Geopolitica
Il genero ebreo di Trump dice che è «un peccato» che l’Europa non accolga più rifugiati palestinesi
Jared Kushner dice che è «un peccato» che l’Europa non accolga più rifugiati palestinesi, suggerendo che la «ripulitura» dei palestinesi dalla Striscia di Gaza dovrebbe essere accelerata.
Il genero di Donald Trump ed ex consigliere senior per la politica estera ha rilasciato queste dichiarazioni durante una conversazione con il professor Tarek Masoud.
«Le proprietà immobiliari sul lungomare di Gaza potrebbero essere molto preziose… se le persone si concentrassero sulla creazione di mezzi di sussistenza», ha detto Kushner a Masoud, presidente della facoltà dell’Iniziativa per il Medio Oriente dell’Università di Harvard. Come noto, Kushner viene, come la moglie Ivanka Trump, da una famiglia di palazzinari di Nuova York.
«La situazione è un po’ sfortunata lì, ma dal punto di vista di Israele farei del mio meglio per spostare la gente fuori e poi ripulire il paese», ha aggiunto, usando un linguaggio che alcuni hanno suggerito non troppo lontano da quel tipo di «pulizia» chiamata «pulizia etnica».
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Il genero dell’ex presidente USA ha quindi suggerito che Israele dovrebbe «radere qualcosa nel Negev» per fare spazio ai palestinesi in modo che «possano entrare e finire il lavoro».
Il Kushner suggerisce che l’Europa, nonostante sia stata inondata per anni da migranti mediorientali con grandi spese sia per la sicurezza che per l’ordine civile, non sta facendo abbastanza.
«In Siria, quando c’erano i rifugiati, la Turchia li ha presi, l’Europa li ha presi, la Giordania li ha presi, per qualsiasi motivo qui a Gaza… è un peccato che nessuno si prenda i rifugiati», ha osservato.
Kushner concorda sul fatto che Israele probabilmente non permetterà agli abitanti di Gaza di tornare nella regione dopo essere stati allontanati, aggiungendo: «Non sono sicuro che sia rimasto molto di Gaza a questo punto».
Come scrive Modernity News, l’esperto del Medio Oriente Hisham Khreisat ha affermato che «l’obiettivo nascosto» dietro la costruzione di un porto marittimo da parte degli Stati Uniti a Gaza è facilitare la migrazione di massa dei palestinesi verso l’Europa.
«Questo porto tattico militare riceverà l’approvazione israeliana perché il primo ministro Benjamin Netanyahu ha cercato questa idea dall’inizio della guerra, puntando allo sfollamento volontario degli abitanti di Gaza e alla loro fuga in Europa», aveva detto Khreisat all’agenzia Anadolu.
Un documento trapelato dall’Intelligence israeliana ha rivelato un piano per «espellere» 2,2 milioni di rifugiati palestinesi e inviarli in Europa, Canada e Stati Uniti. Il documento, prodotto dal ministero dell’Intelligence israeliano, affermava che uno degli obiettivi della guerra con Gaza era quello di incoraggiare i Paesi occidentali a facilitare «l’assorbimento e l’insediamento» dei rifugiati di Gaza.
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Nel dicembre dello scorso anno, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu disse che stava cercando i paesi occidentali per «assorbire» un gran numero di rifugiati palestinesi creati dal bombardamento israeliano di Gaza. «Il nostro problema sono i Paesi che sono pronti ad assorbirli e ci stiamo lavorando», aveva detto Netanyahu.
Netanyahu e Kushner si conoscono personalmente. Il leader è di fatto in grande intimità con la famiglia Kushner. Jared è figlio Charles Kushner, ricco immobiliarista ebreo finito in galera per storie davvero sordide.
Oltre che grande sostenitore del Partito Democratico USA, anche uno dei primi donatori di Benjamin Netanyahu, il quale, si racconta, quando era a New York dormiva nella stanza di Jared.
Ottenuto un posto di potere come consigliere della Casa Bianca trumpiana, Jared si mosse subito ingraziandosi l’uomo forte saudita Mohammed bin Salman; il rapporto ha condotto a quella sorta di armistizio tra Israele e le monarchie del Golfo persico chiamato «accordi di Abramo». Tuttavia, è emerso come Mohammed bin Salman e il suo mentore e confidente omologo emiratino Mohammed bin Zayed al Nahyan fra loro scherzassero dicendo che se lo tengono nel taschino.
Giornali americani hanno dettagliato la ricerca di danari islamici da parte di Kushner durante la suo incarico alla Casa Bianca, insistendo anche presso il Qatar.
I Kushner avevano bisogno di investimenti per ripianare il grande disastro della famiglia, l’acquisto del colossale – e inquietante – palazzo Fifth Avenue 666: il numero civico 666 sulla celeberrima Quinta Strada di Nuova York. Un affare immane andato malamente: l’edificio, una volta acquistato dai ricchi palazzinari ebrei del New Jersey, rimase a lungo mezzo vuoto.
I Kushner, ebrei ortodossi (con conversione al giudaismo anche di Ivanka), hanno poi pudicamente cambiato il nome del palazzo da Fifth Avenue 666 a Fifth Avenue 660.
La base dei sostenitori di Trump non ha mai amato Jared Kushner, ritenendolo – a causa del background di grandi sostenitori Democratici della famiglia – un potenziale traditore, o meglio, nel gergo politico MAGA, un «RINO», «repubblicano solo di nome».
Il disprezzo verso Kushner «globalista» è espresso bene nei cartoon, impareggiabilmente sintetici e didascalici, del vignettista americano Ben Garrison.
Even Ben Garrison is starting to worry about Trump pic.twitter.com/iKRzRUzAGc
— Eliot Higgins (@EliotHiggins) April 25, 2017
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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa la nipote di Trump ha dichiarato che Kushner potrebbe aver svolto il ruolo di talpa per l’FBI nel caso del raid a Mar-a-Lago.
L’anno passato Trump ha rivelato di aver chiesto alla figlia Ivanka e al genero Kushner di non partecipare alla campagna 2024.
Secondo voci, lo screzio tra la moglie di Kushner, la figlia di Trump Ivanka, e l’ex first Lady Melania sarebbe oramai a livelli difficilmente sanabili.
Ivanka ha dovuto convertirsi all’ebraismo ortodosso per sposare Jared, da cui ha avuto tre figli.
Secondo il libro di Bob Woodward e Robert Costa Peril, il presidente Trump in un incontro alla Casa Bianca ha suggerito che il genero Kushner fosse «più fedele a Israele» che agli USA. La rivelazione mandò in subbuglio realtà come l’ADL che subito gridarono all’argomento antisemita in bocca al presidente.
Tali parole potrebbero non costituire necessariamente una critica nella mente dell’uomo del Queens, ma forse nemmeno un complimento.
Trump nell’aprile 2019 aveva detto a un pubblico di ebrei americani che Benjamin Netanyahu è «il vostro primo ministro». Nell’agosto 2019, aveva affermato che gli ebrei americani che votano per i democratici mostrano «una totale mancanza di conoscenza o una grande slealtà». Il 45° presidente USA era stato criticato anche nel settembre 2020 dopo aver definito Israele «il vostro Paese» in una teleconferenza con i leader ebrei americani.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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