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Sorveglianza

La Nuova Zelanda chiede ai cittadini di denunciare i dissidenti politici come «terroristi»

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Il servizio di intelligence per la sicurezza della Nuova Zelanda ha pubblicato un bollettino in cui si afferma che chiunque abbia opinioni politiche dissidenti è stato «radicalizzato» e chiede al pubblico di denunciare i propri amici e familiari se mettono in dubbio le narrazioni del governo.

 

Le motivazioni per la denuncia di conoscente «quindi potrebbero essere le misure COVID prese dal governo, o potrebbero essere altre politiche interpretate come violazione dei diritti, e talvolta è quello che descrivo come un “pasticcio bollente” di ideologie e credenze alimentate da ideologie e credenze alimentate da teorie del complotto» ha detto ai media il capo dell’Intelligence neozelandese Rebecca Kitteridge.

 

 

 

A fine ottobre lo NZSIS, l’Intelligence per la sicurezza nazionale, aveva pubblicato la «prima guida per identificare segni di estremismo violento». In fondo alla pagina web di presentazione vi erano tutti i recapiti per la delazione.

 

Lo sviluppo non è una sorpresa nel Paese dove la leader goscista Jacinda Ardern, immancabilmente legata al WEF di Davos, aveva dichiarato con tranquillità che l’obbligo vaccinale avrebbe creato una società a due livelli, con una seria A formata quindi da cittadini vaccinati e la serie B formata da bambini non vaccinati.

 

In altre occasioni aveva proclamato che «non ci sarà una fine al programma di vaccinazione». Già due anni fa erano state segnalate in Nuova Zelanda le «strutture di quarantena» per i contagiati COVID e per i loro famigliari.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Ardern è riuscita a mettere in lockdown la popolazione anche per un singolo caso. Il grottesco totale si raggiunse quando la premier chiese ai cittadini di non parlare con i vicini. Alla riapertura, fece scalpore la sua dichiarazione riguarda alla possibilità di fare «incontri intimi fino a 25 persone».

 

A luglio, in un involontario riferimento diretto a 1984 di George Orwell, la Ardern era arrivata a dire che il cittadino deve considerare come «unica fonte di verità» il suo governo: «a meno che tu non lo senta da noi, non è la verità…scartate qualsiasi altra cosa».

 

 

In settimana la Nuova Zelanda è stata teatro dell’allucinante caso del bambino a cui genitori è stata tolta la patria potestà perché volevano che fosse operato con trasfusioni di donatori non vaccinati.

 

Anche la Chiesa cattolica nel Paese è oramai profondamente mutata, al punto che è stato detto che i suoi vescovi sono «apostoli del gender».

 

Dopo un referendum di due anni fa, nel 2021 in Nuova Zelanda è stata inoltre legalizzata l’eutanasia, e vi è qualcuno che sostiene che il procedimento sarebbe disponibile anche per i pazienti COVID.

 

Il Paese ha inoltre bandito totalmente l’uso del tabacco per i nati dopo il 2008.

 

Per quanto riguarda il tema della delazione, chiediamo al lettore di non scordarsi che esso era nella mente e nei programmi di alcuni politici durante il biennio pandemico. Dobbiamo ricordare, e non dimenticare mai, quando il ministro Speranza andò da Fabio Fazio a dire che avrebbero fatto i controlli nelle case per evitare «le feste», aggiungendo anche che si sarebbero avvalsi delle «segnalazioni» – cioè delle delazioni dei vicini.

 

 

Tale soluzione da implementare via DCPM, che avrebbe trasformato l’Italia in uno Stato di polizia, fu fortunatamente evitata, per paradosso, dalla polizia stessa, secondo la ricostruzione del quotidiano Il Riformista.

 

«È stata la polizia e il ministero delle polizie a evitare che l’Italia diventasse uno stato di polizia dove uomini in divisa possono entrare a qualunque ora nelle abitazioni private» scrisse il giornale.

 

«Per andare a vedere che succede presso privati, non possono essere usate le norme esistenti, quelle che autorizzano le perquisizioni per la ricerca di armi, esplosivi e latitanti» avrebbe scritto in una nota il Direttore generale della Pubblica Sicurezza Franco Gabrielli. «Le eccezioni all’articolo 14 della Carta sono possibili “solo nei casi e nei modi stabiliti dalla legge e nel rispetto delle garanzie”. La restrizione del diritto, ovvero le perquisizioni di privati sono possibili solo se trovano fondamento in fonti primarie (leggi e non DPCM) e autorizzate dalla magistratura»

 

Per eseguire i controlli anti-party domestici, quindi, «il Parlamento dovrebbe dichiarare lo stato di guerra e conferire al governo i poteri necessari per farvi fronte».

 

Era l’ottobre 2020. Il Conte bis non se la sentì di arrivare a tanto. Tuttavia questo non vuol dir niente: l’idea di poter entrare in casa della gente è partita. E l’idea che sia lo stesso cittadino a dover far la spia per lo Stato – roba da STASI, e oltre – pure è avviata. In tutto il mondo.

 

 

 

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Sorveglianza

Perquisita la casa di un professore tedesco per un tweet che criticava l’ideologia woke

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La polizia tedesca ha effettuato un’irruzione nell’abitazione di un docente universitario conservatore a seguito di un tweet critico verso l’ideologia woke.

 

L’operazione si è svolta giovedì mattina a Berlino, nella casa di Norbert Bolz, noto pubblicista e studioso di media, ex professore di studi sui media presso l’Università Tecnica di Berlino fino al 2018.

 

L’irruzione rientra in un’indagine sull’uso di simboli di organizzazioni incostituzionali, come previsto dall’articolo 86a del codice penale tedesco.

 

Il 20 gennaio 2024, Bolz ha pubblicato un post su X, scrivendo: «Ottima traduzione di “woke“: Germania, svegliati! [in tedesco: “Deutschland erwache“]», citando un articolo del quotidiano di sinistra Taz, che aveva usato la stessa espressione nel titolo: «Divieto dell’AfD e petizione Höcke: la Germania si risveglia [in tedesco: “Deutschland erwacht“]».

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La frase «Deutschland erwache» (La Germania si risveglia) era un verso dello «Sturmlied», inno del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Sebbene Bolz l’abbia utilizzata in modo sarcastico e citando il giornale di sinistra, la Procura ha deciso di emettere un mandato di perquisizione per la sua abitazione, indagandolo per l’uso di un’espressione legata a un’organizzazione vietata, il Partito Nazista.

 

Bolz, noto commentatore politico con oltre 91.000 follower su X e frequente ospite di talk show, è stato difeso dal suo avvocato, Joachim Steinhöfel, esperto di diritto dei media. In una dichiarazione ad Apollo News, Steinhöfel ha criticato l’irruzione: «Siamo di fronte a una preoccupante perdita di controllo del sistema giudiziario penale, che sembra aver coinvolto anche l’Ufficio federale di polizia criminale. Quando un rinomato studioso come il professor Bolz subisce una perquisizione domiciliare per un tweet chiaramente ironico, c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro Stato di diritto».

 

«Non è accettabile che le autorità non riescano più a distinguere tra propaganda criminale ed espressione legittima di opinioni», ha aggiunto.

 

Bolz ha espresso il suo turbamento in una dichiarazione al sito Nius: «Di solito scrivo e parlo di questo mondo. È spaventoso quando questa realtà bussa improvvisamente alla tua porta. Non sono scioccato, perché me lo aspettavo. Ma constatare che la situazione è esattamente come descritta dalle analisi critiche è inquietante sotto ogni punto di vista».

 

Le autorità tedesche sono note per effettuare perquisizioni domiciliari a causa di post online, soprattutto se in contrasto con l’ortodossia della sinistra dominante.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso, la polizia ha fatto irruzione nella casa di un anziano per aver condiviso un meme che definiva «idiota» l’allora vice-cancelliere dei Verdi tedeschi.

 

Quattro mesi fa si sono avuto raid della polizia alle sei del mattino in tutta la Germania per prendere di mira centinaia di individui sospettati di aver insultato i politici o di aver diffuso «odio e incitamento» online. L’azione massiva, condotta dall’Ufficio federale di polizia criminale (BKA), utilizzava il nuovo articolo 188 del Codice penale per colpire gli individui accusati di razzismo e incitamento all’odio.

«Quando la polizia è alla porta, ogni colpevole si rende conto che i crimini d’odio hanno delle conseguenze», ha scritto su X il ministro degli Interni Nancy Faeser, vantandosi delle retate. La Faeser nota per la sua volontà di introdurre programmi contro l’«estremismo di destra» fra i bambini dell’asilo.

 

Mesi fa un tribunale distrettuale tedesco ha condannato il caporedattore della rivista conservatrice Deutschland-Kurier a sette mesi di carcere per aver diffamato l’allora ministro degli Interni Faeser – proprio quella dei corsi contro l’estremismo di destra per i bambini di tre anni nei kindergarten – con quello che era chiaramente un meme satirico.

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La repressione più dura si abbatte in Germania da anni, prendendo di mira soprattutto AfD, perseguitata dagli stessi servizi di sicurezza della Budesrepubblica. Infatti, i servizi di sicurezza interna tedeschi BfV hanno messo sotto sorveglianza il loro stesso ex capo, Hans-Georg Maaßen.

 

L’ondata di perquisizioni segue il divieto di Compact Magazine, una testata sovranista dove erano pure apparsi saggi del segretario di Stato USA Marco Rubio sui limiti dell’ordine mondiale del dopoguerra, e la sua cancellazione da internet. Questa settimana, un tribunale federale di primo grado ha stabilito che il divieto non era costituzionale e costituiva una violazione della libertà di stampa, infliggendo un duro colpo al Ministero dell’Interno federale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Germania è il Paese dove mesi fa un cittadino è stato multato per aver criticato giudice che ha solo multato un immigrato per lo stupro di una 15enne: al cittadino tedesco è stata comminata una multa doppia rispetto a quella dell’immigrato stupratore.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso un tribunale di Amburgo ha condannato un uomo a tre anni di galera per aver giustificato l’«aggressione russa» all’Ucraina su Telegram.

 

Come riportato da Renovatio 21, il caso più avanzato di repressione di libertà di parola pare essere la Gran Bretagna, dove almeno 12 mila persone all’anno sono messe in galere per frasi sui social. In Albione si è arrivati a condannare persino chi prega con la mente.

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Sorveglianza

Il nuovo presidente della Bolivia vuole la blockchain per combattere la corruzione

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Il presidente eletto della Bolivia, Rodrigo Paz, punta a combattere la corruzione nel governo boliviano attraverso la tecnologia blockchain.   Paz ha sconfitto il rivale Jorge Quiroga con il 54,5% dei voti contro il 45,5% e assumerà la carica l’8 novembre. Con un messaggio centrista e favorevole al mercato, Paz ha vinto il ballottaggio di domenica, ereditando un’economia provata dalla carenza di carburante e dalla limitata disponibilità di dollari statunitensi, come riportato dall’AP. Per gli esperti del settore delle criptovalute, il programma di governo di Paz include due proposte specifiche legate alle risorse digitali e alla blockchain.   La prima proposta prevede l’uso della blockchain e degli smart contract negli appalti pubblici. Il programma ufficiale del Partido Demócrata Cristiano de Bolivia per il 2025 promette l’adozione di tecnologie blockchain e contratti intelligenti per eliminare la discrezionalità negli acquisti statali, con l’obiettivo di ridurre la corruzione automatizzando alcuni processi contrattuali.

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La seconda iniziativa consente ai cittadini di dichiarare le criptovalute in un nuovo fondo di stabilizzazione valutaria, sostenuto da un programma di regolarizzazione delle attività che include esplicitamente le criptovalute. Secondo il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, tali fondi servono a stabilizzare la valuta e a coprire importazioni essenziali in caso di scarsità di dollari. L’inclusione delle criptovalute permette al governo di tassarle o convertirle rapidamente in valuta forte, senza detenere token volatili.   Paz adotta un approccio pragmatico alle criptovalute, senza essere un sostenitore estremo del Bitcoin. La sua piattaforma considera la blockchain uno strumento anticorruzione e le criptovalute dichiarate come parte di un’iniziativa una tantum per capitalizzare un fondo di stabilizzazione valutaria. Non ci sono indicazioni di politiche per adottare il Bitcoin a livello nazionale, conservarlo nelle riserve o legalizzarne l’uso al dettaglio.   A giugno 2024, la Banca Centrale della Bolivia ha revocato il divieto sulle transazioni in criptovalute, autorizzando canali elettronici regolamentati e segnalando una modernizzazione dei pagamenti, scrive Cointelegraph. Nei mesi successivi, il volume medio mensile di scambi di asset digitali è raddoppiato rispetto alla media dei 18 mesi precedenti, secondo la banca.   Il cambiamento si è riflesso nell’economia reale. A ottobre 2024, Banco Bisa ha introdotto la custodia di USDT per le istituzioni, un primato tra le banche boliviane. A marzo, la compagnia petrolifera statale YPFB ha esplorato l’uso di criptovalute per le importazioni di energia, in un contesto di carenza di dollari. A settembre, i distributori locali di marchi automobilistici come Toyota, Yamaha e BYD hanno iniziato ad accettare USDT, segno di una crescente sperimentazione tra i commercianti.   Il 31 luglio, la banca centrale ha firmato un memorandum con El Salvador, definendo le criptovalute un’«alternativa valida e affidabile» alla valuta fiat e impegnandosi a collaborare su strumenti politici e di intelligence per modernizzare i pagamenti e promuovere l’inclusione finanziaria.   La banca ha riportato che i volumi mensili di scambio di criptovalute hanno raggiunto i 46,8 milioni di dollari al mese, con un totale di 294 milioni di dollari da inizio anno al 30 giugno.  

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Intelligenza Artificiale

Apple Siri accusata di intercettare gli utenti: indagine penale in Francia

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La procura francese ha avviato un’indagine penale contro Apple per le accuse secondo cui il suo assistente vocale Siri avrebbe raccolto e analizzato registrazioni degli utenti senza il loro consenso. L’inchiesta è stata assegnata all’agenzia francese per la criminalità informatica, come comunicato dalla procura di Parigi e riportato dal sito Politico e dall’agenzia Reuters.

 

L’indagine è scaturita da una denuncia presentata a febbraio da un’ONG francese, basata sulla testimonianza della «gola profonda» Thomas Le Bonniec, ex dipendente di un subappaltatore di Apple, che ha dichiarato di aver ascoltato migliaia di registrazioni di Siri nel 2019 durante un’attività di controllo qualità.

 

Le Bonniec avrebbe lavorato per Globe Technical Services in Irlanda, dove revisionava e annotava clip audio per migliorare l’accuratezza di Siri. Ha riferito a Politico che il materiale rivelava a volte «momenti intimi e informazioni riservate», che potevano consentire l’identificazione degli utenti.

 

L’informatore ha accolto con favore l’indagine, affermando che dovrebbe permettere di «rispondere a domande urgenti», come il numero di registrazioni effettuate dal lancio di Siri e il luogo in cui i dati sono archiviati.

 

Un portavoce di Apple in Francia ha dichiarato a Politico che l’azienda «non ha mai utilizzato i dati di Siri per creare profili di marketing, non li ha mai resi disponibili per scopi pubblicitari e non li ha mai venduti a nessuno per nessun motivo».

 

Apple ha inoltre comunicato a Reuters di aver rafforzato le misure sulla privacy di Siri dal 2019, con ulteriori miglioramenti effettuati quest’anno. L’azienda ha precisato che le conversazioni con Siri «non sono mai state condivise con i marketer né vendute agli inserzionisti».

 

A gennaio, Apple ha anche sottolineato che non avrebbe conservato «registrazioni audio delle interazioni con Siri, a meno che l’utente non acconsenta esplicitamente».

 

Come riportato da Renovatio 21, negli Stati Uniti, Apple ha affrontato una class action simile, in cui Siri è stato accusato di aver registrato involontariamente conversazioni private, poi esaminate da appaltatori terzi per il controllo qualità.

 

All’inizio di quest’anno, l’azienda ha raggiunto un accordo da 95 milioni di dollari, approvato da un giudice federale il mese scorso. L’accordo prevede risarcimenti fino a 20 dollari per dispositivo con Siri abilitato per gli utenti che hanno posseduto prodotti Apple tra il 2014 e il 2024. Inoltre, Apple è stata obbligata a eliminare le vecchie registrazioni di Siri entro sei mesi.

 

Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno era emerso che il governo britannico aveva una technical capability notice («avviso di capacità tecnica») ad Apple, costringendo l’azienda a creare una backdoor per il suo servizio iCloud criptato. Tale manovra consentirebbe alle forze dell’ordine e alle agenzie di sicurezza britanniche di accedere ai dati criptati archiviati dagli utenti Apple in tutto il mondo, secondo il giornale.

 

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Immagine di Kārlis Dambrāns via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0

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