Cina
TikTok come un «fentanil digitale»: deputati e senatori americani introducono legge contro il social cinese

Un gruppo di legislatori di ambo i partiti guidati dal senatore repubblicano della Florida Marco Rubio stanno introducendo in America una legislazione che vieterebbe completamente all’app di social media TikTok di operare negli Stati Uniti.
«La società madre cinese di TikTok, ByteDance, è tenuta dalla legge cinese a rendere disponibili i dati dell’app al Partito Comunista Cinese (PCC)», si legge in comunicato dello scorso martedì emesso dall’ufficio di Rubio. «Dal direttore dell’FBI ai commissari FCC agli esperti di sicurezza informatica, tutti hanno chiarito il rischio che TikTok venga utilizzato per spiare gli americani».
Rubio –che ha introdotto l’Averting the National Threat of Internet Surveillance, Oppressive Censorship and Influence, and Algorithmic Learning by the Chinese Communist Party Act (ANTI-SOCIAL CCP Act), cioè la «legge per scongiurare la minaccia nazionale della sorveglianza di Internet, della censura e dell’influenza oppressiva e dell’apprendimento algoritmico da parte del Partito comunista cinese – è affiancato dai rappresentanti Mike Gallagher (un repubblicano del Wisconsin) e Raja Krishnamoorthi (un democratico dell’Ohio), che ha introdotto la legislazione complementare nella Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti.
«TikTok è il fentanil digitale che crea dipendenza negli americani, raccogliendo i loro dati e censurando le loro notizie», ha affermato Gallagher, citando la droga di produzione cinese che sta uccidendo in questi anni centianaia di migliaia di americani – il fentanil appunto, cioè la sostanza 50 volte più potente dell’eroina che arriva dal Dragone attraverso le tratte degli immigrati dal Messico.
Gallagher dice che si tratta di «una società di media sempre più potente di proprietà di ByteDance, che alla fine riferisce al Partito Comunista Cinese , il principale avversario dell’America».
«Consentire all’app di continuare a funzionare negli Stati Uniti sarebbe come consentire all’URSS di acquistare il New York Times, il Washington Post e le principali reti di trasmissione durante la Guerra Fredda. Nessun Paese con un interesse anche solo passeggero per la propria sicurezza permetterebbe che ciò accada, motivo per cui è ora di vietare TikTok e qualsiasi altra app controllata dal PCC prima che sia troppo tardi»
TikTok è attualmente oggetto di un processo nello Stato dell’Indiana e di una messa al bando nel Sud Dakota.
Il principale problema di TikTok, social media di estremo successo tra i più giovani, che fa capo alla società cinese ByteDance, è il luogo in cui vengono stivati i dati degli utenti.
Sia ByteDance che i funzionari statunitensi avevano raggiunto un accordo preliminare secondo cui i dati di TikTok sugli utenti statunitensi sarebbero ospitati dalla Oracle, colosso digitale della Silicon Valley.
TikTok, nel frattempo, afferma che eliminerà i dati privati degli utenti statunitensi dai propri data center in Virginia e Singapore man mano che passerà a completamente memorizzare i dati con Oracle.
La società ha anche affermato che l’accesso ai dati statunitensi da parte di chiunque al di fuori di una divisione di nuova costituzione per governare la sicurezza dei dati statunitensi sarebbe limitato e soggetto ai suoi protocolli, che sarebbero supervisionati da Oracle.
Tuttavia parte della politica americana continua ad opporsi con veemenza, vedendo l’accesso dell’azienda ai dati dei consumatori come una porta per la sorveglianza e l’implementazione di «operazioni di influenza» sulla popolazione statunitense.
«Il governo federale deve ancora intraprendere un’unica azione significativa per proteggere gli utenti americani dalla minaccia di TikTok. Non si tratta di video creativi, si tratta di un’app che raccoglie dati su decine di milioni di bambini e adulti americani ogni giorno», ha dichiarato Rubio martedì. «Sappiamo che è usato per manipolare i feed e influenzare le elezioni. Sappiamo che risponde alla Repubblica popolare cinese. Non c’è più tempo da perdere in trattative senza senso con una società fantoccio del PCC. È tempo di vietare TikTok controllato da Pechino una volta per tutte».
Vari membri del partito repubblicano spingono per vietare del tutto l’app.
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha cercato di vietare TikTok a meno che non fosse un’entità di proprietà degli Stati Uniti, politica che il presidente Biden ha revocato poco dopo essere entrato in carica alla luce delle sfide legali.
Come riportato da Renovatio 21, bizzarramente a Trump la medesima manovra era invece riuscita con l’app di incontro gay Grindr, passata in mano cinese ed incredibilmente poi tornata, su richiesta del biondo presidente, sotto controllo americano. Questo sito ipotizza da anni che fra i dati dell’app possano esserci tanti nomi di religiosi cattolici, il che potrebbe spiegare l’osceno accordo sino-vaticano che, nonostante lampanti violazioni da parte di Pechino – e le vere e proprie persecuzioni contro fedeli e sacerdoti della cosiddetta chiesa sotterranea, che continuano – viene rinnovato senza intoppi.
Un mese fa l’ex capo dell’FBI Christopher Wray aveva dichiarato che la Cina avrebbe rubato più dati americani «di ogni altra Nazione messa insieme».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa l’India aveva messo al bando 59 app cinesi, tra cui TikTok. Gli scontri tra Dehli e Pechino continuano anche in questi giorni con le truppe che si picchiano come fabbri presso il confine a 5000 metri di altitudine.
Cina
Cina, rimosso e indagato il capo dell’Amministrazione per gli affari religiosi

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Cui Maohu finito nel mirino dell’anticorruzione. Sotto esame la sua attività nello Yunnan, la provincia da dove proviene. Alla guida della Sara dal giugno 2022: l’organismo è braccio esecutivo del Fronte unito del Partito comunista cinese. Quella contro Cui è la terza azione disciplinare di alto livello dalla chiusura della sessione annuale del Parlamento.
Le autorità hanno rimosso e messo sotto indagine Cui Maohu, capo dell’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi (SARA) e uno dei vice direttori del Dipartimento di lavoro del Fronte Unito del Partito comunista cinese. La conferma ufficiale è arrivata dalla Commissione centrale per le ispezioni disciplinari e dalla Commissione nazionale di vigilanza, il supremo organo anticorruzione.
Cui è sotto esame per aver commesso gravi infrazioni disciplinari e infranto le leggi dello Stato, hanno rivelato le autorità il 18 marzo: una espressione che di solito indica un caso di corruzione. Secondo quanto riporta Sing Tao Daily, egli è indagato in primo luogo per questioni legate al suo lavoro nello Yunnan, la provincia da dove proviene.
Il 57enne originario di Xuanwei si è laureato in filosofia presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università dello Yunnan e ha lavorato per anni presso il Dipartimento organizzativo del Comitato provinciale del PCC; aveva ottenuto la direzione della SARA nel giugno 2022, come l’incarico al Fronte Unito.
In precedenza la SARA era nota come «Ufficio Affari Religiosi», un organismo indipendente sotto l’autorità del Consiglio di Stato (il governo centrale). Nel marzo 2018 è passata sotto il diretto controllo del Partito, servendo in sostanza da braccio esecutivo del Fronte Unito per l’ambito religioso.
Quella contro Cui è la terza azione disciplinare di alto livello dopo la recente conclusione della sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo, coincisa con l’avvio formale del terzo mandato al potere di Xi Jinping (…).
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Immagina da Asianews
Cina
La Cina contro l’insabbiamento del Nord Stream

Il 15 marzo il ministero degli Esteri cinese ha sottolineato il fatto insolito che i principali organi di stampa occidentali hanno accolto acriticamente un’affermazione di anonimi funzionari statunitensi secondo cui un improbabile «manipolo filo-ucraino» sarebbe responsabile del bombardamento del gasdotto russo-tedesco Nord Stream il 26 settembre 2022.
Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha descritto i gasdotti come «progetti infrastrutturali transfrontalieri vitali», la cui distruzione ha avuto «un grave impatto sul mercato energetico globale e sull’ambiente ecologico».
La Cina vuole «un’indagine obiettiva, imparziale e professionale» sull’attentato e vuole che i responsabili siano tenuti a rispondere. Prima è, meglio è, ha aggiunto.
«Abbiamo notato che alcuni media occidentali sono stati misteriosamente silenziosi dopo che Hersh ha riferito che gli Stati Uniti erano dietro l’esplosione del Nord Stream. Ma ora questi media sono insolitamente simultanei nel far sentire la loro voce. In che modo gli Stati Uniti spiegherebbero tale anomalia? C’è qualcosa nascosto dietro la scena?» ha chiesto Wang.
Non si tratta della prima esternazione di Pechino sul gasdotto russo-tedesco fatto saltare lo scorso autunno. La portavoce degli Esteri Mao Ning il mese scorso aveva insistito sulla necessità che gli USA dessero spiegazioni sul sabotaggio del Nord Stream.
La notizia per cui invece che essere frutto di un accurato piano militare condotto in totale clandestinità (anche all’oscuro del Congresso) dall’amministrazione Biden – la tesi, comprovata giornalisticamente con fonti date e luoghi da Seymour Hersh, l’attacco terroristico sia stato perpetrato da un non specificato gruppuscolo di persone filo-ucraine è stata trasmessa dapprima dal New York Times, che cita fonti nell’Intelligence USA, per poi essere rivendicata dai giornali tedeschi, che citano invece fonti nelle indagini locali.
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dichiarato che la storia dei subacquei filo-ucraina è una «completa assurdità».
I timori di Pechino per gli attacchi a infrastrutture strategiche transnazionali possono essere fondati. A inizio dicembre 2022 fa è stato completato il collegamento di un gasdotto che fornisce gas naturale russo alla Cina, e a Shanghai in particolare.
Immagine screenshot da YouTube
Cina
Intelligenza artificiale, delude Ernie, risposta cinese a Chat Gpt

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Il motore di ricerca Baidu ha presentato la sua chatbot. Dopo la presentazione persi alla Borsa di Hong Kong 3 miliardi di dollari di valore. Compagnia USA OpenAi lancia invece GPT-4, capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi. Guerra tecnologica con Washington minaccia i piani di Xi Jinping.
Delude Ernie Bot, la prima risposta cinese a Chat Gpt, il chatbot basato sull’intelligenza artificiale generativa sviluppata dalla compagnia hi-tech USA OpenAI. Oggi, dopo la sua presentazione, il motore di ricerca internet Baidu che l’ha sviluppata ha perso il 6,4% alla Borsa di Hong Kong, bruciando 3 miliardi di dollari.
Un chatbot è una chat capace di generare risposte di tipo umano a domande complesse: permette di interagire con un sistema di intelligenza artificiale, soprattutto per l’elaborazione di testi.
Gli investitori sono rimasti poco impressionati dai video preregistrati che mostravano Ernie Bot compiere calcoli matematici, parlare dialetti cinesi e generare video e immagini accompagnati da testi. Hanno pesato poi le parole dell’amministratore delegato di Baidu, Robin Li, il quale ha ammesso che il sistema non è perfetto e che è stato presentato perché il mercato lo richiedeva.
La differenza con i prodotti presentati da OpenAI è eclatante. Il 14 marzo l’azienda tecnologica USA (sostenuta da Microsoft) ha annunciato di aver iniziato a commercializzare un nuovo modello di intelligenza artificiale ancora più potente. GPT-4 è descritto come un sistema «multiplo», capace di interpretare artificialmente anche le immagini e non più solo testi.
Fino alla comparsa di Chat Gpt a novembre, la Cina era considerata all’avanguardia nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ora i rivali Usa sembrano in netto vantaggio. Anche Li si è detto impressionato dalle capacità di GPT-4, ma ha sottolineato che Ernie Bot non è uno strumento di confronto tra Cina e Stati Uniti.
Oltre a Baidu, anche l’altro colosso tecnologico cinese Alibaba sta elaborando la sua chatbot. Critici degli sforzi di Pechino sostengono però che il focus sulla censura porterà allo sviluppo di uno strumento deformato, lontano dagli standard occidentali.
Gli investimenti di Pechino sull’intelligenza artificiale sono minacciati dalla guerra tecnologica con gli USA. Per decisione dell’amministrazione Biden, le compagnie statunitensi di settore hanno bisogno di una licenza governativa per poter vendere a compratori cinesi macchinari per la produzione di chip avanzati – necessari nel campo dell’intelligenza artificiale. Su pressione di Washington, anche Giappone e Paesi Bassi hanno ristretto l’export di tali strumenti in Cina.
Xi Jinping ha ribadito più volte che Pechino deve raggiungere l’autosufficienza tecnologica per non dipendere da forze straniere. Morris Chang, fondatore del colosso taiwanese dei chip TSMC, ha detto oggi che i cinesi sono indietro 5-6 anni rispetto a Taiwan nello sviluppo di microchip di ultima generazione.
Secondo il piano Made in China 2025 lanciato da Xi nel 2015, entro il 2020 la Cina avrebbe dovuto raggiungere l’obiettivo di produrre il 40% dei chip usati per il consumo interno, per arrivare al 70% nei prossimi due anni: al 2021 la quota è stata di circa il 16%.
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