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Bioetica

La vera storia del Comitato Nazionale di Bioetica – terza parte

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Dopo la prima parte, pubblicata lo scorso 9 novembre, e la seconda parte, pubblicata lo scorso 26 novembre, Renovatio 21 continua il progetto di tracciare l’evoluzione della bioetica italiana e della sua principale istituzione governativa – il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) – con questa terza intervista al professor Luca Marini, docente di diritto internazionale alla Sapienza di Roma, che del CNB fu membro dal 1996 al 2014 e ebbe anche il ruolo vicepresidente.

 

 

 

Professor Marini, nella nostra intervista conclusiva sulla storia della bioetica italiana passiamo a esaminare i contenuti del dibattito bioetico, che taluni nel tempo hanno giudicato particolarmente poveri, nonostante gli oltre trent’anni di vita del CNB.

Difficile dare completamente torto a chi muove questa critica, anche perché è sotto gli occhi di tutti che il dibattito bioetico, in Italia, si è avvitato principalmente sui temi di inizio-vita e di fine-vita. E lo ha fatto seguendo supinamente, e non anticipando, i fatti. Per circa dieci anni, dal 1997 al 2007, non si è parlato altro che di embrione; dal 2007 fino alla chiusura de facto del dibattito stesso, di testamento biologico. Molto ci sarebbe da dire su queste scelte, e su queste date.

 

Diciamolo, allora.

Dal punto di vista dei contenuti, va appena ricordato che si è trattato di argomenti altamente politicizzati e chiaramente divisivi. Anticipando di gran lunga l’affaire COVID, il dibattito bioetico ha alimentato confronti e divisioni fondate su basi culturali, ideologiche, dogmatiche o addirittura confessionali ben al di là, e al di fuori, delle evidenze scientifiche. Per i temi di inizio-vita è apparsa subito chiara la contrapposizione tra i cattolici difensori della vita umana fin dal suo concepimento e i laici fautori della libertà di ricerca a ogni costo, anche a discapito della vita dell’embrione; per i temi di fine-vita, questi due schieramenti si sono battuti, rispettivamente, per la dignità del morente e per l’autodeterminazione del paziente. Peccato che tutte queste belle formule, concepite esclusivamente nell’ottica della loro spendibilità politica, celassero biechi interessi economici che né i cattolici né i laici hanno mai messo in evidenza: e che soprattutto non hanno efficacemente contrastato.

E quali sarebbero questi interessi economici celati dalla politicizzazione della bioetica?

Per l’inizio-vita, le evidenti implicazioni tecnologiche e commerciali, anzitutto sul fronte farmacologico, di eventuali progressi scientifici derivanti dalla ricerca sulle cellule staminali embrionali; per il fine-vita, i costi dell’assistenza ai malati terminali e la possibilità di utilizzare i soggetti cerebralmente morti quali serbatoio di organi a fini di trapianto, obiettivo quest’ultimo molto più difficile da realizzare se il criterio di accertamento della morte dipendesse ancora dalla dimensione cardio-respiratoria. Sorvolo, infine, sulle ricadute economiche collegate e conseguenti allo sviluppo di carriere personali o di filiere di potere scientifico, accademico, comunicativo, mediatico e culturale sui temi in questione.

E per quanto riguarda la successione di date di cui parlava poco fa?

Semplicissimo. Nel 2007 venne approvato il VII Programma Quadro di ricerca scientifica dell’Unione Europea che, per la prima volta, finanziò le ricerche che utilizzavano cellule staminali isolate o stoccate prima di una certa data, con ciò cristallizzando le posizioni di monopolio non solo scientifico degli Stati che avevano avviato per tempo quel tipo di ricerche e facendo calare il sipario sul dibattito in difesa della vita embrionale, nonché sulle ragioni propugnate dai cattolici. Non è un caso, quindi, che solo a partire dal 2007 si sia cominciato a discutere di fine-vita, anche se il dibattito bioetico aveva ormai le ore contate: complice la crisi economica, si sarebbe estinto di lì a breve.

In effetti, una volta si parlava spesso del CNB su giornali e in TV. Oggi pare che sia sparito… è perché oramai la Bioetica ora dà solo e sempre semafori verdi su qualsiasi questione?

Se fa riferimento al CNB, non mi pronuncio; se fa riferimento al dibattito bioetico in generale, come darle torto? Solo per fare un esempio recente, pensi alla vicenda COVID: non un solo bioeticista, di qualsivoglia colore politico od orientamento cultural-religioso, si è alzato in piedi per denunciare la violazione sistematica dei principi di precauzione e di consenso informato che è stata perpetrata durante la cosiddetta campagna vaccinale.

Per chiudere col CNB, come vede la sua nuova composizione, approvata in questi giorni?

Non la conosco. Ho solo letto che il nuovo presidente è un rappresentante del mondo della medicina, scelta che sicuramente dovrebbe far riflettere in un momento, come quello attuale, in cui molti auspicano invece la «demedicalizzazione» della società e la profonda revisione del concetto stesso di progresso tecno-scientifico, allo scopo di assicurare senza infingimenti il primato dell’uomo sulla scienza e la società e non viceversa.

Ma allora, secondo lei, cosa si deve fare in Italia per tornare ad avere una guida morale su temi bioetici, che oggi più che mai – pensiamo ai vaccini, al Green Pass, ora alla pretesa emergenza climatica – condizionano le vite dei cittadini?

Questa domanda non deve rivolgerla a me, ma ai cittadini che continuano a tollerare che in tutti i campi, a ogni livello, esistano macroscopici conflitti di interesse. Penso ovviamente alle responsabilità storiche che politica e media si sono accollate con la vicenda COVID, ma anche al mondo scientifico e accademico, che continua a essere presentato e percepito come un mondo di studiosi ispirati dal lume della scienza e che, invece, come sa chiunque vi lavori, è uno snodo cruciale tra lobby scientifiche, tecnologiche, industriali, commerciali, comunicative e istituzionali. Fintantoché questa situazione non cambierà, quale spazio vuole che residui per l’etica e la bioetica?

 

 

 

 

Vedi anche

La vera storia del Comitato Nazionale di Bioetica – prima parte

La vera storia del Comitato Nazionale di Bioetica – seconda parte

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Bioetica

La città russa di Ivanovo mostrerà gli embrioni alle donne che vogliono abortire

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Le cliniche prenatali nella città di Ivanovo, nella Russia occidentale, cercheranno di dissuadere le donne dall’aborto mostrando loro modelli di embrioni nella vita reale, hanno riferito i media locali. L’iniziativa arriva mentre la Russia mira a migliorare il suo tasso di natalità per affrontare una popolazione in calo.

 

Tre cliniche della città avrebbero ricevuto set contenenti cinque modelli che rappresentano le fasi di sviluppo che attraversano i feti durante i primi tre mesi di gravidanza. I set sono stati donati da una coppia sposata che ha preferito rimanere anonima, ha scritto mercoledì il portale di notizie di Ivanovo Kstati.news. L’iniziativa è sostenuta dalle autorità sanitarie locali, ha aggiunto l’emittente.

 

Le ostetriche mostreranno i set alle donne che stanno pensando di interrompere la gravidanza come parte di una visita pre-aborto obbligatoria. Inoltre, per legge, qualsiasi donna che desideri abortire in Russia deve attendere una settimana prima di sottoporsi alla procedura.

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L’aborto è legale in Russia ed è coperto dal sistema sanitario nazionale. La gravidanza può essere interrotta fino a 12 settimane di gestazione su richiesta della donna, fino a 22 settimane per motivi sociali come il risultato di uno stupro o in caso di morte del marito, e in qualsiasi fase per motivi medici.

 

Il tasso di aborto nel Paese è diminuito in media del 6% ogni anno, secondo le statistiche ufficiali. Nel 2022, sono state registrate circa 38 interruzioni di gravidanza ogni 100 nascite.

 

Il capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca di Mosca Cirillo, l’anno scorso ha descritto il tasso di aborto come un «disastro nazionale». La chiesa ortodossa respinge l’argomentazione secondo cui l’interruzione di gravidanza dovrebbe essere consentita finché l’embrione non raggiunge un certo stadio di sviluppo.

 

«L’aborto distrugge il futuro», aveva tuonato nove mesi fa il patriarca di Mosca e di tutte le Russie.

 

Il presidente russo Vladimir Putin si è rifiutato di sostenere le richieste di un divieto totale degli aborti. Invece, ha ripetutamente parlato della necessità che il governo incoraggi le famiglie russe ad avere più figli. Diverse misure adottate dallo Stato russo, negli ultimi anni, vanno in questa direzione.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’intenzione di non vietare l’aborto era stata reiterata pochi mesi fa dalla presidente della Camera alta del Parlamento russo, Valentina Matvienko.

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Come molte altre regioni russe, anche Ivanovo ha registrato negli ultimi anni un costante calo demografico, con un tasso di mortalità che ha superato di due o tre volte quello di natalità.

 

Secondo le statistiche ufficiali, l’anno scorso il tasso di natalità in Russia è crollato al livello più basso dal 1999. Uno studio recente condotto dal centro di analisi macroeconomica CMASF ha suggerito che la tendenza potrebbe tradursi in un calo significativo della popolazione e portare a vari problemi per l’economia.

 

Migliorare la situazione demografica e raggiungere una crescita sostenibile dei tassi di natalità è una questione di vita o di morte per la Russia, ha affermato all’inizio di quest’anno il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.

 

La Repubblica di Mordovia l’anno scorso è divenuta ufficialmente la prima della Federazione a vietare ufficialmente la promozione dell’aborto.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo deputati russi stanno avanzando una legge che etichetta l’ideologia dei «senza figli» come «estremista» e per questo perseguibile.

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Bioetica

Ex presidente argentino accusato di aver costretto la moglie ad abortire

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Mercoledì 30 dicembre 2020, il Senato argentino ha approvato una legge che legalizza l’aborto. Dopo una sessione maratona di 12 ore, i legislatori hanno votato 38-29 (con un’astensione) per consentire l’aborto su richiesta fino a 14 settimane e, dopo tale data, in caso di stupro o pericolo per la vita della madre.   «Nel giro di una notte, l’Argentina è passata dall’essere una roccaforte pro-life a uno dei regimi abortivi più permissivi del continente» scrive LifeSiteNews.   Solo due anni prima, i legislatori avevano votato 38 a 31 contro la legalizzazione dell’aborto dopo un dibattito durato oltre 15 ore; nei mesi precedenti al voto, i pro-life avevano una «Giornata nazionale di azione», più di 3 milioni di pro-life si erano radunati in tutto il Paese.

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Tuttavia nel 2019, il candidato di sinistra Alberto Fernández è stato eletto presidente e ha giurato di legalizzare l’aborto.   «L’aborto sicuro, legale e gratuito è ora legge», aveva twittato il Fernández dopo il voto. «Oggi siamo una società migliore che amplia i diritti delle donne e garantisce la salute pubblica». Gli attivisti pro-life sospettavano che Fernández avesse lavorato duramente per spingere i legislatori a legalizzare l’aborto con ogni mezzo necessario.   «Da allora, abbiamo scoperto molto che fa luce sulla visione di Fernández dei “diritti delle donne”» scrive Jonaton Van Maren su LifeSite. «All’inizio di questo mese, l’ex First Lady Fabiola Yanez ha presentato una denuncia legale contro l’ex presidente, che ha lasciato l’incarico nel 2023. Sostiene che Fernández l’ha picchiata durante il suo mandato».   Il presidente Javier Milei, il libertario pro-life che lo ha sostituito, ha immediatamente evidenziato «l’ipocrisia progressista» dei politici di sinistra che predicavano «la truffa che chiamano “politiche di genere”» mentre si comportavano in modo spaventoso nella loro vita privata.   Oltre alla presunta violenza domestica, che includerebbe violenti schiaffi e un occhio nero, è stato anche rivelato che il paladino «pro-choice» Alberto Fernández avrebbe anche costretto la moglie ad abortire.   Mentre testimoniava al consolato argentino di Madrid, in Spagna, l’ex giornalista 43enne ha accusato l’ex presidente di «violenza riproduttiva» per averla costretta ad abortire nel 2016. Yanez afferma di aver provato sia «sorpresa» che «gioia» quando è rimasta incinta, ma Fernández ha avuto una reazione diversa.   Fernández le avrebbe fatto subito pressione perché abortisse, dicendole senza mezzi termini: «Dobbiamo risolvere la cosa. Devi abortire».   «Questa volta, riguardo al nostro bambino non ancora nato, mi ha detto: “Questo non può succedere, sono sotto shock”» ha dichiarato la Yanez. Poi, dice la donna, ha iniziato a «ignorarla completamente». Alla fine, lei ha ceduto alle sue pressioni e ha abortito. Ora dice che è stata «la decisione peggiore».   L’arrivo dell’aborto in Argentina è stato segnato da battaglie non indifferenti, talvolta con orde urlanti di femministe nude che attaccavano chiese, difese solo da catene umane di fedeli che recitavano il rosario mentre donne discinte ed inferocite lanciavano loro contro di tutto.      

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Come riportato da Renovatio 21, l’attuale presidente argentino, Milei, si è detto a più riprese nemico dell’aborto, al punto da ribadirlo anche sul palco del World Economic Forum di Davos.   Il partito del presidente, La Libertad Avanza, a inizio anno ha presentato un disegno di legge per la proibizione di tutti gli aborti in Argentina.   Nel frattempo il Paese registra casi di dottori incarcerati per aver rifiutato di procurare aborti.   L’anno scorso la Corte Suprema messicana ha depenalizzato il feticidio. Tuttavia in altri Paesi sudamericani la pratica resta vietata. Di fatto, non è possibile uccidere legalmente la propria prole in El Salvador, Honduras, Nicaragua, Haiti e nella Repubblica Dominicana.

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Trump chiarisce che voterà «no» all’emendamento radicale pro-aborto della Florida

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L’ex presidente e candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump ha confermato venerdì pomeriggio che voterà contro un emendamento per sancire l’aborto su richiesta nella Costituzione della Florida, un giorno dopo aver lasciato intendere che lo avrebbe sostenuto.

 

Giovedì, dopo mesi in cui si è rifiutato di condividere la sua opinione sull’emendamento e ha previsto che avrebbe avuto successo, Trump si è attirato l’indignazione dei pro-life già sgomenti quando ha detto alla NBC News: «penso che le sei settimane siano troppo poche, ci deve essere più tempo», riferendosi al divieto di aborto basato sul battito cardiaco imposto dallo Stato, e che avrebbe “votato che ci servono più di sei settimane».

 

La dichiarazione del candidato repubblicano ha provocato un’ondata di dichiarazioni sui social media e trasmesse agli attivisti pro-life da parte di pro-life che non avrebbero più votato o fatto volontariato per Trump, spingendo la campagna a rilasciare rapidamente una dichiarazione in cui si afferma che «il presidente Trump non ha ancora detto come voterà sull’iniziativa referendaria in Florida, ha semplicemente ribadito che ritiene che sei settimane siano troppo poche».

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Il chiarimento ha dato qualche speranza ai pro-life, scatenando speculazioni sul fatto che l’ex presidente potrebbe non essere stato a conoscenza dei dettagli dell’emendamento. Il giorno dopo, ha detto a Fox News, «i democratici sono radicali, perché i nove mesi sono semplicemente una situazione ridicola. Tutte queste cose sono inaccettabili. Quindi, voterò no per questo motivo».

 

L’emendamento 4, il cosiddetto «Emendamento per limitare l’interferenza del governo con l’aborto», afferma che «nessuna legge proibirà, penalizzerà, ritarderà o limiterà l’aborto prima della vitalità o quando necessario per proteggere la salute del paziente, come determinato dal medico curante del paziente».

 

Se promulgato, l’emendamento richiederebbe che l’aborto fosse consentito per qualsiasi motivo prima della «vitalità» fetale e renderebbe i divieti successivi alla «vitalità» di fatto privi di significato, esentando qualsiasi aborto che un abortista afferma essere per motivi di «salute».

 

L’emendamento apparentemente afferma che «non modifica l’autorità costituzionale della legislatura di richiedere la notifica a un genitore o tutore prima che un minorenne aborti». Ma il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis ha avvertito che «c’è una differenza tra consenso e notifica. La notifica è successiva al fatto. Il consenso è ovviamente una condizione precedente. L’hanno fatto perché sanno che andare contro i diritti dei genitori è una vulnerabilità».

 

L’opposizione di Trump all’emendamento è un sollievo per molti pro-life, anche se non placa del tutto il malcontento nei confronti della sua opposizione alle protezioni federali per i nascituri da lui precedentemente sostenute, del sostegno all’invio per posta di pillole abortive negli Stati pro-life da assumere senza controllo medico e della nuova proposta di rendere obbligatoria la copertura assicurativa per i trattamenti di fecondazione in vitro.

 

Finora, gli sforzi di Trump per corteggiare i moderati pro-aborto non hanno avuto successo. Le aggregazioni di sondaggi di RealClearPolitics e RaceToTheWH mostrano che Harris continua a mantenere il vantaggio iniziato subito dopo aver sostituito il presidente Joe Biden come candidato presuntivo dei Democratici, sia nel voto popolare nazionale che nel Collegio elettorale.

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