo ancora i tempi in cui credere che Lee Harvey Oswald fosse un matto manipolato (anche lui con trascorsi militari significativi…) piazzato lì per prendersi la colpa del regicidio Kennedy non era una bestemmia, anzi era la norma.   Ora c’è da aver paura anche solo a fare delle ipotesi. Ma non solo per l’etichetta di pazzotico che ti possono affibbiare i benpensanti, i fact-checker, gli algoritmi censori dei social e dei motori di ricerca. C’è da aver paura di averci ragione.   Che cosa sono disposti a fare, questi mostri, per far bruciare ancora di più il mondo?   A quale altro regicidio dobbiamo assistere?   Quale efferata crudeltà li sazierà mai?   Roberto Dal Bosco

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Pensiero

La giovenca rossa dell’anticristo è arrivata a Gerusalemme

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Ieri si è avuta la notizia, che i grandi media non sono in grado di intercettare.

 

Gruppi sionisti del Monte del Tempio di Gerusalemme hanno annunciato che il 22 aprile sarà effettuato lo sgozzamento della giovenca rossa, un loro rito messianico per la fine dei tempi.

 

Secondo quanto riportato, sarebbe stata sottoposta alla polizia israeliana una richiesta ufficiale per permettere di portare nella spianata delle moschee un altare e dei coltelli per macellare mucche dal pelo fulvo.

 

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Il rito fa parte del processo della ricostruzione del Tempio ebraico, distrutto nel 70 d.C., la cui ricostruzione porterà all’apparizione del Messia degli Ebrei, che molti cristiani considerano l’anticristo.

 

Questo, tuttavia, ai vari cristiani evangelici fondamentalisti americani va più che bene, perché in questo modo si accelererà la seconda venuta di Cristo stesso, che arriverà come predetto del Libro della Rivelazione dopo i sette anni di tribolazione – e cioè un conflitto mondiale, la distruzione di tutti gli ebrei che rifiutano di convertirsi, la rapture (idea fondamentalista americana di un subitaneo «rapimento» in cielo di parte della popolazione durante la guerra apocalittica) e alla fine del mondo.

 

È, in tutto e per tutto, l’Armageddon. E in questo caso è pure chiamare l’apocalisse così, con una parola ebraica.

 

Gli ebrei ritengono invece che il Tempio ricostruito porterà il loro Messia e, dal Tempio, gli ebrei governeranno cristiani e musulmani. Naturalmente, per fare questo, il luogo più sacro dell’Islam dopo La Mecca e Medina, la Moschea di Al-Aqsa, deve essere raso al suolo.

 

Armageddonisti ebrei e cristiani da vario tempo stavano collaborando nel trasporto di cinque «giovenche rosse» speciali e «senza macchia» dal ranch del cristiano sionista Byron Stinson in Texas in Israele più di un anno fa, dove hanno acquistato un terreno sul Monte degli Ulivi, il luogo speciale per il macello previsto tra una settimana.

 

La scelta del mese di aprile si basa sul fatto che le giovenche raggiungono l’età prescritta per la cerimonia. A quel punto, una o più possono essere macellate e poi bruciate, con le loro ceneri mescolate con acqua.

 

Questo affinché una squadra speciale, che dovrà iniziare la costruzione del Terzo Tempio, possa bagnarsi nella miscela ed essere adeguatamente purificata per il proprio compito.

 

Stiamo dando una versione semplificata: la realtà è molto più contorta. La chiave è un’interpretazione forzata di un passaggio del Libro dei Numeri dell’Antico Testamento, dove si parla del ruolo di una «giovenca rossa» nel purificare le mani di coloro che hanno toccato i morti.

 

«Il Signore disse ancora a Mosè e ad Aronne: “Questa è una disposizione della legge che il Signore ha prescritta: Ordina agli Israeliti che ti portino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti, e che non abbia mai portato il giogo. La darete al sacerdote Eleazaro, che la condurrà fuori del campo e la farà immolare in sua presenza. Il sacerdote Eleazaro prenderà con il dito il sangue della giovenca e ne farà sette volte l’aspersione davanti alla tenda del convegno; poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi; se ne brucerà la pelle, la carne e il sangue con gli escrementi. Il sacerdote prenderà legno di cedro, issòpo, colore scarlatto e getterà tutto nel fuoco che consuma la giovenca. Poi il sacerdote laverà le sue vesti e farà un bagno al suo corpo nell’acqua; quindi rientrerà nel campo e il sacerdote rimarrà in stato d’immondezza fino alla sera. Colui che avrà bruciato la giovenca si laverà le vesti nell’acqua, farà un bagno al suo corpo nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Un uomo mondo raccoglierà le ceneri della giovenca e le depositerà fuori del campo in luogo mondo, dove saranno conservate per la comunità degli Israeliti per l’acqua di purificazione: è un rito espiatorio. Colui che avrà raccolto le ceneri della giovenca si laverà le vesti e sarà immondo fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che soggiornerà presso di loro». (Num 19, 1-10)

 

Questa purificazione sarebbe fondamentale per il sacerdozio ebraico e il culto sacrificale. Il Jerusalem Post scrive: «ai giorni nostri, si presume che tutti gli ebrei, inclusi i kohanim [sacerdoti o discendenti dei sacerdoti, ndr], siano impuri a causa dell’impurità impartita da un cadavere. Mentre nella vita quotidiana dei giorni nostri questo status non ha molto effetto pratico, a chi è impuro con questo tipo di impurità è vietato entrare nel Tempio».

 

È la questione del kosher: l’ebraismo è ossessionato dalla contaminazione, da cui, secondo cui la tendenza a separare – il giudeo dal gentile, il latte della carne bovina, la donna mestruata dal resto della comunità.

 

Un’altra pubblicazione dello Stato Ebraico, Israel365News, spiega quindi che «la mancanza di una giovenca rossa ha lasciato tutto Israele ritualmente impuro e incapace di eseguire adeguatamente molti altri comandamenti».

 

Questo è un problema, perché la cerimonia deve essere completata da un sacerdote che sia lui stesso ritualmente puro. Rabbi Azaria Ariel, il direttore della ricerca del Temple Institute, spiega che il sacerdote «deve essere puro per eseguire il rituale e preparare le ceneri. Ad esempio, non può nascere in un ospedale. Abbiamo alcuni sacerdoti così».

 

«Cerchiamo sacerdoti che siano stati attenti a questa questione di significato, allontanandosi dai cadaveri dei cimiteri e degli ospedali. Devono avere una chiara tradizione familiare che discenda dai preti. In realtà di uomini così ce ne sono molti, moltissimi. Deve anche avere un’età in cui può macellare la mucca di almeno 15 anni e non è stato in ospedale fino a quel momento».

 

(Sugli ospedali come luoghi di morte, ci troviamo bizzarramente d’accordo col rabbino, ma questo è un altro discorso).

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Tuttavia, il rabbino Ariel ha anche affermato che, nel frattempo, è ancora possibile entrare nel Monte del Tempio e persino offrire alcuni sacrifici in uno stato di impurità rituale. Al contempo, il rabbino Ariele precisa che questa cerimonia «non attiva l’obbligo di costruire il Terzo Tempio» e «la costruzione del tempio non dipende dalle Giovenche Rosse».

 

«Noi non facciamo il rituale della giovenca rossa affinché il Messia venga affinché Dio faccia qualcosa del genere o qualcosa del genere» ha assicurato il rabbino.

 

Il rito di purificazione potrebbe seguire altre logiche di giudaizzazione pure della vita civile – e militare – dello Stato Ebraico.

 

Kassy Akiva, una videogionalista ebrea del Daily Wire, la grande organizzazione di informazione del sionista Ben Shapiro, del Daily Wire ha raccontato su Twitter che «le ceneri vengono utilizzate per creare una miscela che viene utilizzata nel processo di purificazione per accedere al cortile interno del Monte del Tempio. Gli usi pratici oggi consentirebbero agli agenti di polizia di purificarsi prima di entrare in quell’area per motivi di sicurezza invece di essere costretti ad entrare in quell’area per garantire la sicurezza senza prima purificarsi. Sebbene ciò sia consentito dalla lettera della legge ebraica, tutti concordano sul fatto che sarebbe meglio purificarsi prima di entrare».

 

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In pratica, si potrebbe trattare di estendere la religione sulla società ebraica anche più secolare. Con il presente governo israeliano, il più religioso, il più messianico della storia, non poteva che essere così. È il governo dove si giustificano gli sputi ai cristiani a Gerusalemme («tradizioni», rivendica il ministro: certo), è il governo dei convegni con balli scatenati dei coloni pronti a scendere su Gaza, è il governo che non ha problemi a parlare di nuclearizzazione dei palestinesi – e degli iraniani – dopo aver usato una parola biblica, amalek, che riporta alla possibilità di annientamento di interi popoli. Genocidio: ma con radici religiose. (Dov’è che avevamo già sentito questa storia?)

 

In realtà, «cinque giovenche perfettamente rosse» – mucche che non hanno ancora partorito, mucche «vergini» – erano arrivate in Israele già nel settembre 2022.

 

All’epoca reagirono subito gli organi di stampa di Hamas a rispondere, definendolo un tentativo di «giudaizzare le sante moschee» e sostenendo che «Al-Aqsa è in pericolo».

 

Le giovenche sono state portate da Boneh Israel («Costruire Israele»), un’organizzazione israelo-americana composta da ebrei e cristiani. Le giovenche sono state trovate e allevate da Byron Stinson, sedicente «giudeo-cristiano» e consigliere dell’organizzazione. Un video sul sito web di Boneh Israel lo definisce «letteralmente il ragazzo che ha portato quelle giovenche rosse in Israele».

 

«Queste giovenche rosse possono portare la pace nel mondo! La Bibbia ci insegna che la chiave per costruire il Terzo Tempio (la Casa di Preghiera per Tutte le Nazioni) è purificarci con la giovenca rossa a Gerusalemme» scrive il sito.

 

Lo Stinson, come nota LifeSite, ha anche chiarito che ritiene che la cerimonia della giovenca sia un primo e necessario passo per ricostruire il Tempio, e la collega persino all’emergere di un governo mondiale:

 

«I rabbini sono così emozionati perché, come noi sparsi nelle Nazioni, tutti possono sentire l’avvicinarsi di un governo unico mondiale. Puoi sentire l’avvicinarsi di questo momento in cui qualcosa deve cambiare. E tutti lo sentono e ciò che cercano disperatamente è la venuta del Messia. Sanno che questo è il primo passo per poter costruire il tempio. Non puoi purificare le persone che lavoreranno nel tempio finché non avrai effettivamente quest’acqua di purificazione che proviene dalla cenere delle giovenche rosse».

 

«Credo che la risposta di ogni cristiano dovrebbe essere quella di sostenere la costruzione del Tempio»

 

Il Jerusalem Post ha anche affermato che a settembre le giovenche sono state accolte cerimonialmente all’aeroporto israeliano Ben-Gurion da diversi rabbini del Temple Institute, tra cui lo stesso rabbino Azaria Ariel e il direttore generale del ministero del Patrimonio e di Gerusalemme, Netanel Isaac.

 

Il Temple Institute è stato fondato dal padre di Ariel (Rabbi Yisrael Ariel) e Rabbi Azaria Ariel guida il suo dipartimento di ricerca. Il sito web dell’Istituto afferma che mentre alcune cerimonie del Tempio sono possibili in uno stato di impurità rituale, la giovenca rossa è necessaria per il completo ripristino messianico.

 

«Il completo rinnovamento di tutti gli aspetti del servizio del Sacro Tempio e il risveglio della completa purezza rituale tra gli ebrei dipendono dalla preparazione della giovenca rossa (…) La preparazione della giovenca rossa è una precondizione per la reintegrazione del servizio completo nel Sacro Tempio».

 

Il sito riporta inoltre favorevolmente l’insegnamento su questo argomento del rabbino Moshe ben Maimon – conosciuto come Mosè Maimonide (1135-1204) o «Rambam» – filosofo talmudista tra i maggiori nella storia dell’ebraismo, estremamente influente nel XII secolo. Egli collegò l’arrivo della successiva giovenca rossa con la venuta del Messia, cioè quello che gli ebrei chiamano il «mashiach» o «moshiach».

 

«Nove giovenche rosse furono offerte dal momento in cui fu loro comandato di adempiere a questa mitzvah [il compimento di uno dei comandamenti della legge ebraica, ndr] fino al momento in cui il Tempio fu distrutto una seconda volta. La prima è stata portata da Mosè, il nostro maestro. La seconda è stata portato da Esdra. Altre sette furono offerte fino alla distruzione del Secondo Tempio. E la decima sarà portata dal re mashiach; possa essere rapidamente rivelato. Amen, così possa essere la volontà di Dio» (Maimonide, Shefter Shoftim («Il Libro dei Giudici», capitolo 11).

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Secondo Maimonide, un’impresa fondamentale di questo presunto Messia, che costituirà peraltro una delle prove conclusive della sua affermazione, è che costui ricostruirà il Tempio di Gerusalemme.

 

È facile capire che se qualcuno vi dice che non esiste alcun legame tra la consegna delle giovenche rosse e la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme – e quindi la venuta del presunto messia degli ebrei – vi sta gettando fumo negli occhi, vi sta ingannando – gaslighting, dicono ora in America. Operano per l’apocalisse, ma fischiettosamente. I complottisti siete voi, che maliziosamente vedete troppe cose dietro un innocente, zufolante sacrificio veterotestamentario di mucche rosse sul Monte degli Ulivi. Avete visto troppe volte il primo Indiana Jones, con il rito ebraico che scatena quel massacro massivo orripilante. Eccerto.

 

Prima di parlare del significato che tutto questo ha per i cristiani, soffermiamoci a ricordare cosa significa il Terzo Tempio per i musulmani. La moschea di Al-Aqsa, si trova proprio lì. Lo sappiamo bene perché in questi anni abbiamo visto la quantità di botte che in tante occasioni le forze israeliane hanno rifiutato ai musulmani lì per – in teoria – pregare, cosa che peraltro è consentita solo a loro.

 

Qualcuno ricorderà anche la passeggiata che sulla spianata delle moschee compì l’allora premier israeliano Ariel Sharon nel 2000, l’atto da cui partì la seconda Intifada. Ricordiamo brevemente cosa accadde in seguito: Sharon divenne relativamente più «morbido» verso i palestinesi, formò un partito suo scindendo il Likud. Nel 2005 – esattamente come era successo anni prima a Ytzhak Rabin– finì al centro di una Pulsa DiNura, una cerimonia di maledizione cabalistica performata da una quantità di rabbini, pure ripresa da una TV locale. Se mesi dopo a Sharon venne un colpo, e restò anni in coma fino al 2014. Se vi impressionate, ripetiamo, è perché avete negli occhi I predatori dell’arca perduta.

 

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Si tratta di un luogo definito come terzo più sacro di tutto l’Islam. I musulmani ritengono che Maometto fu portato sul luogo del Tempio in rovina di Gerusalemme su un cavallo magico; e che legò il suo cavallo al Muro Occidentale e da lì salì al cielo e incontrò i vari profeti. Non si tratta solo di palestinesi: tutto l’Islam potrebbe reagire qualora Al-Aqsa fosse toccata.

 

Del resto, cerchiamo di comprendere: Israele, oltre che uno Stato etnonazionalista, può definirsi uno Stato religioso. Hamas, il nemico dello Stato Ebraico, è pure un’organizzazione religiosa – in particolare, una gemmazione locale del gruppo protofondamentalista dei Fratelli Musulmani. L’Iran – che poche ore fa ha attaccato frontalmente Israele con i suoi droni – è una Repubblica Teocratica, uno Stato fondato, rifondato su principi religiosi.

 

Insomma, al di là di quello che possono dirvi gli alfieri della «geopolitica laica» (quelli che vi raccontano di interessi economici, petrolio, voti dei pensionati ebrei in Florida) si tratta di una questione di religione: tutti gli attori in gioco sono enti religiosi.

 

In ballo c’è una guerra di religione: e quindi, come non vedere il peso assoluto della macellazione rituale della giovenca rossa?

 

In realtà, pochi in Italia ne stanno parlando. Non si sono addentrati i blog più complottisti, e neanche i canali Telegram pronti a rilanciare qualsiasi bufala dopaminica («re carlo è morto», «Putin si è schierato con l’Iran) per ciucciare un po’ della vostra attenzione.

 

Eppure, la questione religiosa dovrebbe interessare anche noi. Perché, anche se rimossi dall’equazione, siamo anche noi spinti nella catastrofe di Gerusalemme – in quanto cristiani, non potrebbe che essere così.

 

Si torna alla vecchia questione sottolineata più volte da Renovatio 21: c’è lo Stato Ebraico, c’è lo Stato Islamico (ce ne sono diversi), tuttavia non c’è, e non può esserci, lo Stato Cristiano – è rimosso dal discorso, non può essere nemmeno nominato. Il dogma, ad ogni latitudine occidentale e non solo, è quello dello Stato «laico», che sappiamo bene significa uno Stato retto su principi massonici – cioè su una religione ulteriore che tenta da secoli di cancellare il cristianesimo.

 

È stato riportato che a spingere il progetto di ricostruzione del Tempio di Salome vi sarebbe una loggia massonica britannica, la Quator Coronati. Tuttavia non è questo che vogliamo sottolineare: vogliamo dire come, ancora una volta, i cristiani pare non siano nemmeno considerati nell’equazione. Sono stati estromessi, eliminati dal discorso.

 

È una realtà portata a galla dal solito Tucker Carlson, che in settimana ha intervistato un pastore evangelico palestinese, mettendo in risalto il paradosso assoluto per cui – come in Iraq, come in Siria – i danari mandati dagli USA in Medio Oriente, su pressioni di lobby protestanti, finiscano per uccidere i cristiani stessi.

 

Questo è uno degli effetti, solo apparentemente paradossali, del messianismo sionista installato nel fondamentalismo cristiano americano: pur accelerare la fine dei tempi, aiutano la persecuzione, passano sopra il cadavere dei cristiani del Medio Oriente, finanziando ed armando Israele, che nel frattempo avanza leggi anti-conversione per proibire il proselitismo cristiano, negli ultimi mesi ha fatto registrare attacchi ai cristiani senza precedenti.

 

Non si tratta di frange: come riportato da Renovatio 21, anche lo speaker della Camera USA, il sempre più controverso Mike Johnson, è del gruppo, con vari legami con gruppi del sionismo messianico.

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I cattolici non stanno prendendo la cosa sul serio, anche nella storia teologi e padri della Chiesa – vengono citati San Girolamo, Sant’Ambrogio, San Gregorio Magno, San Efraim, San Giovanni Crisostomo, Sant’Ireneo di Lione – hanno stabilito che l’anticristo potrebbe essere una figura simile.

 

Il gesuita Francisco Suárez (1548-1617), nella sua opera De Antichristo, scrive che «c’è uno che gli ebrei aspettano e uno che tutti accoglieranno. Gli altri che pretendevano di essere il Messia non sono stati ricevuti da tutti gli ebrei, ma solo da alcuni».

 

L’anticristo, dice la scrittura, ingannerà il mondo intero, convincerà persino gli eletti. Per questo si ritiene che guiderà un Nuovo Ordine Mondiale, dove la fede sarà perseguitata, e l’umanità vivrà i suoi tempi ultimi.

 

Questo è il pensiero cristiano, al quale nessuno sembra voler far caso.

 

Se poi vi chiedete perché, ricordatevi di San Pio X, e di Bergoglio. Nel 1903 papa Sarto, come abbiamo ricordato più volte, ricevette il fondatore del sionismo Theodor Herzl, e gli negò qualsiasi aiuto.

 

«Noi non possiamo favorire questo movimento. Non potremo impedire agli ebrei di andare a Gerusalemme, ma non possiamo mai favorirlo. La terra di Gerusalemme se non era sempre santa, è stata santificata per la vita di Jesu Cristo (…) Io come capo della chiesa non posso dirle altra cosa. Gli Ebrei non hanno riconosciuto nostro Signore, perciò non possiamo riconoscere il popolo ebreo» scrive Herzl nei suoi diari.

 

Facciamo un salto temporale: 110 anni dopo, vediamo le immagini, girate durante il suo viaggio in Terra Santa, di papa Bergoglio, accompagnato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu (quello oggi definito «macellaio» e «genocida») mentre si reca a rendere omaggio alla tomba di Herzl. Nemmeno un rabbino: un «laico» etnonazionalista ebreo che, peraltro, si era rifiutato di baciare la mano del santo papa predecessore ed inginocchiarsi, come da protocollo vaticano.

 

Il mondo è rovesciato. Il mondo è stato rovesciato. .

 

 

La chiesa post-conciliare quindi lavora per il sacrificio della giovenca rossa?

 

La Roma infiltrata dal Male vuole la manifestazione dell’anticristo, per poterlo adorare ed intronare?

 

Domande che vale la pena di farsi, nelle ore in cui lo spettro di una guerra atomica si fa sempre più concreto – ecco il vero sacrificio a cui mira il Male, ecco il vero Olocausto.

 

La cancellazione dell’umanità, l’annientamento dell’Imago Dei: stiamo parlando, davvero, di questo.

 

Roberto Dal Bosco

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