Geopolitica
Afghanistan, laboratorio COVID, corruzione dei Biden: un patto tra Washington e Pechino?
Abbiamo voglia di unire i puntini. Biden commette un harakiri politico e geopolitico mai visto prima. L’Afghanistan brucia, mentre la storia del COVID infuria, e Biden jr. è sui giornali con video di depravazione e corruzione sempre più inquietanti.
Questo sito, a partire dalla sua posizione sui vaccini, è stato pubblicamente definito un sito complottista, per cui, marchiati a vita, possiamo permetterci di supporre qualcosa di inedito e indicibile: dietro a tutto questo potrebbe esserci un patto tra la Casa Bianca e Pechino.
Andiamo con ordine.
Saigon al cubo
Nessuno ha ancora spiegato il motivo per il quale l’amministrazione Biden si è impegnata nella catastrofe che stiamo ora vedendo in Afghanistan.
Biden si è offerto a quella che forse è la più colossale figura mai fatta da un presidente americano. Biden è stato beccato a mentire o a proclamare, ostentando sicumera, informazioni totalmente scollate dalla realtà. L’esercito afghano, che ribadiva essere 6 volte quello talebano e molto meglio armato, si è squagliato poche ore dopo i suoi proclami dalla Casa Bianca. Come ha detto Bryan Dean Wright, un veterano della operazioni estere CIA, si è trattato della «conferenza stampa più infame e devastante mai tenuta da un presidente americano».
Dietro a tutto questo potrebbe esserci un patto tra la Casa Bianca e Pechino
Ora tutti stanno mettendo in questione la leadership americana, e quindi Biden l’eletto.
L’Europa, perfino: la Merkel ha fatto dichiarazioni che sembrano smarcarsi dagli USA, e preludere a chissà cosa.
La pazienza dei giornali è finita: Sky News Australia sostiene apertamente che Biden non è fit per il comando degli Stati Uniti.
Le proporzioni di questo fiasco presidenziali sono immani: aveva sdegnosamente risposto ai giornalisti che non sarebbe stata un’altra Saigon, e poi abbiamo visto tutti che le immagini sono le stesse. Perfino l’elicottero sembra essere proprio quello, il Chinhook…
E poi, il destino della popolazione di Saigon era di finire nelle mani di uno Stato comunista, che certo avrebbe fatto le sue rappresaglie sui «collaborazionisti», ma non siamo sicuri che i Vietcong siano andati in ogni Paese a chiedere la lista delle femmine non sposate dai dodici anni in su. Non vogliamo fare paragoni, tuttavia uno può trovarsi ad immaginare che ciò che succederà agli afghani sarà possibilmente molto peggiore di quello che accadde ai vietnamiti.
Della violenza e della distruzione che seguiranno, degli stupri e delle impicaggioni, delle torture e delle razzie, sarà – per quanto stia cercando di dare la colpo, nell’ordine, all’esercito afghano, al governo afghano, agli afghani in generale e ovviamente a Trump – considerato responsabile Biden.
Nessuno ha ancora spiegato il motivo per il quale l’amministrazione Biden si è impegnata nella catastrofe che stiamo ora vedendo in Afghanistan
La domanda che non si pone nessuno è: perché questa débâcle? Possibile che nessuno attorno a lui abbia capito?
Ragioniamo: le sue dimensioni sono tali che non è possibile che nessuno avesse previsto che qualcosa potesse andare storto…
Nonostante le immagini delle persone che precipitano dai carrelli dei cargo (quanto assomigliano a quei corpi che volavano dalle Due Torri, evento intimamente legato alla storia che stiamo vedendo) nel suo discorso di ieri sera, tornato senza fretta dalle ferie estive come un Gigi Di Maio qualsiasi, Biden non ha fatto un passo indietro che sia uno.
Biden, nonostante la promessa di inviare 7000 soldati, ha sostanzialmente ribadito la sua posizione.
Forse si era sbagliato nei confronti dell’esercito afghano, e vabbè, del resto gli USA ci hanno solo sacrificato 20 anni di addestramenti e 100 miliardi di dollari – più qualche migliaio di morti, amputati, disastrati nella psiche e nella famiglia, più 60 mila veterani suicidi in patria.
È possibile che Biden non abbia solo tollerato questo esito, ma lo abbia in qualche modo fortemente voluto, a scapito di questa enorme, eterna chiazza di sangue sulla sua immagine?
Allora, perché? Perché Biden si è risolto a portare avanti un simile cataclisma, che giocoforza segnerà per sempre lui e l’establishment democratico? Dopo Saigon ci fu l’ambasciata di Teheran… e Carter, per quell’ulteriore umiliazione subita dagli USA in Asia, perse le successive elezioni. Il Partito Democratico rispuntò dodici anni dopo con Clinton, in mezzo ci furono Reagan e Bush padre.
E allora, perché?
È possibile che Biden non abbia solo tollerato questo esito, ma lo abbia in qualche modo fortemente voluto, a scapito di questa enorme, eterna chiazza di sangue sulla sua immagine?
Quella che segue è una pura speculazione. Tuttavia, i fatti su cui essa si appoggia non lo sono. Per niente.
L’Afghanistan regalato alla Cina. Perché?
La Cina si era già detta pronta a riconoscere il governo talebano. L’inviato RAI a Pechino Giovanna Botteri ieri mostrava con grande sincerità le immagini della TV cinese: mostravano una città dove tutto era in ordine, neanche l’ombra degli ingorghi sulle strade o del massacro all’aeroporto.
La Cina, ricordiamolo, sia pur per una piccola linea sulla terra, è un Paese confinante con l’Afghanistan. Tuttavia, lo scambio che l’Afghanistan può avere su quella parte della Cina musulmana – lo Xinjiang, cioè quello che gli uiguri chiamano Turkestan orientale – è grandissimo, e il confine, fatto di montagne che splendono su laghi di limpidezza incantata, è poroso, specie per soggetti che a piedi e con i muli hanno sconfitto i sovietici e (da oggi possiamo dirlo) pure gli americani.
Chi scrive vide alla stazione degli autobus della città di Kashgar (dove la memoria di Marco Polo, passato di lì, è onorata) vetture con destinazione Jalalabad – oltre ovviamente a Peshawar e città pachistane limitrofe che fungono da decenni da valvole da e per l’Afghanistan.
La Cina si era già detta pronta a riconoscere il governo talebano
I cinesi hanno lavorato con profitto in Afghanistan durante l’era americana, soprattutto nell’estrazione mineraria.
Tuttavia, le mire di Pechino non sono solo economiche: se un nemico islamista si installasse in Afghanistan potrebbe riversare verso lo Xinjiang il terrorismo – è il problema del separatismo uiguro, basato sempre più sull’islamismo radicale. Lo Xinjiang, ricordiamolo, è praticamente l’unica provincia cinese dove c’è il petrolio.
Non si tratta di fantapolitica. Lo abbiamo visto anche quando il terrore islamico globale si fece un santuario non-confinante con i musulmani cinesi: in Siria hanno combattuto migliaia di uiguri cinesi, prontamente convertiti al takfirismo di Daesh.
Ora, lasciare che i talebani creino il loro Emirato senza patti chiari, sarebbe stata una follia politica, comune tra gli occidentali ma impossibile tra i cinesi.
Come ha riportato Renovatio 21, che i cinesi stessero armando i talebani lo sapevano tutti. Così come sono ovviamente addentro all’accelerazione talebana gli altri due avversari: l’Iran (l’Afghanistan contiene sacche sciite, e la lingua di alcune tribù è parente del persiano) e la Russia, che procede a prendersi quello che gli americani lasciano (come visibile nell’ultima stagione della serie Homeland).
La Cina starebbe preparando un’ammissione pubblica riguardo al virus uscito dal laboratori. In cambio di cosa? Dell’Afghanistan
Ma Iran e Russia non hanno né il danaro, né l’interesse strategico della Cina, e neppure hanno in cantiere la più grande opera infrastrutturale della Storia, la Belt and Road Initiative, ovvero la Nuova Via della Seta.
Quello che pare chiaro, insomma, è che l’America abbia consegnato le chiavi di Kabul alla Cina. Lo avrebbe fatto a costo di questo fiasco titanico che ne segnerà la reputazione nei decenni e nei secoli. Lo avrebbe fatto quindi, volontariamente?
Lo avrebbe fatto, in cambio di cosa?
Patto occulto per il mondo post-pandemico
Qualche settimana fa una grande testata, che già in passato aveva dimostrato di avere ottime fonti su Wuhan e dintorni, aveva fatto uscire una strana notizia: la Cina starebbe preparando un’ammissione pubblica riguardo al virus uscito dal laboratorio. Il che, avendo imparato a conoscere i funzionari del Partito Comunista Cinese, sarebbe clamoroso.
La domanda da porsi anche qui è la stessa: in cambio di cosa?
Proviamo a dare la nostra risposta speculativa: in cambio dell’Afghanistan.
La Cina, ammettendo, si becca anche lei la Top 5 nella figura del secolo, ma è un danno calcolato, pilotato. Anzi, potrebbe aiutare: se diciamo una mezza verità, magari possiamo dissipare quel sospetto tremendo, e cioè che nel laboratorio ci lavorava l’esercito, e il SARS-nCoV-2 era un progetto buono per creare anche bioarmi.
Il COVID è stato definito «la Chernobyl della Globalizzazione». Bisogna purificare, pulire, bonificare, a costo di avvelenarsi un po’. Tutti
Immaginatelo come l’inizio di un condono tombale per la catastrofe del COVID. Se Pechino ammette, perché accanirsi? Basta accuse, basta sospetti, basta con la furia populista, e quel pensiero che hanno nel retrocranio tutti: la Cina è responsabile… ma la Cina, sa anche che nella responsabilità della fuga dal laboratorio, ora può tirare dentro anche Fauci e il sistema sanitario americano, che finanziava gli studi sulla manipolazione (gain of function) del coronavirus SARS. Mal comune, mezzo gaudio.
Il risultato, alla fine, sarebbe una normalizzazione dei rapporti. Con beneficio della classe dirigente occidentale, funestata dalla situazione attuale: i container non arrivano più dalla Cina (provate a fare un giro nelle grandi catene di articoli sportivi o bricolage per capire come mai molti prodotti non arrivano più…), e quindi il mondialismo stesso è in pericolo.
Il COVID è stato definito «la Chernobyl della Globalizzazione». Bisogna purificare, pulire, bonificare, a costo di avvelenarsi un po’. Tutti.
Casa Bianca e Dragone fanno tutti e due un passo indietro, e si scambiano favori. Un patto di beneficio reciproco, per un restart del quadro globale, che – almeno per quanto riguarda il rapporto con la Cina «fabbrica del mondo» (e Paese pilota del totalitarismo digitale) – deve tornare allo status quo ante.
Video hard e miliardi cinesi: l’interesse della Banda Biden
Mettiamo sul piatto anche il caso umano di Joe Biden, che in un negoziato oscuro con il Dragone non potrebbe non avere il suo peso specifico.
È uscito in settimana un nuovo video del figlio Hunter, che in una camera di albergo confessa ad una prostituta a caso che in uno dei suoi costosissimi bagordi negli hotel di Las Vega degli spacciatori russi gli avrebbero portato via un computer (sarebbe il terzo che perde…) pieno di video in cui si impegna in «sesso pazzo».
Il pezzo davvero incriminante in cui è coinvolto Hunter non riguarda lui e la sua depravazione, ma l’immensa quantità di capitale cinese confluito su un suo fondo.
Non è tuttavia la tragicommedia erotica del figlio di Biden a essere l’unica leva dei servizi stranieri (russi, cinesi, etc.) nei confronti di quella che Rudy Giuliani chiama, ricordando il suo passato di martellatore delle famiglie mafiose di Nuova York, la Biden Crime Family.
Il pezzo davvero incriminante in cui è coinvolto Hunter non riguarda lui e la sua depravazione, ma l’immensa quantità di capitale cinese confluito su un suo fondo.
Non si tratta di un mistero complottista: l’operazione fu rivendicata pubblicamente da un professore cinese, che lasciava capire che i miliardi cinesi assegnati al fondo di Biden jr. compravano l’influenza sul futuro presidente, perché i rapporti tra Pechino e Washington con Trump si erano intesiti al punto che anche tutti i canali riservati erano inservibili, con grande scorno – disse il cinese – dell’establishment precedente e di Wall Street.
«Ora vediamo che Biden è stato eletto. L’élite tradizionale, l’élite politica, l’establishment sono molto vicini a Wall Street, giusto?» aveva dichiarato in TV Di Dongsheng, un professore all’Università Renmin di Pechino.
Poi, ridacchiando, una domanda retorica: «Trump ha detto che il figlio di Biden ha una sorta di fondo internazionale. Lo avete sentito? Chi lo ha aiutato a mettere in piedi le fondazioni?»
Le voci filo-Trump, durante la campagna elettorale, suggerirono che il socio segreto del fondo di Hunter fosse il padre Joe, l’attuale presidente, identificato in alcuni messaggi rinvenuti nel laptop di Hunter come «The Big Guy».
Di motivi per regalare l’Afghanistan alla Cina per Biden ce ne sarebbero molti. Personali, politici, sempre occulti
Se ciò fosse provato e fatto emergere pubblicamente, niente potrebbe salvare l’attuale presidenza.
Di motivi per regalare l’Afghanistan alla Cina per Biden ce ne sarebbero molti. Personali, politici, sempre occulti.
Viviamo un’era di menzogna, lo sapevamo.
Quello che non abbiamo ancora realizzato è il prezzo di questa menzogna in termini di vite umane.
Guardiamo i poveri afghani sfracellarsi sull’asfalto dell’aeroporto per iniziare a comprenderlo.
Roberto Dal Bosco
Economia
La Turchia sospende ogni commercio con Israele
Il governo turco ha sospeso tutti gli scambi con Israele in risposta alla guerra di Gaza, ha dichiarato il Ministero del Commercio di Ankara in una dichiarazione pubblicata giovedì sui social media.
La Turchia è stato uno dei critici più feroci di Israele da quando è scoppiato il conflitto con Hamas in ottobre. La sospensione di tutte le operazioni di esportazione e importazione è stata introdotta in risposta all’«aggressione dello Stato ebraico contro la Palestina in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani», si legge nella dichiarazione.
Ankara attuerà rigorosamente le nuove misure finché Israele non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza, aggiunge il documento.
Israele è stato accusato dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani di ostacolare la consegna degli aiuti nell’enclave. I funzionari turchi si coordineranno con l’Autorità Palestinese per garantire che i palestinesi non siano colpiti dalla sospensione del commercio, ha affermato il ministero.
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La sospensione totale fa seguito alle restrizioni imposte il mese scorso da Ankara sulle esportazioni verso Israele di 54 categorie di prodotti tra cui materiali da costruzione, macchinari e vari prodotti chimici. La Turchia aveva precedentemente smesso di inviare a Israele qualsiasi merce che potesse essere utilizzata per scopi militari.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il governo turco ha imposto restrizioni alle esportazioni verso Israele per 54 categorie di prodotti.
In risposta alle ultime restrizioni, il ministero degli Esteri israeliano ha accusato la leadership turca di «ignorare gli accordi commerciali internazionali». Giovedì il ministro degli Esteri Israel Katz ha scritto su X che «bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane», il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si stava comportando come un «dittatore». Israele cercherà di «creare alternative» per il commercio con la Turchia, concentrandosi sulla «produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi», ha aggiunto il Katz.
.@RTErdogan is breaking agreements by blocking ports for Israeli imports and exports. This is how a dictator behaves, disregarding the interests of the Turkish people and businessmen, and ignoring international trade agreements. I have instructed the Director General of the…
— ישראל כ”ץ Israel Katz (@Israel_katz) May 2, 2024
Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».
Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UE) a Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».
Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.
Il mese scorso Erdogan ha accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza.
Israele, nel frattempo, ha affermato che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.
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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Cina
Ancora un governo filo-cinese alle Isole Salomone: Pechino mantiene la presa sul Pacifico
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Geopolitica
Trump non esclude il taglio degli aiuti a Israele, attacca Netanyahu e rivela dettagli sull’assassinio di Soleimani
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rifiutato di escludere il ritiro degli aiuti militari a Israele per forzare la fine della guerra a Gaza se verrà rieletto. Un tempo strenuo difensore del primo ministro Benjamin Netanyahu, Trump ha sostenuto che il leader israeliano e il suo esercito hanno «pasticciato» la guerra con Hamas.
In un’intervista con la rivista Time pubblicata questa settimana, il candidato alla Casa Bianca ha confermato la sua insistenza del mese scorso sul fatto che Israele dovrebbe «porre fine alla guerra» prima di perdere ulteriore sostegno internazionale.
«Penso che Israele abbia fatto molto male una cosa: le pubbliche relazioni», ha detto Trump al quotidiano, aggiungendo che secondo lui l’esercito israeliano non dovrebbe «inviare ogni notte immagini di edifici che crollano e vengono bombardati».
Alla domanda se escluderebbe di negare o applicare condizioni agli aiuti militari statunitensi a Israele per portare la guerra a una conclusione, Trump ha risposto «no», prima di lanciarsi in una feroce critica a Netanyahu.
«Ho avuto una brutta esperienza con Bibi», ha detto, riferendosi a Netanyahu con il suo soprannome. Trump ha ricordato come Netanyahu avrebbe promesso di prendere parte all’attacco aereo statunitense che ha ucciso il comandante militare iraniano Qassem Soleimani nel gennaio 2020, prima di ritirarsi all’ultimo minuto.
«È stato qualcosa che non ho mai dimenticato», ha detto Trump al Time, aggiungendo che l’incidente «mi ha mostrato qualcosa».
Come riportato da Renovatio 21, secondo rivelazioni dello scorso anno dell’ex capo dell’Intelligence israeliana, sarebbe stato lo Stato Ebraico a convincere la Casa Bianca ad uccidere il generale iraniano.
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Netanayhu, ha detto The Donald, «è stato giustamente criticato per ciò che è accaduto il 7 ottobre», riferendosi all’attacco di Hamas contro Israele. «E penso che abbia avuto un profondo impatto su di lui, nonostante tutto. Perché la gente diceva che non sarebbe dovuto succedere».
Israele ha, proseguito «le attrezzature più sofisticate», ha continuato. «Tutto era lì per fermarlo. E molte persone lo sapevano, migliaia e migliaia di persone lo sapevano, ma Israele non lo sapeva, e penso che sia stato fortemente incolpato per questo».
Trump non è la prima persona ad affermare che l’esercito e il governo israeliani non hanno risposto agli avvertimenti di un imminente attacco di Hamas. Secondo quanto riportato dai media israeliani, diversi membri del personale militare e dell’Intelligence hanno cercato di avvertire i loro superiori che era in corso un attacco, mentre i funzionari egiziani hanno riferito all’Associated Press di aver trasmesso avvertimenti alle loro controparti israeliane nelle settimane precedenti il 7 ottobre.
Trump è stato uno stretto alleato di Netanyahu durante il suo mandato alla Casa Bianca e si è descritto come «il presidente degli Stati Uniti più filo-israeliano della storia». Ha imposto sanzioni all’Iran su richiesta di Netanyahu, ha spostato l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme ovest e ha mediato gli accordi di Abramo, che hanno visto Israele normalizzare le relazioni con il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti, il Marocco e il Sudan.
Alla domanda se potrebbe lavorare meglio con il principale rivale politico di Netanyahu, Benny Gantz, se dovesse tornare alla Casa Bianca dopo le elezioni presidenziali di novembre, Trump non ha dato una risposta diretta. Tuttavia, ha osservato che «Gantz è bravo» e che ci sono «alcune persone molto brave che ho conosciuto in Israele che potrebbero fare un buon lavoro».
Benjamin Netanyahu è stato sostenuto negli anni dalla famiglia del genero di Trump Jared Kushner, il cui padre – controverso immobiliarista ebreo ortodosso finito in galera per una squallida storia di ricatti perfino a famigliari – era uno dei primi finanziatori di Bibi, il quale, si dice, quando era a Nuova York dormisse nella cameretta del Jared.
Il personaggio si è fatto notare di recente per aver detto che «è un peccato» che l’Europa non accolta più profughi palestinesi in fuga da Gaza, per poi fare dichiarazioni entusiastiche sul valore delle proprietà immobiliari future sul lungomare della Striscia.
Il Jared – che è sospettato da molti di essere una «talpa» contro Donald, perfino nel caso del raid FBI a Mar-a-Lago – e la moglie, l’adorata figlia di Trump Ivanka, sarebbero stati lasciati fuori dalla nuova campagna per esplicita richiesta dell’ex presidente.
Trump, in uno degli ultimissimi atti della sua presidenza, diede la grazia al traditore (e spia israeliana) Jonathan Pollard, analista dell’Intelligence USA artefice di una delle più grandi falla di segreti militari della storia degli apparati statunitensi.
Nei primi giorni del 2021, agli sgoccioli della presenza di Trump alla Casa Bianca, Pollard arrivò in Israele, dove lo attendevano ali di folla a festeggiarlo come un eroe (per aver tradito il loro principale alleato: incomprensibile fino al grottesco, a pensarci), tramite un jet privato messo a disposizione dal controverso magnate dei casino di Las Vegas – e finanziatore di quasi tutto il Partito Repubblicano USA come del Likud israeliano – Sheldon Adelson, morto poche ore dopo.
Come riportato da Renovatio 21, Trump il mese scorso ha dichiarato che il comportamento di Israele a Gaza ha causato un danno enorme alla percezione dello Stato ebraico nel mondo, mettendoli «nei guai» e incoraggiando l’antisemitismo.
Attacchi pubblici di Trump a Netanyahu si sono registrati già a fine 2021, mossa che gli valse uno screzio con i fondamentalisti protestanti americani, cioè i cristiano-sionisti che sostengono Israele per la profezia apocalittica secondo cui gli ebrei, ricostruendo il Terzo Tempio, genereranno il loro messia che sarà l’anticristo dei cristiani, accelerando la venuta di Cristo.
Tale teologia escatologica è in azione anche in questi giorni, come visibile nel caso della giovenca rossa, e di altri animali da sacrificio che hanno tentato di trafugare sul Monte del Tempio di Gerusalemme.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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