Geopolitica
La Meloni va in Albania a incontrare l’uomo di Soros. E forse anche l’erede di Klaus Schwab

Palazzo Chigi pare non aver dato molte informazioni sul viaggio del presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Albania.
Le notizie che sono arrivate sono state contraddittorie, e lacunose. Era una visita turistica, poteva sembrare di primo acchito. Poi si è cominciato a vagheggiare di un «buco» di giorni. La comunicazione dello spostamento del premier oltre l’Adriatico dicono sia stata gestita tutta dalla parte albanese, anzi da Edi Rama in persona, sentenzia qualcuno, perché quello che abbiamo visto è stato «il più grande spot dell’Albania di tutti i tempi».
Già: l’Albania non è il Paese da cui forse provengono tante telefonate di inutile telemarketing che interrompono la vostra giornata, e nemmeno la miccia perennemente accesa di una nuova guerra in Kosovo; non è il Paese delle barche dei disperati degli anni Novanta e di certa criminalità, organizzata o meno, di quegli anni (remember Zani). No, l’Albania è dove il nostro premier si prende una pausa di relax, ospite del gentilissimo, sorridente, fotogenico omologo tiranese.
Rama è noto per il videomessaggio in italiano impeccabile con cui annunziava al nostro popolo che avrebbe mandato nell’Italia dei primi mesi di COVID nel 2020 un gruppo di medici albanesi. Come ricordano le cronache, non finì bene: i dottori inviati generosamente da Tirana furono trovati ubriachi a fare festa in hotel dalle forze dell’ordine, un piccolo incidente nel percorso della guarigione del Paese dal morbo cinese.
Ora Rama torna sul palco della grande stampa mainstream italica: dà intervista a destra e a manca, definisce Giorgia «un’amica», minimizza le differenze politiche tra destra e sinistra («siamo nel 2023), racconta di averla ospitata nella sua residenza, di aver cenato unendo le due famiglie, garantisce per la bontà della leader della Garbatella.
A questo punto, è giusto ricordare al lettore chi è Edvin Kristaq Rama.
Altissimo ex giocatore di basket, pittore, scrittore, cattedratico, Rama ha una lunga, densa carriera alle spalle – e, come evidente, non è ancora finita. Già sindaco di Tirana con vittoria schiacciante, nei primi anni 2000 si prende anche il Partito Socialista d’Albania, succedendo a Fatos Nano. Sta qualche anno all’opposizione del Partito Democratico di Albania di Sali Berisha, poi mel 2013 diviene premier, coprendo anche il ruolo di «ministro per l’Europa e gli affari esteri».
E gli affari esteri di fatto vanno bene: lo fanno presidente dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OCSE) tra il 2020 e il 2021. Attualmente fa parte del board consultivo dell’UNDP, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo.
Soprattutto, Edi Rama è noto per la sua prossimità con un nome che dice tanto, tantissimo: anzi, come lo ha definito qualcuno «l’unico uomo al mondo ad avere una sua propria politica estera»: George Soros.
Non è un mistero: Rama è stato nel direttivo della celebre Open Society Foundations, l’ente «filantrocapitalista» del discusso finanziere speculatore internazionale George Soros. Il premier albanese era anche uno degli invitati all’esclusivissima festa per il terzo matrimonio di Soros nel 2013, la cui lista degli invitati era praticamente una mappa dei personaggi mondialisti ficcati nella politica di ogni Paese possibile – più Bono Vox, ovviamente.
A quanto dicono, Edi avrebbe un bel rapporto anche con Alex Soros, l’erede designato dell’impero umanitario dello speculatore, che sta tuttavia abbandonando l’Europa («missione compiuta»?) e licenziando il 40% della forza lavoro – magari con benedizione dell’ONG più coriacea, quella del papa, che lo ha ricevuto poche settimane fa con Bill Clinton, che nonostante lo scandalo Epstein e le sue allucinanti ramificazioni si fa ancora vedere in circolazione.
Ma non ci sono solo i Soros nel mondo di Rama. Gli USA sono una presenza costante nell’Albania di questi decenni, e sembrano particolarmente affezionati a Rama.
Nel maggio 2021, il segretario di Stato americano Antony Blinken aveva annunciato una serie di sanzioni nei confronti del grande rivale di Rama, Sali Berisha, per «atti corrotti» che «hanno minato la democrazia in Albania». Il linguaggio qui è assai riconoscibile.
L’odore di zio Sam a Tirana è tale che il Paese ha problemi con gli iraniani: sia cioè con la Repubblica Islamica (con supposto attacco hacker ed incidente diplomatico) sia con l’organizzazione, solitamente molto supportata dagli americani, che è nemica giurata degli ayatollah, il MEK, che pure era ospitato anche dagli albanesi.
Ricordiamo quindi un’altra cifra americana che passa per Tirana. Nella mappa della Terza Guerra Mondiale, che passa per l’Ucraina, Taiwan e il Niger, sappiamo che un pezzo non indifferente potrebbe toccare proprio vicino a noi: il Kosovo.
E da che parte può stare Edi Rama nella questione della costruzione di uno Stato satellite albanese (quindi, americano), in terra serba? Possiamo dire che sappiamo, quantomeno, come potrebbe pensarla suo fratello.
Torniamo ad uno scandalo balcanico-calcistico forse dimenticato, ma tanto rivelatore dell’ottobre 2014. A Belgrado si giocava la partita di qualificazione per gli Europei 2016 Serbia-Albania. A cinquanta minuti dal fischio di inizio, entra in campo un drone con issata una bandiera albanese con la scritta Kosovo Libero e una mappa in cui l’Albania si mangia quella parte della Serbia.
È la bandiera di quella che chiamano la «Grande Albania».
Il giocatore serbo Stefan Mitrovic acciuffa il drone e la bandiera. Su di lui quindi si avventano due giocatori albanesi: è rissa. Entrano in campo i tifosi locali, che non vanno per il sottile: lo stadio in cui si gioca è quello del Partizan Belgrado. La partita viene fermata una volta per tutte.
Viene arrestato subito Orfi Rama, il fratello di Edi, presente in tribuna VIP: lo accusano di essere l’organizzatore della scenata. Quaranta minuti dopo lo rilasciano. A Pristina, capitale dello staterello albanese leader nel traffico d’organi e nel numero di miliziani ISIS pro-capite, si era nel frattempo scatenata la festa: «Albania, Albania» grida la gente scesa in strada, tra petardi e cori.
Il ministro degli Esteri servo dell’epoca, Ivica Dacic, dichiarò che si trattava di una «provocazione politica premeditata». È chiarissimo che tale grande pagliacciata, che reca seco enormi rischi geopolitici e umani, è fatta da qualcuno che sente di avere le spalle coperte.
Quindi, ecco chi ha visitato Giorgia nelle ultime ore – rammentando che è quella che ora abbraccia Biden con occhio dolce e gli ubbidisce supinamente. Sì, è la stessa che andava oltreoceano a prendersi gli applausi ai CPAC repubblicani, cioè di chi in larga parte non crede nemmeno che il vegliardo demente del Delaware, l’uomo che ci sta portando verso l’abisso atomico, sia il legittimo presidente.
Giorgia è quella che toglie all’Italia armi, carri e missili (difficilmente sostituibili, magari, come i SAMP-T) su ordine della Casa Bianca, per darli alla banda di Kiev.
E quindi, da che parte ci aspettiamo starà il governo italiano, quando riscoppierà la guerra in Kosovo? In parte, la risposta l’abbiamo già avuta quando la Meloni tuonò contro il ferimento di nostri soldati della forza di pace durante manifestazioni in loco tre mesi fa.
La domanda da farsi, quindi, è: anche di questo hanno parlato i due premier in questi giorni? L’Italia è già automaticamente schierata, per ordine americano, per l’Albania e contro la Serbia, come con il governo D’Alema nel 1999?
Non sono questioni da poco.
Tuttavia, potrebbe non essere tutto. Qualche giornalista tira fuori l’idea: non è che la Meloni, nel misterioso viaggio albanese, ha visto anche Tony Blair?
L’ex premier britannico di fatto era in Albania, proprio ospite dell’amico Edi Rama, negli stessi momenti. Rama, che si dilunga in sperticate lodi anche per lo scozzese, dice che no, Tony e Giorgia non si sono visti, perché Blair è partito per il Medio Oriente il mattino presto, Giorgia, dice, sarebbe arrivata dopo.
Gli crediamo oppure no, la possibilità va comunque esplorata, per il significato che assumerebbe: Tony Blair, divenuto dopo gli anni a Downing Street una sorta di agente mondialista che traffica ovunque, è stato da alcuni indicato come possibile successore di Klaus Schwab al World Economic Forum.
La notizia può sembrare esagerata, tuttavia Davos o meno, il Blair in questi anni non ha perso tempo per annunciare la bontà di sistemi di tracciamento continuo degli esseri umani. Come riportato all’epoca da Renovatio 21, Blair aveva iniziato due anni fa a parlare di microchip per identificare i cittadini e tracciare il loro «stato di malattia» poi ha continuato dichiarando che i passaporti vaccinali sono «inevitabili». In pratica, un apostolo del green pass globale ed eterno.
En passant, segnaliamo suoi discorsi nel corso dell’ultimo anno in cui in scioltezza parlava dell’uso delle atomiche occidentali nel conflitto russo-ucraino, cioè tra l’Occidente e l’Ucraina.
Lo abbia incontrato o meno, la Meloni è da quella parte della storia che si sta mettendo: lo dimostra la sua firma, a Bali, per il passaporto vaccinale digitale internazionale, o gli abbracci a Zelens’kyj, a Roma, a Kiev e – molto in tema – ad Hiroshima.
Noi avevamo già dato ai lettori altri puntini da unire, per esempio il plateale, vergognoso inchino a Moloch: prima cosa da fare quando eletti, dichiarare che non si toccherà l’aborto.
Oppure gli imbarazzi sull’immigrazione, cioè la sostituzione etnica, concetto non più nominabile nemmeno da un partito e da un governo di destra.
Oppure l’assist alla Corte Costituzionale sull’obbligo vaccinale: Renovatio 21 vi disse immediatamente di cosa si trattava.
Da un governo che si prende come ministro della Sanità un tizio del Comitato Tecnico-scientifico che ci ha chiuso in casa e costretti alla vaccinazione mRNA, cosa volevate aspettarvi?
Accusano la Meloni, bonariamente, di essere divenuta democristiana, dicono che sogna di prendere il posto della Merkel negli equilibri europei.
La DC, lo sappiamo, è il partito che ha spalancato le porte dell’Inferno su questo Paese. Compromesso dopo compromesso, l’Italia è divenuta, degradata nella morale e nella materia, la catastrofe che è sotto i nostri occhi, un pericolo mortale, fatto di anarco-tirannia e terapie geniche forzate, per il futuro dei nostri figli.
Ora abbiamo un potere democristiano che non deve nemmeno più dirsi tale, liberandosi per sempre della finzione «democratica» e «cristiana».
E un potere che non è democratico, e non è cristiano, come volete chiamarlo?
Roberto Dal Bosco
Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
576° giorno di guerra

– Zelens’kyj: «la questione delle elezioni in Ucraina non è stata nemmeno sollevata, perché non è rilevante a causa della sicurezza e della guerra. In primo piano sono le armi. La società non è pronta a spendere soldi per le elezioni».
– L’attuale corso politico di Kiev è offensivo per Varsavia, l’Ucraina dovrà ripristinare la fiducia della società polacca, ha affermato il ministro degli Esteri polacco Zbigniew Rau. «L’attuale politica dell’Ucraina non è solo dannosa e dolorosa per noi, ma soprattutto offensiva. È difficile immaginare che questo verrà presto dimenticato. (…) Sarà necessario un lavoro titanico per ripristinare la fiducia della società polacca nella buona volontà delle autorità ucraine». Egli ha anche osservato che le dichiarazioni delle autorità ucraine «portano ad un profondo ripensamento della coscienza polacca riguardo all’Ucraina».
– Bloomberg: Gli Stati Uniti hanno chiesto chiarimenti alla Polonia riguardo al suo sostegno all’Ucraina dopo le minacce di interrompere gli aiuti militari a Kiev.
– Biden ha dichiarato che il primo carro armato americano Abrams arriverà in Ucraina la prossima settimana. Ha aggiunto di aver approvato un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev.
– Il nuovo pacchetto di aiuti USA a Kiev non comprende il missile ATACMS, un missile balistico tattico con una gittata fino a 300 km di cui aveva parlato il Financial Times il 10 settembre.
– L’Economist chiede un cambio di strategia in Ucraina e soprattutto un cambio di mentalità in Europa: meno discorsi di pace e più preparativi per una lunga guerra
– Il New York Times (riporta che il comando USA ) critica Zelens’kyj per aver disperso le forze a Bakhmut invece che concentrare tutto verso il mare di Azov.
– Inciampo della TV Ucraina 1+1. Al discorso di Zelensky all’Assemblea generale c’era qualche buco in platea. Meglio fare taglia e cuci con altri momenti della riunione, a platea piena. Ma così Zelensky risulta seduto ad ascoltare se stesso.
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– Bloomberg: «l’economia ucraina sta crescendo per la prima volta dall’inizio della guerra. Il prodotto interno lordo ha registrato un balzo del 19,5% su base annua nel secondo trimestre, dopo un forte calo nei mesi successivi all’inizio della guerra e un ulteriore calo nel 2023, secondo i dati diffusi dal Servizio Statale di Statistica. Il PIL è stato favorito dall’aumento dei consumi interni, in quanto gli ucraini si sono adattati a un senso di relativa stabilità dopo i primi mesi di guerra. Secondo le previsioni della banca centrale, l’economia ucraina potrebbe crescere del 2,9% quest’anno”.
– L’Unione Europea sta utilizzando articoli di Wikipedia e articoli sui media di «vario grado di credibilità» come giustificazione delle sanzioni contro i russi, comprese le testate che pubblicano ricette di cucina, riferisce Politico, citando i documenti di lavoro utilizzati dal Consiglio della UE per giustificare le sanzioni contro cinque uomini d’affari, funzionari governativi e loro familiari russi. I loro casi, oltre agli articoli di pubblicazioni come il Financial Times e la Reuters, si basano anche su traduzioni automatiche di materiali provenienti da fonti russe o ucraine. Spesso vengono citati articoli di Wikipedia sul presunto scopo delle sanzioni. Come giustificazione è stato citato anche un articolo di una rivista che «pubblica più spesso ricette di cucina che materiale giornalistico serio».
– CNN: Le immagini satellitari mostrano una maggiore attività nei siti di test nucleari in Russia, Cina e Stati Uniti. Negli ultimi anni Russia, Stati Uniti e Cina hanno costruito nuove strutture e scavato nuovi tunnel nei loro siti di test nucleari, mostrano le immagini satellitari. È possibile che Russia, Cina e Stati Uniti possano riprendere i test nucleari, cosa che nessuno di questi paesi ha fatto da quando i test nucleari sotterranei sono stati vietati dal Trattato del 1996
– BBC: «Gli investigatori ucraini hanno parlato con Zaluzhny nell’ambito delle indagini sul caso della “resa dell’Ucraina meridionale” all’inizio della guerra. Secondo la BBC, il comandante in capo non risulta ancora indagato, così come non c’è stata una convocazione ufficiale per l’interrogatorio. Ma è possibile che lo sarà. Considerando questo possibile sviluppo degli eventi, negli ambienti politici ristretti il caso dell’occupazione del Sud è già chiamato il “caso Zaluzhny”. Il procedimento sull’inadeguata difesa della regione di Kherson, che ha portato alla sua rapida occupazione, è stato aperto dall’Ufficio investigativo statale (SBI) dell’Ucraina già nel secondo mese di guerra, l’11 aprile 2022. Le domande principali sono: perché non hanno fatto saltare i ponti sull’istmo, perché non hanno preparato adeguatamente la difesa e perché non hanno rafforzato quella direzione?»
– Le importazioni del greggio cinesi hanno raggiunto i valori record: nella prima metà del 2023 la Cina ha importato in media 11,4 milioni di barili al giorno, la cifra più alta nell’intera storia del paese. Gli Stati Uniti sono così diventati uno dei primi dieci fornitori di petrolio alla Cina, raddoppiando le loro forniture. Hanno raggiunto i 400 mila barili al giorno. A loro volta, gli Stati Uniti acquistano diesel e cherosene, che scarseggiano, sul mercato mondiale. La Russia è ridiventata principale esportatore di petrolio verso la Cina, aumentando le vendite del 23% e superando di gran lunga l’Arabia Saudita. Le consegne medie di petrolio dalla Russia alla Cina nel corso dei sei mesi hanno raggiunto i 2,1 milioni di barili al giorno, mentre il picco della domanda si è verificato a giugno, quando la Russia ha fornito 2,6 milioni di barili. Si tratta di un record storico assoluto di acquisti da un singolo paese da parte della Cina.
– Dal 1° ottobre la Russia inizierà ad applicare dazi all’esportazione su un’ampia gamma di beni legati al tasso di cambio del rublo.
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– Kim Jong-un in una foto ricordo con i membri della delegazione che lo ha accompagnato durante la sua visita in Russia
– Recentemente, nelle discussioni sugli eventi in Artsakh , la componente politica di solito viene in primo piano sotto forma di impreparazione e riluttanza delle autorità armene a lottare per la repubblica non riconosciuta. Tuttavia, è importante che anche da un punto di vista puramente militare gli approcci delle parti fossero diametralmente opposti:
- Tutto è molto chiaro con l’Azerbaigian: il paese ha acquistato un’enorme quantità di armi moderne da Russia, Turchia e Israele. Era costoso, ma ha avuto l’effetto desiderato: gli UAV israeliani Harop hanno permesso di distruggere con precisione i sistemi di difesa aerea armeni e ottenere la supremazia aerea, che ha determinato in gran parte l’esito della seconda guerra del Karabakh.
- Ma l’Armenia ha affrontato la questione in modo meno responsabile, al punto che ha venduto alcune delle sue armi, compreso il sistema di difesa aerea Osa-AK, e ha cercato urgentemente di riacquistare un lotto di 19 pezzi dopo l’inizio delle ostilità nel l’autunno del 2020. Allo stesso tempo, il paese ha partecipato a strani schemi, come l’acquisizione di sistemi di difesa aerea Osa-AKM di bassa qualità in Giordania.
Dopo la sconfitta nella seconda guerra del Karabakh, la situazione non è cambiata: ad esempio, l’Armenia non aveva fretta di ritirare dalla Russia i missili per i sistemi di difesa aerea Smerch già pronti alla consegna. Nelle sue dichiarazioni ufficiali, Pashinyan cerca di scaricare le colpe su terzi. Ma nessuno, eccetto le stesse autorità armene, è responsabile del fallimento nella costruzione delle forze armate e del completo disprezzo per gli insegnamenti della guerra precedente.
– Una delegazione del Congresso degli Stati Uniti guidata dal senatore Jerry Peters è arrivata in Armenia per incontrare la leadership del Paese, ha riferito l’ambasciata americana a Yerevan.
– L’esodo degli armeni dal Karabakh non è il piano principale di Yerevan, ha detto Pashinyan.
– Il figlio di George Soros, Alex, ha pubblicato una foto con il presidente moldavo Maia Sandu: «è sempre un piacere incontrare uno dei leader mondiali più coraggiosi».
– Un attacco missilistico ha colpito il quartier generale della flotta del Mar Nero a Sebastopoli.
– Secondo Bloomberg la bozza di bilancio russo nel 2024 assegna una priorità assoluta alle spese militari.
– Il presidente siriano Bashar al-Assad e sua moglie Asma sono arrivati in Cina per la prima visita ufficiale in quasi 20 anni.
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– Le sanzioni, scrive Kommersant, rendono difficoltoso l’approvvigionamento di farmaci per il diabete prodotti dalla Medtronic in Russia. Sono ancora disponibili farmaci Abbot, ma sarebbero pensati per i bambini sotto i 4 anni.
– Il quotidiano britannico Inews riferisce, citando fonti nell’amministrazione britannica, che esiste un canale informale di trattativa britannico – russo da un anno e mezzo.
– Aliyev chiede ai Paesi «dall’altra parte dell’oceano» (chiaro riferimento agli USA) di «lasciar perdere» la regione e di smetterla di «usare l’Armenia per poi tradirla nei momenti difficili».
– Il 19 settembre si è tenuto a New York il primo vertice «Asia centrale-USA» (C5+1) al quale hanno partecipato i presidenti degli Stati Uniti, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, e il segretario di Stato Antony Blinken. I politici hanno discusso dei più svariati temi, prestando particolare attenzione alla cooperazione nel campo dell’energia verde e della sicurezza regionale, riferisce il servizio stampa della Casa Bianca. I capi di Stato hanno anche toccato il tema del partenariato commerciale, economico e di investimento, la necessità di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i paesi e di portare avanti le riforme per rafforzare lo stato di diritto. Gli Stati Uniti hanno avanzato una serie di proposte per la futura cooperazione con le repubbliche dell’Asia centrale.
– La CNN riferisce che i servizi speciali ucraini hanno probabilmente organizzato un attacco con droni su due veicoli associati alla PMC Wagner in Sudan.
– Esportazioni russe in Africa: la maggior parte dei pagamenti a giugno è avvenuto in valute di «Paesi amici» (yuan e rupie in prevalenza) poi in rubli, la cui quota è altalenante. Solo l’8,5% in valute di Paesi «ostili».
– La profezia di Primakov (primo ministro e ministro degli esteri russo negli anni ’90) che si è avverata. Evgenij Maksimovich Primakov all’inizio degli anni ‘ 90 ebbe una conversazione con l’allora presidente armeno Levon Ter-Petrosyan. Era il momento delle grandi vittorie armene in Karabakh. Primakov disse più o meno quanto segue: «abbiamo raggiunto un accordo con l’Europa e gli Stati Uniti. Vi proponiamo di restituire all’Azerbaigian le aree occupate, in cambio l’Azerbaigian riconoscerà la parte “armena” del Karabakh». Dopo le consultazioni di Ter-Petrosyan con i «comandanti sul campo» armeni, la risposta a questa proposta fu: «non possiamo farlo, non saremo compresi e saremo rovesciati dalla piazza che crede che ciò che è stato conquistato dagli armeni non dovrebbe essere restituito al nemico».
Primakov gli rispose: «l’Azerbaigian sa lavorare e sa aspettare. Hanno le risorse necessarie. Passeranno 10, 20, 30 anni, si rafforzeranno e vi toglieranno tutto».
Rassegna tratta dal canale Telegram La mia Russia.
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Geopolitica
La «Legione georgiana» di Kiev pianifica una Maidan a Tbilisi questo autunno

Di cecchini provenienti dalla Georgia si parlò riguardo al massacro di Maidan, quando alcuni uomini misteriosi piazzati sui tutti sopra la piazza centra di Kiev spararono a manifestanti e polizia, creando dissidio fra le parti e aumentando il caos, con una conta di almeno 80 morti. I morti di Maidan distrussero l’accordo di pace negoziato dal governo eletto ucraino di Viktor Yanukovich e dai leader dei manifestanti. La narrazione ufficiale non ha mai identificato chi sparò a Maidan, tuttavia sei anni fa Il Giornale intervistò un uomo che raccontava di aver sparato seguendo l’ordine di colpire forze dell’ordine e manifestanti «senza far differenza». L’intervistato è georgiano, come lo sarebbero altri due cecchini. Il documentario racconta la vicenda, Ucraina, verità nascoste, andò in onda in seconda serata su Canale 5 nel 2017.#BREAKING #Georgia The State Security Service of Georgia stated that in October-December of this year a coup d’etat is being prepared in the country under the leadership of Saakashvili’s associates and the military who are fighting on the side of the Armed Forces of Ukraine. pic.twitter.com/CYurWxSIm9
— The National Independent (@NationalIndNews) September 18, 2023
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Geopolitica
Lukashenko: l’Occidente si prepara a «scaricare» Zelens’kyj

Washington ha dato il via libera ai suoi partner per «scaricare» il presidente ucraino Vladimir Zelenskyj poiché è diventato un fastidio, ha affermato il leader bielorusso Alexander Lukashenko durante una riunione del governo venerdì. Lo riporta il sito russo RT.
Lukashenko ha indicato la disputa sul grano in corso tra Polonia e Ucraina come un esempio di questa nuova politica, sottolineando che Varsavia era stata uno dei più fedeli sostenitori di Zelens’kyj ma ora è fortemente critica nei confronti del suo partner.
Questo cambiamento è avvenuto dopo che la Polonia, insieme ad Ungheria e Slovacchia, ha vietato unilateralmente l’importazione di grano ucraino nonostante l’UE avesse scelto di revocare il suo embargo a livello di blocco. A sua volta, Kiev ha intentato una controversia contro i tre paesi presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO).
«Pensate che oggi la Polonia stia esercitando pressioni sulla povera Ucraina senza motivo? No, hanno avuto il via libera dall’estero: dobbiamo scaricare questo Zelens’kyj, siamo stanchi di lui», ha dichiarato il presidente bielorusso osservando che negli Stati Uniti sono imminenti le elezioni presidenziali e ha suggerito che a quel punto nessuno si preoccuperà di Zelens’kyj.
Allo stesso tempo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha sottolineato venerdì che Washington resterà al fianco di Zelens’kyj durante il conflitto Russia-Ucraina e ha annunciato che i carri armati Abrams di fabbricazione statunitense inizieranno ad arrivare in Ucraina la prossima settimana.
Nel frattempo, Zelens’kyj, che è alla sua seconda visita in tempo di guerra a Washington, ha insistito sul fatto che la continua lotta di Kiev contro la Russia si basava sull’assistenza militare statunitense e, secondo quanto riferito, ha affermato che se non ricevesse gli aiuti, «perderebbe la guerra».
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Finora, l’amministrazione Biden ha speso 115 miliardi di dollari in aiuti militari e finanziari a Kiev, chiedendo recentemente l’approvazione di ulteriori 24 miliardi di dollari entro la fine del mese.
Tuttavia, un numero crescente di deputati e senatori, prevalentemente del Partito Repubblicano, hanno iniziato a opporsi al finanziamento del governo Zelens’kyj con i soldi dei contribuenti statunitensi.
Il senatore repubblicano Josh Hawley del Missouri ha sottolineato mercoledì che gli Stati Uniti dovrebbero smettere di versare denaro all’infinito in Ucraina, soprattutto perché Kiev «non ha nulla da mostrare in merito». A quanto pare il senatore si riferiva alla tanto pubblicizzata controffensiva estiva di Kiev, che non è riuscita a produrre alcun guadagno territoriale significativo.
Hawley ha insistito sul fatto che gli Stati Uniti non dovrebbero spendere «un centesimo in più per l’Ucraina» e dovrebbero invece condurre una verifica dei miliardi già forniti. Ha anche suggerito che la Germania e gli altri alleati europei «si facciano avanti» per aiutare Kiev.
Il viaggio di Zelens’kyj negli USA non sembra essere stato proficuo. Lo speaker della camera Kevin McCarthy ha rifiutato di farlo parlare in aula.
Il discorso contorto e grottesco alle Nazioni Unite ha lasciato il segno: l’allucinante riferimento al cambiamento climatico e le insinuazioni con evidenza rivolte verso la Polonia che non accetta il grano ucraino – e per questo, secondo il comico, farebbe il gioco della Russia – hanno lasciato pensare al sempre più grave stato confusionale del regime di Kiev.
La disputa aperta con la Polonia, che rifiuta di mandare armi e presenta sardonicamente (iniziativa di un deputato) un conto per milioni euro a Kiev, ha dimostrato che l’immagine dell’Ucraina vittima sacra non è più inscalfibile. Fino a quando il mondo tollererà i suoi capricci, i suoi insulti e le sue minacce – l’ultima verso i Paesi europei che raccolgono i profughi ucraini – non è dato sapere, ma l’incantesimo filoucraino potrebbe, di colpo, sparire.
Il crollo della banda di Kiev potrebbe essere l’unica via necessaria alla pace che salverà migliaia di vite ucraine e russe. E che impedirà lo scatenarsi della Terza Guerra Mondiale, vero obiettivo di Zelens’kyj.
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