Connettiti con Renovato 21

Economia

300 miliardi sequestrati alla Russia: la Von der Leyen e la UE preparano la rapina del secolo

Pubblicato

il

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato  che l’UE si prepara a utilizzare i fondi della Russia, che la stessa UE ha congelato, per finanziare la «ricostruzione» dell’Ucraina.

 

Mosca ha definito illegali i sequestri e ha affermato che, di fatto, costituiscono un furto. A questo punto crediamo che si possa parlare ufficialmente di rapina.

 

«La Russia e i suoi oligarchi devono risarcire l’Ucraina», ha dichiarato il controverso presidente della Commissione Europea. «Abbiamo i mezzi per farla pagare alla Russia».

 

Se realizzato, questo sarebbe tra i più grandi furti riusciti nella storia.

 

La Von der Leyen ha proposto che l’UE ei suoi partner possano gestire i fondi e investirli a breve termine, con i proventi destinati all’Ucraina per compensare i danni causati dall’operazione militare russa.

 

«Lavoreremo su un accordo internazionale con i nostri partner per renderlo possibile. E insieme, possiamo trovare modi legali per arrivarci », ha detto, aggiungendo che  i legislatori UE starebbero proponendo l’istituzione di un tribunale specializzato, sostenuto dalle Nazioni Unite, «per indagare e perseguire il crimine di aggressione della Russia».

 

La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha prontamente risposto: «avvertiamo ancora una volta che se si tratta della reale confisca dei beni di cittadini russi, imprese, riserve statali del nostro Paese, allora seguiranno inevitabilmente misure adeguate da parte russa. Non posso dire ora quali saranno – speculari, simmetrici o asimmetrici – perché bisognerà guardare all’insieme delle misure che verranno prese contro di noi, e quali misure verranno prese in risposta, ma saranno reciproche e vero, non ci sarà più nulla nell’aria e la responsabilità delle conseguenze, anche per gli interessi delle imprese europee, ricadrà esclusivamente su Bruxelles».

 

È stato giustamente sottolineato che un tale precedente distruggerebbe la reputazione della UE e quindi le possibilità di investimento esterno nei suoi Paesi, perché l’Europa diverrebbe all’istante un luogo dove non vige lo Stato di diritto, e il potere può eseguire confische a suo piacimento – in pratica, come una dittatura, una cleptocrazia afroasiatica a caso.

 

La Von der Leyen (che ricordiamo en passant che è lì grazie ai voti degli eurodeputati grillini)  ha specificato  che finora l’UE e i suoi alleati hanno bloccato 300 miliardi di euro (oltre 310 miliardi di dollari) di riserve della Banca Centrale Russa e hanno congelato 19 miliardi di euro di attività di individui russi.

 

Come riportato da Renovatio 21, tale operazione senza precedenti – definita giustamente dal Financial Times come il primo vero atto di guerra economica della storia umana – è stata ingegnerizzata grazie all’aiuto decisivo di Mario Draghi, allora premier italiano con il grande bagaglio di expertise e contatti da ex presidente della Banca Centrale Europea.

 

«Von der Leyen ha chiamato Mario Draghi, Primo Ministro italiano, e gli ha chiesto di discutere i dettagli direttamente con [il segretario del Tesoro USA Janet] Yellen. “Stavamo tutti aspettando, chiedendo: “Perché così tanto tempo?” ricorda un funzionario dell’UE» rivelò ad aprile il Financial Times.  «Poi è arrivata la risposta: “Draghi deve fare la sua magia sulla Yellen”. Entro la sera, l’accordo era stato raggiunto».

 

La russofobia della Von der Leyen non si esprime solo con il colpo gobbo finanziario del secolo. Due mesi fa aveva aspramente criticato l’indecisione tedesca Ucraina, ordinando al governo di Berlino di «dare tutte le armi necessarie» a Kiev.

 

Bisogna notare che la Von der Leyen, quando era ministro della Difesa tedesco, era incappata in accuse dopo aver «ripulito» il suo cellulare che doveva divenire prova importante all’interno di uno scandalo di appalti militari. Una cosa non dissimile è capitata con i messaggini che si sarebbe scambiata con Albert Bourla, CEO di Pfizer, spariti nel nulla proprio quando le si chiede conto dei contratti per l’iniezione massiva di mRNA nei corpi di centinaia di milioni di europei. (Bourla ha riconosciuto la preparazione del presidente della Commissione sui sieri genici, ma non ha poi avuto il coraggio di presentarsi davanti ai deputati europei, mandando una sua sottoposta a fare l’ammissione sulla mancanza di test di trasmissibilità del COVID dopo il vaccino Pfizer).

 

Ursula è inoltre incappata in ulteriore scandalo basato proprio sull’mRNA, quando è emerso un conflitto di interessi con il marito, che lavora presso un’azienda di terapia genica, partecipante ad una cordata di aziende-università che dovrebbe intercettare fondi europei.

 

 

 

Continua a leggere

Economia

Il capo di Saudi ARAMCO dichiara che la transizione energetica sta fallendo

Pubblicato

il

Da

Il CEO di Saudi Aramco, Amin Nasser, ha dichiarato il 18 marzo durante una conferenza petrolifera a Houston, in Texas, che la «transizione energetica» globale è fallita.

 

Il Nasser ha affermato che la produzione e la domanda di combustibili fossili continueranno a crescere, senza raggiungere il picco nel 2030 o in qualsiasi altro anno: «nel mondo reale, l’attuale strategia di transizione sta visibilmente fallendo su molti fronti poiché si scontra con dure realtà».

 

Le nazioni «dovrebbero abbandonare la fantasia di eliminare gradualmente petrolio e gas, e invece investire in essi in modo adeguato, riflettendo ipotesi realistiche sulla domanda» ha continuato il capo del colosso petrolifero dei Saud.

 

Nasser ha basato la visione saudita sulla quota molto piccola della produzione e del consumo di energia mondiale che le «rinnovabili» ancora rappresentano, nonostante un decennio di massicci investimenti in esse, in alcuni anni fino all’esclusione del 90% degli investimenti in qualsiasi altra cosa.

Sostieni Renovatio 21

Il capo di Saudi ARAMCO affermato che nonostante 9,5 trilioni di dollari investiti in «fonti rinnovabili» dal 2005, l’eolico e il solare forniscono ancora meno del 4% della produzione di energia in tutto il mondo; i veicoli elettrici del presidente Biden, rappresentano meno del 3% delle vendite di autoveicoli.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo stesso Nasserro nel febbraio 2023 aveva attaccato gli investimenti ambientali, sociali e di governance (ESG), dicendo che rappresentano una minaccia per l’accessibilità e la sicurezza energetica.

 

«Se le politiche guidate dai fattori ESG vengono attuate con un pregiudizio automatico nei confronti di tutti i progetti energetici convenzionali, il sottoinvestimento risultante avrà serie implicazioni» aveva detto il funzionario petrolifero saudita. «Per l’economia globale. Per la convenienza energetica. E per la sicurezza energetica».

 

La ARAMCO, che nel 2022 aveva segnalato la volontà di andare in borsa per più di 50 miliardi di dollari, produce più di 10 milioni di barili al giorno, divenendo quindi tra le più grandi compagnie petrolifere al mondo nonché il più importante finanziatore del governo saudita, che la possiede quasi al 100%.

 

La società nasce nel 1933, quando il governo saudita firma un accordo di concessione con la Standard Oil of California (SOCAL) che gli permette di fare delle prospezioni petrolifere in Arabia Saudita. Nel 1944 diviene Arabian American Company, cioè ARAMCO, nome che conserva tutt’ora, così come si conserva il patto di protezione americana della famiglia Saud stipulato in quegli anni dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt e dal re saudita Abdulaziz Ibn Saud – il cosiddetto patto del Grande Lago Amaro, di cui Renovatio 21 vi ricorda spesso, ossia la creazione del petrodollaro, fonte della grande ricchezza e durevole influenza di Washington nel mondo.

 

Come riportato da Renovatio 21, segnali chiarissimi mandati dai sauditi – la vendita di petrolio in yuan cinesi, il desiderio espresso da Ryadh di entrare nei BRICS – mostra che il patto del Grande Lago Amaro è probabilmente agli sgoccioli.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Pearl Initiative via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic

 

 

Continua a leggere

Cina

Le aziende europee: imprevedibile e più difficile fare affari in Cina

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   L’ultimo rapporto della Camera di Commercio UE in Cina lamenta le difficoltà create dalla presenza sempre più massiccia della politica nell’economia. La sicurezza nazionale sembra più importante della crescita della Cina. Xi Jinping ha in programma una visita in Francia a maggio per ricucire le relazioni.   Secondo un rapporto pubblicato dalla Camera di commercio dell’Unione Europea in Cina, la politica si è insinuata nell’ambiente commerciale e le aziende si trovano ad affrontare rischi sempre maggiori per la penetrazione della politica. Per questo le aziende straniere devono allocare maggiori risorse per il controllo dei rischi e la conformità in un mercato divenuto imprevedibile.   Il rapporto – basato su un sondaggio e interviste ai membri della Camera di commercio dell’UE in Cina – ha evidenziato che il 55% dei membri concorda sul fatto che l’ambiente commerciale è diventato più politico rispetto all’anno precedente. L’indagine ha anche rilevato che il 76% dei membri ha rivisto le proprie operazioni in Cina e ha cercato di diversificare la catena di fornitori.   Nel contesto della strategia di de-risking adottata dall’UE, un numero maggiore di investitori stranieri in Cina sta valutando di adeguare le proprie strategie commerciali. Il rapporto Riskful Thinking: Navigating the Politics of Economic Security, ha illustrato gli approcci alla gestione delle minacce percepite e le misure adottate dalle aziende.   Le relazioni commerciali tra l’Ue e la Cina hanno subito un’impennata dopo che l’Unione europea ha avviato un’indagine sui veicoli elettrici cinesi sovvenzionati.   Inoltre, la strategia di de-risking mira a ridurre l’eccessiva dipendenza economica dalla Cina, soprattutto nei settori delle materie prime e delle industrie chiave legate alla transizione verde, come le batterie elettriche e i pannelli solari.   Queste azioni hanno suscitato il malcontento di Pechino. In mezzo alle tensioni dei conflitti geopolitici, il mercato cinese sembra essere meno attraente per gli investitori stranieri e le aziende devono affrontare maggiori pressioni. L’anno scorso, un’indagine condotta dalla Camera di commercio dell’UE in Cina ha mostrato che la fiducia delle imprese si è notevolmente deteriorata e ben il 64% delle aziende intervistate ha risposto che le operazioni commerciali sono diventate più difficili.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Le politiche delle autorità cinesi sono la causa principale che ha spinto le aziende europee in Cina a ripensare i propri orientamenti.   Il blocco nazionale durante la pandemia di COVID, la posizione della Cina nella guerra in corso in Ucraina e lo scontro tra Cina e Stati Uniti hanno costretto molte a considerare una catena di approvvigionamento alternativa al di fuori della Repubblica popolare. Alcune aziende hanno già spostato attività nel Sud-Est asiatico.   Inoltre, le aziende che operano in aree tecnologiche sensibili, come la progettazione e la produzione di semiconduttori, stanno adottando un approccio più attento alle operazioni in Cina per evitare di violare il divieto di esportazione che potrebbe far scattare le sanzioni.   Da parte loro le autorità cinesi hanno iniziato a dare un giro di vite alle società di consulenza per motivi di sicurezza nazionale. L’ultima legge cinese contro lo spionaggio e la legge sulla sicurezza nazionale hanno ampliato fortemente l’ambito di applicazione. L’anno scorso alcune famose società di revisione e di consulenza in Cina sono state oggetto di irruzione da parte della polizia. Alcuni dipendenti sono stati arrestati per spionaggio.   Pur biasimando fortemente la strategia di de-risking adottata da Unione europea e Stati Uniti, la Cina adotta misure simili. Pechino ha implementato il controllo delle esportazioni di alcune competenze e materie prime, come le terre rare, per garantire la posizione di leader in settori tecnologici chiave.   La promozione dell’autosufficienza fa parte della strategia nazionale sotto il governo di Xi Jinping. Le autorità attribuiscono maggiore importanza all’ideologia: anche la salvaguardia della sicurezza economica è diventata uno dei compiti principali dell’agenzia cinese per l’intelligence e l’antispionaggio.   Intanto si parla di una possibile visita di Xi Jinping in Francia a maggio per celebrare il 60° anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche. Sarebbe la prima visita di Xi in Europa dopo la pandemia di COVID-19. Secondo i rapporti, il tema della visita di Xi sarà il commercio e la Cina è desiderosa di ricucire le relazioni con l’Ue dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.   Attualmente, la stagnante economia cinese sta subendo diverse pressioni e crisi nel settore immobiliare, e Pechino si aspetta che gli investimenti stranieri restino in Cina.   Per rinvigorire il turismo, a marzo la Cina ha esteso l’esenzione dal visto ad altri sei Paesi europei: i visitatori possono soggiornare in Cina senza visto fino a 15 giorni.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Hermann Luyken via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication
Continua a leggere

Alimentazione

Gli stabilimenti africani di cacao chiudono a causa del costo elevato delle fave

Pubblicato

il

Da

I maggiori produttori mondiali di cacao, Costa d’Avorio e Ghana, hanno interrotto o ridotto la lavorazione nei principali impianti a causa dell’impennata dei costi dei semi, ha riferito Reuters giovedì, affermando che la situazione ha portato a un aumento globale dei prezzi del cioccolato. Lo riporta RT.

 

Le due nazioni dell’Africa occidentale producono quasi il 60% del cacao mondiale. Tuttavia, secondo un rapporto pubblicato martedì dalla Banca africana di esportazione-importazione (Afreximbank), entrambi sono alle prese da mesi con cambiamenti climatici estremi e malattie dei baccelli del cacao.

 

Secondo Afreximbank, le forniture di cacao dall’ex colonia francese nel periodo da ottobre 2023 a febbraio 2024 sono diminuite di circa il 39% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 1,04 milioni di tonnellate. Le esportazioni del Ghana sono diminuite di circa il 35% a 341.000 tonnellate tra settembre 2023 e gennaio 2024.

 

I futures del cacao di riferimento con consegna a marzo sull’Intercontinental Exchange (ICE) di New York sono saliti sopra i 6.000 dollari per tonnellata venerdì scorso prima di scendere a circa 5.880 dollari per tonnellata, superando ancora il precedente record di 5.379 dollari stabilito nel 1977.

Sostieni Renovatio 21

Si prevede che i prezzi dei fagioli aumenteranno ulteriormente a causa della minaccia all’offerta globale rappresentata dal fenomeno meteorologico El Nino, che ha causato siccità nell’Africa occidentale nel terzo trimestre del 2023 e dovrebbe durare fino ad aprile, hanno avvertito gli analisti del settore.

 

«Abbiamo bisogno di una massiccia distruzione della domanda per recuperare il ritardo con la distruzione dell’offerta», ha detto alla Reuters citando Steve Wateridge, direttore di Tropical Research Services.

 

Transcao, azienda statale di trasformazione del cacao, uno dei nove stabilimenti della Costa d’Avorio, ha dichiarato di non essere in grado di acquistare le fave ai prezzi attuali e di fare affidamento sulle scorte esistenti. Anche il commerciante globale Cargill ha faticato a reperire fagioli per il suo principale impianto di lavorazione in Costa d’Avorio, chiudendo le operazioni per circa una settimana il mese scorso, hanno riferito a Reuters fonti anonime.

 

Il Ghana, il secondo coltivatore di cacao al mondo, ha visto la maggior parte dei suoi otto stabilimenti, inclusa la Cocoa Processing Company (CPC) di proprietà statale, sospendere ripetutamente le operazioni per settimane dallo scorso ottobre, ha riferito l’agenzia di stampa. CPC ha affermato di funzionare solo a circa il 20% della capacità a causa della carenza.

 

La settimana scorsa, Michele Buck, CEO del colosso americano dei dolciumi Hershey e uno dei maggiori produttori di cioccolato al mondo, ha previsto che i «prezzi storici del cacao» limiteranno la crescita degli utili nel 2024, con conseguente aumento dei prezzi dei prodotti.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Michael via Wikimedia pubblicata su licenza

Continua a leggere

Più popolari