Economia
Batterie al litio, una tecnologia strategica che richiede l’intervento dello Stato
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Quale futuro può avere una Nazione che non si adatta ai cambiamenti sul fronte dell’energia? In particolare: come ci stiamo muovendo per quanto riguarda le batterie al litio?
Renovatio 21 lo ha chiesto professor Mario Pagliaro, Chimico al CNR ISM (Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati) e docente di nuove tecnologie dell’energia al Polo Fotovoltaico della Sicilia, uno dei massimi esperti di solare in Italia.
Il professor Pagliaro guida a Palermo un Gruppo di ricerca i cui risultati sono riflessi in oltre 250 pubblicazioni scientifiche internazionali e in 22 libri, molti dei quali poi divenuti testi di riferimento nel loro settore. È fra gli scienziati maggiormente citati a livello internazionale nel campo della chimica (top 1%). Nel 2013, Silicon ha pubblicato un ampio articolo dedicato alle sue attività scientifiche e formative.
Fortemente consigliata è la lettura del suo libro Helionomics, snella e approfondita opera di divulgazione sulla rivoluzione socio-economica che porterà l’energia solare in tutto il mondo.
Professor Pagliaro, può spiegarci qual’è la situazione della produzione delle batterie al litio?
È molto semplice. Ci sono tre Paesi che hanno sviluppato la tecnologia su scala industriale: Cina, Sud Corea, e Giappone. E poi ci sono le altre nazioni, che dal punto di vista di questa produzione strategica possono essere considerati Paesi in via di sviluppo.
Un motore elettrico ha un’efficienza eccezionale, superiore al 95%. Uno termico montato su un’auto a benzina non arriva al 30%, e se l’auto è vecchia, ancora meno
Con quali conseguenze? D’altra parte i cittadini europei, sudamericani o nordamericani possono continuare a comprare veicoli alimentati a benzina o a gasolio?
È semplicissimo. Un motore elettrico ha un’efficienza eccezionale, superiore al 95%. Uno termico montato su un’auto a benzina non arriva al 30%, e se l’auto è vecchia, ancora meno. Una casa automobilistica francese che produce entrambi i tipi di auto ha verificato concretamente come la versione elettrica ha un consumo energetico quasi 4 volte inferiore: ci vogliono solo 16,1 kWh di elettricità per percorrere 100 km con l’auto elettrica, e ben 55,68 kWh di energia chimica accumulata nella benzina per la versione benzina. Per non parlare del comfort di guidare nel silenzio e senza vibrazioni. Il risultato, oggi che le auto elettriche sono divenute accessibili persino in Europa, è che ad esempio in Regno Unito oltre l’8% delle auto vendute sono ormai a batteria.
Quindi a quali conseguenze vanno incontro i Paesi industrializzati che non producono batterie al litio?
Quella di perdere l’industria degli autoveicoli che, ricordo, oltre alle auto include furgoni, autobus, camion e pullman. La gran parte del valore di un veicolo elettrico risiede infatti nelle batterie: non disporre di una produzione nazionale fa dipendere la produzione dei veicoli elettrici dai produttori di batterie esteri. I quali non solo controllano i prezzi, ma anche i tempi di fornitura. Se, per una qualsiasi ragione, decidessero di non rifornire più il produttore di autoveicoli, questo dovrebbe arrestare la produzione.
La gran parte del valore di un veicolo elettrico risiede infatti nelle batterie: non disporre di una produzione nazionale fa dipendere la produzione dei veicoli elettrici dai produttori di batterie esteri. I quali non solo controllano i prezzi, ma anche i tempi di fornitura
Perché si è giunti a questa situazione? Com’è possibile che la Germania, che ospita una grande industria chimica, si ritrovi a dover dipendere dalle batterie fatte in Cina per le sue auto elettriche?
Perché sono mancati gli investimenti che andavano pianificati già quindici anni fa. Probabilmente si è trattato di un errore di valutazione: gli industriali e i manager non solo europei non pensavano che la produzione cinese di batterie e di veicoli elettrici potesse crescere così rapidamente. Adesso, sono chiamati ad investimenti enormi in tempi rapidi per i quali è necessario l’intervento suppletivo degli Stati. È ciò che è avvenuto per l’industria petrolifera in quasi tutti i Paesi del mondo. Lo stesso accadrà inevitabilmente con le nuove tecnologie dell’energia.
Di che ordine di grandezza di investimenti stiamo parlando? Le persone leggono euro o dollari per chilowattora e non capiscono. Quanto costa e che dimensioni dovrebbe avere una fabbrica di batterie al litio ad esempio per l’industria dell’auto italiana?
Anche qui, è semplice una volta fatta chiarezza. Immaginiamo che l’Italia torni a produrre 2 milioni di auto all’anno. Sono auto che vanno dalle utilitarie ai SUV. In media, ognuna avrà un pacco batterie da 50 kWh (chilowattora). Questo significa che l’Italia dovrebbe produrre 50×2.000.000=100 milioni di kWh. I milioni di kWh si chiamano gigawattora. Quindi la fabbrica dovrebbe produrre 100 GWh all’anno. Consideri che la fabbrica che entrerà in produzione a fine anno nel nord della Svezia inizialmente aveva previsto un costo dell’investimento di 4,25 miliardi di dollari per un impianto da 32 GWh.
In molti pensano che passare alla mobilità elettrica sia solo un modo di spostare l’inquinamento dalle città e dalle strade alle centrali termoelettriche, incluse quelle nucleari. O che addirittura le reti possano essere soggette a frequenti blackout quando i veicoli elettrici saranno milioni. È così?
No. Innanzitutto già oggi quasi la metà della produzione elettrica di Paesi come l’Italia viene da acqua, sole, vento e dalla combustione di biomassa. Ricaricando l’auto la notte ad esempio. In inverno, quando la domanda elettrica è molto bassa, fornisce i carichi necessari alla rete per assorbire la produzione eolica, che è particolarmente elevata la notte e nei mesi autunnali e invernali. In assenza di domanda sufficiente, molto spesso le pale eoliche devono essere fermate per eccesso di produzione. Di giorno nei mesi primaverili ed estivi, a essere elevatissima è la produzione di energia fotovoltaica dal parco italiano che supera i 20 GW di potenza. Le persone non lo sanno, ma in Sicilia e in altre regioni del Sud nei giorni festivi e spesso pure di Sabato gli impianti fotovoltaici vengono disconnessi dalla rete per eccesso di produzione rispetto alla domanda. Caricare i veicoli elettrici in quei giorni, farà crescere in modo sensibile le ore di funzionamento del parco solare italiano. E poi c’è un ulteriore vantaggio reso possibile solo dai veicoli elettrici.
Le persone non lo sanno, ma in Sicilia e in altre regioni del Sud nei giorni festivi e spesso pure di Sabato gli impianti fotovoltaici vengono disconnessi dalla rete per eccesso di produzione rispetto alla domanda. Caricare i veicoli elettrici in quei giorni, farà crescere in modo sensibile le ore di funzionamento del parco solare italiano
Quale?
Quello di autoprodursi da sé l’energia con cui ricaricare i propri automezzi a batteria. Vale per una famiglia nelle Marche che collega la propria auto elettrica alla pensilina fotovoltaica in giardino, come per l’azienda del trasporto pubblico di Torino che sul tetto di un suo deposito ha un impianto fotovoltaico da 1000 kW con cui autoproduce una frazione significativa dei kWh consumati dalle decine di autobus elettrici che possiede. Questo significa piena libertà energetica: famiglie e aziende autoproducono gratuitamente dal sole l’energia che gli serve per i propri autoveicoli. Sembra un sogno, ma è invece concreta realtà gia per decine di migliaia di famiglie e aziende in tutto il mondo.
Un’ultima domanda. Le batterie al litio contengono cobalto. Oltre ad essere estratto dai bambini in Congo, il cobalto è fortemente inquinante. Cosa si può fare?
Le batterie al litio di prima generazione, quelle dei cellulari e dell’elettronica portatile, contenevano ossido di cobalto. Quelle di nuova generazione come quelle installate sui bus elettrici di Torino o su alcune delle più moderne auto elettriche non contengono né cobalto né altri metalli tossici. Hanno un catodo in litio ferrofosfato che, fra gli altri benefici, è anche più durevole e molto più sicuro rispetto al rischio incendio. Noi prevedemmo che questa tecnologia di produzione dei catodi sarebbe stata ulteriormente migliorata, e sarebbe divenuta quella più importante. L’anno scorso, una delle due maggiori aziende di batterie al mondo ha presentato una batteria radicalmente migliore basata proprio sul litio ferrofosfato.
Grazie, professor Pagliaro
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Economia
L’Ungheria avverte di un’imminente carenza di carburante
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L’Ungheria dovrà affrontare una carenza di carburante entro settembre se non verrà trovata una soluzione alla controversia sul transito del petrolio con l’Ucraina, ha avvertito Gergely Gulyas, capo dell’ufficio del primo ministro ungherese.
La scorsa settimana Kiev ha bloccato il transito del greggio dal principale fornitore di petrolio russo Lukoil attraverso l’oleodotto Druzhba verso i suoi vicini Ungheria e Slovacchia, citando sanzioni contro il gigante energetico russo. Le restrizioni hanno effettivamente impedito a Lukoil di utilizzare il territorio ucraino come via di transito.
La più grande raffineria di petrolio dell’Ungheria, situata nei pressi di Budapest, non può passare rapidamente alla lavorazione di greggio non russo, quindi il Paese rischia di esaurire le sue riserve di carburante, ha spiegato Gulyas.
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«Se la situazione non verrà risolta, potrebbe esserci una carenza di carburante, una soluzione per questo deve essere trovata entro settembre», ha detto Gulyas ai giornalisti venerdì, citato dal quotidiano Magyar Nemzet.
Bloccando le consegne, Kiev sembra «ricattare» Budapest e Bratislava a causa delle loro continue richieste di cessate il fuoco e di pace, ha affermato il ministro.
Lukoil rappresenta circa un terzo delle importazioni annuali totali di petrolio dell’Ungheria, ha affermato all’inizio di questa settimana il ministro degli Esteri Peter Szijjarto.
L’Ungheria e la Slovacchia sono gli unici membri dell’UE che si oppongono alla politica del blocco di fornire aiuti militari all’Ucraina nel suo conflitto con la Russia e hanno ripetutamente chiesto una soluzione diplomatica alla crisi.
L’UE ha proibito il trasporto di petrolio greggio russo via mare nel dicembre 2022 come parte di sanzioni di vasta portata contro Mosca. Tuttavia, a due stati senza sbocco sul mare sono state concesse delle esenzioni per garantire la loro sicurezza energetica.
Dopo la sospensione delle forniture della scorsa settimana, Budapest e Bratislava hanno chiesto alla Commissione europea di mediare con Kiev sulla situazione.
Se le consultazioni dell’UE non dovessero funzionare, il governo ungherese «si riserva il diritto di adottare ulteriori misure», ha affermato il ministro per gli Affari europei del Paese, Janos Boka, presente anche lui alla conferenza stampa di Budapest.
«Non c’è motivo di farsi prendere dal panico finora perché le riserve sono elevate», ha detto Gulyas, citato da Bloomberg. «Il problema non è immediato, ma dobbiamo trovare una soluzione entro settembre».
Come riportato da Renovatio 21, nelle ultime ore la Slovacchia ha accusato Kiev di ricatto sul blocco delle forniture di petrolio.
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«L’Ucraina ha scelto di ricattare Slovacchia e Ungheria», ha detto il ministro degli Interni Sutaj Estok in un videomessaggio sui social media mercoledì. «Considero inaccettabile la decisione dell’Ucraina di interrompere le forniture di petrolio della Lukoil alla Slovacchia e all’Ungheria. Mi rifiuto di lasciare che la Slovacchia e il popolo slovacco servano da strumento di vendetta tra l’Ucraina e la Russia».
Il primo ministro slovacco Robert Fico la scorsa settimana ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo ucraino, Denis Shmigal, per sottolineare che Bratislava non sarà «ostaggio delle relazioni ucraino-russe».
Parlando ai giornalisti mercoledì, il presidente della Repubblica slovacca Peter Pellegrini ha descritto le azioni di Kiev come una «interferenza molto spiacevole nei nostri buoni rapporti».
«Credo fermamente che l’Ucraina sarà in grado di mettere tutto a posto il prima possibile, perché la Slovacchia, in quanto stato sovrano, alla fine dovrà prendere qualche tipo di contromisura», ha detto senza specificare la natura di una possibile risposta, aggiungendo, tuttavia, che questo «non avrebbe portato alcun beneficio né all’Ucraina né ai suoi cittadini».
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Economia
La situazione di economia ed energia in Italia. Uno sguardo ai primi mesi 2024
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Economia
Aumento delle importazioni UE di fertilizzanti russi
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Le importazioni di fertilizzanti russi nell’UE sono aumentate del 70%, raggiungendo 1,9 milioni di tonnellate tra gennaio e maggio di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2023, ha riferito martedì Vedomosti, citando i dati di Eurostat.
In termini monetari, gli acquisti del blocco sono ammontati a oltre 649 milioni di euro, con un incremento annuo del 30%.
Solo a maggio, le importazioni sono aumentate del 5% anno su anno a 77,4 milioni di euro in termini monetari e del 17% a 238.400 tonnellate in volume. La crescita è attribuita principalmente a un aumento degli acquisti di letame potassico e fertilizzanti multi-nutrienti, ha osservato l’outlet.
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Nel frattempo, le importazioni UE di fertilizzanti azotati russi sono cresciute del 39% nei primi cinque mesi di quest’anno e hanno raggiunto il 57% degli acquisti totali di fertilizzanti del blocco europeo da Mosca, riporta RT. La Polonia è emersa come uno dei principali acquirenti di urea russa, avendo aumentato le importazioni del 25% a quasi 468.000 tonnellate. È stata seguita da Francia, Germania e Italia, che hanno aumentato gli acquisti rispettivamente del 12%, 11% e 10%.
La testata russa Vedomosti ha osservato che i costi di produzione dei fertilizzanti erano saliti alle stelle in tutta l’Unione nel 2022 a causa dell’aumento dei prezzi del gas naturale. All’epoca, il gigante energetico russo Gazprom, un tempo il principale fornitore di gas dell’UE, aveva ridotto drasticamente le esportazioni verso il blocco a seguito delle sanzioni occidentali e del sabotaggio dei gasdotti Nord Stream.
L’aumento dei costi di produzione ha costretto i produttori di fertilizzanti azotati dell’UE a ridurre la produzione, mentre alcune aziende hanno dovuto interrompere temporaneamente le attività, costringendo gli agricoltori dell’Unione ad aumentare le importazioni dalla Russia, il più grande produttore ed esportatore di urea al mondo.
L’anno scorso, l’Ufficio federale di statistica (Destatis) ha rivelato che la Germania aveva aumentato gli acquisti di fertilizzanti russi di circa il 334%, da 38.500 tonnellate a luglio 2022 a 167.000 tonnellate a giugno 2023. Nel frattempo, le importazioni di sola urea sono aumentate del 304% nella prima metà del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
All’inizio di quest’anno, l’amministratore delegato del produttore chimico norvegese Yara International, Svein Tore Holsether, ha avvertito in un’intervista al Financial Times che la UE stava diventando sempre più dipendente dai fertilizzanti russi, proprio come accadeva con il gas naturale.
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Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno era stato rilevato che la dipendenza dell’UE dalle importazioni di fertilizzanti russi era in aumento.
Come riportato da Renovatio 21, la Russia è un esportatore di fertilizzante di importanza fondamentale per l’agricoltura mondiale. La filiera del fertilizzante è stata messa in stato di squilibrio dalle sanzioni seguite allo scoppio della guerra russo-ucraina, con scarsità di sostanze e aumento vertiginoso dei prezzi, chiusura di stabilimenti europei e conseguente rischio per la produzione di cibo globale.
È stato ipotizzato che il caos riguardo ai fertilizzanti sia parte di un attacco organizzato alle forniture globali. Capi di Stato africani tre settimane fa hanno chiesto alla UE la liberazione di 200 mila tonnellate di fertilizzante russo ferme nei porti europei.
La crisi dei fertilizzanti è dietro al fenomeno dei campi incolti che anche il lettore potrebbe aver visto con i suoi occhi nelle campagne vicino casa.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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