Pensiero
La bandiera rossa dello spirito trionferà

Il 9 maggio sulla Piazza Rossa, la parata per la Vittoria della Russia nella Grande Guerra Patriottica (la nostra Seconda Guerra Mondiale), è stata anche quest’anno piena di bandiere rosse, di stelloni purpurei, di falci e martello.
Anzi, quest’anno più che mai. Le immagini hanno la potenza che riconosciamo ogni anno: un Paese unito, un esercito forte, una celebrazione vera. Da una decina d’anni si è aggiunto un rito ancora più profondo, quello del Bessmertnyj polk, il«reggimento immortale»: il popolo sfila portando con sé foto ingrandite dei propri famigli che hanno fatto la guerra. Era iniziata come una cosa spontanea a Tomsk, ora è in tutte le città del mondo, e a Mosca il corteo lo apre Putin con la foto di suo padre.
Un tempo la parata era percepita dall’Occidente con inquietudine ed orrore. Nel romanzo La Talpa di Le Carré, è descritto come l’Intelligence britannico analizzasse ogni singolo fotogramma dell’evento, per comprendere soprattutto le dinamiche oscure tra i vertici del Cremlino. Era un momento oscuro, critpico, pericoloso quanto lo era l’Unione Sovietica.
Oggi, per me, tutto è cambiato. Guardo alla parata come ad un grande spettacolo sincero, rispettoso, sommamente edificante. Assaporo la bellezza marziale dei soldati. Ammiro la tecnologia bellica n metallo verde che sfila tra rulli di tamburo. Godo nel vedere la bava alla bocca degli occidentali che non si capacitano del gesto di Shoigu – che tecnicamente dovrebbe essere buddista – che quando passa sotto l’icona della Vergine si toglie il cappello e si fa il segno della croce.
E poi, jet supersonici, prodotti completamente tra i confini nazionali, solcano il cielo.
Penso, soprattutto, che non abbiamo niente del genere, noi. Non solo in Italia. Mi salgono alla mente le immagini dei poveri veterani americani d’Iraq, a cui magari fanno una sfilata a Disneyland, dove fanno ciao in divisa a fianco di un tizio con in testa una gigantesca, inquietante maschera di Topolino.
E poi, rivedo tutte quelle bandiere rosse. La falce e il martello dappertutto. Per decenni erano state, per me anticomunista sin da ragazzino, simboli di pericolo, di disagio, di sottosviluppo, di mancanza di consapevolezza. Piano piano, questa percezione sta cambiando.
Perché la bandiera rossa, la falce e martello, l’URSS non rappresentano più il comunismo. Non rappresentano più il trionfo di un’idea materialistica che ciecamente cerca di sottomettere la Storia – rappresentano l’esatto contrario. Rappresentano una forza spirituale. Rappresentano non idee, ma anime – quelle di milioni di persone, morte e vive, che si sentono ancora unite, e che, come stiamo imparando, non intendono essere cancellate dal mondo moderno.
Ciò che rappresenta ora la Russia, con tutti i suoi simboli antichi o antichissimi, è perciò qualcosa che non ha confini geografici.
Ho iniziato a sentire che non avevo più la ripulsa nei confronti della bandiera rossa vedendo i video dei carri russi, dove è esposta assieme alla bandiera della Russia degli Zar.
La comprensione di ciò che stava succedendo era immediata: nell’anima russa, la storia sanguinaria del dissidio tra i due concetti di Stato, la monarchia imperiale e l’impero sovietico, era stata riassorbita in nome di qualcosa di più grande: la continuità. La continuità di qualcosa di più grande della catastrofe nel Novecento, qualcosa di più grande perfino della Storia.
Cosa può essere più grande della Storia? Rispondiamo: lo spirito.
Lo spirito della Russia si manifesta terrorizzando il mondo moderno. Lo spirito è ciò che permette alla Russia di procedere nonostante il progetto infame di renderla il paria delle nazioni, le sanzioni, i boicottaggi, le umiliazioni, il ladrocinio di miliardi della Banca Centrale russa programmato da Draghi, Yellen e Von der Leyen.
Lo spirito è ciò che permette di discernere il Bene dal Male: e quindi chiamare i tatuati runici con il loro nome, cioè nazisti.
Lo spirito è ciò che permette di prendere decisioni così enormi come quella dell’Operazione Z.
La storia procede dallo spirito, e non viceversa.
Così come la forza discende dalla mente: se volete vedere il contrario, guardate ai nazisti che comandano l’Ucraina, spegnendo ogni negoziato, grazie alle armi che stiamo loro regalando.
Così come l’economia procede dalla politica, i mercanti sono sottomessi al potere del Re: e se volete vedere il contrario, guardate all’oligarcato ucraina che mette al vertice dello Stato un pupazzo, mentre nella Russia di Putin si spera che si sia capito cosa è stato della boria oligarchica.
Lo spirito, non le seimila testate atomiche, sono ciò che in questo momento rende la Russia una superpotenza. La possibilità di mandare dei ragazzi – purtroppo – a morire senza raccontare loro, come è successo a migliaia di giovani americani morti tra deserti e colline brulle, colossali menzogne dettate da interessi economici e politici immorali e sanguinari.
Lo spirito, non gli stipendi e l’odio esoterico, sono ciò che tiene unito un gruppo umano. Al di là dello Stato, la comunità delle anime. Al di là del voto, la preghiera.
Ciò mi è diventato lucidamente visibile nel caso della babushka con, appunto, la bandiera rossa. Avete presente: la vecchina che esce a salutare i soldati pensando che fossero russi, ma invece erano ucraini, e quindi rifiuta il cibo che le offrono quando li vede calpestare la bandiera rossa.
«Quella che sta calpestando è la bandiera per cui i miei genitori sono morti»…
La babushka Z ora in Russia ha già monumenti e opere d’arte che la ritraggono. La profondità della sua storia, raccontata in un video di neanche un minuto, è stata istantaneamente compresa da milioni di persone.
Renovatio 21 ne ha scritto, e ha pure sottotitolato il video che gli ucraini, in un gesto che mostra la totale mancanza di spirito, avevano mandato in rete.
Non ho realizzato subito che cosa davvero mi colpiva di questa scena. Riguardandola, ho capito.
È quello che, brandendo il bandiera rossa, la nonnina – tecnicamente ucraina – aveva detto subito andando incontro ai soldati che pensava russi.
«Abbiamo pregato per voi, per Putin e per tutto il nostro popolo».
Preghiere. Parlava di qualcosa che non è ideologia, non è materialismo, non è nazionalismo. Parlava dello spirito.
Pensateci: quello che sembra dire la nonnina, è che per anni, conservando lì a fianco la bandiera rossa, lei e i suoi famigli, come in una catacomba ucraina, hanno pregato.
Non solo hanno pregato: lo dicono pure, finalmente, a quelli che credono i loro liberatori. Chi è dall’altra parte, non può capire: e di fatto sghignazza, bullizza, umilia, oltraggia simboli e persone – lontano dalla via dello spirito e dalla sua forza infinita, che può vivere e moltiplicarsi dentro i rosari di una vecchina.
Questa è, in ultima analisi, la radice del conflitto in corso.
Da una parte, il mondo delle banche e della sorveglianza totale, dell’uomo-macchina e della pornografia alfanumerica, dei servi neonazisti del Grande Reset.
Dall’altra, l’umanità che rifiuta di cedere, rifiuta di smettere di pregare, rifiuta di separarsi dallo spirito.
Perché lontani dal cammino dello spirito, stiamo vedendo cosa può succedere agli esseri umani. Menzogne. Torture e assassinii di inermi. Tradimenti. Madri che vengono canzonate per la morte del figlio. Crudeltà. Paganesimo. Cannibalismo.
Ecco la fine del Logos, ecco l’uomo divenuto bestia e pupazzo, pasto per i demoni e oggetto di sacrificio al Niente.
Lontano dallo spirito, c’è il collasso della Civiltà.
Ecco perché la bandiera rossa oggi dice un’altra cosa, e ci parla di un mondo che va protetto, e non resettato; amato, e non distrutto. Un mondo per cui pregare Dio senza mai pensare di sostituirsi a Lui. Un mondo che non dobbiamo stancarci di chiedere a Dio di salvare.
Le nonnine che ancora pregano sono forse la più grande vittoria che deve celebrare la Russia.
Ecco perché la bandiera rossa dello spirito, alla fine, trionferà.
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Il ritorno della diplomazia vaticana. A papa morto

Renovatio 21 ha spesso sottolineato che una delle tragedie del papato bergogliano è stata senza dubbio la perdita del prestigio diplomatico.
Quello che una vola era un canale di comunicazione saldissimo ed affidabile tra nazioni terrestri – al punto che il Giappone nei primi mesi del 1945 cercò di attivare la Santa Sede per trattare la pace con gli americani, procedimento che per qualche ragione si arenò cagionando la distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki – era ridotto ad una pantomima superficiale, vuota, sbagliata, come nello stile dell’argentino.
La fine del rispetto internazionale per il Vaticano come paciere mondiale è stata incontrovertibile. Lo abbiamo visto negli insulti del romano pontefice ad alcune etnie russe (si è dovuto poi, molto ineditamente per un papa, scusare), agli elogi agli stessi russi (per i quali Kiev e baltici), nelle conferenze stampa aeree dove è sembrato che Bergoglio millantasse iniziative di pace improbabili, nei viaggi a vuoto del cardinale Zuppi (ahimè, ora tra i papabili) a Kiev, dove il governo ha perennemente ignorato e schernito il Sacro Palazzo, persino quando vi è stato ospite. Per non parlare dei disastri con la Cina dove il Partito Comunista Cinese, valutato il peso internazionale del vaticano bergogliano, vìola impunemente gli accordi nominandosi da sé i vescovi, senza ovviamente incorrere in scomunica, e continua senza requie nella persecuzione dei veri vescovi, chiamati per qualche ragione «sotterranei»..
Eppure, sabato mattina una scena di potenza immane si è materializzata ai margini dei funerali papali: Trump ha incontrato Zelens’kyj tra i marmi della Basilica, sedendosi sulle due seggiole messe lì per loro. L’immagine, subito ripubblicata dai canali del presidente statunitense, ha fatto il giro del mondo.
President Trump sat down to meet privately with Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy in St. Peter’s Basilica in Vatican City this morning. pic.twitter.com/QChPiZRKzM
— The White House (@WhiteHouse) April 26, 2025
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Alcuni ora stanno scrivendo che nel vertice di pace estemporaneo è stato snobbato Macron, che ronzava da quelle parti interessato. Così come Starmer, che pure era lì – e, ovviamente, Giorgia Meloni. La quale, ci sovviene, è romana.
Non è chiaro cosa uscirà dalla scena. Alcuni nella stampa mainstream scrivono che Trump, notoriamente avverso all’ucraino, si sarebbe rabbonito. Lo Zelens’kyj, dicono, avrebbe chiesto ancora armi. Tanto per cambiare. A San Pietro, poi – non una cosa che scandalizza il lettore di Renovatio 21, che ricorderà quando Parolin parlò del diritto agli armamenti poco prima che Bergoglio fece quel suo bizzarro rito fatimoide – quello che su queste colonne abbiamo descritto come «consacrazione a mano armata». Il segretario di Stato, il lettore lo sa, ora è nelle prime corsie per lo sprint verso il Soglio petrino.
Tuttavia, nessuno dei retroscena è in realtà importante.
Perché è innegabile la bellezza, la giustizia di questa immagine. Questi pretini, monsignori, belli e sorridenti che portano le sedie. E quei due, qualsiasi cosa si possa pensare di loro, che si mettono a parlare, nel pieno centro della cristianità. Hanno parlato, per forza di cose, di pace. Ciò è bellissimo, ciò è giusto.
Behind Scenes, Vatican City—President Trump sat down to meet privately with Volodymyr Zelenskyy of Ukraine this morning in St. Peter’s Basilica… pic.twitter.com/zzC78AgbNh
— Dan Scavino (@Scavino47) April 26, 2025
Qualcuno dirà: la solita trovata, perfetta, di Trump. Optics. Look. PR – è comunicazione visuale, lui è un maestro, a partire dall’insistenza diacronica per il ciuffo sintetico, inconfondibile, immediato. Non saprei dire: l’ultima volta che aveva saputo ingenerare un’immagine di tale potenza forse Dio stesso gli aveva dato una mano: quando gli spararono e lui alzò il pugno al cielo col volto rigato di sangue e la bandiera USA che garriva sopra di lui.
Il Vaticano quindi pare essere tornato, brevemente, estemporaneamente, involontariamente, il vero luogo della diplomazia, e della pace globale. Dio, la tradizione cattolica – quella per cui questa micrologica monarchia teocratica, per quanto acciaccata, è ancora nella mente e nel cuore di tutta l’umanità e dei suoi leader – lo hanno permesso.
Una preghiera acciocché torni quel tempo dove il centro del mondo coincideva con il centro del suo spirito. Solo da lì si può ricostruire l’equilibro.
Solo ricostruendo la Chiesa si potrà avere la vera pace.
Make Vatican Great Again. Ma sul serio.
Roberto Dal Bosco
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Pensiero
Buon San Marco: il leone per i nostri lettori, l’asino della favola di Angleton per tutti gli altri

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James Jesus Angleton. Immmagine CC0 via Wikimedia
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Pensiero
Voi che uccidete Dio. E noi che lo permettiamo

Accuso voi che avete ucciso Dio quasi duemila anni fa, e che continuate a farlo ogni mese, ogni giorno, in ogni istante.
Voi uccidete Dio, nella costanza dell’Impero della morte di cui siete schiavi e soldati, e non volete smettere di farlo – perché molti di voi sanno esattamente quello che stanno facendo, e di questo, godono.
Voi che sterminate bambini, nati e non nati, su tutta la superficie della terra – e avete inventato leggi per farlo in tranquillità.
Voi che pervertite i bambini, li drogate, li mutilate.
Voi che i bambini li bombardate senza pietà – quando sono a casa, per strada, in ospedale.
Voi che distruggete le famiglie con tutti i mezzi sociali, politici, legali che avete a disposizione.
Voi che sfruttate i lavoratori, che fate loro pagare una tassazione che li strangola.
Voi che condannate i malati a veleni del corpo e della mente.
Voi che bestemmiate il Suo nome, con indifferenza, o rabbia infame.
Voi che bruciate le Sue chiese, o le demolite, o le trasformate in appartamenti e Bed and Breakfast.
Voi che perseguitate i cristiani praticamente in tutto il pianeta, trucidandoli nel silenzio delle istituzioni.
Voi che inquinate con droghe statali le menti delle persone, rendendole ancora più infelici, se non omicide.
Voi che squartate a cuor battente le persone – sempre per legge! – solo perché hanno fatto un incidente.
Voi che producete bambini con gli alambicchi, disintegrandone quantità immani nel processo.
Voi che agite per popolare la Terra con una generazione di mostri biologici.
Voi che state riprogrammando l’Europa in un luogo di caos e devastazione, paganesimo e massacro.
Voi che avete deviato la carità in una follia suicida e genocida.
Voi che godete dell’iniquità demoniaca inflitta a tutti noi.
Voi uccidete Nostro Signore anche nell’anno 2025, in ogni singolo momento di esso.
E noi. Noi che lo permettiamo. Noi che rifiutiamo di intervenire dinanzi a queste stragi senza fine.
Noi che parliamo, cianciamo, ma che in fondo nulla otteniamo per fermare questa macchina di Morte.
Noi che alziamo le mani dinanzi allo Stato della Necrocultura, anzi continuiamo ad obbedirgli, a versargli le nostre tasse – a breve automaticamente.
Noi che conosciamo l’ingiustizia sterminatrice, ma spesso facciamo finta di nulla.
Noi che piangiamo, ma non sappiamo impedire l’orrore.
Noi che riconosciamo che Cristo è il Sacrificio di Dio per l’uomo, mentre il mondo moderno è – esattamente come nei tempi degli dèi pagani, nei programmi dell’Inferno – il sacrificio dell’uomo per il Dio: l’inversione satanica della vita, della creazione, del cosmo, dell’amore divino.
Noi che sappiamo, noi che abbiamo visto, eppure scappiamo davanti alla Croce.
Dio muore per i nostri peccati. Oggi stesso. Sì.
Roberto Dal Bosco
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Immagine: Carl Bloch (1834-1890), Crocifissione (180), Museo Nazionale di Storia Naturale, Copenhagen.
Immagine di sdalry via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
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