Droga
Pandemia, i decessi per overdose a livelli record in USA

Negli USA i 12 mesi che vanno dall’aprile 2020 all’aprile 2021 hanno registrato un numero record di americani è morto per overdose. Lo rivelano i dati preliminari rilasciati dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC).
Gli oltre 100.000 decessi per overdose (praticamente, una piccola città…) sono quasi il 30% in più rispetto ai 78.000 contati l’anno prima. I record precedenti sono stati quindi frantumati. Come riportato da Renovatio 21, già l’anno scorso era divenuto noto che in USA le morti per overdose superavano quelli segnate come COVID – tanto per capire dove sta l’emergenza.
L’ecatombe è causata in larga parte oppioidi sintetici come il fentanil che è fino a 50 volte più potente dell’eroina, secondo il sito Statista, il quale rileva che secondo i dati CDC oltre il 60% dei decessi per overdose lo scorso anno riguardava oppioidi sintetici .
Gli oltre 100.000 decessi per overdose (praticamente, una piccola città…) sono quasi il 30% in più rispetto ai 78.000 contati l’anno prima
Rispondendo a questa cifra sbalorditiva, mercoledì l’amministrazione Biden ha affermato che amplierà l’accesso a farmaci come il naloxone, che può invertire un’overdose da oppiacei, secondo il New York Times.
I piani dell’anziano presidente finora sono basati sul trattamento, concentrandosi sul recupero o sulle risposte immediate a un’overdose. Non ha menzionato i modi per impedire che la droga fluisca nel paese.
A differenza del suo predecessore, l’attuale inquilino della Casa Bianca nella sua dichiarazione di mercoledì non ha menzionato il ruolo della Cina in questa catastrofe.
La Cina è da ritenersi uno dei responsabili dell’immensa quantità di fentanil che uccide ogni giorno gli americani. L’ex presidente Trump ha spesso criticato l’alto livello di esportazioni cinesi di fentanil o delle sostanze utilizzate per produrlo, che vengono contrabbandate negli Stati Uniti attraverso il Messico.
La Cina è da ritenersi uno dei responsabili dell’immensa quantità di fentanil che uccide ogni giorno gli americani
In questo momento, con il confine meridionale notoriamente «aperto», le quantità di fentanil in ingresso negli USA sono giocoforza aumentate: i cartelli messicani agiscono, tra le altre cose, da muli del composto cinese. Pechino, di suo, consuma una vendetta su un popolo angloide dopo aver subito, nel XIX secolo, l’intossicazione del suo popolo per mano inglese e successive, umilianti, «guerre dell’oppio».
Trump fu il primo a mettere sotto pressione la Cina per la produzione della sostanza mortale.
Già nel 2018, sotto la pressione del presidente Trump, il presidente Xi aveva promesso di rendere il commercio del fentanil un atto criminale, punibile perfino con la pena di morte. Tuttavia, Xi non è riuscito a mantenere questa promessa, cosa per la quale il presidente Trump lo ha puntualmente attaccato.
Nel 2021, l’ente per il controllo dei narcotici Drug Enforcement Administration (DEA) ha sequestrato abbastanza fentanil da uccidere ogni membro della popolazione degli Stati Uniti. Il fentanil, ricordiamolo, ha ucciso i cantanti Prince e Tom Petty, il rapper Mac Miller e Lil Peep, il wrestler Anthony Durante, l’attore Michael K. Williams, la scrittrice Micgelle McNamara e migliaia di altre persone.
Il lockdown pandemico non può che accrescere ancora più questo numero di disperazione individuale e devastazione sociale
La corsa genocida del fentanil ha trovato la strada preparata dalla cosiddetta «opioid crisis»: a causa delle politiche sanitarie corrotte, con l’intreccio tra dottori e Big Pharma (in particolare la Purdue della famiglia Sackler, ma anche Johnson & Johnson è implicata nel disastro), una quantità spropositata di americani sono divenuti dipendenti dagli oppioidi. Professionisti, ragazzini, anziani, madri di famiglia a causa di un banale mal di schiena o mal di denti si sono trasformati in drogati pronti a tutto per una dosa, perché resi dipendenti dalla droga prescritta.
A meno che il governo degli Stati Uniti non possa rallentare e alla fine fermare il flusso di fentanil e altri oppioidi sintetici negli Stati Uniti e nelle strade, il numero di morti probabilmente continuerà ad aumentare.
E il lockdown pandemico non può che accrescere ancora più questo numero di disperazione individuale e devastazione sociale.
Droga
Droga, mafia e rivoluzione: storia e geopolitica tra Stati Uniti e Cuba

La conquista del Messico nel 1848 e la definizione dei confini del nord lasciò campo aperto alla fantasia speculativa del sogno americano verso l’intero continente, ma anche e soprattutto verso l’America Latina. Esistevano ancora alcune realtà in mano a potenze europee come, per esempio, l’Honduras britannico o l’isola di Cuba, ma nel breve arco di alcuni decenni Washington avrebbe una volta per tutte ribadito che le terre del continente non intendevano accettare alcun padrone che non fosse americano.
La manifesta incapacità spagnola di continuare a gestire i propri possedimenti spianò la strada a Washington nella sua volontà di ergersi a potenza imperiale, al pari della ristretta cerchia europea. Quando, a inizio 1898, fu affondata la corazzata USS Maine, inviata in seguito alla rivolta cubana contro la Spagna, il presidente americano McKinley si convinse a intervenire militarmente.
La guerra fu rapida e si estese presto alle altre colonie spagnole. Nel dicembre dello stesso anno, Spagna e Stati Uniti siglavano il Trattato di Parigi, in cui venivano trasferite al controllo statunitense le Filippine, il Portorico e l’Isola di Guam. Successivamente, quando il senato americano approvò il trattato, denominò legalmente le nuove annessioni come territori incorporati, i cui abitanti non avevano diritto di diventare cittadini dell’unione. I nuovi territori acquisiti diventavano in questo modo ufficialmente parte degli Stati Uniti, a differenza dei suoi abitanti che, come accaduto con il Messico esattamente cinquant’anni prima, venivano mantenuti separati dagli statunitensi.
Sostieni Renovatio 21
Il Trattato di Parigi, invece, aveva garantito a Cuba l’indipendenza non consentendone l’annessione agli Stati Uniti. Cuba rappresentava un crocevia importante per la geopolitica statunitense. La sua posizione strategica permetteva di controllare gli stretti di mare all’ingresso del Golfo del Messico, affacciandosi sulle rotte marittime più importanti per gli Stati Uniti, a maggior ragione in seguito all’eventualità della costruzione del canale di Panama.
La volontà americana di mantenere un controllo sull’isola caraibica portò alla creazione di un emendamento militare che vincolava il ritiro dei soldati a precise condizioni: impossibilità per Cuba di allearsi con altre nazioni, contrarre un debito pubblico superiore alle entrate statali, concessione di una base navale agli Stati Uniti, diritto di intervento degli Stati Uniti per preservare l’indipendenza dell’isola e del suo governo allo scopo di garantire la protezione della vita, della proprietà e della libertà individuale.
Nonostante le grandi proteste dei leader cubani per questa palese limitazione politica, nel 1901 l’emendamento venne incorporato nella Costituzione dell’isola caraibica e due anni più tardi fu usato come base dell’accordo bilaterale ratificato dai due Paesi.
Successivamente alla proclamazione della Repubblica cubana vi fu un’ondata di nuovi coloni e affaristi statunitensi tanto che per il 1905 il 60% delle terre dell’isola passò in mano a proprietari non cubani. Con la fine della Seconda guerra mondiale, Lucky Luciano organizzò all’Havana nell’ottobre 1946 un incontro tra i più importanti malavitosi statunitensi dell’epoca.
Lo scopo della riunione era di ricostruire il controllo sul traffico di stupefacenti americano dopo la forzata assenza durante la guerra. L’isola divenne sempre più lo snodo fondamentale per il traffico di droga diretto verso gli Stati Uniti e parallelamente un rinomato centro turistico ricco di hotel di lusso e casinò di proprietà della malavita organizzata.
Nel 1960 Kennedy fu eletto alla presidenza e l’America Latina fu subito individuata come teatro principale in cui era necessario intervenire contro la diffusione del comunismo e per realizzare concretamente le idee dei teorici della modernizzazione. La rivoluzione capitanata da Fidel Castro fu il primo grande campanello d’allarme nel proprio «giardino di casa».
Il rischio, secondo il segretario di Stato nei due mandati di Eisenhower, John Foster Dulles, era che l’egemonia statunitense nell’America Latina venisse per la prima volta apertamente sfidata. Il lento e inevitabile scivolamento diplomatico di Castro verso l’Unione Sovietica, un movimento oscillatorio mosso dall’inasprimento progressivo dei rapporti con gli Stati Uniti, divenne l’inesorabile destino dell’isola. L’improvvisa apparizione sovietica all’interno del giardino di casa, cinquant’anni dopo la vittoria sulla Spagna e il Trattato di Hay-Pauncefote, fece sentire il dorato isolamento americano pericolosamente violato.
Fidel Castro, una volta raggiunto il potere sull’isola, reinstaurò la costituzione del 1940, considerata una delle più progressiste del tempo, che sarebbe andata a sostituire definitivamente quella voluta dagli americani nel 1901. Nonostante Castro si fosse rivolto inizialmente agli Stati Uniti, non incontrò un accordo con John Foster Dulles e finì per accettare giocoforza le offerte arrivate da Mosca.
Alla data del 24 ottobre del 1961 Castro aveva già nazionalizzato, in tre momenti diversi, le raffinerie della Texaco, Shell ed Esso, tutte le banche americane, le società di proprietà statunitense sull’isola, tra cui i vari casinò ed alberghi.
I rapporti diplomatici si interruppero e gli USA continuarono ad alzare la pressione contro i rivoluzionari attraverso un embargo parziale e con operazioni clandestine, la più importante delle quali fu la vicenda della Baia dei Porci, organizzata allo scopo di rovesciare la dittatura di Castro a Cuba. L’operazione militare, già pianificata dal governo Eisenhower e dal capo della CIA Allen Dulles, si trovò in rampa di lancio proprio a cavallo delle elezioni vinte dal democratico Kennedy. Il neoeletto presidente diede il suo assenso all’azione.
L’Intelligence americana si prodigò nel trovare una soluzione sostenendo una manovra militare messa in atto da esuli cubani anticastristi, finanziata e organizzata dagli Stati Uniti. Somoza, alleato principe per la causa anticomunista a stelle e strisce nel continente, si rese immediatamente disponibile e fornì immediato supporto, offrendo la base logistica da cui sarebbero partiti i gruppi paramilitari. Nessun luogo avrebbe potuto offrire miglior postazione strategica che la città di Puerto Cabezas nel Nord della costa atlantica nicaraguense. La sua posizione defilata, inserita in un territorio remoto e poco abitato, e la presenza di una pista d’atterraggio e di una banchina portuale, seppur malconce, creavano la perfetta skyline per farne la base di lancio dell’operazione denominata Happy Valley.
La vicenda della baia dei Porci terminò con un risultato disastroso per il governo Kennedy. La totale disfatta della spedizione, oltre a non sortire l’effetto desiderato, contribuì a incrinare l’immagine vincente degli Stati Uniti. L’inerzia dei rapporti si trascinò fino all’apice della crisi dei missili di Cuba dove venne sfiorata la catastrofe nucleare.
Kennedy e Chruščёv trovarono infine un compromesso nello smantellamento dei missili nell’isola caraibica (ma non per la base americana di Guantanamo) e segretamente per le basi americane in Turchia e in Italia.
La formazione dell’esercito irregolare di cubani anticastristi che da quel momento vennero utilizzati nella guerra segreta per l’uccisione del Líder Máximo Fidel Castro e di alti esponenti del governo rivoluzionario caraibico porto anche un’altra conseguenza. Come scrive Doug Valentine in The Strenght of the Pack, già con l’Office of Strategic Service, antenato della CIA, vennero utilizzati diversi drug smugglers come assassini, spie e corrieri.
La cosiddetta Cuban Brigade, forte di un numero di oltre 1400 esuli, venne utilizzata dagli anni Sessanta in avanti per portare avanti ogni forma di operazione coperta. In cambio soprattutto dell’attività di sicari, inviati ovunque ve ne fosse bisogno, i membri di questo gruppo paramilitare beneficiavano di un rapporto privilegiato con i servizi americani. Grazie alla loro fedeltà alla causa anticomunista godettero di uno speciale cono d’ombra sulle loro attività parallele di organizzazione del narcotraffico soprattutto verso l’immenso, e mai sazio, mercato statunitense.
Nel 1980, poi, Castro liberò le prigioni e un’ondata di nuovi esuli cubani anticastristi esondò verso la Florida a riempire le fila delle brigate. Parallelamente alle attività pro-rivoluzionarie dei cubani castristi in America Latina, alla rivoluzione sandinista, alla mobilitazione del Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN) in El Salvador, alla formazione dei Contras, alla gestione di Panama di Torrijos prima e di Noriega poi, la ricerca di fondi, più o meno leciti, era costante.
Come conseguenza di questi anni febbrili, l’afflusso di cocaina verso gli Stati Uniti negli anni Ottanta del Novecento raggiunse picchi mai visti prima.
Marco Dolcetta Capuzzo
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Droga
Narcocartelli messicani usano droni armati contro pattuglia di frontiera USA

The New Juárez Cartel (NCDJ) carried out a drone strike on Mexican soldiers, killing 3 and injuring a general.
Mexico isn’t “on the brink” of war it’s already lost. The cartels own the battlefield, and the government is just a spectator. The only thing that stops this from… pic.twitter.com/bO2iNMZOMp — TexanonX™ (@TexanonX) February 4, 2025
The threat from the Cartel to American Safety cannot be more evident, THIS IS A WAR!
Drone footage of cartel warfare is ‘indicative’ of danger still present at border, says Rep. Chip Roy Roy said that the knowledge that cartels own drones with weapon capabilities ‘open[s] up a… pic.twitter.com/ffat5QRu8A — Dennis Emmitt (@DennisREmmitt) February 5, 2025
#Mexico 🇲🇽: A new video posted “MF” Cartel members operating Explosive-laden drone in #Zacatecas.
Cartel members displays a DJI Drone which is armed with an air-dropped Improvised (locally-made) Grenade —which will likely be used against #CJNG members. pic.twitter.com/9pxnm045ct — War Noir (@war_noir) January 23, 2025
Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Big Pharma
Strage degli oppioidi, la famiglia Sackler sigla un accordo da 7,4 miliardi di dollari per i risarcimenti

Purdue Pharma e i suoi proprietari, la famiglia Sackler, hanno raggiunto un nuovo accordo da 7,4 miliardi di dollari per risolvere migliaia di cause legali relative al farmaco antidolorifico oppioide Oxycontin.
L’accordo è stato raggiunto quasi sette mesi dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva annullato un accordo precedentemente negoziato che avrebbe garantito ai Sackler ampia immunità dalle azioni legali in cambio di un risarcimento di 6 miliardi di dollari.
La Corte Suprema ha annullato l’accordo sostenendo che i Sackler non avevano diritto alle tutele legali destinate a favorire i debitori falliti.
Il nuovo accordo non proteggerà Purdue o i Sackler da ulteriori azioni legali da parte di stati, governi locali o singole vittime della crisi degli oppioidi.
L’accordo è stato negoziato da 15 stati, tra cui New York, California, Connecticut, Oregon, Texas, Florida e West Virginia. Ad altri stati verrà chiesto di firmare l’accordo, che diventerà definitivo solo quando sarà approvato da un giudice fallimentare statunitense.
Si ritiene che la crisi degli oppioidi abbia causato circa 700.000 vittime in due decenni. Il ruolo dei Sackler nella crisi è stato esplorato nel bestseller Empire of Pain di Patrick Radden Keefe.
La Purdue ha dichiarato bancarotta nel 2019, dopo aver dovuto affrontare migliaia di cause legali che accusavano la società e la famiglia Sackler di aver utilizzato un marketing ingannevole per aumentare le vendite dei suoi farmaci antidolorifici che creano dipendenza, tra cui l’Oxycontin.
L’azienda si è dichiarata colpevole di accuse di frode e di falsificazione del marchio relative alla commercializzazione di OxyContin nel 2007 e nel 2020. Sebbene i membri della famiglia Sackler abbiano espresso il loro «rammarico» per il ruolo di Oxycontin nella crisi degli oppioidi, non hanno mai ammesso di aver commesso illeciti.
Il procuratore generale del Connecticut William Tong ha affermato che il nuovo accordo contribuirà a dare una conclusione alle vittime della crisi degli oppioidi.
«Non è solo una questione di soldi», ha detto Tong. «Non ci sono abbastanza soldi al mondo per fare le cose per bene».
Come riportato da Renovatio 21, la diffusione mortale di sostanze come fentanil e ira anche in carfentanil pare essere un corollario della cosiddetta «crisi degli oppioidi» ingenerata dalle prescrizioni mediche spinte con forza dalla multinazionale farmaceutica Purdue, con un arricchimento tale da rendere la famiglia ebrea che ne è a capo, i Sackler, una delle più abbienti degli USA.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Guian Bolisay via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
-
Pensiero2 settimane fa
Controrivoluzione di Trump contro la tirannide del Nuovo Ordine Mondiale: mons. Viganò, lettera ai cattolici degli USA
-
Pensiero1 settimana fa
Tachipirina no-vax e vigile Speranza: siamo molto, molto oltre Orwell
-
Geopolitica2 settimane fa
Le élite occidentali sacrificheranno i loro cittadini in una guerra atomica inevitabile: parla il politologo Karaganov
-
5G2 settimane fa
Aumento dell’aggressività e delle allucinazioni tra gli adolescenti legate all’uso del cellulare
-
Pensiero2 settimane fa
Cosa può aver capito Marco Travaglio dell’era Trump?
-
Predazione degli organi1 settimana fa
DCD, la nuova frontiera della predazione degli organi
-
Immigrazione6 giorni fa
Sospesi i fondi USA per i gesuiti immigrazionisti: un messaggio di Trump a Bergoglio e alla Deep Church?
-
Politica2 settimane fa
Giornalista francese che sostiene che Brigitta Macron sia un uomo chiede asilo in Russia