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Grande Reset

World Economic Forum 2023, la lista degli invitati a Davos

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È uscita da qualche ora una lista degli invitati al consesso di Davos edizione 2023, cioè i nomi che si raccoglieranno al World Economic Forum che si tiene nella cittadini svizzera, cioè la corte del guru del Grande Reset Klaus Schwab.

 

La UE è presente in forze: c’è il presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, c’è il vicepresidente del Parlamento Europeo Valdis Dombrovskis e vi sono i commissari europei del Bilancio (Hahn) e dell’Energia (Simson), più l’immancabile Paolo Gentiloni de Siverij, che è commissario agli Affari economici.

 

Christine Lagarde, presidente BCE, sarà presente allo stesso panel dove interverrà la presidente del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgieva.

 

Piuttosto significativo che oltre dimenticabili figure come la rappresentante per il Commercio Katherine Tai il segretario per il Lavoro Martin Walsh, l’amministrazione Biden mandi a Davos i vertici dei servizi segreti USA: Avril Haines, numero uno dell’Intelligence nazionale e vicedirettrice CIA, e Christopher Wray, il capo dell’FBI, istituzione talmente fuori controllo che vi sono ora voci che chiedono apertamente di scioglierla. Non può non esserci l’immancabile «Zar del Clima» John Kerry, candidato presidente trombato sposatosi con l’ereditiera dell’impero del ketchup Heinz, il quale non mancherà di arrivare a discettare con il suo mascellone sul clima, al solito, sul suo jet executive privatissimo.

 

Non solo: gli Stati Uniti sono presenti anche con il numero 1 di BlackRock Larry Fink, considerato oramai un deus ex machina dell’economia mondiale. È prevista la presenza del CEO di Goldman Sachs David Solomon, del CEO di JP Morgan Jamie Dimon, oltre che dei vertici di Morgan Stanley, Deutsche Bank e tanti altri.

 

Non può mancare il paesino al centro di tante storie in questi mesi, il piccolo Qatar, il quale invierà tra le nevi di Davos ben due ministri nonché il vicepremier e ministro degli Esteri membro della real casa qatarigna Mohammed Bin Abdulrahman Al Thani.

 

La Francia manda il ministro dell’Economia Bruno Lemaire e quello dell’Europa Boone, più il governatore della Banca Centrale di Parigi Villeroy de Galhau.

 

La Germania invia il vicecancelliere Robert Habeck, verde confusionario dalle uscite sempre più imbarazzanti, il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, il ministro delle Finanze Christian Lindner e più di una mezza dozzina di figure pubbliche spendibili.

 

I polacchi, che con la guerra in Ucraina si sentono di avere l’occasione del millennio, planeranno sull’ammucchiata globalista di Davos col presidente Andrzej Duda e il premier Mateusz Morawiecki. Si parla di nutrita presenza anche di lituani e lèttoni, altri Paesi che spingono per la guerra anti-Mosca, pur avendo al loro interno vasta popolazione di etnia russa. Potrebbero non mancare, per la scala reale antiputin (antica conoscenza di Klaus Schwab…) la presidente moldava pro-occidentale Maia Sandu e il premier georgiano Irakli Garibashvili.

 

Per l’Italia, era stato invitato il ministro dell’Economia della Lega Giancarlo Giorgetti, che dopo aver accettato invece avrebbe dato forfait. Presente invece il ministro dell’Istruzione Valditara: si trova infatti proprio al dicastero dove si parla di Piano Scuola 4.0, un’espressione che sembra tanto un omaggio al Klaus Schwabbo.

 

Per le grandi aziende italiane, in lista si nota la presenza di Francesco Starace e Michele Crisostomo di ENEL, Carlo Messina e Stefano Lucchini di Intesa San Paolo, Alexander Orcel e l’ex ministro PD Pier Carlo Padoan di Unicredit, Matteo Laterza di UNIPOL (la holding delle coop),  Claudio Descalzi e Lucia Calvosa di ENI , di Andrea Illy (della famiglia valdese triestina del caffè), Paolo Merloni (Areston), Paolo Moretti Polegato (Geox, calzature traspiranti), Nerio ed Erica Alessandri (dell’impero Technogym). Tra gli invitati italiani vi è anche il vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini.

 

«La Davos 2023 potrebbe dunque essere più giocata dietro le quinte, con i negoziati operativi nelle salette private, piuttosto che nelle grandi dichiarazioni programmatiche del passato» scrive l’ANSA.

 

La realtà è che quello che si dirà a Davos, in scena o dietro il sipario, avrà effetto su tutti noi, visto il livello di infiltrazione dei governi nazionali «penetrati» (testuali parole) dal guru e dai suoi. Vaccini, educazione, consumi, trasporti, alimentazione, libertà di parola: ogni aspetto della vostra vita, nel vostro Paese desovranizzato, può dipendere da Davos. E parliamo di programmi dalle origini oscure dove la chippatura dei bambini diverrà a breve la proposta meno scioccante.

 

Aveva detto il leader di questo gruppo fanatico a Bali due mesi fa a Bali: «una ristrutturazione profonda, sistemica e strutturale del nostro mondo». Sì, bene così: quello che sarà del nostro mondo lo decide lui con i suoi amici.

 

 

 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

 

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Bergoglio e Schwab: la chiesa cattolica a Davos

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Il sito di informazione ufficiale della Santa Sede Vatican News ha intervistato il parroco di Davos riguardo all’incontro annuale del World Economic Forum che si svolge nella sua parrocchia ogni gennaio.

 

Padre Kurt Susak, sacerdote a Davos da oltre dieci anni, afferma che «ovunque si sente parlare di crisi. Anche il mondo è in qualche modo in crisi».

 

Il prete quindi «afferma di aver avuto l’impressione che i partecipanti puntassero “consapevolmente” sulla conferenza di quest’anno “per presentare soluzioni». «Le persone attendono con speranza soluzioni ai conflitti e alle crisi globali».

 

Don Susak ha poi tuonato che il WEF rischia di perdere «la sua credibilità e legittimità se questo incontro non presentasse ora anche soluzioni riconoscibili alla gente e porti a un miglioramento dei tanti conflitti e sfide».

 

«Esattamente che tipo di soluzioni potrebbero essere presentate, Susak non lo dice» nota il sito prolife Lifesitenews. «Tuttavia (…) gli incontri del WEF hanno già evidenziato come “l’accesso all’aborto” sia un tema chiave».

 

Un moderatore di una delle sessioni ha parlato brevemente dell’«iniziativa per la salute delle donne» del WEF, un progetto dell’organizzazione globalista che spinge anche l’aborto e la contraccezione con il pretesto di «salute riproduttiva«. L’iniziativa mira, tra le altre cose, a ridurre «le gravidanze indesiderate e le gravidanze non sicure». 

 

Tra le numerose organizzazioni partner dell’iniziativa pro-aborto ci sono aziende leader come Johnson & Johnson, Merck, CVS Health, Save the Children e la Bill and Melinda Gates Foundation. Bill Gates, habitué di Davos, quest’anno non si è presentato, forse fiutando che poteva succedergli quella cosa accaduta poi al suo amico CEO Pfizer Albert Bourla: arrivano dei giornalisti veri e ti fanno delle domande.

 

Nell’intervista su Vatican News, il parroco di Davos «non ha menzionato tali attacchi ai nascituri, alla famiglia o alle libertà. Invece, ha notato “ingorghi”, le spese generali per lo svolgimento dell’evento e una mancanza di trasparenza», scrive LSN.

 

Vatican News parafrasa i commenti di Susak, scrivendo che «c’è un’enorme quantità di traffico con ingorghi, tempi di attesa; la vita normale, come si è abituati qui, in realtà “si svolge in modo molto, molto limitato” durante il periodo del WEF».

 

«Si critica il fatto che molti argomenti vengano discussi e dibattuti a porte chiuse e che alla fine si sappia ben poco. “Ci sono tesi, opinioni, teorie che alimentano la resistenza contro l’élite che si riunisce al WEF», osserva il parroco.

 

«Tuttavia, l’intero evento ha anche qualcosa di positivo. Si tratta delle scuole, che hanno in calendario diversi giorni di sci durante la settimana. “Questo fa sempre molto piacere agli alunni. Sono sempre stupito da ciò che gli abitanti di Davos escogitano durante i festeggiamenti», racconta il don Susak.

 

Don Susak rivelato che da diversi anni la parrocchia organizza eventi di «silenzio e preghiera» ecumenici durante gli incontri del WEF. «Cattolici, Riformati e Chiese evangeliche invitano insieme a pregare la sera, insieme per cercare soluzioni a partire dal Vangelo. In passato, la Chiesa nella sua diversità, nella sua teologia morale, nella sua etica sociale, ha sempre trovato risposte meravigliose alle sfide del tempo. È solo necessario richiamarli alla mente più volte».

 

Il Vaticano ha infatti avuto un rapporto stretto, anche se poco conosciuto, con il WEF. Papa Francesco ha segnalato la sua intimità con il fondatore globalista del WEF Klaus Schwab, inviando un discorso al WEF quattro volte nei suoi otto anni di pontificato e consentendo una tavola rotonda vaticana annuale a Davos, sede della conferenza annuale del WEF in Svizzera.

 

«Finora il Vaticano ha inviato ogni anno rappresentanti della Chiesa al Forum Economico mondiale. Negli ultimi anni, il cardinale Peter Appiah Turkson o il cardinale Michael Czerny, e una volta anche il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin» scrive il sito vaticano. «Quest’anno è la prima volta che il Vaticano non ha inviato alcun rappresentante ufficiale o cardinale a Davos».

 

In un’intervista del 2021 sempre con Vatican News, Don Susak aveva rivelato che Parolin era andato al posto di Papa Francesco, che era stato invitato personalmente da Schwab per il 50° anniversario dell’evento.

 

«Sono stato davvero sorpreso positivamente di quanto interesse c’è per la Chiesa al WEF, ad esempio, c’è un incontro chiamato “Vatican meets WEF” e lì ho riscontrato un grande interesse da tutto il mondo», aveva dichiarato Susak nel 2021.

 

Vatican News scriveva che Schwab stesso era stato in Vaticano.

 

«In effetti, le azioni e gli interessi pubblici di Papa Francesco si allineano strettamente con Schwab, le élite globaliste e il WEF. Nel dicembre 2020, Francesco ha usato la frase “ricostruire meglio”, lo slogan sinonimo di politiche globaliste. La frase era il nome del sito web di Joe Biden dopo le elezioni (BuildBackBetter.gov), in cui affermava di “ripristinare la leadership americana”» nota LSN. «Poco dopo, Bergoglio si è unito ad aziende di tutto il mondo per promuovere un nuovo «sistema economico» del capitalismo in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile propalati, nonostante il loro legame con l’aborto e il suo stesso appello a una vita semplice e austera».

 

«A ciò è poi seguita una partnership tra il Vaticano e l’ONU, in cui il Papa ha mostrato ancora una volta le sue tendenze globaliste promuovendo l’educazione su “stili di vita sostenibili”, “parità di genere” e “cittadinanza globale”, evitando però di menzionare la fede cattolica».

 

Tali legami più profondi con le società e i leader globalisti danno ulteriore credito alle convinzioni di alcuni secondo cui Papa Francesco è allineato con l’appello del WEF per un «Grande Reset»: «c’è bisogno di un’autorità speciale legalmente costituita in grado di facilitarne l’attuazione».

 

«In effetti, durante l’incontro di Davos ritardato dello scorso anno, un funzionario vaticano ha dichiarato che la Chiesa cattolica è “impegnata nelle varie questioni esaminate al forum”» continua LSN. «Padre Leonir Chiarello, Superiore Generale della Congregazione dei Missionari di San Carlo (Scalabriniani), ha individuato otto temi chiave dell’incontro: “clima e natura, economia più giusta… salute e assistenza sanitaria, cooperazione globale, società ed equità”. Ha citato la Laudato Sii e Fratelli Tutti di Papa Francesco come esempi di come la Chiesa cattolica aderisse all’agenda globalista su aspetti particolari».

 

Insomma, habemus papam: il papa del Grande Reset.

 

 

 

 

 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

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Klaus Schwab annuncia il suo programma per i vostri figli

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Un video emerso in questi ultimi giorni in rete mostra il fondatore del World Economic Forum di Davos Klaus Schwab che enuclea l’azione del suo gruppo riguardo l’istruzione a livello internazionale.

 

Lo Schwab parla, anche per la scuola, di partenariati pubblico-privato che, dice riferendosi al suo gruppo, «accompagniamo».

 

«Quando definiamo un progetto come la nostra Global Educational Initiative… abbiamo, sotto la guida di Cisco e molte altre aziende, praticamente tutti i grandi nomi, cerchiamo di rivoluzionare il sistema educativo in Giordania, in Egitto e ora in Burundi» dichiara il potente ottuagenario tedesco calvo.

 

La Cisco è una multinazionale che si occupa di comunicazioni digitali, che, partita dai vecchi modem, si è ora specializzata nell’Internet of Things e nelle videoconferenze. Nel 2022 i profitti di Cisco hanno raggiunto i 51.56 miliardi di dollari americani.

 

 

Lo Schwab quindi cita l’UNESCO e sostiene che il WEF viene chiamato «non solo per attrezzare le scuole, ma per riqualificare gli insegnanti, per mettere in atto il nuovo curriculum nei programmi di studio. Quindi lavoriamo insieme. Accompagniamo».

 

Per enunciare il proprio modello di assistenza, l’uomo di Davos tira in ballo le operazioni «umanitarie» dei Clinton, dei quali tuttavia non si sente di parlar male, nonostante il suo modello sia diverso «rispetto alla Clinton Initiavie, che è una buona cosa, che chiede alle aziende di impegnare dei soldi e poi tornare e riferire».

 

L’azione del WEF, invece, segue «l’iniziativa dall’inizio alla fine».

 

Non è chiaro da dove provenga questo filmato, né di quando sia. Tuttavia il video sta spopolando in rete, dove ha ottenuto anche la reazione perplessa di Elon Musk.

 

 

 

Come riportato da Renovatio 21, a Davos 2022 si è discussa in profondità l’inserzione dei vostri figli nel metaverso, con fine educativi e non solo.

 

Klaus Schwab è anche lì, nel mondo dei corsi di aggiornamento degli insegnanti, cioè i tramiti per cui nelle scuole pubbliche vengono infiltrati teoria del gender ed altro.

 

Come dire: lasciate che i bimbi vengano al Grande Reset.

 

 

 

 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

 

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«Ristrutturazione profonda, sistemica e strutturale del nostro mondo»: Klaus Schwab parla al G20

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Per qualche ragione, al G20 indonesiano era presente anche il guru del World Economic Forum Klaus Schwab.

 

È utile ricordare che l’uomo di Davos non è stato eletto da nessuno, né poteva essere lì in rappresentanza di qualche Nazione: anzi, egli predica un mondo dove le politiche da implementare vadano ben al di sopra dei confini tra gli Stati.

 

Il discorso di Schwab a Bali ha avuto il suo climax quando l’occhialuto e pelato globalista, da molti ormai riconosciuto come la possibile trasposizione nella vita reale di un cattivo dei vecchi film di James Bond, ha parlato di un supposto «bisogno di ristrutturazione» dell’ordine mondiale.

 

Potete vedere e sentire con i vostri occhi e le vostre orecchie l’eloquenza di questo minutino dello Schwab arrivato nel più alto consesso mondiale.

 

 

 

«Naturalmente, se si guardano a tutte le sfide, si può parlare di multicrisi, economica, politica, sociale, ecologica e istituzionale» ha dichiarato dal palco lo Schwab. «Ma in realtà ciò che dobbiamo affrontare è una ristrutturazione profonda, sistemica e strutturale del nostro mondo. E questo richiederà del tempo, poiché il mondo avrà un aspetto diverso dopo che avremo attraversato questo processo di transizione».

 

In pratica, il Grande Reset servito evitando la parola, perché il brand, forse riesce ad ammetterlo pure lui, è un po’ sputtanato, e il solo pronunziare il binomio provoca risentimento nella sempre più vasta porzione della popolazione che ha compreso che ciò che sta accadendo segue un piano mondialista definito ed addirittura mostrato pubblicamente come un vanto dai suoi perpetratori come Schwab.

 

Ricordiamo che la ristrutturazione di cui parla Schwab non riguarda solo l’economia e l’industria (la «Quarta Rivoluzione Industriale» annunciata da Schwab nel suo libro omonimo, vero Necronomicon del Grande Reset)  né la sola alimentazione (con la spinta al consumo di insetti) né i soli consumi della società (con la guerra ai combustibili fossili e alle automobili private), né il solo tracciamento delle attività umane (con i carbon tracker), né l’educazione (con i vostri figli messi nel metaverso), né la farmaceutica (con i chip piazzati nei medicinali) e nemmeno solo i fondamenti stessi della cittadinanza così come la conosciamo («non possiederai nulla e sarai felice»).

 

La ristrutturazione di cui parla Schwab, seguendo il suo pensiero, potrebbe ricordare l’essenza stessa del cervello umano, con chip cerebrali in grado di scansionare la mente delle persone per trovarvi idee sbagliate, e via con valanghe di transumanismo teorizzato e discusso apertis verbis dallo Schwab in questi anni.

 

«Politicamente, le forze guida per questa trasformazione politica, sono certamente la transizione verso un mondo multipolare, che ha la tendenza a rendere il nostro mondo molto più frammentato» ha continuato a Bali l’uomo di Davos.

 

Questa concessione al mondo non unipolare, e al valore della politica, non tragga in inganno: come riportato da Renovatio 21, lo Schwab si è pubblicamente vantato di aver «penetrato» (sic) vari governi in tutto il mondo; una generazione di allievi del WEF, gli Young Global Leaders, ora sono nelle stanze dei bottoni di molti Paesi importanti e meno importanti.

 

Basti pensare che una di essi, ora associata in vari modi alla cricca di Davos, la vicepremier canadese Chrystia Freeland (già nota per la sua repressione totale dei camionisti che rifiutavano l’obbligo vaccinale, a cui ha chiuso i conti in banca), potrebbe diventare segretario NATO: le idee del WEF verranno quindi unite alla più grande potenza militare della Storia, con tanto di armi termonucleari a disposizione?

 

Contrariamente ai discorsi sul mondo multipolare, andiamo verso un nuovo ordine mondiale unipolare guidato invece che dagli USA, da Davos?

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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