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Ambiente

L’uomo che risolse la siccità in Africa con l’energia solare

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Risolvere i problemi dell’Africa, possibile?  È la domanda a cui implicitamente le forze immigrazioniste (Partito Democratico, ONG, Chiesa Cattolica) rispondono, nemmeno vergognandosi, «no». Ovvio che le cose non stanno così. Tecnologia e determinazione possono permettere all’Africa di fiorire – se solo lo si desiderasse davvero.

 

Renovatio 21 intervista il professor Mario Pagliaro, Chimico al CNR ISM (Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati) e docente di nuove tecnologie dell’energia al Polo Fotovoltaico della Sicilia. Il professor Pagliaro guida a Palermo un Gruppo di ricerca i cui risultati sono riflessi in oltre 250 pubblicazioni scientifiche internazionali e in 22 libri, molti dei quali poi divenuti testi di riferimento nel loro settore. È fra gli scienziati maggiormente citati a livello internazionale nel campo della chimica (top 1%). Nel 2013, Silicon ha pubblicato un ampio articolo dedicato alle sue attività scientifiche e formative.

 

Fortemente consigliata è la lettura del suo libro Helionomics, snella e approfondita opera di divulgazione sulla rivoluzione socio-economica che porterà l’energia solare in tutto il mondo.

«Padre Verspieren risolve crisi siccità a metà anni Settanta in Mali tramite l’energia solare»

 

Il professor Pagliaro ha appena pubblicato uno studio su padre Vespieren. Un uomo che in Africa è ancora celebrato come eroe. «Padre Verspieren risolve crisi siccità a metà anni Settanta in Mali tramite l’energia solare» dice lo studioso.

 

Professor Pagliaro, ci racconti.

«1950, Cartagine. Bernard Verspieren, ex bon vivant figlio della famiglia di industriali miliardari di Roubaix, è ordinato sacerdote. Ordine dei Missionari d’Africa, meglio conosciuto come Pérès Blancs. Nessuno può immaginare che sarà lui che, trasformando la sovrabbondanza di sole n Sahel in fonte di enormi quantità di acqua dolce, trasformerà per sempre la questione della siccità, da sempre strumento per assoggettare i colonizzati fino a farne giustificazione della ferocia maltusiana».

Padre Verspieren con la madre il giorno della sua ordinazione

 

Continui…

«1973. Dominique Campana ascolta a Parigi un seminario su questa tecnologia fotovoltaica basata sul silicio. Le viene un’idea: usarla per pompare l’acqua in Africa, per metà colonia francese. Contatta un suo amico ingegnere alla Guinard, produttrice delle omonime pompe. Il padrone, lungimirante e futuro ministro del commercio di Mitterand dal 1986 all’88, gli dice: “OK, ma niente batterie. Le batterie fanno schifo, si rompono sempre e pure prendono fuoco”. Vanno insieme a Lione dall’unico fisico che si occupa di fotovoltaico in tutta la Francia. Si chiama Jean Alain Roger. Avrebbe dovuto da decenni ricevere il Nobel per la fisica e pure quello per la pace. Invece, non lo conosce nessuno».

 

«Una quantità d’acqua enorme, doppia di quella di una pompa con generatore a gasolio»

Cosa si inventarono?

«Roger risolve la questione: quale motore elettrico accoppiare con i pannelli fotovoltaici e con la pompa, che pesca dalla falda. Entrambi – luce solare e livello della falda – variano durante la giornata e con la stagione. E risolse anche il problema di come dimensionare i pannelli. Roger prende la Campana come studentessa del dottorato in ingegneria elettrica. Vanno in Corsica, sulle montagne del Sud. E nell’Aprile del 1976 mettono in funzione la prima pompa solare fotovoltaica senza batterie al mondo. L’albero della pompa è lungo 10 metri. I pannelli hanno una potenza di soli 500 watt. Motore a magneti permanenti. Sono in un un’allevamento di pecore. Collegano tutti i componenti e…».

 

Cosa succede?

«Una quantità d’acqua enorme, doppia di quella di una pompa con generatore a gasolio. La notizia esce in Francia. Padre Verspieren, che dal 1974 gestisce la società di trivellazione Mali Acqua Viva la legge. E parte. Resta stupefatto. Nel Luglio dell’anno successivo fa installare la prima pompa in Mali: acqua a go-go pescata a circa 18 m di profondità per irrigare di tutto.  A Febbraio del 1978 di fronte La Stampa africana inaugura nel villaggio agricolo di Nabasso, in Mali, la seconda pompa di sollevamento ad energia solare diretta. Tre pannelli quadrati made in USA per una potenza complessiva di 1300 W danno fino a 14 metri cubi di acqua al giorno. Niente carburante. Niente batterie. Nulla se non attendere il sorgere del sole. Verspieren, che ha studiato da ingegnere agronomo prima della vocazione, tiene un memorabile discorso».

 

Che cambiamenti introduce nella società africana?

«Il Padre sa che anche in Africa alle cose regalate gli uomini non danno valore. E che bisogna formare i manutentori. Parte allora con un programma che in due anni li porterà ad avere 16 pompe, per una potenza fotovoltaica complessiva che non arriva a 22 kW, ma con la capacità di produrre ogni giorno 1,5 milioni di litri (1500 metri cubi) di acqua. Ogni villaggio deve compartecipe alle spese. E deve essere in grado di riparare le pompe. Verspieren accetta l’invito di Palz, il pioniere francese del solare che aveva organizzato il seminario seguito dalla Campana, e nell’Ottobre del 1980 va a relazionare a Cannes alla Conferenza europea del solare».

 

Un altro discorso memorabile?

«”Messieurs” dice rivolgendosi in francese ai delegati, “mi rivolgo a voi come cliente”. E dopo averli ringraziati per aver sviluppato questa tecnologia formidabile parla di “ennemis du photovoltaique” che dopo aver visitato le installazioni in Mali attribuisce il lavoro dei manutentori, che escono almeno 6 volte all’anno, ai pannelli. “Quando in realtà a rompersi sono le pompe”. Quindi – incredibile dictu – spiega a tecnologi e scienziati cos’è che non va con i loro pannelli. Dando il via al primo grande ciclo di Innovazioni che inizierà a far scendere il prezzo della tecnologia fotovoltaica. “Le resine che usate per incapsulare le celle solari” spiega. “Al sole del Mali si sciolgono. Ancor peggio il silicone che usate per sigillarle. Con il disboscamento in Mali gli insetti non trovano più resina a sufficienza, e vengono a mangiarsi quella dei nostri pannelli”».

 

Un Padre francese ha letteralmente mostrato al mondo che con questa tecnologia è possibile eradicare la siccità, e portare lo sviluppo agricolo – quello fondante qualsiasi vera, grande autonomia – in tutta l’Africa

E Fuori dalla Francia questa rivoluzione non ha eco?

«Passano pochi anni e, grazie a un tecnologo e imprenditore americano presente in sala poi cacciato dai nuovi acquirenti della sua azienda, l’industria del fotovoltaico cambia il sigillante e incapsulante. Passando anche al vetro temperato. Chiave dell’innovazione, i test reali in Africa riportati da Verspieren»

 

Il progetto in Africa continua?

«Fra il 1983 e il 1986, il Padre fa cambiare tutte le pompe con quelle nuove prodotte da Grundfos. Richiedono un un’intervento ogni 2 anni e mezzo, cioè quasi mai. E hanno solo bisogno dell’inverter inventato nel frattempo da un simpatico e geniale ingegnere australiano. Vanno infatti a corrente alternata, mentre le prime andavano a corrente continua: quella prodotta dai pannelli.I pannelli usati in Mali sono essenzialmente americani. Dal 1982 una joint venture franco-americana li produce ad Angoulome. Ma si tratta di uno stabilimento che assembla la celle provenienti dagli USA. La tecnologia chiave, infatti, è quella della produzione delle celle di silicio cristallino. Cioè la grande industria metallurgica che lo ottiene dalla sabbia. Gli altri, per quanto strano possa sembrare, li producono aziende interamente controllate dalle major petrolifere (ci sarà anche Eni). Tutte hanno infatti necessità di disporre di moduli fotovoltaici per proteggere gli oleodotti dalla corrosione; ovvero per ponti radio remoti».

 

Eletto Mitterand, Verspieren incontra Attali, capo del suo staff. «Non possiamo metterci contro i petrolieri». L’Europa chiude col fotovoltaico

Quindi la solarizzazione dell’Africa partì allora?

«Wolfgang Palz, potente funzionario della Commissione europea, fa finanziare un primo progetto per portare le pompe solari in tutto il Sahel. Funziona, ma il 30% dei pannelli – come gli avrebbe spiegato Verspieren – vengono rapidamente trafugati. In Africa c’è sete di elettricità. “Nei primi anni Cinquanta quando arrivai in Africa” dice il Padre a Cannes nel 1980 “una donna mi offrì la sua acqua che aveva trasportato per 6 miglia. Molti anni dopo sono stato io a portare nel suo villaggio le pompe ad energia solare. Perché il Signore ha detto ‘a chiunque abbia sete avrete dato da bere, vi dico che lo avete fatto a Me'”».

 

Verspieren trova appoggio in patria?

«1981, eletto Mitterand, incontra Attali, capo del suo staff. “Non possiamo metterci contro i petrolieri” scriverà e dirà molti anni dopo riferendosi alle intenzioni degli alleati comunisti. L’Europa chiude col fotovoltaico. Nessun investimento né in ricerca né soprattutto su nuovi impianti. Eppure, un Padre francese ha letteralmente mostrato al mondo che con questa tecnologia è possibile eradicare la siccità, e portare lo sviluppo agricolo – quello fondante qualsiasi vera, grande autonomia – in tutta l’Africa».

 

Passeranno 30 anni perché il sistema scientifico e industriale cinese, ormai largamente presente in tutta l’Africa, riscopra l’intera opera di Padre Verspieren

E Roger?

«Roger, il fisico dell’Università di Lione che ha inventato la tecnologia, già nel 1982 pubblica uno studio in cui dimostra come la pompa di sollevamento con motore fino a 5 kW di potenza conviene più di quella diesel. Passeranno 30 anni perché il sistema scientifico e industriale cinese, ormai largamente presente in tutta l’Africa, riscopra l’intera opera di Padre Verspieren, scomparso nel 2003 a Parigi, e di Jean Alain Roger.

 

I cinesi?

«Dominatori assoluti dell’intera industria del solare, i cinesi hanno portato il fotovoltaico a tali livelli di efficienza e a costi così bassi che il mercato delle pompe da sollevamento e irrigazione ad energia solare nel 2018 ha superato il miliardo di dollari. Cresce ad un tasso annuo superiore al 12%. Con le pompe da irrigazione fotovoltaiche ormai usate anche in Spagna, Italia, Australia e in oltre 100 Paesi di tutti i continenti.»

 

Non sono informazioni prive di attualità. È notizia di questi giorni quella per cui il mercato delle batterie affronta il crollo dell’offerta mentre il Coronavirus rallenta la produzione delle fabbriche cinesi.

 

Grazie professor Pagliaro.

 

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Gli scienziati chiedono la geoingegneria dei ghiacciai per affrontare il cambiamento climatico

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Secondo un nuovo white paper scientifico, la comunità scientifica dovrebbe avviare con urgenza la ricerca sulla geoingegneria dei ghiacciai.

 

Secondo lo scritto, la ricerca sulla geoingegneria delle calotte glaciali dell’Artico e dell’Antartico deve essere intrapresa ora, prima che l’umanità si trovi ad affrontare un innalzamento catastrofico del livello del mare, che potrebbe indurre a prendere decisioni affrettate per fermarlo.

 

«Tutti gli scienziati sperano che non sia necessario fare questa ricerca», ha affermato Douglas MacAyeal, professore di scienze geofisiche e coautore dello studio. «Tuttavia sappiamo anche che se non ci pensiamo, potremmo perdere un’opportunità di aiutare il mondo in futuro».

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Il white paper è emerso da due conferenze tenute sulla geoingegneria, interventi deliberati per alterare il clima del pianeta, a Chicago e alla Stanford University in California. Le conferenze sono state organizzate dalla neonata Climate Systems Engineering initiative presso l’UChicago, che «cerca di comprendere i benefici, i rischi e la governance delle tecnologie che potrebbero ridurre gli impatti dei gas serra accumulati», secondo un comunicato stampa.

 

Gli scienziati presenti alle conferenze hanno sostenuto che due tipi principali di geoingegneria devono essere studiati. Il primo tipo consiste in «tende» ancorate sul fondale marino per impedire all’acqua calda di indebolire le piattaforme di ghiaccio. La minaccia più grande per le calotte glaciali non è l’aria calda, ma l’acqua calda, scrivono.

 

Il secondo tipo riguarda i tentativi di ridurre il flusso di flussi di acqua di fusione che scorrono dalle calotte glaciali. Ciò potrebbe essere ottenuto, ad esempio, perforando in profondità i ghiacciai, sia per drenare l’acqua dal letto del ghiacciaio e impedire che influenzi il ghiacciaio, sia per provare a congelare artificialmente il letto del ghiacciaio.

 

Il testo sottolinea che entrambi gli approcci non sono stati ancora testati e che i loro vantaggi e svantaggi, tra cui il potenziale impatto ambientale, non sono chiari.

 

Il rapporto chiede che qualsiasi indagine sulle soluzioni di geoingegneria venga condotta in modo equo, con il contributo di tutte le nazioni del mondo. Ciò implicherebbe «una solida partecipazione di sociologi, umanisti, ecologi, leader della comunità, organi di governo scientifici e ingegneristici, organizzazioni di trattati internazionali e altri stakeholder rilevanti nel guidare la ricerca».

 

La geoingegneria è oramai tema discusso apertamente dal mondo scientifico e dai media.

 

A febbraio, il Wall Street Journal ha pubblicato un rapporto dettagliato su tre progetti di geoingegneria in corso in tutto il mondo, finanziati sia dal governo che da privati.

 

In Australia, i ricercatori della Southern Cross University stanno rilasciando una miscela di salamoia nel cielo per creare nubi più grandi e luminose che riflettano più luce solare così da ridurre le temperature locali. Il progetto è finanziato dal governo australiano, dalle università e dalle organizzazioni per la conservazione.

 

In Israele, un’azienda di nome Stardust Solutions sta testando un sistema di distribuzione per disperdere particelle riflettenti ad altitudini elevate, sempre per ridurre la radiazione solare. La startup sta attualmente testando il sistema al chiuso, ma passerà ai test all’aperto nei «prossimi mesi».

 

Negli Stati Uniti, il Woods Hole Oceanographic Institute ha in programma di aggiungere 22.000 litri di idrossido di sodio all’oceano al largo di Martha’s Vineyard così da produrre un «pozzo di carbonio» che risucchi l’anidride carbonica dall’atmosfera e la conservi nel mare. Il progetto è finanziato dal governo degli Stati Uniti e da fonti private. Il rilascio della sostanza chimica richiederà un’ulteriore approvazione da parte dell’Environmental Protection Agency, l’ente di protezione ambientale americano.

 

Ancora più preoccupante è il fatto che aziende e privati ​​​​stiano sperimentando la geoingegneria, senza il supporto o l’approvazione del governo.

 

Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023, una startup californiana chiamata Make Sunsets ha ammesso di aver lanciato in Messico palloni di prova contenenti anidride solforosa, una sostanza chimica di grande interesse per i geoingegneri per la sua capacità di riflettere la radiazione solare nell’atmosfera.

 

Sebbene i lanci di prova siano stati accolti con rabbia dalla comunità scientifica e dal governo messicano, il CEO di Make Sunsets, Luke Eisen, non si è pentito e ha affermato che presto la sua azienda avrebbe iniziato a rilasciare nell’atmosfera tanto zolfo «quanto riusciamo a farci pagare dai clienti».

 

La startup offre un sistema di «credito di raffreddamento» sul suo sito web in cui i clienti possono pagare 10 dollari per un grammo di anidride solforosa nel carico utile di un pallone.

 

Come riportato da Renovatio 21, uno dei disastri più recenti della geoingegneria sembra essere stato il diluvio che ha investito Dubai, città sita nel deserto della Penisola Arabica. La catastrofe potrebbe essere stata provocata, è stato perfino ipotizzato su giornali mainstream da metereologi esperti, dall’uso che l’Emirato fa del cloud seeding, cioè la tecnologia geoingegneristica che mira a migliorare e accelerare il processo di precipitazione.

 

Contrariamente a quanto si può pensare, tecnologia di controllo del meteo è in realtà vecchia di decenni. Da anni la Cina e gli USA stanno lavorando a tecnologie di controllo del clima che si sospetta abbiano la chiara possibilità di essere utilizzate come armi nei conflitti del futuro.

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Come riportato da Renovatio 21, anche la UE ha lanciato un avvertimento sull’uso della geoingegneria. Il mese scorso il senato dello Stato americano del Tennesee ha approvato un disegno di legge vieta la geoingegneria delle scie chimiche.

 

Nel 2021 circa 400 scienziati hanno invitato la comunità globale a emanare un «accordo internazionale di non utilizzo» per la geoingegneria solare, ponendo fine all’ulteriore sviluppo della tecnologia «prima che sia troppo tardi». Vi sono stati tuttavia scienziati che hanno spinto pubblicamente per l’implementazione della tecnologia chimico-metereologica in conferenze internazionali, trovando però alcuni colleghi nettamente contrari.

 

George Soros in un recente intervento ha parlato concretamente di geoingegneria solare contro il Climate Change da effettuarsi con grandi aerei che spruzzano l’aerosol sui cieli dell’Artico. La proposta di ricongelamento dei poli terrestri tramite sostanze rilasciate in aria è stata espressa anche altrove.

 

Come riportato da Renovatio 21è stato con i danari di Bill Gates che pochi anni fa si preparò un esperimento di oscuramento chimico del sole in Svezia. L’operazione fu alla fine fermata, anche per le proteste delle minoranze lapponi.

 

Tuttavia, il principale scienziato fautore della cosiddetta geoingegneria solare, l’harvardiano David Keith, ha rivendicato la tecnologia di controllo del clima planetario in un lungo editoriale sul New York Times, che esprimeva concetti allucinanti, come l’accettazione della morte di quantità massive di esseri umani a causa delle ricadute delle sostanze chimiche, un male minore rispetto all’apocalisse climatica da egli prospettata.

 

Lo Stato USA del Tennessee a marzo ha bandito la geoingegneria delle scie chimiche.

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I furgoni elettrici di Amazon continuano a prendere misteriosamente fuoco

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I furgoni per le consegne in USA di Amazon, prodotti da Rivian – un concorrente di Tesla – continuano a prendere fuoco. Lo riporta il sito Quartz.com.   L’articolo che ha evidenziato come i furgoni blu Prime visti in tutti gli USA continuino a prendere fuoco nei centri di distribuzione di Amazon.   «Ci si comincia a chiedere il perché», si chiede QZ.com. Il pezzo sottolinea che le riprese di Third Coast Drone mostrano furgoni Rivian in fiamme all’esterno di una struttura Amazon a Houston.   Sebbene il video non mostri come è iniziato l’incendio, mostra i pompieri al lavoro per domare le fiamme. È importante notare che il filmato rivela anche che ogni furgone era parcheggiato presso una stazione di ricarica.  

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Secondo Quartz, non è la prima volta che i furgoni Rivian prendono fuoco in una sede Amazon.   Lo scorso agosto, un incidente simile si è verificato a Salt Lake City, dove i furgoni hanno preso fuoco nel parcheggio di un centro di distribuzione. I post nei subreddit dei lavoratori di Amazon hanno rivelato che gli autisti hanno segnalato problemi con i furgoni che si ricaricavano a causa del calore elevato e hanno sospettato che i caricabatterie fossero la causa dell’incendio.   In passato i caricabatterie sono stati ritenuti responsabili di incendi, a causa di un cablaggio domestico non idoneo o di un raffreddamento inadeguato.   Ciò che non è ancora chiaro è se i caricabatterie installati professionalmente, come queste unità Rivian, siano soggetti agli stessi problemi dei caricabatterie di Livello 2 collegati alle prese delle asciugatrici domestiche.   Secondo QZ, il passaggio ai veicoli elettrici continua a valere la pena: forse sarebbe meglio ricaricare la propria auto all’ombra finché questi problemi non saranno risolti.

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La Danimarca tassa i peti bovini

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La Danimarca imporrà agli agricoltori una nuova tassa sui gas serra prodotti dal loro bestiame, ha annunciato il ministro delle Finanze Jeppe Bruus. Secondo il ministro, il pedaggio sulle emissioni di mucche, suini e pecore verrà implementato a partire dal 2030.

 

Si prevede che la nuova tassa contribuirà notevolmente all’obiettivo del paese di ridurre le emissioni del 70% rispetto ai livelli del 1990 entro la fine del decennio, oltre a raggiungere in definitiva la neutralità del carbonio, ha spiegato Bruus.

 

«Faremo un grande passo avanti verso la neutralità climatica nel 2045», ha affermato il ministro, elogiando la misura come un modo per consentire alla Danimarca di diventare «il primo Paese al mondo a introdurre una vera tassa sulla CO2 in agricoltura».

 

Copenhagen, insomma, rivendica come primato l’ingresso del fisco nelle scoregge vaccine.

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Gli allevatori saranno tassati 300 corone (40,2 euro) per tonnellata di anidride carbonica equivalente prodotta dai loro animali. Tuttavia, inizialmente sarà soggetto a una detrazione dell’imposta sul reddito del 60%.

 

Si prevede che la misura colpirà maggiormente i produttori di latte, dato che una mucca danese media produce circa sei tonnellate di CO2 equivalente ogni anno, mentre suini e pecore emettono significativamente meno gas.

 

La Danimarca è un importante produttore di bestiame, con la sua attuale popolazione bovina di quasi 1,5 milioni, secondo Statistic Denmark. Ciò frutterebbe più di 374 milioni di euro all’anno in tasse sul carbonio.

 

La nuova tassa è destinata ad aumentare ancora di più, raggiungendo l’obiettivo di 750 corone per tonnellata entro il 2035.

 

Secondo le stime del Programma ambientale delle Nazioni Unite, il bestiame rappresenta circa il 32% delle emissioni di metano causate dalle attività umane.

 

La questione dei peti in ambito ambientale è più seria di quel che si pensa: il cambiamento climatico, ritengono gli appassionati scienziati da decenni, è dovuto in ampia parte dagli allevamenti bovini, o meglio dai gas emessi impunemente dai ruminanti, che vanno a danneggiare l’atmosfera rendendo la Terra più esposta ai raggi solari e quindi più calda.

 

La cosa è presa sul serio da nazioni in tutto il mondo il governo irlandese vuole sterminare, per questo motivo, 200.000 mucche.

 

Di contro, ecco l’immancabile Bill Gates, che investe in milioni per mascherine elettroniche per bovidi. Nel mentre, avanzano implacabili progetti per mettere alle vacche pannoloni anti-climate change.

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Le ventosità vaccine, insomma, sono al centro della catastrofe climatica che potrebbe spazzare via l’uomo: lo credono davvero, anzi, ne impongono la fede alla scuola dell’obbligo. La tragedia globale delle mucche scoreggione è un vero dogma del mondo moderno, senza il quale l’intera impalcatura della società a venire – controllata sotto la minaccia del disastro climatico di cui siamo colpevoli, come un «peccato originale» della nuova religione di Gaia – casca in mille pezzi.

 

E non si tratta solo di parole, ma di questioni materiali, alimentari: tutta la storia della carne sintetica parte da lì: dal pericolo apocalittico dei flati bovini, che le bestie emettono mentre pascolano felici forse inconsapevoli di quanto ciò possa cagionare la distruzione del pianeta.

 

Non è priva di rilevanza, a questo punto, la notizia secondo il un premier europeo che più di ogni altro aveva operato per distruggere gli allevamenti del suo Paese, l’olandese Mark Rutte, sia stato ora messo al vertice della NATO.

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