Eutanasia
Disabile canadese lamenta pressioni per accettare il suicidio assistito: le sue cure costano troppo
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
In un caso in corso in Ontario, un uomo gravemente disabile ha citato in giudizio il governo canadese e le autorità sanitarie locali per scarsa assistenza e per averlo spinto ad accettare la morte assistita.
«Sono stato costretto a fare un suicidio assistito», ha detto Roger Foley al New York Post. «Mi hanno chiesto se voglio una morte assistita. Io non voglio. Mi è stato detto che mi sarebbero stati addebitati 1.800 dollari canadesi al giorno [per le cure ospedaliere]. Ho due milioni di dollari in conti da pagare. Le infermiere qui mi hanno detto che avrei dovuto porre fine alla mia vita. Questo mi ha scioccato».
Il signor Foley sostiene che ciò sia accaduto con i custodi del Victoria Hospital, un centro finanziato principalmente dal governo a London, Ontario. Ha lavorato come direttore nazionale dell’e-business per la Royal Bank of Canada, ma negli ultimi sei anni ha vissuto al Victoria Hospital Health Services Centre.
L’ospedale ha rifiutato di commentare il caso. Un portavoce ha dichiarato al Post:
«Non siamo in grado di fornire un commento specifico a un paziente al fine di garantire la privacy e la riservatezza… Secondo la legge canadese, i nostri team sanitari sono pronti a conversare in merito all’Assistenza medica nella morte con pazienti che esprimono verbalmente un interesse nell’esplorare questa opzione… Se il paziente non esprime verbalmente un interesse o cambia idea, il nostro team sanitario non si impegnerà in queste conversazioni».
Il signor Foley soffre di atassia cerebellare, una malattia che attacca il cervello ei muscoli. Ha solo un’assicurazione medica di basso livello che copre le cure mediche di base ei servizi di emergenza. Tuttavia, è disabile e costretto a letto e ora ha bisogno di un aiuto costante per mangiare, lavarsi e stare seduto.
La causa afferma che l’ospedale ha persino fatto ricorso a un’agenzia di riscossione per fare pressioni sul signor Foley affinché pagasse, se ne andasse o accettasse il suicidio assistito.
Oltre ad essere disabile, il signor Foley ha poco sostegno sociale. «Non ho famiglia nella città in cui vivo e in generale pochissima famiglia. Sono fondamentalmente da solo. Lo sono sempre stato. Sono cresciuto con mio padre ed è morto nel 1999», ha detto al Post. «Ho un fratello ma è a Ottawa. Non lo vedo molto. Le persone hanno la loro vita».
Il signor Foley ha dichiarato al Post che «c’è pressione sulle persone [disabili] che dovrebbero essere trattate allo stesso modo e celebrate per la loro forza, diversità e differenza. La società ci considera meglio morti. Dobbiamo giustificare il fatto di essere vivi e [per i contingenti pro-eutanasia] le nostre vite non contano».
Tim Stainton, direttore del Canadian Institute for Inclusion and Citizenship presso l’Università della British Columbia, ha descritto la legge canadese sull’eutanasia come «probabilmente la più grande minaccia esistenziale per le persone disabili dal programma dei nazisti in Germania negli anni ’30».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Bioetica
La morte cerebrale è vera morte?
La morte viene identificata come la cessazione di tutte le funzioni vitali di un organismo, che sono essenzialmente riconducibili a tre: sistema nervoso, respiratorio e cardiocircolatorio, ossia la cosiddetta tripode vitale.
Tuttavia, la morte non è un evento che può essere osservato nel momento in cui si verifica ma solamente a posteriori, ossia dopo che essa è già avvenuta. Infatti, per avere la certezza dell’avvenuto decesso di un essere vivente è necessario che vengano riscontrati sul cadavere i segni inequivocabili della morte, ossia l’inizio del processo di decomposizione dell’organismo: l’algor mortis, il raffreddamento del corpo, il rigor mortis, la rigidità cadaverica, il livor mortis, il ristagno e la coagulazione del sangue.
La morte è un evento complesso perché l’uomo, in virtù dell’unione sostanziale con un’anima spirituale, non è un semplice agglomerato di organi, tessuti e funzioni né il suo principio vitale può essere ridotto alla funzionalità dei suoi organi.
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Esiste unanime consenso nel ritenere certamente viva una persona cosciente e certamente morto un corpo putrefatto o allo stato iniziale della putrefazione. La morte, intesa come il distacco dell’anima dal corpo, è collocabile nello spazio temporale compreso tra questi due stati. Un terzo stato dell’essere tra la vita e la morte non esiste.
Secondo il regolamento di polizia mortuaria nessuna persona morta può essere chiusa dentro una bara o sottoposta ad autopsia prima che siano trascorse 24 ore dal momento del decesso, salvo i casi di decapitazione o maciullamento. Inoltre, durante il periodo di osservazione il corpo deve essere posto in condizioni tali che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita.
È possibile dunque affermare che l’unico parametro che consente di ritenere certo l’avvenuto decesso di un individuo è l’inizio del processo di decomposizione del corpo, il cui riscontro oggettivo costituisce il vero punto di non ritorno alla vita.
Proprio allo scopo di consentire il trapianto degli organi vitali, che ricordiamo può avvenire solamente se gli organi stessi non hanno subito danni irreversibili causati dalla necrosi dei tessuti (il cuore e il fegato subiscono danni in meno di 5 minuti), era necessario modificare i criteri stessi di definizione della morte.
L’escamotage trovato dalla comunità scientifica internazionale non fu quello di soppiantare il criterio tradizionale della cessazione di tutte le funzioni dell’organismo (che sarebbe stato impossibile anche solo ipotizzare), ma di affiancare ad esso un nuovo criterio di accertamento della morte basato sulla presunta cessazione irreversibile della funzionalità di un singolo organo: il cervello.
Nel 1968 venne istituita una commissione ad hoc, un comitato di «esperti» della harvard Medical School, che definì e sottoscrisse quei criteri neurologici di morte che vennero poi ufficialmente riconosciuti come nuova definizione di morte, malgrado diversi filosofi, medici e giuristi espressero al riguardo tutte le loro riserve.
In base a tale documento, un soggetto in coma irreversibile, o presunto tale, deve essere considerato a tutti gli effetti deceduto. Nonostante la commissione di Harvard affermasse il contrario è ovvio come la nuova definizione di morte e la pratica dei trapianti di organi vitali fossero strettamente collegate, dal momento che è proprio la morte a consentire il prelievo degli organi.
D’altra parte fu la stessa commissione che ammise lo stretto legame ideologico tra il nuovo criterio e la suddetta pratica: «l’uso di criteri obsoleti per la definizione di morte cerebrale può ingenerare controversie nel reperimento degli organi per i trapianti».
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C’è da osservare che la commissione non produsse alcun dato scientifico certo e oggettivo a supporto della nuova definizione di morte (del resto, come avrebbe potuto?) e i criteri di Harvard vennero pubblicati senza nessun dato statistico-clinico relativo ai pazienti.
Malgrado ciò, a partire dal 5 agosto del 1968 una persona può essere dichiarata cadavere, quindi privata delle cure o addirittura trattata come mero contenitore di organi espiantabili, nel momento in cui la funzionalità del suo cervello viene ritenuta irrimediabilmente compromessa, secondo parametri studiati a tavolino, dunque artificiosi.
La morte, da evento naturale, oggettivo e osservabile, viene di fatto ridotta ad evento artificiale, non oggettivo né tantomeno osservabile, ma riscontrabile unicamente attraverso la tecnica.
In altre parole, la morte viene tolta allo sguardo dell’uomo e confinata nell’ambito prettamente medico.
È facilmente intuibile la portata rivoluzionaria della nuova definizione di morte che costituisce la base ideologica con la quale sono stati legittimati tutti gli attacchi alla vita innocente ed indifesa, dall’aborto all’eutanasia, passando per la fecondazione in vitro e, ovviamente, l’espianto degli organi vitali.
Alfredo De Matteo
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Immagine di Ericneuro via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata
Eutanasia
La Chiesa cattolica in Inghilterra si oppone alla legge sull’eutanasia
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Eutanasia
Eutanatizzato uomo danneggiato da vaccino COVID
Un uomo della provincia canadese dell’Ontario è stato soppresso per «sindrome post vaccinazione COVID-19». Lo riporta LifeSite.
Secondo un articolo pubblicato dalla testata canadese National Post, un uomo anonimo dell’Ontario sulla quarantina sarebbe morto tramite eutanasia dopo che i medici hanno stabilito che i danni riportate in seguito all’iniezione di COVID lo rendevano idoneo al suicidio assistito o «assistenza medica al suicidio» (MAiD), secondo il regime di eutanasia canadese.
«Tra i suoi molteplici specialisti, non è stata confermata alcuna diagnosi univoca», hanno rilevato i rapporti pubblicati da un comitato di revisione dei decessi del MAiD composto da 16 membri.
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Tuttavia, i medici «hanno ritenuto che la diagnosi più ragionevole per la presentazione clinica del signor A (grave declino funzionale) fosse una sindrome post-vaccino, in linea con la sindrome da stanchezza cronica».
L’uomo ha sperimentato «sofferenza e declino funzionale» dopo tre dosi di vaccino sperimentale contro il COVID.
Soffriva anche di una serie di malattie mentali, tra cui depressione, disturbo post-traumatico da stress, ansia e disturbi della personalità. Era stato ricoverato in ospedale due volte «mentre gestiva i suoi sintomi fisici» con pensieri di suicidio.
Alla fine gli è stata diagnosticata la «sindrome post vaccinazione COVID-19», che al momento non è inclusa nell’attuale sistema di segnalazione dei vaccini del Canada.
In particolare, il programma canadese per risarcire i feriti dai cosiddetti vaccini COVID «sicuri ed efficaci» ha speso 14 milioni di dollari, ma la stragrande maggioranza delle richieste di risarcimento rimane non pagata.
La sua morte è ulteriormente complicata dal fatto che diversi specialisti non sono riusciti a concordare sulla sua diagnosi, con molti che si chiedono se le sue condizioni soddisfino i criteri per una condizione «irrimediabile», che è richiesta per richiedere l’eutanasia in Canada. Molti si sono anche chiesti se la sua salute mentale lo squalificasse dal sottoporsi al suicidio assistito.
La morte dell’uomo è considerata di «Traccia 2», fa parte di un gruppo di persone che non sono «malate terminali» e la cui morte naturale non è ragionevolmente prevedibile.
Secondo Health Canada, nel 2022, 13.241 canadesi sono morti a causa delle iniezioni letali MAiD. Ciò rappresenta il 4,1% di tutti i decessi nel paese per quell’anno, con un aumento del 31,2% rispetto al 2021. «Anche se i numeri per il 2023 devono ancora essere pubblicati, tutte le indicazioni indicano una situazione ancora più cupa di quella del 2022» scrive il sito prolife canadese.
Di fatto, un canadese ogni 25 viene oggi ucciso dall’eutanasia. L’aumento negli ultimi anni è stato semplicemente vertiginoso. E la classe medica, oramai totalmente traditrice di Ippocrate e venduta all’utilitarismo più sadico e tetro, insiste che va tutto bene.
Come riportato da Renovatio 21, qualche mese fa un’altra veterana dell’esercito, divenuta disabile, ha riportato che alcuni funzionari statali avevano risposto alla sua richiesta di avere in casa una rampa per la sedie a rotelle offrendole invece la possibilità di accedere al MAiD – cioè di ucciderla.
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Ma non è il caso più folle del degrado assassino raggiunto dallo Stato canadese: ecco l’ecologista che chiede di essere ucciso per la sua ansia cronica riguardo al Cambiamento Climatico, ecco i pazienti che chiedono di essere terminati perché stanchi di lockdown, ecco le proposte di uccisione dei malati di mente consenzienti, e magari pure dei neonati. Il tutto, ovviamente, con il corollario industriale, della predazione degli organi, di cui il Paese ora detiene il record mondiale.
Il Canada del governo Trudeau – dove il World Economic Forum regna, come rivendicato boriosamente da Klaus Schwab – è il Paese dell’avanguardia della Necrocultura. Se lo Stato può ucciderti, ferirti, degradarti, lo fa subito, e legalmente. Magari pure con spot mistico propalato da grandi società private in linea con il dettato di morte. L’anno scorso in Canada un decesso ogni 25 era dovuto all’eutanasia, che viene servita anche alle pompe funebri.
A febbraio l’eutanasia è stata offerta anche ad una signora riconosciuta come danneggiata da vaccino COVID.
Secondo alcuni, l’eutanasia in Canada – che si muove verso i bambini – sta divenendo come una sorta di principio «sacro» dello Stato moderno.
Come abbiamo ripetuto tante volte: lo Stato moderno è fondato sulla Cultura della Morte. La Necrocultura è, incontrovertibilmente, il suo unico sistema operativo. Aborto ed eutanasia (e fecondazione in vitro, e vaccinazioni, anche e soprattutto geniche) sono quindi sue primarie linee di comando.
Il Canada, che è all’avanguardia anche grazie alla potente penetrazione nel suo gabinetto pure rivendicata dal World Economic Forum, è quindi un vero esempio dello Stato basato sempre più sull’eugenetica – cioè sul dominio totale sull’essere umano e l’annientamento della sua dignità di creatura figlia di Dio.
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