Connettiti con Renovato 21

Pensiero

Un partito per liberare la Sicilia e la sua ricchezza. Intervista al candidato alle regionali Mario Pagliaro

Pubblicato

il

Il 25 settembre non sarà solo la fatidica data delle elezioni politiche 2022. Quel giorno si voterà anche in Sicilia per rinnovare l’Assemblea Regionale Siciliana – la mitica ARS, che i siciliani seguitano a chiamare convintamente «Parlamento». Renovatio 21 crede che quanto accada in Sicilia vada sempre seguito. Non solo perché è tecnicamente la regione più grande d’Italia, ma perché nei secoli ciò che muove dalla Trinacria – e dal suo sottosuolo – può sconvolgere gli equilibri degli uomini di tutto il mondo: l’Etna è una colossale metafora di ciò che stiamo dicendo, da prendere alla lettera.

 

Abbiamo appreso che il professor Mario Pagliaro, che già in passato abbiamo intervistato su Renovatio 21, si è ora candidato. Il professore , accademico di Europa, fra gli scienziati italiani più citati al mondo, è chimico esperto in materiali nanostrutturati, nonché tra i massimi conoscitori della tecnologia solare in Italia, che ha spiegato nel preziosissimo libro divulgativo Helionomics. La libertà energetica con il solare (2018).

 

Pagliaro è candidato per un piccolo partito, Siciliani Liberi, che si presenta alle elezioni regionali per la seconda volta dopo quelle del 2017. Per farlo, il partito ha dovuto raccogliere migliaia di firme in pochi giorni a cavallo di Ferragosto, mentre ai partiti già rappresentati in ARS non era ovviamente richiesta alcuna firma.

 

I ragazzi ce l’hanno fatta. Le firme sono arrivate, e i candidati sono stati presentati.

 

Renovatio 21 lo ha sentito per farsi raccontare del suo movimento e della Sicilia, nel presente e nella Storia – e nel futuro.

 

 

Professor Pagliaro, cosa è il Movimento Siciliani Liberi?

Un partito politico siciliano che viene da lontano ed è destinato ad andare lontano: perché ha per obiettivo quello di ridare ai siciliani il governo della Sicilia. Inoltre, in continuità con la migliore cultura siciliana, è un partito che esprime una netta dissidenza culturale rispetto a quel «radicalismo borghese» che da tempo domina la propaganda culturale in Italia e in Europa.

 

 

Sarete quindi presenti alle Regionali del 25 settembre, ma non alle politiche?

Esatto. Benché pressoché tutto ciò che riguarda la Sicilia venga di fatto deciso a Roma e Milano, il presidente della Regione Siciliana e il Parlamento regionale dispongono di amplissimi poteri. Che se ben utilizzati porterebbero enorme beneficio alla Sicilia.

 

 

Chi ha fondato il partito?

Il professore Massimo Costa, docente universitario di economia aziendale e storico. È autore di una storia istituzionale e politica della Sicilia divenuta in breve tempo una lettura fondamentale per chiunque voglia conoscere la storia politica della Sicilia.

 

Ciro Lomonte, architetto e fine intellettuale, ne è il Segretario. Fervente cattolico, per anni nella direzione della residenza universitaria «Segesta» dell’Opus Dei e per due volte candidato a sindaco di Palermo, ha mostrato in numerosi articoli come i nuovi occupanti piemontesi presero subito di mira le tradizioni e la cultura siciliana per impedire alla popolazione di identificarvisi.

 

Ad esempio, in un bel numero del Covile del 2017 dedicato alla sua candidatura a sindaco ha spiegato perché, con vari pretesti, i palermitani dovettero attendere il 1974 per ricominciare a festeggiare la loro Santa patrona.

 

 

Sul sito del partito leggo che si tratta di un partito indipendendista. È questo il vostro programma per la Sicilia?

Lo ha spiegato bene la candidata alla presidenza della Regione, Eliana Esposito. Quando i siciliani vedranno i benefici dell’autogoverno, saranno loro stessi a chiedere l’indipendenza. Il programmaadesso, è quello di ridare il governo della Sicilia ai siciliani all’interno dell’attuale ordinamento, che il partito rispetta pienamente, per migliorare ogni singolo aspetto dell’amministrazione regionale: che va dalla gestione delle acque e del patrimonio boschivo a quello storico-artistico, altrove in Italia competenze dello Stato.

 

 

In che senso ridare il governo della Sicilia ai siciliani? Non sono siciliani i presidenti della Regione o i «parlamentari» dell’ARS?

Certo che lo sono. Ma fanno tutti parte di partiti politici i cui vertici sono a Roma e a Milano e i cui interessi molto spesso non coincidono con quelli della Sicilia. A un importante avvocato siciliano molti rimproveravano di essere lui a fare le leggi regionali. Lui, sornione, rispondeva che non faceva le le leggi: ma che le scriveva, visto il livello culturale dei «parlamentari» regionali siciliani.

 

Non si riferiva a tutti, ovviamente, la Sicilia ha avuto dal 1946 al 1992 sia grandi presidenti della Regione che grandi parlamentari regionali.

 

La legge elettorale era proporzionale e i partiti e gli uomini politici siciliani disponevano di un autentico consenso popolare. Oggi però, con la fine del proporzionale e i partiti ridotti a semplici comitati elettorali, è sufficiente una riunione a Roma per far dimettere il presidente della Regione.

 

 

È mai accaduto?

Prenda il presidente uscente, il catanese Sebastiano «Nello» Musumeci, storico esponente del MSI. Ha scritto Ciro Lomonte che secondo lui il 25 Settembre voterà per Siciliani Liberi, convinto anche lui della necessità di sostenere un partito siciliano che ridia ai siciliani la possibilità di autogovernarsi.

 

Nonostante buoni risultati con le infrastrutture, con la gestione dei rifiuti durante la gestione dell’assessorato da parte del veneto Pierobon, e quella del patrimonio storico-artistico da parte del grande Sebastiano Tusa fino alla sua tragica scomparsa, gli è stato chiesto di dimettersi e di non ricandidarsi.

 

Nonostante ancora il 31 luglio dichiarasse le elezioni anticipate «un’ipotesi che non esiste» è bastata una riunione dei partitia Roma a fargli annunciare le dimissioni su Facebook.

 

Probabilmente, se la DC avesse trattato così Rino Nicolosi, ultimo grande presidente della Sicilia anche lui catanese, alle elezioni regionali o politiche avrebbe perso 300mila voti e avrebbe visto la rivolta nel partito.

 

 

E durante la prima Repubblica, come mai l’indipendentismo siciliano fu rapidamente riassorbito?

Il grande sviluppo economico conosciuto nei 45 anni della «prima Repubblica» (1947-1992) riassorbì rapidamente le istanze indipendentiste. Erede del Partito Popolare del siciliano Don Sturzo, la DC aveva in Sicilia un enorme consenso elettorale. Concesse dunque alla Sicilia una relativa autonomia e vi portò lo sviluppo economico attraverso grandi investimenti pubblici.

 

La Cassa per il Mezzogiorno guidata dal professore Pescatore e la Regione con l’Ente di sviluppo agricolo costruivano le uniche infrastrutture, incluse enormi dighe, mai costruite in Sicilia dal 1860 ad oggi.

 

L’ENI, oltre ad investire su petrolio e gas siciliani, faceva sorgere vicino ad Enna persino una fabbrica tessile che per decenni ha dato lavoro a 400 operai, mentre le banche pubbliche controllate dalla Regione erogavano credito all’intero sistema produttivo. Tutto finì con la liquidazione dei partiti popolari e la nascita della cosiddetta «seconda Repubblica».

 

 

Parliamo della Sicilia di oggi. Qual è ora il male che maggiormente l’affligge?

La drammatica situazione finanziaria che priva la Regione e gli enti locali (Comuni ed ex Province) delle risorse necessarie persino a riparare e manutenere le strade. Percorrendole, i turisti stentano a credere che si tratti di una regione europea nel 2022.

 

A differenza però della vulgata propagandata, la responsabilità dello stato delle finanze regionali non è dei famosi «forestali».

 

A fronte di innumerevoli competenze e costi, inclusi quelli della motorizzazione civile, Roma trattiene ogni anno oltre 10 miliardi di tasse che l’articolo 36 dello Statuto siciliano, formalmente recepito nella Costituzione, assegna in via esclusiva alla Regione Siciliana.

 

La DC, dominus dello Stato nella prima Repubblica, si guardò bene dal far varare i decreti attuativi dello Statuto riguardo l’articolo in questione che regolerebbe la distribuzione dei tributi fra Stato e Regione.  Con la seconda Repubblica, le crescenti difficoltà finanziarie dello Stato, oggi arrivato a detenere 2800 miliardi di debito pubblico, hanno portato i governi nazionali a sottrarre al bilancio regionale siciliano sempre maggiori risorse.

 

Senza entrare nei dettagli, a partire dal 2014 si sono succeduti una serie di accordi fra Stato e Regione «in materia di finanza pubblica» con cui quest’ultima ha rinunciato a molti miliardi dovuti, peggiorando notevolmente lo stato di quelle regionali.

 

 

Si ha sempre l’impressione che la Sicilia sia terra di tesori immensi, moltissimi dei quali sconosciuti, inutilizzati.

Questo è del tutto vero. Mi lasci citare il caso di un carissimo amico e grande archeologo con il quale al CNR abbiamo a lungo collaborato, il compianto professore Sebastiano Tusa, poi assessore del governo Musumeci. Consapevole che i tesori sottomarini della Sicilia non venivano valorizzati ed anzi erano spesso rubati dai tombaroli subacquei, Sebastiano da archeologo della Regione prima fonda il Gruppo investigativo archeologico subacqueo regionale immergendosi lui stesso per molti anni.

 

Poi trova in un giovane e colto uomo politico di Siracusa  assessore ai Beni culturali nel primo governo Cuffaro, Fabio Granata, il sostegno necessario alla nascita della Soprintendenza del Mare.

 

In pochi anni scopriranno ed esporranno nei musei della Sicilia autentici tesori come il Satiro Danzante oggi esposto a Mazara del Vallo o le teste marmoree di Giulio Cesare, Tito ed Agrippina rinvenute a Pantelleria ed oggi esposte nel castello dell’isola.

 

 

Cosa si può fare per mettere a frutto la ricchezza della Sicilia?

Darle una classe dirigente nuova, fiera innanzitutto di essere fatta di siciliani al servizio della Sicilia. Questo recupero dell’ethos pubblico tanto da parte degli uomini politici che dei funzionari regionali farà sì che i siciliani non svendano più la loro terra e le loro funzioni ad interessi esterni che spesso non coincidono con il bene della Sicilia.

 

In questo processo, il ruolo di avanguardia di un partito piccolo ma organizzato e ricco di idee concrete per dare soluzioni ai problemi della Sicilia come Siciliani Liberi potrà essere molto più grande del suo attuale consenso.

 

 

È possibile pensare ad una rinascenza industriale della Sicilia a partire dall’energia solare e da altri innovazioni tecnologiche darebbero all’isola un immenso valore strategico e materiale?

È possibile e sarebbe anche fattibile in pochi anni. Serve, appunto, una nuova classe dirigente capace di agire su due fronti: da un lato diminuire la tassazione facendo dell’intera regione una Zona Economica Speciale, come chiede il programma di Siciliani Liberi, e dall’altro ritornare all’intervento diretto dello Stato nell’economia, ricostituendo l’IRI e affidandogli la ricostruzione industriale di Italia e Sicilia, partendo proprio dalle nuove tecnologie dell’energia.

 

Prima ancora della guerra in Ucraina, il blocco e poi il forte aumento dei prezzi dei semilavorati e delle altre merci in arrivo dalla Cina hanno chiarito la fragilità dell’economia europea ormai in larga parte deindustrializzata.

 

Di fronte ai costi energetici divenuti insostenibili per imprese e famiglie, la Francia ha subito nazionalizzato l’industria elettrica. La Germania ha nazionalizzato il maggiore distributore di gas naturale e trasferito enormi risorse a tutte le aziende, partendo dalla compagnia di bandiera.

 

Se l’Italia vuole sopravvivere, non ha alternative all’immediata ricostituzione dell’IRI di cui parlammo un anno fa con Renovatio 21 anticipando la crisi energetica di cui allora non parlava nessuno.

 

 

Non vi è solo la terra, il sole e il mare: parliamo delle eccellenze scientifiche della Sicilia, del suo capitale umano.

È enorme. Come l’Armenia o la Grecia, la Sicilia occupata dal Piemonte nel Maggio del 1860 ha visto espatriare in un secolo che ha incluso due guerre mondiali una parte enorme della sua popolazione. Sono siciliani di seconda o terza generazione il cantante americano Zappa o il pilota di Formula 1 Ricciardo.

 

Sono siciliani grandi scienziati come i fisici Majorana, il chimico Cannizzaro, o direttori di orchestra come Gino Marinuzzi, definito da Paolino Isotta il più grande del XX secolo. E poi innumerevoli imprenditori, artistiscrittori. Quasi tutti hanno fatto grandi cose fuori dalla Sicilia: ma quando la Regione Siciliana ha saputo investire bene, ad esempio creando l’Istituto regionale del vino oppure la Soprintendenza del Mare, in quei settori è cambiato tutto in pochi anni.

 

Quando, su incarico dell’Istituto del vino,  il grande enologo piemontese Giacomo Tachis iniziò il suo lavoro in Sicilia da più parti si insisteva perché le vigne in Sicilia fossero estirpate. Oggi, in Sicilia le aziende vitivinicole che usano i metodi colturali insegnati da Tachis fatturano molti milioni di euro e i loro vini sono premiati nel mondo.

 

Lo stesso occorre fare adesso con l’energia solare: creare un Istituto regionale e far crescere il numero di impianti sui tetti da quello ridicolo attuale, 60.000, a un milione e 700mila. Tanti quanti sono gli edifici in Sicilia.

 

 

Parliamo di storia della Sicilia. Ci può raccontare la versione che non conosciamo?

Chi vuol conoscere quella vera, può leggere il libro di Massimo Costa. Praticamente nessuno in Sicilia sa che il Regno di Sicilia è durato ininterrottamente dall’incoronazione a Palermo di Re Ruggero da parte di Papa Anacleto la notte di Natale del 1130 all’anno successivo al Congresso di Vienna del 1815.

 

Reinsediati i Borbone dal Congresso di Vienna, Re Ferdinando nel 1816 pose la basi per la fine del Regno fondando un «Regno delle Due Sicilie» tramite cui sottrasse a Palermo tanto la corona che il Parlamento. Trasferì quindi la capitale e la corte a Napoli, allora come oggi la più bella città europea.

 

Furibonde, la nobiltà siciliana e la nascente borghesia si rivolsero a Londra, già ampiamente presente in Sicilia, per liberarsi dei Borbone. Si ritrovarono nel Maggio 1860 occupati da questi sconosciuti piemontesi.

 

Così quando a Bronte ad Agosto i contadini capirono che non ci sarebbe stata alcuna divisione del latifondo si ribellarono con le armi. Garibaldi inviò subito le truppe guidate da Bixio. I presunti capi della rivolta furono passati per le armi nellapiazza del paese di fronte alla popolazione atterrita. Bixio usò la moderna rete telegrafica fatta costruire dal Re Borbone per telegrafare a Palermo a Garibaldi: «Rivolta domata».

 

I siciliani prima, e i meridionali poco dopo, capirono subito che tipo di occupazione sarebbe stata quella piemontese

 

Quanto ai nobili siciliani che pure avevano tradito il Re Borbone può letteralmente assaporarne la disperazione di fronte al nuovo occupante ancora un secolo dopo in ogni pagina de Il Gattopardo. Come ricorderà, il libro è stato scritto da un principe siciliano che si intratteneva su questi temi con un altro grande intellettuale e nobile siciliano, il barone Corrado Fatta della Fratta.

 

 

C’è un importanza della Sicilia nella storia d’Europa e del mondo?

Centrale. E la ragione è geografica. Il Mar Mediterraneo, cerniera degli oceani, è il più importante al mondo. La Sicilia ne è al centro. Lo svela bene la mappa antropomorfa del mondo realizzata ad Ebstorf, in Sassonia, nel XIII secolo. In cima alla mappa, c’è la testa di Cristo in Oriente. Le sue mani segnano i limiti del mondo conosciuto. Al centro c’è Gerusalemme, la città santa. E poco più in basso, a forma di cuore c’è l’isola di Sicilia.

 

Che la Sicilia e il suo possedimento fossero strategici lo sapevano già i Romani, che conquistandola si proietteranno in poco tempo sul Nord Africa e sulle terre di Oriente con le loro immense ricchezze. Lei saprà che la legione romana che conquistò Gerusalemme era di stanza a Messina, la Legio X Fretensis, cioè dello stretto di Messina.

 

Lo sapevano i Normanni che già con Re Ruggero conquistarono un’ampia area del Nord Africa oltre che Malta. Lo sapevano i tedeschi che con Enrico VI di Svevia scendono in Sicilia per dare alla Germania la proiezione imperiale.

 

 

In mancanza di cambiamento, quale potrebbe essere il destino della Sicilia?

Una nuova, drammatica emigrazione di massa. Durante i due anni dei vari lockdown, un gran numero di giovani siciliani vi ha fatto ritorno dal Nord, in particolare da Milano e dal Veneto.

 

Oggi, la Sicilia vive di «reddito di cittadinanza» e di turismo, oltre ad assistere ad una vera rinascita dell’agricoltura con molte pregiate produzioni, dal frumento al ficodindia, dal vino al limone, tornate redditizie in pochi anni.

 

Per avere un’idea, in Sicilia lo scorso febbraio a percepire in media 613 euro mensili di reddito di cittadinanza erano 625.000 persone: oltre il 13 per cento della popolazione. Ciononostante, le tre città, Palermo, Catania e Messina, si stanno svuotando rapidamente. A Palermo ormai risiedono solo 630.000 persone. Nel 1981 gli abitanti erano 702.000.

 

Solo l’anno scorso, la capitale siciliana ha perso oltre 7.000 abitanti. Se la crisi finanziaria dello Stato dovesse aggravarsi insieme alla crisi dell’euro, con le relazioni internazionali in rapido deterioramento, finirebbero tanto il reddito di cittadinanza che il turismo.

 

A quel punto, la crisi diverrebbe così grave da portare all’abbandono della Sicilia di tutta la popolazione in età lavorativa. Sarebbesostanzialmente, il collasso economico, sociale e demografico della Sicilia.

 

 

Un’ultima domanda ci incuriosisce. Cosa intende quando dice che il vostro Partito è fatto da dissidenti che in Sicilia si oppongono al «radicalismo borghese»?

Glielo spiego con un esempio. Il medico Chevalier de Jaucourt, stretto collaboratore di Diderot, curò circa 17.000 voci della Enyclopedie francese ancora oggi propagandata agli studenti di tutto il mondo come luce della nuova «epoca dei Lumi». Fra di essa c’era la voce «Palerme» definita «ville détruite de la Sicile», ovvero città distrutta della Sicilia. E continuava: «Sede di arcivescovado provvista di un piccolo porto, prima della sua distruzione causata da un terremoto, disputava a Messina il titolo di capitale». Mentre alla voce «Sicile» il medesimo illuminato scienziato concludeva: «In breve: la Sicilia oggi non ha più altro d’ importante che le sue montagne e il suo Tribunale dell’inquisizione».

 

Esterrefatto nel constatare che persino la traduzione italiana dell’Encyclopedia curata a Livorno contenesse le stesse menzogne, il benedettino siciliano Salvatore Di Blasi nel 1775 diede alle stampe un libro nel quale rivendicava la tradizione di una «Sicilia antichissima coltivatrice di Lettere» liquidando giustamente la «crassissima negligenza dei signori enciclopedisti».

 

Oggi non è diverso dal 1775: non bisogna aver letto Feyerabend per capire che il radicalismo borghese, mascherato da scientismo, procede con la stessa ridicola petulanza intellettuale di de Jaucourt e Diderot ai tempi della Encyclopedie.

 

Allora come oggi, la migliore tradizione del pensiero siciliano insegna che la dissidenza culturale è la prima necessaria opposizione a questa rovinosa quanta falsa «cultura» .

 

 

 

 

 

 

Immagine di NASA Marshall Space Flight Center via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0)

 

 

 

Continua a leggere

Pensiero

Milei a Davos bombarda il wokismo

Pubblicato

il

Da

Giovedì 23 gennaio 2025, il presidente dell’Argentina, Javier Milei, ha tenuto un discorso al Forum di Davos che ha lasciato senza parole la maggior parte dei partecipanti. Per mezz’ora si è impegnato in una critica feroce e sistematica al wokismo, accusando in particolare il Forum stesso di averlo favorito e sviluppato.

 

Secondo diversi giornalisti presenti, la tensione era palpabile quando Javier Milei si è avvicinato al microfono per parlare davanti a un pubblico di boss multinazionali, banchieri, miliardari, leader politici e il crème dell’intellighenzia attiva in tutto il mondo. L’organizzazione aveva annunciato circa 3.000 ospiti.

 

Già l’anno scorso il discorso del presidente argentino aveva più o meno sbalordito il pubblico. Ma quest’anno, in attesa dell’intervento di Donald Trump in videoconferenza, i potenti di questo mondo hanno cominciato a vedere svanire la loro stella. Bisogna ammettere che non rimasero delusi, rimproverati e scagliati l’uno contro l’altro da un Milei che li accusava di essere gli attori della decadenza dell’Occidente.

 

Colui che è stato soprannominato «il leone» per via dei suoi capelli, si è innanzitutto congratulato con se stesso di non essere più solo contro «l’assoluta egemonia globale della sinistra nella politica, nelle istituzioni educative, nei media, negli organismi sovranazionali o nei forum come Davos», citando gli «alleati», Elon Musk, Giorgia Meloni, Victor Orban, Benjamin Netanyahu e Donald Trump.

 

Tutto il suo intervento è stato incentrato sullo smantellamento «dell’edificio ideologico del wokismo malsano», accusando «forum come questo che sono stati protagonisti e promotori della sinistra agenda del wokismo che tanto male sta facendo all’Occidente». Anche se non si può essere d’accordo con alcuni elementi della sua analisi, essa rimane veramente rilevante su molti punti.

Acquista la t-shirt DONALD KRAKEN

Un cambiamento storico

Il presidente argentino vede l’emergere di un «tempo in cui si riscrivono le regole» perché le formule in vigore – che accusa di essere socialiste – da decenni sono esaurite. Ma per questo bisogna liberarsi del «virus mentale dell’ideologia sveglia», che ha «colonizzato le istituzioni più importanti del mondo», partiti, Stati, organizzazioni globali, ONG, università, media.

 

Javier Milei ritiene che il successo dell’Occidente sia dovuto «alla convergenza dei valori fondamentali, il rispetto della vita, della libertà e della proprietà, che ha reso possibile il libero scambio, la libertà di espressione, la libertà di religione e gli altri pilastri della civiltà occidentale. Ma nel corso del XX secolo questi principi furono traditi dal socialismo».

 

Ciò ha utilizzato il potere dello Stato per distribuire la ricchezza creata dal capitalismo. «La loro giustificazione era l’idea sinistra, ingiusta e aberrante di giustizia sociale», aggiunge. Alla base del sistema c’è il presupposto che l’uguaglianza davanti alla legge non è sufficiente, perché ci sono ingiustizie che devono essere corrette, una miniera d’oro per i burocrati che aspirano all’onnipotenza.

 

È ben interpretata l’analisi che segue: «dai diritti negativi alla vita, alla libertà e alla proprietà siamo passati a un’infinità di diritti positivi. L’istruzione, poi l’alloggio, e poi cose irrisorie come l’accesso a Internet, il calcio televisivo, il teatro, i trattamenti di bellezza e una miriade di altri desideri trasformati in diritti umani fondamentali, diritti che, ovviamente, qualcuno deve pagare. E che può essere garantita solo dall’espansione infinita dello Stato aberrante».

Acquistate le Maglie Crociate

Wokismo e sue ripercussioni

Poi «il leone» espone la sua visione del wokismo: un regime di pensiero unico, sostenuto da varie istituzioni con l’obiettivo di criminalizzare il dissenso, sostenere il femminismo, la diversità, l’inclusione, l’uguaglianza, l’immigrazione, «l’aborto, l’ambientalismo, l’ideologia di genere, (… ) tanti capi di una stessa creatura il cui scopo è giustificare l’avanzata dello Stato mediante la distorsione delle nobili cause».

 

Poi attacca queste manifestazioni wokiste, a cominciare dal «femminismo radicale», che «è una distorsione del concetto di uguaglianza e, anche nella sua versione più benevola, è ridondante». Attacca il termine «femminicidio», che provoca uno squilibrio nella legge.

 

Passa al «sinistro ambientalismo radicale e alla bandiera del cambiamento climatico». Spiega: «Preservare il nostro pianeta per le generazioni future è una questione di buon senso: nessuno vuole vivere in una discarica». Ma, aggiunge, il wokismo è passato a un ambientalismo fanatico dove l’essere umano è un cancro da eliminare.

 

Egli osserva che «non è un caso che queste stesse persone siano i principali promotori dell’agenda dell’aborto sanguinoso e omicida, un’agenda concepita sulla base della premessa malthusiana che la sovrappopolazione distruggerà la terra», un principio che è stato adottato in tale contesto misura in cui la questione della popolazione divenne problematica.

Aiuta Renovatio 21

Prosegue con la questione del genere: «da questi forum promuovono l’agenda LGBT, volendo imporci che le donne sono uomini e gli uomini sono donne se è così che si percepiscono», citando alcuni casi di risultati aberranti o mostruosi di questa ideologia. Aggiungendo che «causano danni irreversibili ai bambini sani».

 

Sottolinea che «se accadesse che la loro famiglia non fosse d’accordo, ci sarebbero sempre agenti statali pronti a intervenire in nome di quello che chiamano l’interesse superiore del bambino». Conclude: «gli scandalosi esperimenti condotti in nome di questa ideologia criminale saranno condannati e paragonati a quelli avvenuti nei periodi più bui della nostra storia».

 

Prosegue denigrando «l’eterno vittimismo sempre pronto a lanciare accuse di omofobia o transfobia e altre invenzioni il cui unico scopo è cercare di mettere a tacere coloro che denunciano questo scandalo di cui sono complici le autorità nazionali e internazionali».

 

Sempre in nome del wokismo «il merito è stato escluso dalla dottrina della diversità, che implica una regressione verso i sistemi nobiliari di un tempo. Inventiamo quote per tutte le minoranze che i politici possano immaginare, il che non fa altro che danneggiare l’eccellenza di queste istituzioni».

 

Il wokismo «ha distorto la causa dell’immigrazione», perché «essendo l’Occidente la presunta causa di tutti i mali della storia, deve riscattarsi aprendo le sue frontiere al mondo intero, il che si traduce necessariamente in una colonizzazione all’indietro, che è simile ad un suicidio collettivo».

 

Accusa inoltre il wokismo di cercare di «cogliere il nostro futuro» perché «occupando le cattedre delle università più prestigiose del mondo, forma le élite dei nostri paesi a mettere in discussione e negare la cultura, le idee e i valori che ci hanno reso grandi , danneggiando così ulteriormente il nostro tessuto sociale».

 

Poi si rivolge ai suoi ascoltatori: «Tutte queste aberrazioni (…) sono, purtroppo, le convinzioni che istituzioni come questa promuovono da quarant’anni. Nessuno qui può affermare di essere innocente. Per decenni hanno venerato un’ideologia sinistra e omicida come se fosse un vitello d’oro e hanno mosso cielo e terra per imporla all’umanità».

 

Infine, critica la visione moderna dello Stato-partito: «le funzioni dello Stato dovrebbero limitarsi alla difesa dei diritti alla vita, alla libertà e alla proprietà. Qualsiasi altra funzione che lo Stato assumesse andrebbe a scapito della sua missione fondamentale e porterebbe inesorabilmente al Leviatano onnipresente di cui tutti soffriamo oggi». E conclude con un appello a tutti i leader mondiali affinché si allontanino dallo scenario degli ultimi quarant’anni.

 

Ancora una volta alcuni elementi di questo discorso possono essere contestati, ma la visione generale del wokismo e la sua profonda influenza sugli Stati, sugli organismi internazionali o sulla cultura, è colpita dal buon senso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic

 

 

 

Continua a leggere

Pensiero

Mons. Viganò: Bergoglio e Davos hanno la stessa agenda

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica il testo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò comparso su X. Il prelato lombardo ha parlato varie volte della cupola del WEF e del suo ruolo nell’ora presente. Sui rapporti evidenti tra Davos, dove pure si sono celebrati rituali amazzonici non così diversi da quelli promossi dal gesuita, e il papato bergogliano Renovatio 21 ha pubblicato più articoli.   Il Forum di Davos ha un piano di dissoluzione sociale ben preciso, di matrice esplicitamente anticristica, e quindi antiumana e anticattolica.   Per questo, insieme alla distruzione dell’economia, dell’agricoltura e dell’allevamento, il WEF persegue con accanita ostinazione anche la distruzione della famiglia e della Religione, considerate un ostacolo ai propri obiettivi.   L’ideologia woke, LGBTQ+ e gender sono lo strumento principale per indottrinare le future generazioni a un mondo senza maschi e senza femmine, senza padre né madre, senza Fede e senza Morale. I giovani non devono avere alcun ideale, alcuno scopo, se non il perseguimento delle più aberranti perversioni e l’appagamento di piaceri degradanti che il Sistema fornisce loro.    

Acquistate le Maglie Crociate

Ogni deviazione in materia di Fede e di Morale promossa da Jorge Mario Bergoglio corrisponde all’attuazione di un preciso programma dettato dall’agenda woke.   Questa è la prova che sul Soglio di Pietro non siede un Papa ma un emissario dell’élite globalista, che ha come missione la distruzione della Chiesa Cattolica, esattamente come quasi tutti i leader occidentali devono distruggere le Nazioni che governano. Tutti sono legati tra loro dall’appartenenza al World Economic Forum.   Sarah Kate Ellis è CEO del GLAAD, una potente lobby eversiva LGBTQ+ che interferisce nei governi e nelle istituzioni per imporre l’accettazione sociale del vizio e della perversione. Non a caso è ospite del Forum di Davos, al quale prendono parte governi e società globaliste, compresa la chiesa bergogliana.  

Acquista la t-shirt DONALD KRAKEN

Sentire la Ellis elogiare Bergoglio dovrebbe far gelare il sangue nelle vene di ogni Cattolico, ad iniziare dai Vescovi. È come se un’associazione di piromani si complimentasse con il capo dei pompieri per come impedisce di spegnere gli incendi. E invece i Vescovi continuano a fingere di non vedere e di non capire – chi per pavidità, chi per ricatto, chi per interesse – che Bergoglio è un usurpatore del Soglio Pontificio, considerandolo solo un po’ troppo progressista.   In questa loro folle viltà, in questo loro tradimento essi si rendono complici dei peggiori nemici della Chiesa di Cristo.   Per porre fine alla tirannide del WEF, l’Amministrazione Trump – inaugurata sotto i migliori auspici – dovrà colpire in modo incisivo ed efficace tutte le sue ramificazioni nelle istituzioni pubbliche, compresa la chiesa bergogliana.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic
Continua a leggere

Pensiero

«Chiesa parallela e contraffatta»: Mel Gibson cita Viganò nel podcast più seguito della Terra. Poi parla di Pachamama, medicina e sacrifici umani

Pubblicato

il

Da

Joe Rogan, il podcaster più seguito del pianeta, ha avuto come ospite ieri l’attore e regista cattolico Mel Gibson. La conversazione, della durata di più di due ore, è stata ricchissima di spunti altissimi e talvolta piuttosto sorprendenti, impressionanti.

 

L’intera intervista è segnata da un continuo ritorno alle questioni spirituali, non solo per l’annuncio di Gibson della preparazione di un film chiamato La Resurrezione di Cristo che abbraccia un racconto che va dalla caduta degli angeli ribelli sino a Nostro Signore risorto – un seguito ideale della sua Passione di Cristo, con il quale, ha detto il cineasta, vuole ambiziosamente rispondere alla domanda sul perché il regno del Bene e il regno delle Tenebre si contendano l’anima dell’umanità, umanità che è imperfetta.

 

Gibson, che mentre partecipava al podcast sapeva che la sua casa di Los Angeles stava andando in cenere nel grande incendio in corso, ha parlato della sua spiritualità cristiana non risparmiando dettagli, e confessando il suo essere «imperfetto», al punto di dichiararsi, «come risaputo, alcolizzato dalla nascita» e di essere stato aiutato da Dio a uscire dai suoi momenti bui.

 


Acquistate le Maglie Crociate

Va subito sottolineata la citazione che Gibson ha fatto di monsignor Carlo Maria Viganò e del discorso sulla chiesa attuale «parallela» e «contraffatta».

 

«Non aderisco alla chiesa postconciliare» ha detto Gibson, ottenendo dal Rogan una richiesta di spiegazioni. Mel, noto sedevacantista come lo era il padre Hutton Gibson, ha con molta cautela cominciato a spiegare dinanzi a milioni e milioni di utenti il problema di quello che ha chiamato «l’evento», cioè il Concilio Vaticano II, e ancora prima quello dell’elezione di Giovanni XXIII.

 

Gibson ha quindi parlato della fumata bianca che si era avuta durante quel conclave, subito seguita da una fumata nera: una probabile allusione ai discorsi sulla «Tesi Siri», secondo la quale a quel conclave (e forse non solo a quello), sarebbe stato eletto papa il cardinale arcivescovo di Genova, il tradizionalista Giuseppe Siri, che non sarebbe però arrivato al Soglio per minacce indicibili.

 

Gibson ha quindi proseguito spiegando ad un scandalizzato Rogan – che, nato in ambiente cattolico italo-irlandese, si è sempre dichiarato ateo e non si è mai tirato indietro rispetto a colpire la chiesa – la questione della Pachamama, mostrando immagini di un evento con la Pachamama del 2019.

 


«Abbiamo un papa che ha portato un idolo sudamericano in chiesa per adorarlo» ha detto Gibson.

 

«Davvero?» ha replicato Rogan apparentemente sbalordito, al che Gibson rispose: «Sì, la Pachamama».

 

Rogan ha chiesto a Gibson di chiarire cosa fosse la Pachamama, dicendo di non averne mai sentito parlare, e Gibson ha spiegato che si tratta di una «divinità sudamericana».

 

«Perché avrebbe dovuto farlo?» ha chiesto ancora uno sconcertato Rogan. «Bella domanda. Ma lo ha fatto» ha risposto gentilmente il Gibson.

Iscriviti al canale Telegram

Alla domanda dell’intervistatore se Bergoglio avesse spiegato perché ha permesso che si verificasse l’evento Pachamama, Gibson ha menzionato la storia di indifferentismo religioso di Francesco, promuovendo il concetto che «tutte le religioni sono buone l’una quanto l’altra».

 

«Se questa è la sua tesi» ha detto Gibson prima che Rogan lo interrompesse, «allora non dovrebbe essere il papa».

 

«Come puoi essere il papa se dici “tutte le religioni sono ugualmente buone?”», si è chiesto l’ateo Rogan ad alta voce.

 

Il divo ha quindi usato apertamente e ripetutamente il termine «apostasia», che l’intervistatore pare aver capito, sottolineando che di mezzo ci sarebbe il Primo Comandamento che proibisce di adorare falsi dei.

 

«Sì, è il numero uno nella hit-list mosaica , ha risposto Gibson, riferendosi ai Dieci Comandamenti dati a Mosè.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Gibson e Rogan anno parlato degli scandali di pedofilia nella Chiesa, con il podcaster corretto dal divo quando ha detto che questo papa, che gli sembra «progressista», non aveva coperto gli abusi come Ratzinger.

 

Gibson ha poi parlato di medicina, raccontando di tanti suoi malanni, della frequentazione di un medico guaritore cinese (approvato da un suo consulente spirituale, un gesuita «tradizionalista») e di altri rimedi farmacologici – ha usato il termina «allopatico» – e della censura che si abbatte su di essi.

 

Gibson era già stato da Rogan anni addietro assieme ad un dottore esperto per parlare dei benefici delle cellule staminali – non fetali, ovviamente – alle quali aveva sottoposto il padre Hutton negli ultimi anni prima che morisse, con esiti molto positivi, come, ha rivelato nel caso della sua spalla. La figura del padre è tornata spesso nell’intervista: Gibson ha ricordato le sue numerose vittorie a Jeopardy! il Lascia o raddoppia della TV americana di una volta. «Aveva una memoria quasi-fotografica» ha detto l’attore del padre, «mentre io ho una memoria pornografica».

 

Mel ha raccontato che il padre era stato in guerra nel Pacifico e aveva preso la malaria, guarendo poi con l’idrossiclorochina. Il discorso ha aperto la stura ad una serie di discorsi sui farmaci, posti con delicatezza, sull’ivermectina e pure su altre sostanze ora usate totalmente off label contro il cancro a stadio avanzato.

 

 

Il regista ha confessato di aver preso il Remdesivir – controverso farmaco anti-COVID approvato in USA – e di essere stato male per mesi. Ha quindi detto di aver letto il libro di Robert Kennedy jr. su Anthony Fauci, scatenando una conversazione, ripresa più volte, sull’incontrovertibile malvagità del personaggio, con riferimenti ai danni fatti da Fauci ai tempi dell’AIDS.

 

Il cineasta è sembrato, sia pure forse nervoso, molto cauto e dosato nella conversazione – come un uomo che sa molto di più di quello che dice, e fa la cortesia all’ospite di non essere troppo diretto e brutale, arrivando a dare suggerimenti di libri di storia, di cui ha dimostrato di essere un famelico lettore, e perfino di testi per smettere di fumare.

Acquista la t-shirt DONALD KRAKEN

Tutta l’intervista, in realtà è sembrata una danza del cattolico Gibson attorno all’ateo Joe Rogan, che è sembrato a tratti capire il gioco e lasciarsi trasportare senza fare resistenza, persino quando Gibson ha rifiutato fermamente l’idea dell’evoluzione di Darwin, e soprattutto quando gli ha mostrato il mistero della Sacra Sindone di Torino.

 


Degno di nota il riferimento al film capolavoro di Gibson Apocalypto, che Rogan ha detto di essere grandioso e di averlo rivisto di recente. Gibson ha spiegato la genesi del film, per poi entrare in un discorso articolato sul collasso della civiltà, e dichiarare che i sacrifici umani visti nella pellicola sono presenti ancora nella nostra società non differentemente da quella dei maya.

 

«Il sacrificio umano è vivo e vegeto» ha scandito Gibson, con Rogan che ha detto, che sì, ha solo cambiato forma, alludendo alle morti indotte dalla medicina. Qualcuno può aver avvertito che il non detto, che vibrava giocoforza dentro il cattolico Gibson, era l’aborto, che epperò non è stato spalmato in faccia al già liberal, sedicente abortista Rogan. I due hanno quindi convenuto in un’idea della guerra come sacrificio umano della gioventù.

 

 

Si esce dalle due ore di ascolto del podcast grati sino ad essere un po’ frastornati: la comprensione della catastrofe della chiesa conciliare, la comprensione del disastro della medicina moderna, la comprensione della Necrocultura, la comprensione del ritorno del sacrificio umano non solo solo temi che potete trovare su Renovatio 21: sono questioni che sono ad un passo dal divenire mainstream.

 

Se non è questo un momento per essere speranzosi, quale lo sarà?

 

Roberto Dal Bosco

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da YouTube

 

Continua a leggere

Più popolari