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Economia

Re delle criptovalute arrestato in Montenegro

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L’imprenditore delle criptovalute sudcoreano Do Kwon è stato arrestato in Montenegro, dove era latitante.

 

Kwon, vero nome Kwon Do-Hyung, classe 1991, è l’uomo dietro l’implosione di TerraUSD, che ha creato un buco finanziario di 40 miliardi di dollari.

 

TerraUSD era uno stablecoin, cioè un tipo di criptovaluta in cui si suppone che il valore dell’asset digitale sia ancorato a un asset di riferimento, che è valuta emessa da banche centrali, materie prime negoziate in borsa (come metalli preziosi o metalli industriali) o anche un’altra criptovaluta.

 

In una dichiarazione su Twitter, il ministro degli interni del Montenegro Filip Adzic ha affermato che «l’ex re delle criptovalute» è stato arrestato dalla polizia all’aeroporto di Podgorica con documenti falsi. «Stiamo aspettando la conferma ufficiale dell’identità», ha aggiunto Adzic.

 

Fu il crollo della criptomoneta di Kwon TerraUSD nel maggio del 2022 a scatenare un crollo senza precedenti nei mercati delle cripto che ha travolto molti dei principali attori del settore. CKwon, co-fondatore di Terraform Labs, era stato accusato di frode e violazione della legge sui mercati dei capitali nel suo Paese d’origine.

 

Fuggito, aveva scatenato una caccia all’uomo internazionale dopo che le autorità non erano state in grado di localizzarlo.

 

L’anno scorso le autorità sudcoreane hanno affermato che Kwon si era recato in un paese sconosciuto, che si ritiene fosse la Serbia, via Dubai dopo aver lasciato Singapore, dove aveva sede Terraform. Anche il suo passaporto sudcoreano è stato revocato. Il crollo delle monete TerraUSD e luna ha colpito centinaia di migliaia di investitori, molti dei quali sono stati attratti da uno schema in cui i clienti potevano prestare le loro monete terra per un rendimento fino al 20%.

La SEC, l’ente di controllo dei mercati USA, ha affermato che la presunta frode è avvenuta tra aprile 2018 e maggio 2022. Il crollo di TerraUSD ha alimentato le preoccupazioni tra i regolatori internazionali sul fatto che l’industria delle stablecoin ponga rischi di stabilità per la finanza consolidata poiché le criptovalute diventano più integrate con il sistema di pagamento convenzionale.

 

Nel settembre dello scorso anno, l’Interpol ha emesso un avviso rosso contro Kwon, che rappresenta un appello alle forze dell’ordine di tutto il mondo per arrestare il capo di Terraform. Dalla sua scomparsa, Kwon ha continuato a rilasciare dichiarazioni sui social media senza condividere la sua posizione

 

In seguito alla notizia del suo presunto arresto, bitcoin e criptovalute sono schizzati ai massimi della sessione.

 

Come riportato da Renovatio 21, vi sono dubbi anche su un altro stablecoin presente sul mercato delle cripto, il Tether, considerato da alcuni uno schema Ponzi che potrebbe crollare rovinosamente.

Il mercato delle cripto sta subendo in questi mesi colpi tremendi, dai crash al collasso del banco FTX, il cui CEO era pesantemente legato al Partito Democratico USA come principale donatore dopo George Soros. Dopo FTX, anche il banco BlockFi è andato in bancarotta.

 

Alcuni grandi investitori, come il venture capitalist Peter Thiel (il quale sosteneva che il bitcoin potrebbe essere «un’arma finanziaria cinese contro gli Stati Uniti», hanno disinvestito anzitempo, salvando il loro danaro. Dell’andamento degli investimenti dei Rothschild, che due anni fa avevano triplicato l’investimento in bitcoin, non sappiamo nulla.

 

L’anno scorso si è registrato anche un avvicinamento della Russia al bitcoin come pagamento per il commercio internazionale, dopo mesi in cui Mosca operava per limitare la principale criptovalute (al punto che alcuni hanno sostenuto che il bitcoin fosse al centro degli interessi russi nel Kazakistan in fiamme a inizio 2022).

 

Come riportato da Renovatio 21, circola l’idea che gli ultimi balzi del bitcoin siano dovuti ad acquisti di massa fatti da Stati-nazione per pagare hacker che hanno attaccato ciberneticamente e preso in ostaggio le loro infrastrutture tramite ransomware, a partire dal traffico aereo.

 

Due anni fa, il miliardario in bitcoin Mircea Popescu, un romeno di 41 anni, è stato trovato morto affogato al largo della costa del Costa Rica vicino a Playa Hermosa.

 

Su Renovatio 21 stiamo maturando l’idea per cui la distruzione del contante e l’avvento delle CBDC – le monete digitali da banche centrali, ossia il «bitcoin di Stato» come l’annunciato euro digitale – non solo genererà la disintermediazione delle banche, ma anche delle criptomonete, che verranno spazzate via, magari nel modo in cui stanno venendo liquidati, piano piano, gli istituti di credito.

 

I continui crolli di enti crypto, con arresti spettacolari dei responsabili, fanno parte del quadretto. Rimettete i soldi in banca, vi stanno facendo capire. Però non fanno troppa pubblicità al fatto che da lì verranno trasportati automaticamente nel vostro wallet elettronico nella piattaforma pubblica del danaro programmabile di Stato.

 

Al meme pubblicato da Elon Musk a inizio mese manca un pezzo – quello del Potere che arriverà a prendersi tutti i vostri risparmi per trasformarli in software (non diversamente da come vi è successo con l’euro…).

 

 

Tuttavia la vignetta è divertente lo stesso.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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Economia

Scoperto in Cina un giacimento d’oro «supergigante», più di 1.000 tonnellate in un unico bacino

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L’ente geologico della provincia di Hunan in Cina ha annunciato il 21 novembre che i geologi avevano scoperto un deposito di minerale d’oro di alta qualità, con una quantità stimata di riserve di oltre 1.000 tonnellate, ha riferito l’agenzia di Stato cinese Xinhua.

 

Si pensa che sia uno dei più grandi depositi in un singolo bacino, anche se non il più grande deposito d’oro al mondo. Si pensa che il bacino del Witwatersrand in Sudafrica contenga circa la metà di tutti i depositi d’oro conosciuti al mondo; nel 2022, l’Uganda ha annunciato la scoperta di depositi di circa 31 milioni di tonnellate di minerale d’oro.

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Il Geological Bureau nella provincia di Hunan ha riferito che erano state utilizzate tecnologie di rilevamento dei minerali ad alta tecnologia, come la modellazione geologica 3D.

 

«I geologi hanno rilevato oltre 40 vene d’oro, con una riserva di 300 tonnellate d’oro, a una profondità di 2.000 metri sotto il giacimento d’oro di Wangu nella contea di Pingjiang, secondo l’ufficio. La riserva d’oro del sito entro la profondità di 3.000 metri è ulteriormente stimata in oltre 1.000 tonnellate, per un valore di 600 miliardi di yuan (circa 79 miliardi di euro)» scrive Xinhua.

 

«Molti carotaggi di roccia perforati hanno mostrato oro visibile», ha affermato Chen Rulin, un esperto di prospezione mineraria presso l’Ufficio, aggiungendo che una tonnellata di minerale nella gamma di 2.000 metri conteneva un massimo di 138 grammi di oro.

 

Il prezzo dell’oro è, nel momento in cui scriviamo, di 81,02 euro al grammo.

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Economia

Crisi e rinascita della Sicilia. Conversazione con il professor Mario Pagliaro

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Qual è la situazione della più grande regione d’Italia? Parliamo, per chi non lo sapesse, della Sicilia: terra magnifica e contraddittoria, terra problematica e fertile, paradigma di dramma e bellezza – e, per le sue eterne risorse, per la sua ubicazione, per la sua storia, luogo di fondamentale importanza per il futuro dell’Italia e non solo.   Renovatio 21 ha intervistato il professor Mario Pagliaro, chimico del CNR e accademico d’Europa, autore della preziosa guida all’energia solare Helionomics, figura da noi spesse volte interpellato per parlare di energia. Proprio con una sua intervista, Renovatio 21 è stata la prima testata giornalistica in Italia ad anticipare nell’estate del 2021 l’imminente aumento dei prezzi dell’energia in Italia.   L’Italia ha ormai 3 mila miliardi di debito pubblico. La deindustrializzazione procede senza sosta: ogni giorno si registra la chiusura di uno o più stabilimenti. È ripresa, a tassi persino maggiori di quelli ante 2020, l’emigrazione giovanile di massa.   La rinascita dell’Italia passa da quella della Sicilia? Oppure, il Meridione e la Sicilia continueranno a spopolarsi ad un tasso persino più rapida di quella di Piemonte e Lombardia? Su questo e su altro abbiamo sentito il chimico siciliano.   La Sicilia nelle regioni del Nord suscita grande curiosità. Di fatto, se ne sa poco. Tutti però sappiamo come sia un’isola potenzialmente ricchissima. La prima domanda dunque riguarda le ricchezze non sfruttate della Sicilia: quali sono? Sono numerosissime: la Sicilia ospita le miniere di sali potassici più grandi di Europa. Dispone di grandi giacimenti di petrolio e di gas naturale a terra e in mare, utilizzati solo in piccola parte. È sede di una vastissima superficie agricola fatta di terreni oltremodo fertili coltivati con le più svariate colture. Ed ospita un patrimonio storico-artistico fra i maggiori al mondo, inclusi templi antecedenti alla dominazione greca, teatri greci e romani, cattedrali bizantine e castelli medioevali.   Persino le risorse marine sono enormi: da quelle ittiche all’acqua di mare ricchissima di sali di magnesio. Ad esempio, le acque di Augusta dove la concentrazione di magnesio è così elevata rispetto a quella delle acque costiere italiane che ne rende particolarmente conveniente l’estrazione industriale, come avveniva fino a pochi anni fa.

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Nonostante queste ricchezze, la Sicilia perde migliaia di abitanti ogni anno: perché? Per lo stesso motivo per cui ormai da anni a depopolare sono anche il Centro e il Nord dell’Italia: il livello altissimo delle tasse e dei contributi sociali da pagare allo Stato su ogni ora lavorata incentivano le imprese esistenti a chiudere e a delocalizzare ormai da oltre 20 anni. Mentre qualsiasi giovane dotato di capacità imprenditoriali non aprirà mai la sua impresa in Sicilia o nel resto d’Italia, quando spostandosi in Croazia o in Albania o in Tunisia pagherebbe tasse e contributi che sono una piccola frazione di quelli dovuti in Italia.   I siciliani emigrano ormai per le stesse ragioni dei liguri: l’offerta di lavoro è bassa, e quel poco lavoro che c’è è retribuito poco e male. Di qui, l’emigrazione d massa dei giovani verso tutti i Paesi del Nord Europa e verso i Paesi del Golfo persico. Negli Emirati Arabi lavorano ben pagati decine di migliaia di italiani e molte migliaia di siciliani.   La stampa nazionale da decenni il messaggio fatto passare dalla stampa è Regione Siciliana come un continuo spreco di soldi pubblici. Puntualmente, ad esempio, si parla dei famosi forestali siciliani oppure delle decine di migliaia di dipendenti regionali. È così? Non è così. Dalla motorizzazione civile alla gestione del patrimonio storico-artistico alle acque e persino le autostrade, a gestire con sempre maggiore difficoltà dovuta alla crisi finanziaria queste ed altre risorse è la Regione Siciliana, e non lo Stato come avviene nelle regioni «a statuto ordinario» nate tre decenni dopo il 1946, anno di fondazione della Regione Siciliana.   Fino al 1991, guidata da un grande presidente come Rosario «Rino» Nicolosi, la Regione Siciliana è stata protagonista di una prolungata stagione di sviluppo, peraltro accompagnata dagli interventi infrastrutturali della Cassa per il mezzogiorno: dighe, reti idriche, infrastrutture stradali, case popolari, sviluppo agricolo, riforestazione, recupero del patrimonio storico-artistico, e credito attraverso le banche pubbliche, controllate dalla Regione. Poi, esattamente come per il resto d’Italia, è iniziato un declino che dura ormai da 30 anni.   Però ci sono anche enormi potenzialità: quali sono? Agricoltura e bioeconomia, turismo ed energia solare sono i 3 assi del nuovo sviluppo della Sicilia. La rinascita dell’agricoltura è già in corso, con il fortissimo e imprevisto rialzo dei prezzi dell’olio di oliva e del succo di arancia, e quindi delle arance. La Sicilia ospita la quasi totalità dell’industria agrumaria italiana, cioè quella della trasformazione degli agrumi in succo, ed è la terza regione per produzione olearia in Italia.   Fino all’avvio della guerra nelle ex repubbliche dell’URSS, la Sicilia stava anche beneficiando del forte e prolungato rialzo dei prezzi del grano. Poi i prezzi si sono più che dimezzati per le enormi importazioni di grano dalle ex repubbliche sovietiche che hanno dirottato sull’Europa una parte significativa del loro enorme export di cereali. Quando le importazioni cesseranno, i prezzi del grano torneranno a salire rapidamente, superando quelli di anteguerra.

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Sono attive in Sicilia alcune innovazioni della filiera agricola… L’agricoltura poi trova nuovi sbocchi nella bioeconomia perché dagli scarti di lavorazione agricoli e della pesca si traggono già oggi – senza che nessuno lo sappia – prodotti che valgono più dei frutti. Lasci che le citi il caso dell’azienda nutraceutica napoletana che nell’area industriale di Termini Imerese produce integratori alimentari a base di flavonoidi ottenuti dagli agrumi siciliani, che poi vende con successo in tutta Italia.   E il turismo? Il turismo da quasi un decennio anni conosce in Sicilia una crescita enorme che ha portato all’apertura di migliaia di B&B tanto nelle storiche città siciliane che nelle località turistiche costiere, oltre a decine di agriturismi, all’ampliamento degli alberghi esistenti e alla costruzione di nuovi, spesso con capitali provenienti dal Nord Italia e dall’estero.   Questo è accaduto perché inizialmente le società del turismo hanno dirottato sulla Sicilia il turismo prima diretto in Nord Africa. Poi, il passaparola reso possibile da internet e dai telefoni digitali ha fatto il resto: amici e parenti dei primi turisti, anche italiani, ricevono messaggi, foto e video entusiasti: «venite in Sicilia: è bellissima, e costa poco».   E così la Sicilia, storicamente tenuta fuori dai grandi flussi turistici, ha iniziato a intercettarli.   Parliamo del suo tema: l’energia solare- Basta un numero: in Sicilia lo scorso primo settembre c’erano 120mila impianti fotovoltaici, di cui 107mila sono installati sul tetto di abitazioni e 13mila sui tetti di aziende e uffici cui danno ogni giorno gratis abbondante energia elettrica, facendo crollare la bolletta.   Appena 15 anni fa, quando iniziammo le attività formative del Polo Fotovoltaico della Sicilia, in Sicilia c’erano una decina di impianti. Non ci credeva nessuno: invece, il fotovoltaico è divenuto la fonte di energia elettrica più installata al mondo ogni anno. E in Sicilia ci sono oltre 1 milione e mezzo di edifici che vanno ancora solarizzati.

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Benché migliore di quella del resto d’Italia, anche in Sicilia la situazione demografica non è buona. Può darci qualche dato aggiornato? Certo. La Sicilia fra il 2014 e il 2023 ha perso 300.425 abitanti: una media di oltre 30.000 ogni anno. Soltanto nel 2021 gli abitanti persi sono stati poco più di 300 a causa del fatto che con le chiusure nessuno lasciava la Sicilia. Oggi siamo in grado di capire la reale dimensione della nuova emigrazione siciliana.   Dal 2018, anno dell’avvio del censimento permanente della popolazione, Istat dà infatti la popolazione censita ogni anno, e non più quella rilevata dalle anagrafi, visto che moltissimi dei residenti che lasciano la Sicilia non cancellano la propria residenza dalle anagrafi comunali. Infatti nel 2018 ISTAT comunicò una riduzione della popolazione siciliana superiore alle 118mila unità. Effetto, appunto, della differenza fra popolazione censita e quella registrata alle anagrafi.   All’inizio del 2024 la popolazione siciliana censita era di 4.794.512 residenti. Nel 2023 è diminuita di oltre 19.000 unità.   Cosa prevederebbe un disegno di rinascita dell’isola? Come il resto d’Italia, la Sicilia ha bisogno di un profondo cambiamento delle classi dirigenti, e di un ritorno alle politiche di programmazione pubblica dell’economia che hanno reso grande l’Italia fra il 1933, anno di fondazione dell’IRI, e il 1991. È verosimile che l’aggravarsi della crisi delle relazioni internazionali con le guerre ormai in corso ai confini europei, e di quella delle finanze pubbliche dovuta all’insostenibilità economica del sistema dei cambi fissi fra monete nazionali alla base dell’euro, determinerà tale cambiamento già nel breve periodo.   Italia e Sicilia hanno all’estero decine di migliaia di concittadini di altissime competenze, che con l’approfondirsi della crisi torneranno a dare un importante contributo alla rinascita economica e sociale del Paese e della Sicilia. Ce ne sono altrettanti in tutta Italia, che fino ad oggi hanno rifuggito da ogni impegno pubblico.   L’aggravarsi della crisi farà sì che molti di loro saranno chiamati ad un impegno pubblico diretto.  

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Economia

Ammiraglio della NATO avverte le aziende: prepararsi allo «scenario di guerra»

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Le aziende dei Paesi della NATO dovrebbero prepararsi a uno «scenario di guerra» e adattare le loro linee di produzione e catene di fornitura per essere meno vulnerabili al ricatto da parte di nazioni come Russia e Cina, ha affermato lunedì il capo uscente del comitato militare del blocco guidato dagli Stati Uniti, l’ammiraglio Rob Bauer.

 

Intervenendo a un evento del think tank European Policy Center tenutosi a Bruxelles, ha esortato le industrie e le aziende occidentali ad attuare misure deterrenti.

 

«Se possiamo garantire che tutti i servizi e i beni essenziali possano essere forniti a prescindere da tutto, allora questa è una parte fondamentale della nostra deterrenza», ha sostenuto Bauer.

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«Le aziende devono essere preparate per uno scenario di guerra e adattare di conseguenza le loro linee di produzione e distribuzione. Perché mentre potrebbe essere l’esercito a vincere le battaglie, sono le economie a vincere le guerre», ha affermato il funzionario della NATO, menzionando Cina e Russia nel contesto di come ritiene che le guerre siano combattute nella sfera economica.

 

«Pensavamo di aver raggiunto un accordo con Gazprom, ma in realtà avevamo un accordo con Putin», ha affermato, apparentemente riferendosi al calo delle forniture di gas russo all’UE, avvenuto dopo l’escalation del conflitto in Ucraina nel 2022.

 

All’epoca, l’UE aveva dichiarato che porre fine alla dipendenza dall’energia russa era una priorità fondamentale e molti membri interruppero volontariamente le importazioni, mentre le forniture sono crollate anche a causa del sabotaggio dei gasdotti russi Nord Stream, attribuito dal giornalista premio Pulitzer americano Seymour Hersh ad un’operazione della CIA, che ha negato.

 

L’ammiraglio Bauer ha poi esteso il suo avvertimento alla Cina, sostenendo che Pechino potrebbe usare le sue esportazioni verso i paesi della NATO e le infrastrutture di sua proprietà in Europa come leva in caso di conflitto.

 

«Siamo ingenui se pensiamo che il Partito Comunista [cinese] non userà mai quel potere. I leader aziendali in Europa e America devono rendersi conto che le decisioni commerciali che prendono hanno conseguenze strategiche per la sicurezza della loro nazione», ha affermato il funzionario atlantico.

 

Non è chiaro cosa Bauer intenda prevedere «in tempo di guerra» nelle sue dichiarazioni.

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La NATO ha dichiarato da tempo che la Russia rappresenta una minaccia diretta e i funzionari occidentali hanno ripetutamente affermato che se si permettesse a Mosca di vincere il conflitto in Ucraina, potrebbe poi attaccare altri paesi europei.

 

La Russia ha liquidato queste affermazioni come assurdità. Le restrizioni che Mosca ha introdotto nel commercio con l’Occidente sono state in gran parte una risposta alle sanzioni economiche senza precedenti imposte al paese in relazione al conflitto ucraino.

 

Anche Pechino ha dovuto affrontare la sua quota di barriere e restrizioni commerciali introdotte dagli stati occidentali, e ha introdotto misure simili in risposta. Secondo la maggior parte degli esperti, compresi molti occidentali, la politica delle sanzioni si è ritorta contro le economie occidentali, portando a carenze di fornitura e inflazione.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

 

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