Pensiero
La Regina della Morte è morta. Davvero volete piangere?
Immaginavamo la sozzura di queste ore. Immaginavamo gli inviati da Londra con l’impermeabile e il tweed. Sapevamo che i giornali ci avrebbero tormentato, perché la monarchia tira sempre, in ispecie quella britannica, segnata da scandali di gravità inaudita, anche freschissimi – qualcuno ricorda Jeffrey Epstein, amicone del figlio Andrea, in posa nel capanno della Regina in Iscozia? Noi sì – di cui tutti ora si sono dimenticati con una velocità disperante.
Non un passo falso in vita sua, ci dicono. Non uno scandalo, ripetono, e pazienza se noi in mente abbiamo Diana e il resto.
Piangiottano raccontandoci: un’icona di stile, e pazienza se per anni veniva considerata la peggio vestita del pianeta.
Poi arriviamo al culmina: era una ispirata figura di leader cristiana. È a questo punto che vomitiamo, quando capiamo che nel piagnisteo elisabettiano ci sono di peso tutti i «conservatori». Perfino Tucker Carlson: una leader di ispirazione cristiana, ed evviva l’impero britannico, che è stato il più umano della storia. (Tucker, per una volta: ma che cazzo dici?)
Ah sì, giusto: Elisabetta per diritto dinastico era considerata anche il capo della chiesa anglicana: sì, sopra l’arcivescovo di Canterbury ci stava lei. – quelli che si lamentano della teocrazia vaticana, dove il papa almeno viene eletto, cosa pensano? Però aspetta: la regina è considerata anche il vertice della massoneria. Anzi no: è una leggenda metropolitana. Tuttavia, suo cugino il Duca di Kent…
Ma a chi importa, ora? Come è successo per la mascherina e la bandiera ucraina, ora bisogna tirar fuori il fazzoletto e singhiozzare singhiozzi anglomonarchici.
È rivoltante. Ci rendiamo conto di essere una minoranza, essendo tra quelli che rammentano la storia, anche quella più superficiale che tutti dovrebbero aver presente, più, va bene, qualche dettaglio più opaco.
Ma di chi stiamo parlando? Certo, come ci stanno ripetendo fino alla nausea, si trattava di una personcina delicata, al punto che poche settimane fa, per il giubileo, si è fatta da vedere dal popolo in carrozza… via ologramma. Proprio così: mica poteva fare lo sforzo, hanno montato un’immagine sintetica, dove lei appare giovane e sorridente mentre fa ciao con la manina al volgo.
Delicata come lo era la mamma, detta Elisabetta la Regina Madre: secondo il libro The Queen Mother: The Untold Story, si sarebbe sottoposta ad una forma prototipale di inseminazione artificiale. La Regina Madre, si dice, non amava i rapporti sessuali. Elisabetta II, sarebbe nata così.
Massì, una bella famigliola, a cui l’eugenetica probabilmente piaceva. Anche quella che veniva da altre terre che Albione aveva contagiato.
Bisogna sapere che Elisabetta non viene dalla nobiltà inglese inglese, ma tedesca: si chiamavano Wettin, ma nel 1917 il casato germanico cambiò nome, per volontà di Giorgio V che desiderava contenere i sentimenti antitedeschi che infuriavano nella Gran Bretagna durante la grande guerra. Un’operazione di rebranding: Da Sassonia-Coburgo-Gotha si optò per il ben più anglofono «Windsor», tirandosi dietro le ironie del Kaiser Guglielmo II, che fece la battuta scespiriana: «Le allegre comari di Sassonia-Coburgo-Gotha».
Sette anni fa, di colpo, emerse quello strano filmato di 17 secondi, dove Elisabetta, a 8 anni, fa il saluto nazista.
Ma come? Deve essere un errore, una coincidenza, un fake. Non si può poi metterlo poi in relazione a quando anni dopo il nipote Enrico si presenta ad una festa vestito da gerarca nazista, svastica al braccio. Ma dai, guardatelo: ha sposato pure una ragazza di colore, anche se più sulla carta che sulla pelle.
Vi riveliamo che non è l’unica stramba coincidenza tra gli Windsor e la croce uncinata. Gli storici ricordano i rapporti estremamente cordiali che aveva Edoardo VIII, il re che abdicò per stare con l’americana Wallis Simpson, con Adolf Hitler in persona, visto in Germania durante sereni incontri privati. In breve: conquistata l’isola, il Führer avrebbe piazza Edoardo sul trono come un Quisling incoronato.
Meno noto è il fatto che tutte le sorelle del Principe Filippo, il longevo consorte di Elisabetta, sposarono aristocratici tedeschi poi membri del Partito Nazista o financo delle SS.
Chiariamo chi era Elisabetta d’Inghilterra: era il capo di una famiglia della morte, una di quelle dinastie che si trasmettono l’odio per l’umanità geneticamente. L’altra, molto nota per la Necrocultura che passa di generazione in generazione, è la famiglia Rockefeller.
Ricorderete le immortali parole del consorte, deceduto l’anno scorso, il principe Filippo di Grecia e Danimarca.
«Nel caso in cui mi reincarnassi, mi piacerebbe tornare sotto forma di un virus mortale, in modo da poter contribuire in qualche modo a risolvere il problema della sovrappopolazione».
Non erano parole a caso. Non era una delle tante gaffe. Stavano scritte nella prefazione del libro del 1986 If I were an animal. Furono ripetute alle agenzie di stampa.
«Non puoi tenere un gregge che non riesci a nutrire. In altre parole la conservazione può esigere la cernita e l’eliminazione per mantenere l’equilibrio tra il numero di ciascuna specie in rapporto ad un dato habitat. Mi rendo conto che si tratta di un argomento scottante, ma resta il fatto che l’umanità è parte del mondo vivente» dichiarò alla Deutsche Press Agentur nel 1998.
Come sappiamo, il massone Filippo si diede da fare alla grande con l’ambientalismo e l’animalismo: il WWF lo ha fondato lui assieme all’amico regale Bernardo d’Olanda, già fondatore del Gruppo Bilderberg con, nel 1933, una bella tessera dello NSDAP, il partito nazista.
L’ambiente, il cambiamento climatico e tutto il resto, è stato tramandato al figlio Carlo, che partecipa ai vari COP sul clima e fa sentire la sua da decenni.
Il lettore di Renovatio 21 sa che l‘ambientalismo è solo la facciata per il vero argomento di cui si vuole parlare: il controllo delle nascite, cioè la riduzione della popolazione umana sulla Terra.
Da Carlo, il virus dell’antinatalismo passa al figlio Guglielmo, ,il quale ha avuto il coraggio di parlare pubblicamente di limitazione delle nascite dopo aver prodotto il terzo erede.
Non basta: ecco che poche settimane fa, per qualche motivo, all’ONU parla il fratello, il turbolento principe Enrico. In circa 40 secondi passa dall’idea di «una pandemia che continua a devastare» il mondo a «i cambiamenti climatici che devastano il nostro pianeta» e, infine, al «ritorno dei diritti costituzionali» negli Stati Uniti che costituisce «un assalto globale al democrazia». Per chi non lo ha capito: sta parlando della sentenza della Corte Suprema USA sull’aborto.
Il principe Enrico vuole l’aborto. Nonna Elisabetta non era da meno: fu la sovrana a dare nel 1967 l’«assenso reale» all’Abortion Act che lanciava, con cospicuo anticipo sul resto del mondo, il libero aborto in Inghilterra fino alla 28ª settimana di gestazione. Il Regno degli Windsor da allora ha sacrificato oltre 10 milioni di bimbi non nati. Sudditi della regina, squartati e buttati nella spazzatura: il ruolo dell’aristocrazia è quello di difendere il popolo, i deboli, giusto…?
Possiamo, quindi, definire gli Windsor una famiglia della morte? Possiamo definire la regina Elisabetta una regina della morte?
Potremmo essere quasi gli unici a pensare una cosa del genere. Siamo gli unici, forse, a ricordare in questo momento Alfie, Charlie, Archie. Stiamo parlando di casi in cui è lo stesso Regno britannico a uccidere bambini, per il loro «best interest». Non molti riescono a vedere la continuità dalla filosofia utilitarista, a Malthus, ai genocidi per fame in Irlanda e India, i campi di concentramento contro i boeri, le oscene guerre dell’oppio per sottomettere e drogare i cinesi (che ora, a distanza di tempo, si stanno vendicando sugli anglofoni con il fentanil).
Noi ricordiamo tutto.
E ricordiamo Diana, e il «soldato N» e quanti in questi anni hanno fatto rivelazioni di quello strano incidente che, se ci pensate, di fatto ha impedito che sul trono di Londra adesso ci fosse lei con il favore di cui godeva nel popolo, invece che il marito fedifrago (e forse qualcos’altro) e la concubina, universalmente detestata.
Vorremo dire al popolo di Britannia di gioire, ma un nuovo re della morte è già su di esso e sul mondo, su noi tutti. Lo abbiamo imparato a conoscere bene. Un mese fa è emerso che Carlo ha preso milioni cash, talvolta messo in borse della spesa, dalla famiglia Bin Laden, ovviamente per le sue fondazioni.
Da un documentario ora in onda negli USA apprendiamo che avrebbe preso cifre da capogiro da Armand Hammer, petroliere americano e spia per il KGB, nonno dell’attore Armie Hammer ora accusato di stupri e fantasie cannibaliste. Hammer sr. ricoprì Carlo di soldi (tanti, tantissimi, esageratamente), e la cosa servì: quando nel 1988 la piattaforma Piper Alpha della Occidental Petroleum collassò nelle fiamme a 200 miglia da Aberdeen uccidendo 160 persone, il futuro re si precipitò a difendere Hammer, che se la cavò alla grande.
Questo è il nuovo re. Re Carlo III. Quello che, si dice, non solo il sentimento popolare ma pure una fazione interna (quella dietro a tutte le rivelazioni alla stampa degli ultimi anni…) voleva far abdicare subito a favore del figlio Guglielmo.
Ma cosa sarebbe cambiato? La Necrocultura scorre potente nelle vene della famiglia Windsor, pardon, Wittin Sassonia-Coburgo-Gotha. Nei secoli.
Purtroppo questa maledizione non si interrompe facilmente. Risale di secoli, risale a quando il trono di Londra decise di uscire dalla cristianità e dall’Europa, generando ondate di martiri e la possessione di un demone famelico che chiedeva l’impero, chiedeva oro e sangue.
Noi non disperiamo, abbiamo forte dentro di noi l’esempio di quello che i deputati chiamano «l’ultimo uomo entrato a Westminster con intenzioni oneste»: Guido Fawkes.
Guido, il cui supplizio per mano del Re viene fatto festeggiare nei secoli ai bambini inglesi, aveva capito tutto, aveva capito ciò che i conservatori che secoli dopo piangono Elisabetta II non oseranno mai dire o anche solo pensare: solo il ritorno della Gran Bretagna al cattolicesimo può fermare il demone sanguinario che abita presso l’élite angloide.
Macché lutti, post contriti, servizi che colano saliva, ricordi commossi dei conservatori. Quello che noi chiediamo è un esorcismo di proporzioni storiche, metastoriche, metafisiche.
La Regina del Regno della Morte è morta. Ma la sua opera non è finita, neanche per sogno.
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Vi augurano buona festa del lavoro, ma ve lo vogliono togliere. Ed eliminare voi e la vostra discendenza
Buona festa dei lavoratori! Ve lo ripetono da tutte le parti, del resto è una festa importantissima per la Repubblica: il Venerdì Santo, il giorno in cui Dio muore per l’umanità secondo quella che in teoria è la religione maggioritaria del Paese, si lavora. Il giorno dei morti, pure. Il Primo maggio, invece, no: vacanza.
Questo basterebbe a far comprendere qual è la vera religione che lo Stato italico vuole imporre alla sua popolazione – del resto, il suo libro sacro, la Costituzione, scrive al suo primo articolo che la Repubblica stessa è fondata sul lavoro – espressione incomprensibile, se non comprendendo la smania sovietica che avevano i comunisti e la sciocca acquiescenza dei democristiani che glielo hanno lasciato scrivere, accettando pure di lasciare fuori dalla Carta la parola «Dio».
Il dio della Costituzione, il dio della Repubblica è il lavoro?
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La divinizzazione politica di un concetto astratto, di un’attività umana, non solo l’indice della volontà di laicizzazione dello Stato. Poggia, essenzialmente, nel rigetto di avere per la cosa pubblica il fondamento del Cristianesimo.
Non è un caso che la festa del dio-lavoro avvenga l’indomani della notte di Valpurga, ritenuta nei secoli un momento di vertice dell’ attività del male sulla Terra – in genere, su Renovatio 21, facciamo ogni anno un articolo sull’argomento, annotando gli eventi concomitanti. La realtà è che la festa del Primo maggio è un tentativo di inculturazione, o meglio, di reintroduzione di usanze pagane – in particolare la festa celtica chiamata Beltane, di cui parla anche J.G. Frazer nel suo studio su magia e religione dell’antichità europea Il ramo d’oro.
La prima menzione di Beltane è nella letteratura irlandese antica dell’Irlanda gaelica. Secondo i testi altomedievali Sanas Cormaic (scritto da Cormac mac Cuilennáin) e Tochmarc Emire, Beltane si teneva il 1° maggio e segnava l’inizio dell’estate. I testi dicono che, per proteggere il bestiame dalle malattie, i druidi accendevano due fuochi «con grandi incantesimi» e guidavano il bestiame in mezzo a loro.
La vulgata progressista del Primo maggio, nata nel secondo Ottocento, si attacca quindi a questo sostrato antico, non cristiano, alla guisa di come ha fatto la Chiesa con alcune festività nel corso dell’anno.
Quindi: un nuovo dio, una nuova religione. Ma il problema è che neanche i suoi stessi sacerdoti ci credono. I loro discorsi – i loro incantesimi – sono inganni, sempre più infami, sempre più ridicoli.
Abbiamo sentito ieri il segretario generale CGIL Maurizio Landini dichiarare che «il governo Meloni difende il fossile e nega il cambiamento climatico, come si può pensare di cambiare modello di produzione?». Lo ha detto ad un evento dell’«Alleanza Clima Lavoro», di cui apprendiamo l’esistenza. Stendiamo un velo pietoso sull’attacco ai combustibili fossili, che fossili non sono (no, il petrolio non è succo di dinosauro!), che dimostra un allineamento con i gruppi ecofascisti più estremi e grotteschi visti negli ultimi anni – e pagati da chi, possiamo intuirlo.
Quindi: prima il «clima», poi i lavoratori. L’intero sistema industriale va cambiato per favorire l’ambiente, non l’uomo che lavora: conosciamo questa solfa, ora condita automaticamente dal terrorismo climatico. Si tratta di un’idea che avanza da tanto tempo, e si chiama deindustrializzazione.
Come abbiamo ripetuto tante volte su questo sito, la deindustrializzazione altro non è che deumanizzazione. Cioè, riduzione non dei lavoratori, ma della quantità stessa di esseri umani che camminano sul pianeta. Ciò era chiaramente esposto nelle opere di Aurelio Peccei e compagni oligarchi, quando l’élite – la stessa che stava dietro al Club di Roma, Club Bilderberg, WWF, etc. – cominciò a lavorare decisamente alla riduzione della popolazione.
Non è possibile diminuire il numero di esseri umani sul pianeta se si continua a produrre. Perché l’industria – il lavoro – dà cibo, e il cibo dà la vita, e la vita si moltiplica. La filiera dell’essere deve essere interrotta, molto prima. Niente industria, niente lavoro, niente vita. Niente persone. Niente umanità. Ora potete capire da dove vengono la povertà e la fame, che sembrano di ritorno anche nel Primo Mondo.
In alcuni testi risalenti a più di mezzo secolo fa, la cosa era messa nera su bianco: avrebbero creato deliberatamente un concetto prima sconosciuto, quello di inquinamento, per avere uno strumento di controllo del comportamento di popoli e Nazioni. Se ci pensate, anche questa è una scopiazzatura del cattolicesimo: non il peccato, ma l’impronta carbonica. Non il peccato originale, ma l’essere umano in sé, alla cui nascita c’è già un debito ecologico personale importante. Non la Santa Trinità, non l’Incarnazione, ma Gaia, dea terrifica che si fa pianeta.
Non ci sorprende, ma nondimeno continua a riempirci di orrore, vedere che chi è pagato per difendere i lavoratori è in realtà alleato delle forze che ne vogliono l’eliminazione. Lo aveva capito, con decenni di anticipo, il filosofo marxista Gianni Collu, che nel libro Apocalisse e rivoluzione notava che il paradigma non era più quello rivoluzionario della crescita operaia, cioè industriale, ma quello di una contrazione dell’intera società produttiva.
In pratica, Collu aveva compreso che stava venendo innestato, specie presso partiti, sindacati, intellettuali di sinistra, l’odio per l’uomo – in una parola, era stata avviata la Necrocultura. Non per niente il filosofo cominciò a scoprire, e rivelare, l’interesse crescente che molti circoli goscisti cominciavano a sentire verso un tema divenuto tabù nei millenni cristiani, cioè il sacrificio umano.
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Ora, guardate celebrare il vostro lavoro da chi è inserito, con stipendio, nel disegno per togliervelo – ed eliminare la vostra esistenza e la vostra discendenza. Non dobbiamo ricordare qui gli sforzi, fatti anche in sede europea, che i sindacati hanno fatto per il feticidio.
Nessuno dei vostri lavori è al riparo dal disegno mortale che avanza: se vi hanno detto che imparando a programmare avreste avuto sempre lavoro, provatelo a ripetere alle migliaia di licenziati alla IBM, come in tantissimi altri colossi tecnologici, sostituiti dall’Intelligenza Artificiale.
Nessuno è al sicuro: i grafici, cosa pensano di fare davanti alla presenza di incredibili programmi text-to-image, dove digiti cosa vuoi vedere e ti viene servito in un’immagine perfetta?
Attori, registi, produttori cinetelevisivi, cosa potranno di fronte ai software come Sora di ChatGPT, che promette di generare sequenze video a partire da semplici richieste? Sappiamo che l’ultimo sciopero ad Hollywood verteva su questo, e che già operano società di computer grafica talmente ultrarealista da aver disintermediato regioni immense della filiera.
Domani, cioè già oggi, tocca agli insegnanti. Ai bancari. Ai lavoratori dei fast food. A qualsiasi lavoratore. Alla realtà stessa.
Tuttavia, notatelo, nessun sindacato parla di fermare l’Intelligenza Artificiale. Vi parlano di cambiamento climatico, combustibili fossili, etc.
Lo fanno dopo aver assistito all’assassinio, con il green pass e l’obbligo al vaccino genico, dell’articolo 1 del loro libro sacro, il dogma primigenio della loro religione: ve lo abbiamo detto, non ci credono nemmeno loro.
E quindi, se anche quest’anno un boss sindacale, dinanzi al milione di ebeti ammassati per il concertone del Primo maggio, dovesse d’improvviso farsi scappare di nuovo l’espressione «Nuovo Ordine Mondiale», beh, sappiamo bene di cosa si tratta.
Non c’entrano le ricorrenze druidiche primaverili, qui siamo altrove nel calendario, in un’altra festa importante: sotto sotto, negli auguri ai bravi lavoratori, vi stanno dicendo che arriva il Natale. E che voi siete i tacchini.
Buon lavoro.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
I biofascisti contro il fascismo 1.0: ecco la patetica commedia dell’antifascismo
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Pensiero
«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?
All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.
Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.
«Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».
🗣️ “Apollo, God of sun, and the idea of light, send your rays and light the sacred torch for the hospitable city of Paris. And you, Zeus, give peace to all peoples on earth and wreath the winners of the Sacred Race.”#Paris2024 | @Paris2024 pic.twitter.com/FHMEmJ134U
— The Olympic Games (@Olympics) April 16, 2024
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Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».
Silenzio sacro
Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti.
Le montagne tacciono.
I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano.
Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.
Apollo Dio del sole e dell’idea della luce
manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola
per l’ospitale città di…
E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e
incorona i vincitori
della Razza Sacra
Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.
La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.
È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.
È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…
Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».
Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».
«I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».
LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».
Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.
Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.
La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.
Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».
«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.
«Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».
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Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.
E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?
Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.
Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.
Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.
Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.
Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.
Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.
Roberto Dal Bosco
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