Politica
I democristiani tedeschi pronti alla coalizione con i Verdi

Alleanze chimeriche in vista in Germania, dove i partiti popolisti AfD e BSW avanzano e i partiti storici arretrano, mentre gli ecologisti sembrano semplicemente estinguersi.
Friedrich Merz, leader dell’Unione cristiano-democratica (CDU) e candidato cancelliere tedesco, ha escluso un’alleanza con il partito dei Verdi. Tuttavia, ha lasciato intendere che la sua posizione potrebbe cambiare se i Verdi dovessero prendere una strada diversa.
In un sondaggio d’opinione condotto tra i leader del partito fondato da Corrado Adenauer condotto in 15 laender, la catena di giornali RND ha scoperto che 12 di loro sono aperti a una coalizione con i Verdi. Ciò nonostante le estreme perdite elettorali dei Verdi nelle recenti elezioni regionali.
I tre leader della CDU che si sono rifiutati di commentare erano quelli dei land orientali di Sassonia, Turingia e Brandeburgo.
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Nelle elezioni locali del mese scorso in Turingia e Brandeburgo, i Verdi hanno ottenuto così pochi voti che non sono riusciti a sedere nel Parlamento del land (Landtag) alle elezioni di settembre, e a livello nazionale i Verdi sono in un declino accelerato.
Come riportato da Renovatio 21, secondo un sondaggio circa lo 0% dei tedeschi è «molto soddisfatto» dell’azione del governo Scholzo, del quale i Verdi sono grande azionista.
La volontà della democristiana CDU nel resto del Paese di legare le sue ambizioni di governo a un quasi-cadavere è solo un altro segno della sua putrefazione, perseguendo politiche contro le opinioni anti-verdi della maggioranza degli elettori della CDU, scrive EIRN.
L’Unione Cristiano-Sociale (CSU), i cristiano-democratici autonomi nel land della Baviera, si oppone invece ai Verdi. Il leader della CSU Markus Söder ha già annunciato che userà il voto della CSU per impedire ai Verdi di entrare nel governo federale dopo le prossime elezioni generali se la CDU/CSU vincerà.
I Gruenen, i Verdi tedeschi, sono di fatto il partito che più di ogni anno spingere per la guerra contro la Russia in Ucraina, con il ministro degli Esteri verde Annalena Baerbock che ha affermato che appoggerà Kiev anche contro il volere del suo elettorato. La CDU, parimenti, in questi mesi ha spinto per la consegna di missili Taurus alle forze di Zelens’kyj, un’evenienza per la quale la stessa Baerbock fu canzonata in pubblico dall’omologo ucraino Kuleba.
Come riportato da Renovatio 21, i Verdi tedeschi stanno difendendo una legge secondo la quale la Polizei potrà perquisire in segreto le case dei cittadini.
I democristiani tedeschi, come quelli italiani, dimostrano ancora una volta l’unica cifra che davvero li definisce: il compromesso, sempre e con chiunque. Il compromesso è un concetto certamente democratico, ma assolutamente non cristiano. Ecco perché l’espressione «democrazia cristiana» è una contradicio in adjecto, una contraddizione in termini.
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Immagine di Löwe 48 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.
A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.
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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.
Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.
Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.
Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.
Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.
Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.
Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.
L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.
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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.
Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.
Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.
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