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Politica

Marine Le Pen giudicata colpevole di appropriazione indebita: prossime presidenziali a rischio

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Marine Le Pen, figura di spicco del partito francese Rassemblement National (RN), è stata dichiarata colpevole di appropriazione indebita. Ora rischia un possibile divieto di ricercare qualsiasi carica pubblica nel paese per diversi anni, uno scenario che ha descritto come «morte politica».

 

Il tribunale di Parigi non ha annunciato immediatamente alcuna punizione specifica: si prevede che la lettura del verdetto richiederà ore.

 

Il partito RN e due dozzine dei suoi personaggi di spicco, tra cui Le Pen, sono stati accusati di aver dirottato oltre 3 milioni di euro tra il 2004 e il 2016. Secondo le accuse, il denaro destinato ai pagamenti agli assistenti del Parlamento Europeo è invece andato al personale nazionale. La Le Pen è stata dichiarata colpevole insieme a otto eurodeputati.

 

I procuratori avevano chiesto che la 56enne parlamentare fosse immediatamente interdetta per cinque anni dai pubblici uffici, indipendentemente da qualsiasi processo di appello. Il RN ha descritto le accuse come motivate politicamente, mentre Le Pen ha accusato i suoi oppositori di volerle causare la «morte politica».

 

 

Le Pen si è candidata alla presidenza francese per tre elezioni consecutive, con il leader uscente Emmanuel Macron che l’ha battuta nel 2022 con meno di 10 punti percentuali di scarto.

 

In un caso non correlato, il Consiglio costituzionale francese ha stabilito venerdì che imporre un divieto politico immediato, definito «esecuzione provvisoria», era legale ai sensi della legge fondamentale. L’organismo è la massima autorità della nazione in materia costituzionale.

 

Marine, che di poco ha perso il padre patriarca di tutta la destra francese Jean Marie Le Pen (la cui tomba è stata vandalizzata due mesi fa), è a capo della fazione RN all’Assemblea nazionale, ma si è dimessa dalla direzione del partito nel 2022, quando le è succeduto Jordan Bardella, che non appare al momento – cista la giovane età – il candidato ideale per le prossime elezioni presidenziali.

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Si tratta quindi, di fatto, di una interferenza politica enorme la quale, tuttavia, entra in un pattern ben visibile in tutto il mondo.

 

In quasi tutti i principali Paesi d’Europa, la destra sta affrontando indagini giudiziarie: il Romania, con Calin Georgescu, abbiamo visto il caso estremo di elezioni annullate dopo la vittoria del candidato euro- e NATO-scettico: i giudici sono andati oltre arrivando ad arrestarlo e a proibirgli la ricandidatura.

 

In Austria abbiamo inquisito il leader del partito vincitore delle ultime elezioni FPÖ Herbert Kickl. Nel caso della Germania, si sbandiera da tempo il divieto assoluto di un intero partito, AfD, formazioni in grande ascesa in varie laender tedeschi.

 

Non sono dissimili i casi giudiziari che hanno coinvolto Matteo Salvini in Italia e Donald Trump negli USA.

 

L’uso politico della magistratura, magari con ordini che possono provenire da altrove, è qualcosa che nel nostro Paese abbiamo visto pienamente con la stagione detta «Tangentopoli», fase della Repubblica Italiana rimasta misteriosa, con nessuno che sembra davvero interessato a discuterla.

 

La giustizia politica era proseguito, come tendiamo a dimenticare, con il calvario giudiziario pluridecennale di Silvio Berlusconi.

 

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Immagine di European Parliament via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

 

 

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Misteri

Tucker Carlson: Epstein «lavorava per conto» di Israele; lo Stato Ebraico «commetteva crimini« sul suolo statunitense

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Durante l’evento politico del Student Action Summit di Turning Point USA dello scorso venerdì, il giornalista Tucker Carlson ha parlato della recente pubblicazione da parte del dipartimento di Giustizia USA delle conclusioni su Jeffrey Epstein e ha criticato il Presidente Trump per non aver voluto ascoltare alcuna domanda sulla rete di traffico di esseri umani e sulle operazioni di ricatto del defunto pedofilo.   «Penso che sia del tutto giusto chiederglielo, e non è corretto dire che chiunque lo abbia fatto stia in qualche modo profanando la memoria delle bambine morte in Texas», ha detto Carlson. «Non tollereranno quella risposta. Non mi interessa chi la dà. Non è accettabile».    

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«La vera domanda non è:”Jeffrey Epstein era un tipo strano che abusava delle ragazze?”. Sì, possiamo rispondere. La vera domanda è: “Perché lo faceva, per conto di chi e da dove provenivano i soldi?”» ha dichiarato il Carlson.   «Credo che la vera risposta sia che Jeffrey Epstein lavorava per conto di servizi segreti, probabilmente non americani. Abbiamo tutto il diritto di chiederci: “Per conto di chi lavorava?”», ha aggiunto il popolarissimo commentatore californiano.   Il giornalista ed ex conduttore di Fox News ha poi chiesto come Epstein abbia ottenuto tutti quei soldi e ha sottolineato che è «ovvio a chiunque guardi che quest’uomo aveva legami diretti con un governo straniero».   «Ora, a nessuno è permesso dire che quel governo straniero è Israele perché in qualche modo siamo stati intimiditi a pensare che sia una cosa cattiva. Non c’è niente di male nel dirlo. Non c’è niente di odioso nel dirlo. Non c’è niente di antisemita nel dirlo. Non c’è niente di anti-israeliano nel dirlo», ha detto Carlson.  

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«Criticare il comportamento di un’agenzia governativa non ti rende un odiatore. Ti rende una persona libera. Ti rende un cittadino. Ti è permesso farlo perché non sei uno schiavo. Sei un cittadino. E hai il diritto di aspettarti che il tuo governo non agisca contro i tuoi interessi» ha tuonato Tucker.   Anche la celeberrima giornalista e conduttrice di talk show Megyn Kelly è intervenuta all’evento, criticando duramente il Procuratore Generale Pam Bondi per i risultati fallimentari dell’indagine su Epstein, e dicendo al pubblico: «La colpa è di Pam Bondi! Non ha mai perso occasione per andare in TV a snocciolare dolci parole».   «Non credo che il Presidente Trump sia concentrato su questo. È concentrato su molte altre cose che stanno andando alla grande, e su queste deve concentrarsi. Jeffrey Epstein non è la cosa più importante nella sua agenda, nemmeno lontanamente», ha detto Kelly. «Non credo che questo abbia ancora catturato la sua attenzione. Ma deve farlo perché sta iniziando a creare un vero e proprio vespaio all’interno dell’amministrazione e, devo essere sincero, la colpa è di Pam Bondi».   «Non ho nulla – sì, l’ incompetenza, sì… Non ho nulla contro Pam Bondi come essere umano. Sono stata d’accordo con la sua nomina e la sua conferma, ed è stata leale al presidente, e capisco che il presidente Trump abbia bisogno di un procuratore generale leale, ma ci sono molte altre persone che possono essere leali e competenti in quel ruolo».   La conduttrice di Fox News, Laura Ingraham, ha ricevuto una risposta entusiastica quando ha chiesto: «Quanti di voi sono soddisfatti – potete applaudire – soddisfatti dei risultati dell’indagine su Epstein ? Applaudite». Nessuno ha applaudito. «OK, vi avevo detto di applaudire! Non mi avete ascoltato. Non vi darò un voto (…) Quanti di voi non sono soddisfatti?»   I presenti sono esplosi in un applauso scatenato quando è stato chiesto loro se fossero insoddisfatti della gestione del caso Epstein.  

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La Ingraham ha spiegato di essere amica sia di Bondi che del vicedirettore dell’FBI Dan Bongino e di voler porre fine alle lotte intestine dell’amministrazione Trump, ammettendo tuttavia di dover essere più «chiari» nei loro messaggi.   «Non esagerare su ciò che non hai», ha detto. «E non promettere troppo e mantenere poco. Probabilmente è molto importante ricordare questa lezione proprio ora».   Dall’evento si ricava la netta impressione che la base del movimento MAGA, e vari dei suoi «generali», non ha alcuna intenzione di seguire Trump nel suo piano di oblio nei confronti dello scandalo Epstein.

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0
 
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Politica

Zelens’kyj valuta la legalizzazione della produzione pornografica

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Una petizione che chiede la legalizzazione della produzione di materiale pornografico in Ucraina è stata inoltrata al parlamento ucraino per l’esame, ha annunciato martedì Volodymyr Zelens’ky. La dichiarazione è stata pubblicata sul suo sito web dopo che l’iniziativa ha raccolto oltre 25.000 firme, raggiungendo la soglia legale che richiede l’esame formale. Lo riporta la stampa russa.

 

La petizione, firmata dalla «modella» ucraina di OnlyFans Svetlana Dvornikova, chiede la depenalizzazione della produzione di contenuti per adulti, sostenendo che le risorse delle forze dell’ordine dovrebbero essere destinate alle indagini sui reati gravi piuttosto che all’«acquisto controllato di foto intime». La manovra richiede modifiche legislative che impediscano alla polizia di perseguire gli individui coinvolti.

 

La pornografia è stata vietata in Ucraina nel 2009, quando l’allora presidente Viktor Yushchenko ha firmato una legge che ne ha messo al bando il possesso, la distribuzione, la vendita e la produzione. La petizione di Dvornikova, presentata il 27 giugno 2025, ha rapidamente ottenuto consensi. All’inizio di luglio, aveva raggiunto il numero di firme richiesto, spingendo lo Zelens’kyj a rispondere.

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A giugno, la Dvornikova aveva pubblicamente esortato lo Zelens’kyj a sostenere la legalizzazione, affermando che i suoi contenuti avevano generato ingenti entrate fiscali per lo Stato, eppure era stata oggetto di due procedimenti penali: uno per presunta evasione fiscale e uno per produzione di materiale pornografico.

 

La Dvornikova ha dichiarato di aver pagato oltre 40 milioni di grivne (circa 819.640 euro) di tasse negli ultimi cinque anni. «Ciò che non causa danni non dovrebbe essere un reato», ha insistito.

 

Anche Daniil Getmantsev, presidente della commissione parlamentare per le imposte, ha sostenuto la depenalizzazione. Nel 2024, ha riferito che circa 350 creatori ucraini di OnlyFans avevano dichiarato il proprio reddito e pagato le tasse. Ha definito «ipocrisia» il perdurare dei procedimenti penali contro questi individui.

 

Nel 2023, i legislatori hanno tentato un’iniziativa simile per legalizzare la pornografia. La proposta, il disegno di legge n. 9623, è stata presentata dal deputato Yaroslav Zheleznyak, il quale sosteneva che i contenuti per adulti legali avrebbero potuto generare entrate per l’esercito ucraino e liberare le forze dell’ordine dal loro lavoro.

 

Lo Zheleznyak aveva affermato che migliaia di ucraini lavoravano già nel settore e che quasi 34 milioni di grivne (circa 786.970 euro) di tasse erano state riscosse da piattaforme come OnlyFans solo nella prima metà del 2023. Il partito di Zheleznyak, Golos («Voce») che nella legislatura ha 20 seggi sui 450 totali, ha proposto di legalizzare le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Il medesimo partito, che si definisce «liberale» e «pro-europeo», ha presentato un disegno di legge per legalizzare le unioni civili omosessuali. Secondo la deputata Inna Sovsum, la mossa avrebbe soddisfatto gli «alleati occidentali» di Kiev, oltre a premiare il servizio dei soldati LGBTQ nel conflitto in corso con la Russia.

 

Nonostante avesse ottenuto i co-sponsor necessari, il disegno di legge sulla pornografia del 2023 aveva incontrato una forte reazione negativa. Alcuni critici sostenevano che la pornografia fosse peggio dell’alcolismo, mentre altri avvertivano che avrebbe portato a «gravi problemi e al degrado della nazione». La proposta fu infine ritirata prima di arrivare al voto parlamentare.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate i parlamentari della Verkhovna Rada – il Parlamento unicamerale dell’Ucraina – avevano annunciato di aver raccolto abbastanza firme per un disegno di legge che depenalizzerebbe la produzione di materiale pornografico.

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa emersero foto di una pornostar ucraina che posava ad una serata di gala con mutilati di guerra all’interno di un servizio fotografico di beneficenza.

 

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Ancora più oscuro il caso della petizione che chiedeva al presidente ucraino Zelens’kyj di commemorare l’attore pornografico americano Billy Herrington con un monumento a Odessa in sostituzione di quello a Caterina la grande, imperatrice che fondò la città sul Mar Nero.

 

La piattaforma Onflyfans è accusata da più parti di essere un volano per il meretricio. Secondo notizie emerse nel primo 2024, il padrone di Onlyfans Leonid Radvinsky si sarebbe impegnato in una donazione da 11 milioni di dollari per l’AIPAC, la potentissima lobby israeliana di Washington.

 

 

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Immagine generata artifizialmente

 

 

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Politica

Elon Musk afferma che Steve Bannon è nei file di Epstein

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Il CEO di Tesla ed ex consigliere di Trump, Elon Musk, ha nuovamente suscitato polemiche insinuando che l’ex stratega di Trump Steve Bannon, anche lui in passato consigliere di Trump, «sia nei file di Epstein».   Il tweet fa seguito alle critiche di Roger Stone agli incontri di Bannon con Epstein a New York e Parigi, dopo la condanna di Epstein, e al suo ruolo nel preparare Epstein per una potenziale apparizione a 60 Minutes, presumibilmente per riabilitare la sua immagine.   Bannon aveva precedentemente ammesso di aver registrato oltre 15 ore di interviste con Epstein, sostenendo che si trattava di un documentario che non è mai stato realizzato.  

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Nessun documento reso pubblico ha confermato la presenza di Bannon nei file Epstein. Musk non ha fornito prove e non è chiaro se intendesse affermarlo come un fatto o una provocazione.   Rispondendo a una ripubblicazione del suo messaggio, Musk ha detto: «Chiedeteglielo e osservate la sua reazione». Un utente ha risposto con una foto di Musk e Ghislaine Maxwell, attualmente in carcere per reati di traffico sessuale commessi in relazione allo stesso Epstein.   Bannon, che ha scontato una pena per oltraggio al Congresso, non ha commentato il filmato. Il suo nome non è comparso in procedimenti legali legati a Epstein o Maxwell, ma Business Insider ha riferito che Bannon si è a lungo rifiutato di commentare il suo rapporto con Epstein.   Il commento di Musk riecheggia una tattica simile da lui stesso utilizzata all’inizio di quest’anno, quando affermò che Donald Trump compariva nei file di Epstein.   In seguito Musk ha ritrattato quella dichiarazione e si è scusato, ma da allora ha nuovamente insinuato la sua complicità dopo la conferma da parte dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia che Epstein si era suicidato e non aveva una lista di clienti, nonché dopo l’approvazione del «Big Beautiful Bill» di Trump e la presentazione da parte di Musk del suo nuovo «America Party».   La faida tra Bannon e Musk è risalente. Bannon pochi mesi fa aveva giurato che avrebbe lavorato per escludere Musk, all’epoca sempre accanto al presidente Trump, dalle stanze dei bottoni, accusandolo ripetutamente di non essere americano. Musk di recente ha insultato Bannon per la sua forma fisica dicendo che tornerà in galera.    

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr  
 
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