Epidemie
Quale sarà il futuro delle case protette e degli anziani?

Una cosa certa che il COVID-19 ha dimostrato al mondo intero, è che le case protette per anziani non sono affatto posti sicuri. Chi scrive lo dice contro il proprio interesse professionale, lavorativo e quindi finanche economico-familiare.
Non sono posti sicuri non perché gli anziani vengono maltratti — il fenomeno purtroppo esiste, lo sappiamo, in percentuali basse ma probabilmente realisticamente molto più alte vista la difficoltà nel fare emergere gli scandali a causa di perversi meccanismi di omertà che vengono ad instaurarsi —, quanto piuttosto perché si sono dimostrati essere luoghi impreparati e anche un po’ abbandonati davanti alle necessità vere, serie, come lo è stata l’emergenza COVID-19.
Persone fragili, compromesse, in posti altrettanto fragili da un punto di vista sanitario-organizzativo. Questo giudizio non vale per tutti i luoghi, certo, ma per la stragrande maggioranza i essi, sì, dal momento che è proprio la strutturazione delle residenze per anziani a renderle implicitamente fragili e sottoposte al rischio.
Una cosa certa che il COVID-19 ha dimostrato al mondo intero, è che le case protette per anziani non sono affatto posti sicuri
Nella mala gestione dell’emergenza COVID ci sono certamente della responsabilità, di cui gli organi competenti, così come le strutture private dovranno rispondere. È però indubbio — e lo sapevamo tutti — che la maggior parte di tali strutture non sarebbero mai state in grado di riuscire a far fronte ad un simile tsunami, e questo perché il terzo settore è spesso lasciato scoperto di ogni protezione, formazione, prevenzione.
In particolare, l’idea utilitarista attraverso la quale si guarda agli anziani, spesso visti come l’ultima ruota del carro solo perché si giudica la vita non come un bene indisponibile, ma come un bene da pesare in base alle prospettive e all’utilità che essa può dare alla società, fa sì che di essi, tuttalpiù, ci si occupi solo quando ci si è già occupati di tutto il resto.
…L’idea utilitarista attraverso la quale si guarda agli anziani, spesso visti come l’ultima ruota del carro solo perché si giudica la vita non come un bene indisponibile, ma come un bene da pesare in base alle prospettive e all’utilità
Soffermiamoci a riflettere su un dato inconfutabile: mentre il 24 febbraio le Regioni più colpite dal virus accorrevano a chiudere asili, scuole e ogni genere di servizio educativo per bambini, qualcuno si è seriamente interessato di intervenire sulle RSA? A ben pensarci, seppur allora non ci fossero sufficienti dati e sufficienti conferme, i bambini sono stati quelli meno, o potremmo dire affatto colpiti dal virus.
Nemmeno qualcuno fra governanti e autorità sanitarie si è mai posto il problema sul come avrebbero fatto le famiglie, dal giorno dopo in poi e con un regime lavorativo ancora a pieno ritmo — le varie attività sarebbero state chiuse parecchio dopo il 24 febbraio — ad occuparsi dei bambini. Lo Stato, le Regioni, stavano sostanzialmente abbandonando le famiglie: i servizi per i quali il genitore contribuente ha sempre pagato le tasse, hanno chiuso i battenti scaricando il barile e senza procurare alternative a breve termine e, a ben vedere, nemmeno a lungo termine.
Il paragone forse vi parrà esagerato, ma se ci pensate il principio è lo stesso: perché nessuno ha pensato di trovare soluzioni per gli anziani residenti nelle case di riposo? Perché, fra le autorità dei più svariati campi, nessuno ha pensato di proporre, senza ovviamente obbligare, il rientro degli anziani presso il proprio domicilio per un tempo determinato e quantomeno circoscritto al picco epidemico?
Mentre il 24 febbraio le Regioni più colpite dal virus accorrevano a chiudere asili, scuole e ogni genere di servizio educativo per bambini, qualcuno si è seriamente interessato di intervenire sulle RSA?
Riflettete: mentre il governo Conte-bis, a colpi di CPDM impediva ogni tipo di libertà e soprattutto ogni tipo di assembramento, nessuno ha pensato di intervenire nei luoghi dove l’assembramento e la fragilità dei pazienti è da sempre all’ordine del giorno: le strutture per anziani.
Dai dati, infatti, avremmo poi potuto pian piano percepire che gran parte dell’ecatombe nazionale — ovviamente non tutta — e del contagio sarebbe passata da lì.
Una delle prime azioni è stata chiudere asili e scuole per impedire gli assembramenti, ma nessuno che sia intervenuto in un terreno molto più pericoloso come si è potuto poi osservare a disastro già avvenuto. Un paradosso che è costato tantissimo. È costato morte, dolore, disperazione, solitudine, afflizione dei tanti operatori sanitari mandati in trincea senza armi, chiamati a calarsi nella insolita veste di becchini quotidiani con tutto il trauma che questo comporta e comporterà sulla psiche e sulla professione alla quale si erano votati.
Mentre una sottospecie di lockdown improvvisato procedeva indiscriminatamente, attuato non si sa attraverso quali criteri, i contagi aumentavano comunque e il 44% di essi si registrava nelle RSA.
Mentre una sottospecie di lockdown improvvisato procedeva indiscriminatamente, attuato non si sa attraverso quali criteri, i contagi aumentavano comunque e il 44% di essi si registrava nelle RSA
Ovvio che non si sarebbe potuto pretendere uno svuotamento di tutte queste strutture per garantire il domicilio a ciascuno degli ospiti: molti pazienti residenti in esse hanno bisogno di un sostegno e di una supervisione medico-infermieristica H24, e le attitudini delle stesse famiglie non potrebbero mai essere corrisposte a questo genere di necessità.
Parimenti, però, si sarebbe potuto investire almeno un pensiero su tutti quegli anziani autosufficienti o parzialmente autosufficienti che ivi risiedono, magari proponendo un protocollo che in un certo qual modo spostasse i servizi prestati in struttura presso il domicilio, con tutte le dovute precauzioni e con l’utilizzo di tutti i dispostivi di protezione individuale necessari.
Con il senno di poi ogni cosa è più semplice da analizzare a da proporre, ma come più volte abbiamo scritto sulle colonne di Renovatio 21, il terremoto che ha travolto le RSA era già scritto da inizio epidemia. La verità è che nessuno, come già detto, si è interessato a far sì che tutto ciò fosse evitato.
Mentre piangiamo morti e feriti, quella fetta di popolazione che ha resistito alla fame, alla guerra e alla persecuzione per morire oggi sola, lontana dai propri affetti e chiusa dentro ad un tunnel senza uscita, sarebbe bene iniziare a riflettere e a trovare spunti per proporre una riforma del terzo settore, in particolare per quella parte rivolta agli anziani.
Pochi giorni fa l’OMS annunciava come se nulla fosse che «arriveranno altre pandemie» — evidentemente avranno contatti diretti con i laboratori che i virus, i batteri e i vaccini di tanto in tanto li creano su misura —, prefigurando uno stato di emergenza ad abundantiam, già proposto dalla Protezione Civile durante le ultime comunicazioni pubbliche. Qualora questo dovesse rivelarsi vero, pur facendo poco affidamento sulle già abbastanza fallaci previsioni OMS, il problema tornerebbe a porsi in maniera probabilmente irreversibile e ancor più grave: se questa volta è andata male, non è escluso che la prossima volta possa andare anche molto, molto peggio.
La cancellazione del modello famigliare di tipo patriarcale, ha aumentato un marcato senso di «autonomia» aumentando parallelamente l’isolamento delle persone. I figli si parcheggiano all’asilo, i vecchi all’ospizio e così si ha il tempo per fare jogging
Ecco perché occorre ripensare l’assetto sanitario-assistenziale rivolto alle persone anziane, per garantire loro una protezione sia dal punto di vista della salute, che dal punto di vista psico-affettivo. Non ci si può più permettere di rinchiudere le persone all’interno di una struttura senza sapere se rivedranno mai i loro cari, senza sapere se rivedranno quella luce all’interno di quel tunnel che in molti casi, nonostante tutte queste chiusure, si è rivelato comunque essere un tunnel senza uscita.
La cancellazione del modello famigliare di tipo patriarcale, di cui nessuno vorrebbe più sentir parlare nonostante sia quello che ha forgiato i nostri nonni e le nostre belle terre, ha aumentato un marcato senso di “autonomia” aumentando parallelamente l’isolamento delle persone. I figli si parcheggiano all’asilo, i vecchi all’ospizio e così si ha il tempo per fare jogging.
Questa è la mentalità che abbiamo costruito ma che ora abbiamo la possibilità di decostruire.
Difficile pensare che il COVID abbia cambiato radicalmente il modo di pensare: l’uomo moderno, anestetizzato da qualsiasi genere di miraggio effimero e fugace, fa presto a rigettarsi nel proprio habitat. Però forse la sensibilità di qualcuno è stata toccata, perché la morte e il dolore lasciano sempre e comunque un segno in grado di far maturare profonde riflessioni, financo bioetiche.
I traumi che gli anziani subiscono lasciando la propria famiglia, la propria casa e i propri spazi sono incalcolabili. Lo stesso vale per i loro parenti, spesso costretti a tali scelte perché lasciati senza un valido sostegno.
I traumi che gli anziani subiscono lasciando la propria famiglia, la propria casa e i propri spazi sono incalcolabili
Le circostanze createsi con l’emergenza COVID possono spingere verso una nuova sinergia fra assistenza socio-sanitaria e famiglia, la quale non deve più sentirsi lasciata sola nella gestione di un malato. Lo Stato, proprio per evitare tutti quei rischi che comporta l’assembramento, dovrebbe rivedere il modello di sostegno a quelle famiglie costrette a lasciare un proprio caro in una casa di cura. Dovrebbe farsi carico, il Sistema Sanitario Nazionale insieme alla politica, di questa assoluta ed urgente necessità.
La famiglia deve essere accompagnata per potersi riappropriare di quel senso di appartenenza che vede negli anziani le radici inossidabili delle generazioni passate e future.
Se svuotiamo la mente dai preconcetti che le circostanze e la cultura dominante ci hanno inculcato, potremo facilmente intuire che in fondo non è affatto etico che una persona, dopo una vita di gioie, dolori, sacrifici, rinunce e soddisfazioni finisca in una casa di riposo insieme ad altre persone con le quali non ha mai spartito nulla.
La famiglia deve essere accompagnata per potersi riappropriare di quel senso di appartenenza che vede negli anziani le radici inossidabili delle generazioni passate e future
Rinforzare il servizio domiciliare, spostare le professioni sanitarie presso il domicilio potrebbe senz’altro essere una soluzione, per quanto difficile e tutta da costruire, non solo per evitare quanto è successo in piena epidemia, ma anche per restituire dignità, affetto e calore alle persone più fragili.
Pensiamoci: quanti morti avremmo evitato, quanto dolore in meno se tanti servizi residenziali avessero spostato le proprie risorse e la propria professionalità verso i domicili dei pazienti residenti nelle strutture per un periodo adatto almeno a far rientrare l’emergenza?
Da questa riflessione e da questo punto si potrebbe ripartire per interrogarci su come affrontare il futuro di queste realtà, per troppo tempo abbandonate a se stesse.
Cristiano Lugli
Epidemie
Quasi la metà dei decessi per COVID non è causata dal virus, secondo i ricercatori

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Un team di medici e ricercatori greci che ha studiato i decessi avvenuti in sette ospedali di Atene tra gennaio e agosto 2022 ha stabilito che il virus è stato direttamente responsabile solo di un quarto dei decessi.
Secondo uno studio sottoposto a revisione paritaria pubblicato lunedì su Scientific Reports, gli ospedali di Atene, in Grecia, hanno attribuito erroneamente centinaia di decessi al COVID-19.
Un team di 19 medici e ricercatori greci che ha studiato 530 decessi avvenuti in sette ospedali di Atene tra gennaio e agosto 2022, ha scoperto che quasi la metà dei decessi attribuiti al COVID-19 non erano correlati al virus.
I ricercatori hanno stabilito che il virus era direttamente responsabile solo di un quarto dei decessi (133, ovvero il 25,1%).
In altri 157 casi (29,6%), il COVID-19 «ha contribuito alla catena di eventi che ha portato alla morte» – per un totale di 290 decessi «a causa» del COVID-19.
Altri 240 decessi (45,3%) si sono verificati tra persone «con» COVID-19, ma i decessi non potevano essere attribuiti direttamente al virus.
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Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso Children’s Health Defense, ha evidenziato un altro risultato chiave dello studio non menzionato nel testo, ma riportato in una tabella allegata.
Secondo Jablonowski, tra i 288 decessi di persone di cui era noto lo stato vaccinale e che sono morte «a causa» del COVID-19, più della metà (il 53,8%, ovvero 155) era stata vaccinata, completamente o con richiamo della dose.
«Tra i vaccinati deceduti “a causa” del COVID-19, il 65,8% (102 su 155) ha ricevuto il richiamo della dose», ha affermato.
Lo studio ha inoltre identificato:
- Le inesattezze nei certificati di morte dei pazienti hanno contribuito a un conteggio eccessivo dei decessi dovuti al COVID-19.
- Classificazione errata delle infezioni nosocomiali, in particolare tra i pazienti più giovani.
- Differenze significative nel trattamento tra i pazienti deceduti «a causa» o «con» COVID-19.
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Il dottor David Bell, medico esperto in sanità pubblica e consulente in biotecnologie, ha affermato che lo studio rafforza quanto già noto dall’inizio del 2020 e dimostrato in altri studi.
«Il fatto che sia stato pubblicato da una rivista Nature è significativo, il che indica un ritorno da parte di questa azienda a dare più valore alla verità rispetto alle esigenze strettamente commerciali», ha affermato Bell.
Springer Nature, l’editore di Scientific Reports, è il più grande editore accademico al mondo.
«Il fatto che i dati ufficiali sui tassi di mortalità siano così gonfiati, a un livello così avanzato della pandemia, suggerisce fortemente che la sovrastima fosse intenzionale», ha affermato il medico di medicina interna, il dottor Clayton J. Baker.
Altri risultati chiave dello studio includono:
- I pazienti deceduti «a causa» del COVID-19 erano in media più giovani e avevano maggiori probabilità di essere immunodepressi e di soffrire di patologie gravi, come malattie epatiche in fase terminale o tumori maligni di organi solidi.
- I pazienti deceduti «a causa» del COVID-19 avevano maggiori probabilità di essere anziani, di essere stati ricoverati in un reparto di malattie infettive, di presentare sintomi «compatibili con il COVID-19» come ipossia e mancanza di respiro e di aver ricevuto supporto di ossigeno o «trattamento specifico per il COVID-19», inclusa la somministrazione di remdesivir.
- Dei 204 certificati di morte che indicavano il COVID-19 come causa diretta del decesso dei pazienti, ciò è stato confermato solo in 132 casi (64,7%) a seguito di revisione clinica.
- Dei 324 certificati di morte che indicavano il COVID-19 come fattore che ha contribuito al decesso dei pazienti, ciò è stato confermato solo in 86 casi (26,5%) dopo la revisione clinica.
- I pazienti che hanno contratto il COVID-19 durante il ricovero ospedaliero avevano una probabilità del 130% (odds ratio di 2,3) maggiore di essere classificati erroneamente come morti «a causa» del COVID-19.
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«È ragionevole concludere» che il numero dei decessi dovuti al COVID sia stato «gonfiato artificialmente»
I ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche, i dati clinici e di laboratorio e hanno condotto interviste con il medico che si è preso cura dei soggetti dello studio prima che morissero.
L’epidemiologo Nicolas Hulscher ha affermato di ritenere che lo studio sia metodologicamente valido.
«A differenza della maggior parte degli studi che si basano sulla codifica amministrativa, questa indagine ha condotto un audit clinico completo, combinando revisioni complete delle cartelle cliniche, interviste dirette con i medici curanti e una valutazione indipendente da parte di revisori esperti», ha affermato Hulscher.
I ricercatori hanno affermato di aver scelto di studiare i decessi avvenuti durante l’«ondata di Omicron» perché «la maggiore infettività e la minore morbilità della nuova variante, associate a minori rischi di ospedalizzazione e morte correlati al COVID-19», rendevano plausibile che i decessi «da» COVID-19 sarebbero stati sovrastimati.
Gli autori hanno anche osservato che, in Grecia, qualsiasi decesso verificatosi in un paziente risultato positivo al COVID-19 al momento del decesso veniva ufficialmente classificato come decesso associato al COVID-19.
Hulscher ha affermato che questa è una pratica comune in molti Paesi.
«Dato che simili pratiche di codifica dei decessi sono state impiegate in tutti i paesi occidentali, è ragionevole concludere che i conteggi dei decessi dovuti al COVID-19 siano stati artificialmente gonfiati in misura analoga altrove», ha affermato Hulscher.
Bell attribuì questa pratica agli incentivi finanziari e di altro tipo che i governi fornivano agli ospedali.
«C’era il desiderio finanziario di fare molti soldi con i vaccini a mRNA sviluppati rapidamente e di creare un precedente per questo in futuro», ha detto Bell. «Dato che le infezioni da SARS-CoV-2 erano generalmente piuttosto lievi, era necessario spaventare le persone, facendole credere che il COVID-19 fosse molto più grave e molto più diffuso di quanto non fosse in realtà».
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Jablonowski ha affermato che i risultati dello studio dimostrano che le decisioni in materia di sanità pubblica durante la pandemia di COVID-19 sono state guidate dalla paura anziché da criteri scientifici o medici.
«In quel periodo sui media tradizionali gravava una nebbia… Quella nebbia tendeva invariabilmente alla paura, portando a favorire decisioni basate sulla paura rispetto a decisioni razionali».
Secondo Jablonowski, questa paura ha causato una serie di danni alla società nel suo complesso.
«Indipendentemente da quale fosse l’intenzione dietro l’esagerazione dei decessi per COVID-19, le conseguenze ci hanno portato sulla strada sbagliata… Ci siamo isolati con porte chiuse e mascherine. Abbiamo somministrato farmaci e vaccini sperimentali. I nostri ospedali sono diventati luoghi pericolosi», ha detto Jablonowski.
Michael Nevradakis
Ph.D.
© 22 aprile 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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Epidemie
Il nuovo sito della Casa Bianca dichiara che il COVID è fuggito dal laboratorio di Wuhano

- Il virus SARS-CoV-2 presenta caratteristiche biologiche non presenti in natura.
- Tutti i casi di COVID-19 derivano da una singola introduzione del virus nell’uomo.
- Il laboratorio di Wuhan, in Cina, dove il virus è comparso per la prima volta, ha una storia di ricerche sull’acquisizione di funzione con protocolli di sicurezza inadeguati.
- I ricercatori del laboratorio di Wuhan presentavano i sintomi del COVID-19 mesi prima che la malattia venisse scoperta.
- Se ci fossero prove di un’origine naturale, «sarebbero già emerse. Ma non è successo».
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Il sito critica la risposta del governo in materia di mascherine, lockdown e distanziamento sociale
Pur concludendo che «un incidente di laboratorio che coinvolga la ricerca sul guadagno di funzione è l’origine più probabile del COVID-19», il sito web definisce anche gli attuali meccanismi governativi per la supervisione della ricerca sul guadagno di funzione «incompleti, estremamente contorti» e privi di «applicabilità globale». Il sito critica le azioni dell’OMS durante la pandemia e critica l’ex governatore di New York Andrew Cuomo per aver inviato pazienti affetti da COVID-19 in case di cura, dove molti di loro sono poi deceduti. Critica inoltre le contromisure adottate dal governo per contrastare il COVID-19, tra cui il distanziamento sociale, l’obbligo di indossare la mascherina e i lockdown. Il presidente Donald Trump è raffigurato in primo piano sul sito web, apparentemente avallandone i contenuti. Il sito non affronta il ruolo di Trump nella dichiarazione e nell’estensione dei lockdown nazionali nel 2020. I media tradizionali, incluso il Times, hanno ampiamente denigrato il sito. Tuttavia, le loro critiche si sono concentrate sullo stile del sito e sul fatto che l’amministrazione Trump avesse riadattato un sito web di informazione generale sul COVID-19. I media tradizionali come Reuters e Associated Press hanno giustamente sottolineato che le origini del COVID-19 non sono state ancora definitivamente determinate. Tuttavia, non sembrano più sostenere la teoria delle origini naturali. Brenda Baletti Ph.D. © 16 aprile 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Epidemie
I militari USA potrebbero aver contratto il COVID nell’ottobre 2019 durante i Giochi militari di Wuhan

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’amministrazione Biden e il Dipartimento della Difesa hanno nascosto un rapporto del 2022 in cui si affermava che sette militari statunitensi avrebbero potuto aver contratto il COVID-19 a Wuhan, in Cina, nell’ottobre 2019, nonostante l’amministrazione fosse legalmente obbligata a divulgare il rapporto al pubblico, ha riferito martedì il Washington Free Beacon.
Sette militari statunitensi potrebbero aver contratto il COVID-19 durante i Giochi mondiali militari di Wuhan, in Cina, nell’ottobre 2019, ma l’amministrazione Biden e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DOD) hanno nascosto un rapporto con tali informazioni, nonostante fossero legalmente obbligati a divulgarlo al pubblico, ha riferito martedì il Washington Free Beacon.
L’articolo di tre pagine, datato dicembre 2022, afferma che i sette militari «hanno manifestato segni e/o sintomi simili al COVID-19» durante o dopo le esercitazioni militari.
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Le malattie si sono manifestate mesi prima che la Cina o l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconoscessero l’esistenza dell’epidemia.
Il rapporto, redatto dall’Ufficio del Sottosegretario alla Difesa per il Personale e la Prontezza, è stato presentato alle Commissioni sulle Forze Armate del Senato e della Camera dei Rappresentanti.
Ciò contraddice le affermazioni pubbliche dell’amministrazione Biden del 2021, secondo cui «non c’erano prove che alcun partecipante americano avesse contratto il virus durante quei giochi», ha riportato il Free Beacon.
Secondo il Free Beacon, il rapporto «si aggiunge a una crescente mole di prove» a sostegno della «teoria della fuga di notizie in laboratorio» sulle origini del COVID-19 e sul fatto che il virus sia emerso dall’Istituto di virologia di Wuhan.
La CIA, l’FBI, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, il Congresso degli Stati Uniti e altre agenzie di intelligence hanno avallato questa teoria.
Richard Ebright, Ph.D., biologo molecolare della Rutgers University, ha affermato:
«Queste nuove informazioni forniscono ulteriori prove del fatto che il COVID circolava già a Wuhan nell’ottobre 2019 e rafforzano i dati di intelligence degli Stati Uniti e degli alleati che indicano che il COVID circolava a Wuhan nell’ottobre-novembre 2019, i dati di intelligence degli Stati Uniti e degli alleati che indicano che i ricercatori che lavoravano con virus SARS [sindrome respiratoria acuta grave] geneticamente modificati presso l’Istituto di virologia di Wuhan hanno contratto il COVID nell’ottobre-novembre 2019 e i dati filogenomici che indicano che il virus che causa il COVID è entrato negli esseri umani nell’luglio-novembre 2019».
In un post su X all’inizio di questa settimana, Mike Benz, ex funzionario del Dipartimento di Stato americano e direttore esecutivo della Foundation for Freedom Online, ha osservato che i Giochi mondiali militari di Wuhan sono iniziati lo stesso giorno in cui si è svolto l’Event 201, un’esercitazione da tavolo che simulava l’ epidemia globale di un coronavirus.
This is absolutely insane. The Event 201 tabletop exercise playing out a bat-borne Coronavirus being released in China was held THE EXACT SAME DAY as the start of the Wuhan World Military Games: October 18, 2019. https://t.co/r5yXwGb05R pic.twitter.com/pXKichr0p6
— Mike Benz (@MikeBenzCyber) April 8, 2025
La notizia dell’esistenza del rapporto è emersa la stessa settimana in cui US Right to Know ha reso pubblici documenti che dimostravano che, nel 2020, un’analisi della Defense Intelligence Agency aveva concluso che il Wuhan Institute of Virology avrebbe potuto sviluppare «un virus progettato in laboratorio» e che questo probabilmente «era sfuggito al contenimento».
Le malattie dei militari sono «un segreto gelosamente custodito»
Secondo The American Prospect, il contingente statunitense di atleti si è recato ai Giochi mondiali militari attraverso l’aeroporto internazionale di Seattle-Tacoma e Washington è stato uno dei primi «focolai» di COVID-19 negli Stati Uniti.
Un rapporto del 2021 della commissione Esteri repubblicana della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sulle origini del COVID-19, e un articolo del Daily Mail del giugno 2021, hanno inoltre suggerito che atleti di diversi Paesi hanno manifestato sintomi simili al COVID-19 durante e dopo i Giochi mondiali militari e che Wuhan era una «città fantasma» durante quel periodo, con i residenti invitati a rimanere a casa per un motivo non specificato.
Secondo il rapporto, i militari statunitensi che si sono ammalati sono guariti dai sintomi «entro 6 giorni», aggiungendo che non sono stati sottoposti al test per il COVID-19.
Ebright ha affermato che una fuga di dati dal laboratorio si è verificata «molto probabilmente» a Wuhan nell’agosto o nel settembre 2019.
Jeffrey Tucker, presidente e fondatore del Brownstone Institute, ha affermato di «aver intuito da tempo» che il COVID-19 si stava già diffondendo in Nord America dalla fine del 2019. «Questo nuovo rapporto sembra confermarlo».
«Quello che ancora non sappiamo è quando esattamente le autorità militari siano venute a conoscenza della fuga di notizie dal laboratorio e della diffusione di un nuovo virus», ha detto Tucker. «Questo rapporto è istruttivo, ma tutt’altro che completo».
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Tucker ha affermato che, durante le comunicazioni che aveva avuto con i partecipanti ai giochi di Wuhan, aveva appreso che durante l’evento si stava diffondendo una malattia insolita.
«Dalla fine del 2020, ho parlato al telefono con persone che si trovavano a Wuhan durante le Olimpiadi e che si sono ammalate di qualcosa che percepivano come estremamente strano», ha detto Tucker. «Sono stati anche messi a tacere dai loro superiori, cosa che hanno trovato altrettanto strana. Perché ammalarsi dovrebbe essere un problema di sicurezza nazionale?»
Tuttavia, secondo il rapporto del dicembre 2022, gli Stati Uniti non hanno informato gli altri Paesi di una possibile fuga di notizie dai laboratori o della diffusione del virus a Wuhan. «Il Dipartimento della Difesa non ha avviato alcuna discussione con eserciti alleati o partner in merito a malattie associate alla partecipazione ai Giochi Mondiali Militari del 2019», si legge nel rapporto.
Il rapporto mostra anche che il Dipartimento della Difesa non ha indagato sulle malattie. «Il dipartimento della Difesa non ha condotto né avviato un’indagine sui collegamenti tra l’epidemia di COVID-19 e i Giochi Mondiali Militari del 2019».
Al contrario, secondo il Free Beacon, le malattie «sembrano essere state un segreto gelosamente custodito”.
Ai sensi del National Defense Authorization Act del 2022, l’amministrazione Biden era tenuta a rendere il rapporto disponibile online entro l’estate del 2022. Tuttavia, sebbene il rapporto fosse stato condiviso con le commissioni per i servizi armati della Camera e del Senato degli Stati Uniti alla fine di quell’anno, è stato tenuto nascosto al pubblico fino alla fine di marzo 2025, quando l’amministrazione Trump lo ha caricato in una sezione poco nota del sito web del Dipartimento della Difesa.
Ebright ha definito «uno scandalo» il fatto che l’amministrazione Biden e il Congresso non abbiano reso pubblico il rapporto, nonostante il rapporto repubblicano della Camera dei Rappresentanti del 2021 affermasse che i Giochi mondiali militari del 2019 erano «potenzialmente uno dei primi eventi “super diffusori”».
«I contribuenti meritano di sapere la verità sulle origini del COVID-19, ma l’amministrazione Biden ha nascosto questa informazione al popolo americano per anni», ha detto la senatrice repubblicana Joni Ernst a Free Beacon.
Ernst ha affermato che il rapporto rafforza le prove contro la teoria zoonotica sulle origini del COVID-19, secondo cui il virus sarebbe passato dagli animali all’uomo.
«Questo rapporto avrebbe dovuto essere reso pubblico immediatamente e non limitato ai soli addetti ai lavori di Washington», ha affermato Ernst. «Se gli americani in visita a Wuhan fossero potenzialmente infettati dal virus COVID-19 nell’ottobre 2019, chi afferma che la pandemia sia iniziata in un mercato umido solo due mesi dopo sarebbe completamente fuori strada».
Nicholas Wade, ex redattore scientifico del New York Times, ha affermato che le malattie dei militari sono «sicuramente di interesse, data la probabile fuga di un virus geneticamente modificato dal Wuhan Institute of Virology proprio in questo periodo».
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Ma ha affermato che il rapporto non dimostra in modo definitivo un’epidemia precoce di COVID-19.
Wade ha detto:
«Le persone infette non sono state sottoposte al test per il COVID-19, poiché all’epoca non esisteva alcun test disponibile, ma sono tutte guarite rapidamente e non sembra che si siano verificate infezioni secondarie note».
«Non c’è stata alcuna differenza nei sintomi simil-COVID-19 tra le basi che hanno inviato persone ai giochi e quelle che non lo hanno fatto. Pertanto, sembra improbabile, sulla base delle prove attuali, che queste infezioni abbiano rappresentato un focolaio precoce dell’epidemia di COVID-19».
Michael Nevradakis
Ph.D.
© 10 aprile 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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