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Immigrazione

Il miraggio della Meloni e del blocco navale. La realtà dell’anarco-tirannide dell’invasione kalergista

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Si potrebbe sperare che chi l’ha votata ora capisca. I sondaggi dicono che no, il gradimento diventa alto.

 

Giorgia Meloni riesce a stare a galla nonostante il tradimento totale delle sue promesse elettorali pluriennali – quelle sull’immigrazione, la vera raison d’etre di un partito che si vorrebbe, in teoria, populista, sovranista, etnonazionalista, o qualcosa del genere. La fiammella ancora presente del simbolo di Fratelli d’Italia dovrebbe collegarsi a tempi non troppo antichi in cui erano gli italiani ad andare in Africa – per fare un impero – e non gli africani a venire in Italia – per creare ghetti e degrado assassino.

 

Il tanto atteso blocco navale non si farà, e non si capisce perché. Forse perché poi per Giorgia andare a Bruxelles, al G20 e al G7, diventa più difficile: e insomma, fare gli occhi dolci a Biden e Trudeau e Zelens’kyj di persona è meglio che mantenere le promesse elettorali e difendere il proprio popolo stremato.

 

C’è da immaginarselo: metti le navi militari a proteggere la costa (e cos’altro dovrebbero fare, in effetti?) e poi eccoti le condanne internazionali, figure politiche internazionali, anche le più oscure, a dire che c’è il ritorno del fascismo in Italia (mentre foraggiano di miliardi e armamenti i tatuati neonazisti ucraini).

 

Eh sì che mica ci sarebbe da andare indietro nel tempo ai tempi della bella abissina (dove, ripetiamolo ancora una volta, era l’Italiano che andava in Africa, spesso a lavorare la terra con famiglia al seguito). Basterebbe prendere il modello australiano: deportazioni senza fine e navi che bloccano le imbarcazione che vengono dal resto dell’Asia, il cui sbarco viene impedito, e senza tanti complimenti. Sì, la «democratica» Australia, che di fatto per il COVID ha massacrato il suo popolo e costruito campi di concentramento, ma né il PD né Fratelli d’Italia se ne sono accorti.

 

Ripetete anche voi il mantra: il blocco navale «è irrealizzabile». Ce lo ripetono, in realtà, da un anno varie consorterie giornalistiche, catto-migrazioniste, euro-oligarchiche: «Il blocco navale è irrealizzabile, viola il diritto internazionale» tuonava nell’agosto 2022 a reti unificate l’ex comissario UE Dimitris Avramopoulos, quello che negoziò con Gheddafi l’intesa che fermò gli sbarchi a fine anni 2000: poi, come sappiamo, due dei maggiori Paesi europei bombardarono Tripoli e trucidarono il rais, con il risultato di una crisi migratoria di proporzioni incalcolabili.

 

Ora sono arrivati 122 mila immigrati illegali da inizio anno, il doppio rispetto al 2022, quando al potere c’era non un partito nazionalista, ma l’eurocrate Mario Draghi.

 

Pensiamo bene a questa cifra: centoventiduemila persone. È indicativamente la popolazione di Monza, o Trento, Sassari, Bergamo, Forlì, Siracusa, Ferrara, Salerno, Vicenza. In pratica è una nuova città. O meglio: una nostra città, ma interamente sostituita.

 

Però fermi: parlare di sostituzione etnica mica si può. Lo abbiamo visto, quando la parola scappò al cognato della premier, e fu sommerso di improperi dai giornali dell’oligarcato dello Stato-partito piddino, cosa che deve averlo ferito molto – si rimangiò tutto, precisando: il conte Kalergi? Chi era costui?

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Questo è uno dei maggiori problemi dell’ora presente: l’impossibilità di discutere di quello che sta accadendo, comprovata dal fatto che il vecchio progetto che spiega dettagliosamente cosa sta accadendo all’Europa in merito all’immigrazione – cioè il piano Kalergi, che è sotto i nostri occhi – non può essere nominato pubblicamente, nemmeno dagli uomini di destra (includiamo la Lega, che quella volta prese le distanze da Lollobrigida: del resto, il coraggio, diceva il Manzoni di Don Abbondio, uno non se lo può dare. La cultura, aggiungiamo noi, nemmeno.

 

 

E così eccoci davanti alle immagini devastanti di Lampedusa, senza nessuna guida alla comprensione. Gli africani invadono l’isola, creano il caos, tutto va fuori controllo. Quelli che ne hanno il cuore cercano di unire i puntini: oggi Lampedusa, domani le banlieues come quelle che abbiamo visto prendere fuoco in Francia nel corso dell’estate, tra razzie, spari di kalashnikov, grida ritmate «Allahu Akbar».

 

Chi ha presente cosa è diventata zona San Siro a Milano, chi ha visto cosa è successo al capodanno in Duomo, chi ha presente l’invasione di Peschiera (o di Riccione, e di chissà quante località «aperte» da orde immigrate in questi anni di infallibile spirale del silenzio) non può non capire che siamo davanti ad una situazione di gravità totale, il single point of failure dell’intera civiltà italiana… Abbiamo solo un Paese, un solo territorio, e se lo roviniamo, abbiamo rovinato l’Italia pure come idea e ricordo, qualcosa di cui ai nazionalisti, etno-nazionalisti, post-nazionalisti dovrebbe importare qualcosa.

 

Invece, niente.

 

E lo si era capito dalla significativa scelta di tener lontano dal ministero dell’Interno l’unico uomo che – è innegabile – nel suo anno al Viminale di fatto fermò l’invasione attraverso il Mediterraneo: Matteo Salvini. Di lui è lecito pensare quel che si vuole, specie dopo i disastri pandemici, il tradimento del green pass, etc. Tuttavia è innegabile che quel lavoro – bloccare l’immigrazione – aveva dimostrato di saperlo fare. Forse proprio per questo, e non per meri calcoli elettorali (la popolarità del «Capitano» è sempre in agguato…) vien da pensare, la Meloni lo ha tenuto lontano dalla stanza dei bottoni?

 

In questi giorni, un’operazione interregionale che ha interessato Veneto, Lombardia, Emilia, l’Antimafia e i carabinieri hanno arrestato una quantità nigeriani che gestivano una rete di spaccio di eroina e cocaina. Chi scrive sa di cosa parla: a pochi metri da casa le istituzioni hanno creato un micro-ghetto, nell’unico piccolo condominio di una tranquilla via residenziale. A quanto si apprende, dei 22 che ne hanno arrestati in giro per l’Italia, un po’ li hanno portati via da lì, dalla bidonville migratoria incistatasi davanti casa, dove famiglie e nonnine che fino a qualche anno fa vivevano negli appartamenti sono state via via sostituite da gruppi di maschi neri in età militare, con vestiti costosi e monopattini elettrici, TV 65 pollici e oltre, telefonini, etc.

 

Non è chiaro se il network che i giornali dicono ora «sgominato» (dopo un’indagine di due anni) sia composto di elementi propriamente appartenenti alla cosiddetta «mafia nigeriana» – il fatto che sia stata la Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia ad occuparsene sembrerebbe suggerirlo.

 

Nel caso si trattasse di «mafia nigeriana», cioè di movimenti che in patria chiamano «cultist» («sette»), se leggete Renovatio 21 sapete di cosa si tratta: organizzazioni criminali ramificate in tutto il mondo, che non disdegnano sacrifici umani, squartamenti, riti animisti con pezzi di corpo umano.

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Mettetevi, per un secondo, nei panni di qualcuno che deve pensare di poter avere davanti casa qualcosa del genere. Provate a pensare, oltre al rischio di pallottole vaganti (dove c’è droga, ci sono regolamenti di conti, specie tra mafie «nuove, appena insediate), ai bambini che devono crescere a pochi metri da tutto questo.

 

Siate pure veniali, per un momento, e pensate al valore immobiliare di tutte le case intorno, mutui pagati con decenni di duro lavoro, abitazioni che tengono viva la memoria di persone che non ci sono più.

 

Tutto è risucchiato nel buco nero: la sicurezza, la dignità, il benessere, la memoria.

 

Di questi buchi neri sono ovunque, in ogni città italiana. Vi dicono che dovete tollerarli perché sono grandi dimostrazioni umanitarie, sono spazi abitati da brave persone che «scappano dalla guerra» (quale?). Invece, sono i vostri quartieri conquistati pezzo per pazzo da sette infernali – e non è un’iperbole, è la realtà. Provate a ricordare quanto emerse con il caso di Pamela Mastropietro, il suo corpo sezionato con una perizia che, disse l’anatomopatologo, non si era mai vista…

 

Ora, anche questo dovrebbe essere noto a Giorgia Meloni. Perché da valchiria dell’opposizione, paladina dell’autoctonismo e nemica acerrima dell’invasione gommonautica, Giorgia, in teoria, scrisse sull’argomento un intero libro assieme allo psichiatra Alessandro Meluzzi, il primo che negli anni scorsi aveva lanciato l’allarme sulla presenza delle cosche massonico-esoteriche di Lagos nel territorio italiano, e della loro natura ferale.

 

Il libro si intitola direttamente Mafia nigeriana. Origini, rituali, crimini (2019) e lancia un allarme tragico e sconvolgente: «ci troviamo di fronte al più clamoroso esempio di come la presenza della mafia nigeriana stia progressivamente modificando il contesto della criminalità organizzata in Italia nelle sue manifestazioni più sanguinose» scrive la Meloni con Meluzzi.  «Un fenomeno globale che affonda le radici in rituali cannibalici e si mescola con l’anomia sovranista occidentale».

 

Ora che è al potere, ora che può fare qualcosa per guarire l’anomia, l’anemia di sovranità di cui soffriva lo Stato eurosottomesso dei Draghi e dei Conte, la Meloni si ricorderà di queste parole, in teoria scritte da lei stessa? Da cittadino alle cui finestre cui è inflitto lo spettacolo della distruzione nigeriana della società (non è finito, tutti ne siamo certi), dobbiamo rispondere: no.

 

Giorgia Meloni segue un’agenda che non è quella di difendere il proprio popolo: e lo avevamo capito quando nel 2011 votò la calata degli alieni di Mario Monti al governo, uno degli eventi politici più scioccanti della nostra vita, oltre esempio massimo dell’«anomia sovranista occidentale» con cui fino a qualche anno fa la ragazza si riempiva la bocca.

 

Il progetto è ovviamente quell’altro: come da visione del Kalergi e delle logge connesse, trasformare radicalmente la popolazione europea mischiandola con l’Africa e il Medio Oriente (il conte ci aveva la mamma giapponese, e secondo noi la cosa lo ha psicologicamente segnato, inabissandolo in un complesso di inferiorità totalmente razzista e autocommiserante, che può essere intuito leggendo i suoi scritti).

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Il progetto va portato avanti. Però, prima di avere l’europeo meticcio (il Kalergi lo chiama così), vi toccherà subirvi il macello della vostra esistenza tramite la società sconvolta e capovolta: ecco che sarà caricata, grazie agli squartatori nigeriani, agli spacciatori maghrebini, agli stupratori senegalesi, ai para-terroristi islamici di quartiere, quella che si chiama anarco-tirannia.

 

La vostra vita diventerà un inferno, perché continui scoppi di violenza renderanno insicuro lo stesso camminare per strada, mentre la proprietà (il vostro negozio, la vostra auto, la vostra casa) potrà ciclicamente essere attaccata da orde incontrollate. Sì, è esattamente quello che abbiamo visto nelle città francesi con le rivolte etniche di luglio, ma possiamo dirlo di averlo osservato benissimo, in un contesto in cui ciò sembrava ancora più artificialmente provocato, durante i moti razziali degli USA del 2020, Black Lives Matter, George Floyd etc.

 

Tuttavia lo Stato, nel frattempo, non rinuncerà a perseguitarvi se ritiene che non avete pagato le tasse, non smetterà di multarvi, magari anche di imbavagliarvi sui social e altrove. Furti, vandalismi, stupri da parte dell’orda afroislamica non saranno puniti, tuttavia la vostra soggezione di forze dell’ordine e tribunali rimarrà invariata, o forse aumenterà, visto che gli ordini che riceverete saranno sempre più contradditori, come lo sono già: mantieni questo Stato, anche se esso lavora per la tua distruzione.

 

Più l’orda ti tormenterà, e più spariranno in te pulsioni di cambio di sistema, perché sarai impegnato a difendere fisicamente la tua vita quotidiana, la tua famiglia, il tuo pezzo di pane che arriva col lavoro sempre più rado. Come nell’esperimento del cane, scosse continue ti deprimeranno al punto in cui nemmeno più cercherai la soluzione. Incasserai e basta. Ti spegnerai, con la depressione o il cancro.

 

Tutto questo sta accadendo. Tutto questo ti sta accadendo. Tutto questo ti sta accadendo perché parte di un piano preciso, ora davvero visibile ad occhio nudo.

 

La destra al governo è, oltre ogni ragionevole dubbio, complice: ha venduto miraggi, e ora prepara l’anarco-tirannide, fatta di diktat totalitari e caos sanguinario programmato tramite l’immigrazione di massa.

 

Per voi, per i vostri figli, stanno aprendo una prospettiva infernale: del resto questo è il governo che ha iniziato con l’inchino a Moloch, annunciando la continuazione del sacrificio degli italiani non nati.

 

Ora sta continuando organizzando il massacro di quelli che restano.

 

Roberto Dal Bosco

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Gli stranieri sono responsabili del 77% dei casi di stupro risolti a Parigi nel 2023

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Dati riportati dal quartier generale della polizia di Parigi, hanno rivelato che il 77% dei casi di stupro risolti nella capitale nel 2023 sono stati commessi da persone che non possiedono passaporti francesi, con la maggior parte dei crimini sessuali avvenuti all’interno e nei dintorni di aree turistiche come il Campo di Marte. Lo riporta il sito European Conservative.   L’emittente francese Europe 1, che ha visto il rapporto del quartier generale della polizia di Parigi, ha rivelato che nella capitale sono stati registrati 97 stupri nel 2023, una cifra in aumento del 2% rispetto a quelli del 2022. Prima dell’anno scorso, il numero era rimasto relativamente stabile dal 2018. Dei casi totali registrati, 30 sono stati risolti con l’arresto di 36 autori.   Secondo il rapporto, oltre al fatto che la stragrande maggioranza degli autori dei reati non erano francesi, la maggior parte erano tossicodipendenti, senzatetto e disoccupati. Venti erano già noti alla polizia, di cui quattro per atti di violenza sessuale.

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Grégory Joron, segretario generale dell’Unité SGP Police-Force Ouvrière, uno dei più grandi sindacati di polizia francesi, si è lamentato dei risultati del rapporto.   «Si tratta ancora di uno stupro ogni tre giorni a Parigi… Ciò solleva una vera questione poiché è stabile dal 2018 circa e, nel complesso, possiamo vedere che è un fenomeno che non riusciamo a estinguere».   Per il capo del sindacato, i risultati del rapporto sono particolarmente preoccupanti alla luce dei prossimi Giochi Olimpici, dove si prevede che Parigi accoglierà – e manterrà la sicurezza e l’incolumità – circa 15 milioni di visitatori.   «Dovrebbero essere luoghi con lo 0% di delinquenza perché aspettiamo di accogliere milioni di turisti per le Olimpiadi, ma per il momento sono ancora luoghi dove purtroppo abbiamo ancora molti problemi tra le mani. Dopo un certo tempo, di notte, purtroppo esiste ancora il rischio che una donna cammini da sola per tornare da una festa o anche dal lavoro».   La notizia del rapporto dal quartier generale della polizia di Parigi arriva pochi giorni dopo che il ministro federale degli Interni tedesco Nancy Faeser ha presentato il rapporto annuale sulle statistiche sulla criminalità dell’Ufficio federale della polizia criminale (BKA), che dipingeva un quadro simile della situazione in Germania.   Come i dati di Parigi, anche i numeri nazionali tedeschi hanno rivelato che i titolari di passaporti stranieri erano massicciamente sovrarappresentati tra i sospettati di violenza sessuale a livello nazionale. La tendenza è stata registrata negli ultimi anni anche in Svizzera, Finlandia, Danimarca e altrove in tutta Europa.   Per Parigi si tratta di una situazione delicata, perché si avrà tra pochi mesi l’avvio delle Olimpiadi 2024 nella capitale francese.   L’Eliseo sta correndo ai ripari come può: non solo chiedendo, con Macron, una bizzarra «tregua» ai conflitti mondiali in occasione dei Giochi (lui che ha ripetuto la possibilità di truppe NATO in Ucraina!), ma anche con grandi operazioni di rilocazione che prevedono lo spostamento degli immigrati nei paesi di campagna.

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Come riportato da Renovatio 21, un anno fa i dati pubblicati indicavano che il 70% di tutte le rapine violente a Parigi perpetrate da stranieri.   Erano immigrati i protagonisti di violenze di alto profilo come l’attacco ad una poliziotta parigina ripreso da un video poi divenuto virale, gli accoltellamenti alla Gare de Lyon, l’assalto ad un teatro di Hauts-de-Seine con furti e ulteriori accoltellamenti. Senza contare episodi che hanno sconvolto la Francia come quello dell’insegnante Samuel Paty, decapitato nel 2020 da uno studente islamico.   Tuttavia, questi episodi non sono nulla rispetto alle rivolte etniche della scorsa estate – dette delle banlieues, ma qui la periferia c’entra meno che la questione etno-religiosa – che hanno dimostrato quanto la società francese sia di fatto divenuta fragile, sottoposta al ricatto continuo delle masse immigrate.   Come riportato da Renovatio 21, la possibilità di un grande evento sportivo di essere totalmente rovinato dalle orde extracomunitarie si era materializzata nel caso della finale di Champions League Liverpool-Real Madrid nel 2021, quando serque di immigrati stazionanti fuori dallo stadio di Saint Denis crearono disordini e molestarono senza requie i tifosi lidpuliani.

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Immagine di Katerina Athanasaki via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic  
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Belgio, boom del voto musulmano a Bruxelles

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Sul sito Figaro del 20 febbraio 2024, il senatore onorario belga Alain Destexhe scrive: «con un imam pakistano che ha recitato alcuni versi di una sura dal podio del Parlamento di Bruxelles, è stato compiuto un passo simbolico».

 

Questo imam è intervenuto ad un convegno «che mirava a mettere in luce i successi e l’integrazione economica e sociale (sic) della numerosa comunità pakistana di Bruxelles, ma la maggior parte dei relatori parlava in inglese o in urdu!»

 

Dovete sapere che «il deputato che ha seguito l’evento è il socialista Hasan Koyuncu, di origine turca. È il primo vicepresidente non del Parlamento di Bruxelles, ma di quello francofono di Bruxelles (benvenuti nella fabbrica del mondo delle istituzioni belghe), e sarà capolista del Partito socialista a Schaerbeek, uno dei i due comuni con la più forte comunità turca a Bruxelles, il prossimo ottobre, per le elezioni comunali».

 

Alain Destexhe precisa che «il 73% dei turchi in Belgio, che hanno per lo più la doppia nazionalità, hanno votato per Erdogan alle ultime elezioni presidenziali, molto più dei turchi in Turchia (52%)».

 

E aggiungeva: «il PS [Partito Socialista, ndt] è ormai soggetto all’Islam. Gran parte dei suoi rappresentanti eletti al Parlamento di Bruxelles, vere e proprie macchine elettorali, sono di religione o cultura musulmana. […] Bruxelles, la capitale d’Europa, è oggi una delle città più islamizzate del continente».

 

«Secondo Statbel, l’ufficio statistico belga, il 61% della popolazione di Bruxelles non è di origine europea e solo il 23% dei belgi è di origine belga, un caso unico per una capitale europea».

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Il 22 febbraio, sul sito The European Conservativ, il giornalista irlandese di stanza a Bruxelles, Thomas O’Reilly scriveva nello stesso senso:

 

«Un partito marxista-leninista con una forte base elettorale islamica è in testa nei sondaggi nella città di Bruxelles in vista delle elezioni nazionali ed europee, davanti agli ex liberali e verdi valloni, e raduna gli elettori musulmani scontenti della guerra intrapresa da Israele contro Hamas nel Striscia di Gaza».

 

«Il Partito dei Lavoratori del Belgio (PTB) ha guadagnato popolarità negli ultimi dieci anni facendo affidamento sugli elettori turchi e arabi grazie al suo deciso “antisionismo”. Oggi sembra essere il partito politico più popolare a Bruxelles, con il 21% del sostegno pubblico, mangiando voti precedentemente detenuti da altre convinzioni socialiste».

 

E ha aggiunto: «il Belgio non è l’unico a testimoniare la rapida ascesa della politica di fusione islamo-sinistra. Un nuovo partito lanciato dalla diaspora turca spera di entrare nel Bundestag tedesco».

 

«Nel frattempo, in Gran Bretagna, George Galloway [che si fa chiamare “Gaza George”] è ora il favorito per vincere le elezioni suppletive di Rochdale, con un forte sostegno da parte degli elettori musulmani di origine pakistana…». E infatti, il 1° marzo , George Galloway ha vinto le elezioni di Rochdale.

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La bandiera pakistana sventola sull’Abbazia di Westminster

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Una bandiera nazionale Pakistana è stata issata sopra l’Abbazia di Westiminster, il più importante luogo di culto già cattolico e poi anglicano di Londra, in pratica uno dei segni più alti del Cristianesimo in terra anglica.   La bandiera con la luna musulmana era lì in riconoscimento del Pakistan Day, una festa nazionale che commemora l’approvazione della risoluzione di Lahore, in base alla quale il 23 marzo 1940 fu approvata una nazione separata per i musulmani dell’impero indiano britannico richiesta dalla Lega musulmana, e l’adozione della prima Costituzione del Pakistan il 23 marzo 1956, rendendo il Pakistan la prima Repubblica Islamica del mondo.  

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La separazione di India e Pakistan a seguito della dipartita dei britannici – la cosiddetta Partition – causò almeno un milione di morti e un numero tra i 10 e 20 milioni di profughi, nonché tensioni geopolitiche mai risolte che ora possono sfociare in un confronto tra due potenze atomiche.   All’interno dell’Abbazia si è tenuto un evento di preghiera, a cui hanno partecipato funzionari dell’Alto Commissariato pakistano. Il problema, come alcuni hanno sottolineato, è che il Pakistan ha ancora leggi brutali sulla blasfemia e una storia di persecuzione dei cristiani.   I filmati dell’accaduto hanno scioccato molti utenti della rete. Molti cittadini inglesi si sono inoltre chiesti come mai l’Union Jack, la bandiera nazionale del Regno Unito, non fosse in alcun modo visibile. In pratica, la bandiera britannica pareva essere stata, letteralmente, sostituita…     L’attuale sindaco di Londra Sadiq Kham è di origine pakistana: la sua famiglia è di sunniti Muhajir, ossia di musulmani indiani emigrati in Pakistan dopo la partition. I nonni del Khan emigrarono da Lucknow dall’India britannica al Pakistan nel 1947. Suo padre Amanullah e sua madre Sehrun arrivarono a Londra dal Pakistan nel 1968. La famiglia ha continuato ad inviare denaro ai parenti in Pakistan, «perché siamo fortunati ad essere in questo Paese».   Nel 2018, a Khan è stato conferito Sitara-e-Pakistan – il più alto encomio della Repubblica Islamica del Pakistan – per i suoi servizi ad Islamabad dal presidente pakistano Mamnoon Hussain.   Durante la pandemia, il Khan istituì uno dei lockdown più duri del mondo, imprigionando di fatto l’intera popolazione della megalopoli inglese. Nel luglio 2021, il sindaco pakistano ha mantenuto l’obbligo della mascherina sui trasporti londinesi, nonostante il governo abbia rimosso l’obbligo a livello nazionale, citando il rischio di trasmissione del virus.

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