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Economia

Robert Kennedy è il primo candidato presidente americano ad accettare Bitcoin ed attaccare lo Stato di sorveglianza delle CBDC

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Il candidato presidenziale democratico Robert F. Kennedy Jr. ha parlato alla Bitcoin Conference di venerdì scorso, dove ha ricevuto una standing ovation dal pubblico.

 

Il figlio di Bobby Kennedy ha detto alla folla che Bitcoin potrebbe essere una risposta alle tecnologie emergenti implementate dalla struttura del potere politico.

 

«Ora viviamo in questa era di totalitarismo chiavi in ​​mano in cui questa tecnologia emergente che può potenziare i regimi totalitari e il nostro compito è cercare di costruire e rafforzare le istituzioni democratiche alla stessa velocità con cui questi strumenti totalitari vengono espansi in loro potere».

 

Kennedy ha proseguito dicendo che Bitcoin è il miglior strumento attuale per combattere contro la struttura di potere perché «non può essere manipolato».

 

 

Parlando direttamente alla folla, RFK Jr. ha detto di sapere che erano presenti perché amano l’America, la democrazia e la libertà.

 

«In questo senso, il vostro sostegno al Bitcoin ti colloca nella stessa categoria degli artefici della Costituzione che ci ha dato quella Carta dei diritti, che ha creato queste istituzioni democratiche, e tu sei l’attuale manifestazione di quell’impulso».

 

Il discorso di Kennedy, durato 25 minuti, è stato incredibilmente denso ed articolato, senza alcuna paura di alcuni tabù, come quello per cui ha promesso, se eletto presidente, di cercare di capire se casi come quello di Ross Ulbricht (il ragazzo che gestiva lo scambio illegale Silk Road) abbia avuto un giusto processo o sia stato una vittima sacrificale per iniziare l’attacco alle criptovalute. Tra gli applausi, ma anche un certo palpabile stupore di tanto pubblico attonito, Kennedy si è spinto fino al punto di dire che, in caso, è pronto a dare la grazia presidenziale.

 

 

In altri punti del discorso Kennedy ha rivendicato il Bitcoin come antidoto all’ascesa del controllo statale, garantendo che il governo non ha nessun diritto di entrare nel portafoglio fisico o virtuale dei cittadini, che non devono dare le loro password: «è una cessione di territorio… e crea un precedente pericoloso per lo Stato di sorveglianza» ha detto il candidato tra i battimani.

 

Nolan Bauerler, esperto di Bitcoin e conduttore di The Break Up, ha detto al pubblico subito dopo il discorso: «abbiamo appena ascoltato uno dei discorsi più incredibili che abbia mai sentito sul Bitcoin a un evento in tutta la mia vita, e ci lavoro da molti anni».

 

Kennedy ha fatto sapere di accettare anche Bitcoin come donazioni elettorali, una novità per qualsiasi candidato alla presidenza degli Stati Uniti.

 

Tale discorso intentato sulle criptovalute va di pari passo con quello sulle CBDC, cioè le monete elettroniche di Stato, di cui Kennedy è acerrimo nemico. Del tema aveva parlato convintamente già due anni fa durante il suo storico discorso davanti all’Arco della Pace a Milano, quando spiegò che il green pass era solo un’introduzione alla moneta digitale con cui si istituirà una nuova forma ultra-pervasiva di Stato di sorveglianza.

 

«Questo è un modo di controllare il vostro danaro. Una volta che avete il vostro green pass, e loro hanno la moneta digitale, se qualcuno vi dice di non uscire da Milano, e voi andate in gita a Bologna, il vostro danaro non funzionerà a Bologna. Se il governo vi dice «non comprate la pizza», loro possono fare in modo che il vostro green pass vi impedisca di pagare una pizza in pizzeria. Possono controllare ogni aspetto della vostra vita»

 

Si tratta di una «società distopica», come ha detto qualcuno, che «traccerà ogni nostra transazione», e anche di più – informerà ogni nostra attività, che potrà quindi essere inibita dal potere. Con il danaro programmabile, farete solo gli acquisti che lo Stato permette a quelli nella vostra condizione (immaginate: un redditometro che può decidere cosa comprate al supermercato), delimitarli geograficamente e temporalmente (c’è il lockdown, questo non lo puoi comprare) o, semplicemente, «spegnervi» con un click, rendendo impossibile ogni scambio, come scritto nell’Apocalisse di San Giovanni (capitolo 13, versetti 16-18).

 

Come scritto da Renovatio 21, è probabile che l’attuale caos nel mondo delle criptovalute (spettacolari arresti di cripto-imprenditorifrodatori, crollo di banchi di scambio, deflusso di fondi, vendita di Bitcoin sequestrati da parte del governo USA, polemiche sulla tenuta di intere criptovalute) e il collasso bancario in corso (le banche di deposito stanno per essere disintermediate) siano gli strumenti con i quali ci porteranno, obbligatoriamente, all’accettazione della CBDC, cioè del «Bitcoin di Stato», la moneta digitale da Banca Centrale.

 

Credendo di parlare con Zelens’kyj (ma si trattava, in realtà dei soliti burloni russi) la stessa presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ha recentemente ammesso che l’euro digitale sarà utilizzato per sorvegliare la popolazione.

 

L’abolizione del contante – che il CEO del mega-fondo internazionale BlackRock sostiene essere accelerata dalla guerra ucraina – non può che portare che a questo: alla piattaforma che sarà la vostra schiavitù definitiva.

 

 

 

 

 

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Economia

La Turchia sospende ogni commercio con Israele

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Il governo turco ha sospeso tutti gli scambi con Israele in risposta alla guerra di Gaza, ha dichiarato il Ministero del Commercio di Ankara in una dichiarazione pubblicata giovedì sui social media.

 

La Turchia è stato uno dei critici più feroci di Israele da quando è scoppiato il conflitto con Hamas in ottobre. La sospensione di tutte le operazioni di esportazione e importazione è stata introdotta in risposta all’«aggressione dello Stato ebraico contro la Palestina in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani», si legge nella dichiarazione.

 

Ankara attuerà rigorosamente le nuove misure finché Israele non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza, aggiunge il documento.

 

Israele è stato accusato dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani di ostacolare la consegna degli aiuti nell’enclave. I funzionari turchi si coordineranno con l’Autorità Palestinese per garantire che i palestinesi non siano colpiti dalla sospensione del commercio, ha affermato il ministero.

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La sospensione totale fa seguito alle restrizioni imposte il mese scorso da Ankara sulle esportazioni verso Israele di 54 categorie di prodotti tra cui materiali da costruzione, macchinari e vari prodotti chimici. La Turchia aveva precedentemente smesso di inviare a Israele qualsiasi merce che potesse essere utilizzata per scopi militari.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il governo turco ha imposto restrizioni alle esportazioni verso Israele per 54 categorie di prodotti.

 

In risposta alle ultime restrizioni, il ministero degli Esteri israeliano ha accusato la leadership turca di «ignorare gli accordi commerciali internazionali». Giovedì il ministro degli Esteri Israel Katz ha scritto su X che «bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane», il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si stava comportando come un «dittatore». Israele cercherà di «creare alternative» per il commercio con la Turchia, concentrandosi sulla «produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi», ha aggiunto il Katz.

 

 

Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».

 

Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UEa Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».

 

Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.

 

Il mese scorso Erdogan ha accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza.

 

Israele, nel frattempo, ha affermato che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.

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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported 

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Economia

La Republic First Bank fallisce: la crisi bancaria USA non è finita

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La Republic First Bank (RFB), una piccola banca regionale con sede a Filadelfia, che aveva un patrimonio di 6 miliardi di dollari, è fallita il 26 aprile. Loriporta EIRN.   La Federal Deposit Insurance Corporation, che aveva rilevato la Republic First Bank (da Republic Bank), ha venduto la banca alla Fulton Bank con sede a Lancaster, Pennsylvania.   La Fulton Bank ha acquisito 4 miliardi di dollari di depositi della Republic First Bank e 2,9 miliardi di dollari di prestiti. Come parte dei termini della transazione, la FDIC fornirà 1 miliardo di dollari alla Fulton Bank, il che significa che la FDIC, di fatto una filiale del governo statunitense, assorbirà una parte di 1 miliardo di dollari delle perdite, una buona quota.   La Fulton Bank ora si vanta di essere una banca con un patrimonio di 32,8 miliardi di dollari. Ciò che non dice è che ora il 43% dei suoi prestiti – ovvero 14,1 miliardi di dollari – sono prestiti al mercato immobiliare commerciale statunitense da 23mila miliardi di dollari, che sta crollando di mese in mese.   Non si tratta di un caso isolato.

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A marzo, la New York Community Bank (NYCB) con un patrimonio di 114 miliardi di dollari, è fallita, anche se non è stato definito un fallimento, dal momento che un gruppo di investimento guidato dal segretario al Tesoro dell’ex presidente Trump Steve Mnuchin, ha acquistato la NYCB, con importanti finanziamenti governativi. assistenza. L’acquisizione della Republic Bank da parte della Fulton Bank e la acquisizione della NYCB da parte del gruppo Mnuchin dimostrano che la crisi bancaria statunitense è in atto e che i problemi vengono semplicemente riciclati, non risolti.   Secondo quanto riportato, Republic First Bancorp è una delle banche che è stata sotto crescente pressione a causa di tassi di interesse persistentemente elevati e di valori in rapida diminuzione sui prestiti immobiliari commerciali. PNC Financial (l’ottava più grande d’America) e M&T Bank (la 21ª più grande d’America) hanno recentemente riportato cali di profitto a due cifre nei primi tre mesi di quest’anno poiché i tassi di interesse più alti intaccano i loro profitti.   «Il collasso della banca regionale degli Stati Uniti solleva bandiera rossa per grandi shock» gongola il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times. I cinesi riportano, a differenza di tanti giornali occidentali, la notizia di questa ulteriore crepa del sistema bancario e immobiliare USA – tuttavia, come noto, anche il Dragone ha i suoi problemi con palazzi e banche.   Come riportato da Renovatio 21, la crisi bancaria, che non è ancora manifestata nella sua vera forma, può avere come fine l’introduzione definitiva della moneta virtuale da Banca Centrale, cioè il bitcoin di Stato, che non tollererà come concorrente né il contante né le criptovalute, e che renderà obsolete ed inutili le banche: ogni transazione, ogni danaro del sistema apparterrà ad una piattaforma di Stato (o, nel caso dell’euro digitale, Super-Stato) che verrà usata anche per controllarvi, sorvegliando ed impedendo i vostri acquisti nelle modalità previste dal danaro programmabile (limitazioni di tempo, spazio, qualità dell’oggetto acquistato, etc.).

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Economia

BlackRock si unisce al pressing sull’Arabia Saudita: deve uscire dai BRICS

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L’Arabia Saudita è oggetto di una pressione da parte di tutta la corte progettata per tirarla fuori dai BRICS e riallinearla con Londra e Washington.

 

Nello stesso momento in cui il Segretario di Stato americano Tony Blinken era in Arabia Saudita questa settimana per lavorare sulla «normalizzazione delle relazioni» tra Israele e Arabia Saudita – vale a dire, affinché i Sauditi riconoscano Israele in cambio di un patto militare con gli Stati Uniti – erano presenti nel regno wahabita anche Larry Fink e altri alti dirigenti di BlackRock per firmare un accordo con il governo saudita per il lancio della società BlackRock Riyadh Investment Management.

 

La nuova entità, detta anche BRIM, sarà una nuova «società di investimento multi-class» a Riyadh, con 5 miliardi di dollari di capitale iniziale di origine saudita, che dovrà «gestire fondi che investono principalmente in Arabia Saudita ma anche nel resto del Medio Oriente e del Nord Africa», ha riferito il Financial Times.

 

«L’obiettivo è attrarre ulteriori capitali esteri in Arabia Saudita e rafforzare i suoi mercati dei capitali attraverso una gamma di fondi di investimento gestiti da BlackRock», che ha in gestione una bella somma di 10,5 trilioni di dollari. Il CEO di BlackRock Larry Fink ha dichiarato in una nota che «l’Arabia Saudita è diventata una destinazione sempre più attraente per gli investimenti internazionali… e siamo lieti di offrire agli investitori di tutto il mondo l’opportunità di parteciparvi».

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L’Arabia Saudita aveva segnalato il suo interesse ad entrare nei BRICS ancora due anni fa.

 

Come riportato da Renovatio 21, pare che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – capo de facto del regno islamico – cinque mesi fa abbia snobbato i britannici per incontrare il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Negli stessi mesi il Regno aveva stipulato con la Cina un accordo di scambio per il commercio senza dollari.

 

Lo scambio di petrolio senza l’intermediazione del dollaro, iniziata nel 2022 con le dichiarazioni dei sauditi sulla volontà di vendere il greggio alla Cina facendosi pagare in yuan, porterà alla dedollarizzazione definitiva del commercio globale.

 

A gennaio 2023, il ministro delle finanze dell’Arabia Saudita Mohammed Al-Jadaan ha dichiarato al World Economic Forum che il Regno è aperto a discutere il commercio di valute diverse dal dollaro USA.

 

«Non ci sono problemi con la discussione su come stabiliamo i nostri accordi commerciali, se è in dollari USA, se è l’euro, se è il riyal saudita», aveva detto Al-Jadaan in un’intervista a Bloomberg TV durante il WEF di Davos. «Non credo che stiamo respingendo o escludendo qualsiasi discussione che contribuirà a migliorare il commercio in tutto il mondo».

 

Il rapporto tra la Casa Saud e Washington, con gli americani impegnati a difendere la famiglia reale araba in cambio dell’uso del dollaro nel commercio del greggio (come da accordi presi sul Grande Lago Amaro tra Roosevelt e il re saudita Abdulaziz nel 1945) sembra essere arrivato al termine.

 

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