Connettiti con Renovato 21

Eutanasia

Alfie ammazzato con i soldi del contribuente: un investimento necessario

Pubblicato

il

 

 

 

Sono passati quasi due mesi dalla morte del piccolo Alfie Evans, e come immaginabile il sipario  è lentamente calato. Una volta ucciso, Alfie è sparito dall’interesse mediatico.

 

In tutto questo la famiglia ha ovviamente contribuito chiedendo rispetto, silenzio e possibilità di chiudersi nel proprio dolore senza rumors o pressioni di sorta, come d’altronde è giusto che sia.

 

Ad ognuna di queste famiglie avvinte e abbattute in sede giudiziaria – prima quella di Charlie, poi quella di Isaiah e, infine, quella di Alfie – corrisponde un più lieve onere in futuro, un maggior avvilimento per tutti i genitori a cui toccheranno le stesse battaglie e sempre più larghe maglie per applicare provvedimenti eutanatici


Va però detto che anche una fetta di mondo cattolico, fino al 28 aprile in prima linea per la battaglia di Alfie, sembra essersi dimenticato di quanto successo contribuendo così all’avanzata di quella macchina di morte che, indisturbata, è pronta a sterminare le prossime vittime innocenti.

 

Me ne sono accorto qualche sera fa, precisamente venerdì 15 giugno. Dalla Polonia – Paese nettamente più cattolico del nostro – è stata indetta un’iniziativa di preghiera pubblica per il 14 giugno a ricordo di Alfie, della sua famiglia, e per chiedere a Dio la grazia che mai più accadano tali abomini. 

 

Ebbene, in Italia sono state pochissime le iniziative come quella polacca. A Reggio Emilia, nella Piazza del Duomo per riparare all’omicidio di Alfie Evans, eravamo in 5: circa una sessantinain meno rispetto alle iniziative organizzate prima della morte del bambino inglese.


Ma, tornando ai media e al sipario calato, a conferma di questo dato di fatto si aggiunge un dettaglio per nulla irrilevante. Nel pomeriggio di venerdì scorso, dopo mesi di silenzio, la famiglia di Alfie è tornata a parlare attraverso un post sulla pagina Facebook ufficiale dell’ «Esercito di Alfie».

Il post è stato scritto dalla zia del piccolo, Sarah Evans.

 

L’unico quotidiano ad averne dato notizia, riportando il forte messaggio dalla famiglia è stato il The Sun, sabato mattina. Il Sun è ritenuto, scrive Wikipedia, un giornale pieno di «grossolanità e di poca professionalità, a causa dello stile sensazionalista mirato a un pubblico di basso livello culturale». 

Tuttavia è l’unico periodico al mondo a volerne scrivere.

 

L’accusa di zia Sarah parte dalla pubblicazione delle spese legali sostenute dal NHS (Sistema Sanitario Nazionale) richieste dall’Amministrazione dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool per fronteggiare i vari passaggi della battaglia legale fra i genitori del bambino e l’ospedale pediatrico.

Alfie rappresentava un investimento, culturale e quindi anche economico La resistenza sarà sempre minore perché gli esiti sono stati, ad oggi, sempre gli stessi: la condanna a morte dello stato e la mannaia dei boia ospedale.


È stato chiesto all’Amministrazione quanti soldi sono stati spesi per questo e l’ospedale ha dovuto a rispondere a tali richieste. Qualsiasi contribuente, secondo il Freedom for information act, può pretendere resoconti simili.


Zia Sarah ha pubblicato su Facebook  gli screenshot della risposta dell’AH ad una richiesta di informazioni, accusando l’Amministrazione ospedaliera di aver speso oltre 145.000 sterline per uccidere il nipote e affermando che i vertici dell’ospedale sono “tutti corrotti”.

 

La richiesta per capire le spese legali coperte dal NHS era semplicissima:

«Per favore, potete chiarire quanto ha speso l’Amministrazione per le spese legali che hanno portato il caso del piccolo Alfie Evans alla Corte Suprema per sospendere il suo supporto vitale?»

€164 844,473 del contribuente per uccidere il bambino Alfie Evans



La risposta, agghiacciante, riporta: «L’Amministrazione ha ingaggiato avvocati esterni per rappresentarla nei procedimenti giudiziari riguardanti la cura di Alfie Evans e per fornire la consulenza e il supporto legale relativi al caso. Per rispondere nello specifico alla sua richiesta, i registri dell’Amministrazione indicano come somma totale £ 145.354,77 (IVA esclusa), inclusi gli esborsi quali consulenze legali e spese giudiziarie. Tutto è stato fatturato in relazione sia ai procedimenti giudiziari, sia alla relativa consulenza e supporto legale».

Al cambio di oggi, si tratta di €164 844,473.



La signora Evans, nel post ripreso poi dal The Sun ha inoltre scritto: 

 

«Quando arriva una notizia simile come si può non essere furiosi e disgustati pensando anche che è stato fatto coi soldi dei contribuenti? Più di 145.000 sterline per uccidere mio nipote?! L’Alder Hey e il nostro governo insieme hanno fatto questo! E dirò di più: avevamo un ospedale disponibile ad accoglierlo, avevamo i soldi per portarlo altrove, avevamo l’aereo pronto, avevamo Alfie che resisteva e hanno pagato per ucciderlo?!»


«Chiedetevi perché! Non abbiamo avuto alcuna possibilità di salvare il nostro guerriero. Avevamo più di 60 poliziotti a guardia dell’ospedale. Noi della famiglia abbiamo subito controlli ai nostri bagagli quando andavamo a visitare Alfie, oltre ad essere scortati dalla polizia lungo il corridoio per vederlo; non potevamo chiudere le porte della stanza di Alfie per avere privacy con lui perché un’infermiera doveva puntualmente sedersi appena fuori dalla stanza per tenerci controllati come fossimo criminali. Sempre tre o quattro poliziotti fuori dalla stanza di Alfie, tre fuori dal reparto e due alla fine del corridoio così come a tutte le uscite. Chiedetevi se quando è nato il nuovo bebé reale c’erano tutti questi agenti di polizia che li sorvegliavano?? No!»

«Avevamo più di 60 poliziotti a guardia dell’ospedale. Noi della famiglia abbiamo subito controlli ai nostri bagagli quando andavamo a visitare Alfie, oltre ad essere scortati dalla polizia lungo il corridoio per vederlo. Chiedetevi se quando è nato il nuovo bebé reale c’erano tutti questi agenti di polizia che li sorvegliavano?? No! 

 

«Hanno sbagliato e la verità uscirà presto fuori!»

 

 

Lo stesso, a poche ore di distanza, lo ha affermato Thomas dopo quasi due mesi di silenzio rispetto alle dinamiche che hanno portato all’uccisione del figlio con l’appoggio dello stato britannico. 

 

Tutto questo, come detto dalla zia di Alfie, con i soldi pubblici versati dai contribuenti, affinché possano renderci tutti cooperatori al male. Con i soldi dei contribuenti si pagano le spese per l’aborto, le spese per l’eutanasia, per la FIVET e per la crioconservazione di decine, forse centinaia di migliaia di embrioni sospesi fra la vita e la morte. Con i nostri soldi pagano le nuove tecniche di bio-ingegneria genetica per fare largo alla nuova eugenetica positiva, che vede nel malato il male assoluto da perfezionare o, meglio, da far scomparire agendo all’origine, sull’identità genetica.

I soldi pubblici versati dai contribuenti ci rendono tutti cooperatori al male. Paghiamo le spese per l’aborto, per l’eutanasia, per la FIVET e per la crioconservazione di decine, forse centinaia di migliaia di embrioni, paghiamo le nuove tecniche di bio-ingegneria genetica


Ma i soldi, il NHS, li ha spesi sicuramente bene: Alfie rappresentava un investimento, culturale e quindi anche economico. Ad ognuna di queste famiglie avvinte e abbattute in sede giudiziaria – prima quella di Charlie, poi quella di Isaiah e, infine, quella di Alfie – corrisponde un più lieve onere in futuro, un maggior avvilimento per tutti i genitori a cui toccheranno le stesse battaglie e sempre più larghe maglie per applicare provvedimenti eutanatici. La resistenza sarà sempre minore perché gli esiti sono stati, ad oggi, sempre gli stessi: la condanna a morte dello stato e la mannaia dei boia ospedale.


Questo investimento è servito, e pende sulla testa di tutti gli onesti cittadini britannici che, volenti o nolenti, sono stati costretti a contribuire al nuovo abominio che la macchina della necrocultura ha messo in piedi per riportarci al «culto» del sacrificio umano: l’aborto post natale.

 

Tocca a noi tirare le somme e non permettere che questo continui ad accadere. 

Tutti gli onesti cittadini britannici c sono stati costretti a contribuire al nuovo abominio che la macchina della Necrocultura ha messo in piedi per riportarci al “culto” del sacrificio umano: l’aborto post natale.

La vera urgenza è questa e non altra.

 

Tocca a noi decidere quale battaglia combattere e da che parte vogliamo stare.

 

 

Cristiano Lugli

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Eutanasia

Eutanasia, verso leggi più permissive in Australia

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

 

La prima eutanasia legale nello stato australiano di Victoria ha avuto luogo il 15 luglio 2019. Quasi quattro anni dopo, i sostenitori chiedono l’allentamento di alcune delle 68 tutele previste dalla legislazione.

 

A giugno lo Stato dovrebbe condurre una revisione della legislazione. È improbabile trovare che dovrebbe essere più severo. Un editoriale del quotidiano più influente dello Stato, The Age, si è lamentato del fatto che «ci sono molti ostacoli che hanno reso difficile l’accesso».

 

Raccomanda in particolare tre misure. In primo luogo, ai medici dovrebbe essere consentito «di utilizzare dispositivi elettronici quando comunicano con coloro che cercano di ottenere l’accesso all’eutanasia». Questa restrizione è stata introdotta dal governo federale per proteggere le persone vulnerabili dal suicidio. Ma i sostenitori della morte assistita affermano che le telefonate o Zoom renderanno più facile per le persone nelle regioni periferiche consultare i medici.

 

In secondo luogo, ora che tutti gli stati confinanti hanno legalizzato l’eutanasia, il requisito di residenza di un anno dovrebbe essere eliminato.

 

E terzo, «a livello statale, la maggior parte delle altre giurisdizioni non impedisce ai medici di avviare conversazioni a condizione che forniscano informazioni su tutte le opzioni, comprese le cure palliative. Questo è un cambiamento sensato che dovrebbe essere adottato in Victoria».

 

L’editoriale trascura di menzionare che tali conversazioni potrebbero aver portato allo scandalo dei veterani canadesi a cui è stata offerta l’eutanasia come opzione appropriata per le loro disabilità.

 

Come hanno sottolineato i critici della legge canadese sulla morte assistita : «nessuno dovrebbe suggerire a un’altra persona, specialmente a una persona che vive con una disabilità, che la sua vita non è degna di essere vissuta».

 

L’editoriale conclude: «nonostante tutta la paura e l’odio che si sono generati quando le leggi sull’eutanasia sono state approvate dal Parlamento, si sono dimostrate straordinariamente senza controversie nella pratica. Queste sono buone leggi che, con alcune riforme pragmatiche e ragionevoli, potrebbero essere migliorate».

 

 

Michael Cook

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

Immagine di Melbpal via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

Continua a leggere

Eutanasia

Il capo dell’eutanasia belga spiega l’aumento del 10%.

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

 

Perché sempre più persone ricorrono all’eutanasia in Belgio?

 

Il numero di casi di eutanasia in Belgio è aumentato del 9,85% rispetto all’anno precedente nel 2022, secondo i dati pubblicati il ​​17 febbraio dalla Commissione federale per il controllo e la valutazione dell’eutanasia. Il numero di persone decedute è stato di 2.966, il 2,5% dei decessi in Belgio.

 

Il capo della Commissione, il dott. Wim Distelmans, ha spiegato a VRT, un sito di notizie belga, che «c’è un aumento dei casi di eutanasia registrati. Questo perché c’è più consapevolezza sulla legge sull’eutanasia tra la popolazione, sospettiamo».

 

Dal 2002, quando l’eutanasia è stata legalizzata, più neerlandesi che francofoni hanno cercato aiuto per morire. Tuttavia, il rapporto sta diventando più piccolo. «L’anno scorso il rapporto era del 70% di madrelingua olandese rispetto al 30% di madrelingua francese», afferma Distelmans. «All’inizio, quel rapporto era 80-20».

 

Cosa spiega il cambiamento? Il numero di parlanti olandesi sta crescendo, ma a un ritmo più lento.

 

Distelmans ritiene che la cattiva pubblicità per il processo di eutanasia dopo il caso di Tina Nys potrebbe avere qualcosa a che fare con questo. La donna di 38 anni è stata soppressa nel 2010, ma la sua famiglia ha affermato che le procedure previste dalla legge non erano state rispettate. Tre medici sono stati processati. Sono stati esonerati, ma l’incidente potrebbe aver scoraggiato alcune persone nelle Fiandre, dove il caso era più nelle notizie, dall’approfittare dell’eutanasia legale.

 

Distelmans ha affermato che 61 stranieri, per lo più francesi, sono stati soppressi nel 2022.

 

«La legge belga sull’eutanasia non richiede che qualcuno debba essere belga. Sempre più stranieri lo hanno capito e vengono in Belgio tramite Internet. Il fatto che ciò stia accadendo indica che anche quei Paesi dovrebbero votare per una legge sull’eutanasia in modo che i loro abitanti non debbano venire in Belgio», ha affermato.

 

 

Michael Cook

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

Continua a leggere

Eutanasia

La Svizzera inizia con l’eutanasia dei carcerati

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

 

Per la prima volta in Svizzera, un detenuto di una prigione ha posto fine alla sua vita con l’aiuto di un’organizzazione di suicidio assistito, Exit.

 

Il prigioniero maschio era stato detenuto a Bostadel, vicino a Zurigo. È morto il 28 febbraio. Exit ha rifiutato di rilasciare il nome dell’uomo per motivi di privacy.

 

Le autorità di Zurigo hanno dichiarato ai media che il diritto al suicidio assistito si applica anche ai detenuti a causa del loro diritto all’«autodeterminazione». La procedura si svolge normalmente a casa. In alcuni cantoni può svolgersi anche in case di cura o ospedali. Il suicidio del prigioniero è avvenuto fuori dal carcere.

 

La questione del suicidio assistito del prigioniero è stata dibattuta in Svizzera per diversi anni. Nel 2018 Peter Vogt, uno stupratore che sconta l’ergastolo, ha chiesto il suicidio assistito, ma la sua richiesta è stata respinta. «È più umano voler suicidarsi che essere sepolto vivo per gli anni a venire», ha scritto all’agenzia di stampa AFP, dicendo che soffriva di molteplici malattie come insufficienza renale e cardiaca.

 

Un articolo pubblicato l’anno scorso sull’importante rivista Bioethics, sosteneva che i detenuti dovrebbero avere il diritto al suicidio assistito, specialmente se non c’è la pena di morte. Yoann Della Croce, dell’Università di Ginevra, ha sostenuto che «il diritto di accedere al suicidio assistito è da intendersi come una libertà che non può essere sottratta ai detenuti».

 

Inoltre, dice, sebbene i detenuti manchino di autonomia, questo non è necessariamente un ostacolo. «Non c’è alcuna differenza sostanziale tra la situazione dei detenuti e altri casi come una grave disabilità a seguito di un incidente».

 

 

Michael Cook

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

Continua a leggere

Più popolari