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Geopolitica

L’obiettivo di Putin siete voi. Se non lo avete ancora capito

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Il clima attorno all’Ucraina è sempre più incredibile.

 

Si sono sentite storie eccezionali. Putin che si sarebbe visto al meeting in Uzbekistan con Xi Jinping con la testa bassa. Putin. Con la testa bassa. OK.

 

Insomma la Russia starebbe perdendo, le erinni neocon parlano già dell’insensatezza di trattare con Putin, perché sarà a breve defenestrato, e nemmeno bisogna parlare con gli altri, perché un delfino non c’è: insomma la Russia è una male incurabile, per cui immagino vogliano consigliare sussurrando a chi di dovere di procedere con un’amputazione del bicontinente.

 

Ora, chiariamo subito quello che sappiamo tutti: la NATO gioca a dama, Putin gioca a scacchi – in 4D.

 

Quindi, non ci è chiaro come sia possibile giudicare la ritirata, peraltro piuttosto incruente, della Rosgvardija (corpo militare separato dalle Forze Armate della Federazione) da Izyum come la prova del crollo di Mosca.

 

La dottrina militare russa ha un ricco catalogo di finte e diversivi. La Maskirovka, la pokasuka… Se avete visto Caccia a Ottobre Rosso potete capire che una manovra come quella detta «Ivan il matto» (in cui il sommergibile si blocca e, in caso sia seguito, si lascia speronare dal nemico) è perfettamente su questa linea.

 

Quindi: è possibile che si tratti di una sceneggiata? Una trappola per finire l’Ucraina tutta? Ovviamente, non lo sappiamo, ma immaginiamo: truppe ucraine che si riversano a Sud per lo sfondamento, poi ecco che di colpo tornano da Nord i 65 chilometri di carrarmati russi che scendono su Kiev (li ricordate? Qualcuno sa spiegare, per caso, perché sono spariti), mentre missili (Kalibr, o gli ipersonici Kinzhal) attaccano le città più a Ovest (Vinnytsya, Leopoli) come già hanno fatto in queste settimane, dal lato della Transnistria e da quello di Kherson i russi entrano ad Odessa (dove magari attende una quinta colonna russofona più nutrita che altrove). Il grosso delle forze ucraine, disorientate, si trova nel sacco. Scacco matto.

 

Le mie sono ipotesi completamente prive di valore. Servono solo a significare che la piccola, fastidiosa perdita di questa settimana potrebbe essere una fase calcolata di una partita più grande, giocata da menti strategiche che certo giornalisti e politici occidentali non possono comprendere.

 

Ho ripetuto in questi mesi che nessuno sembra ricordare come i russi saino quelli che, per non far inoltrare l’invasore, nella storia han dato fuoco a campagne e città – in modo, se mai fosse possibile dirlo, proficuo, perché quelle guerre le hanno infine vinte.

 

È così che interpreto il bombardamento della diga di Krivoj Rog. Le immagini, per quanto ancora incruente, sono agghiaccianti: hanno davvero allagato il paese. Si tratta, decisamente, di un cambio di fase.

 

 

Avevamo detto: questa è una guerra antica, westphaliana, non vi siamo più abituati, non bombardano a tappetto, non scannano i civili, come siamo usi a veder fare agli americani, cercheranno di conservare, popolazione, infrastrutture e perfino esercito ucraini intatti. Ecco, non è più così: colpire le centrali elettriche, pe causare il blackout, significa iniziare a muovere verso la considerazione della popolazione come obbiettivo – anche se quella linea non è stata passata e non è detto che lo sarà, ma esercito e infrastrutture sono ora sotto tiro.

 

Temiamo tutti quello che potremo vedere: i russi hanno dimostrato di sapere fare la guerra da gentiluomini, ma la storia insegna quali guerrieri ferali possano essere.

 

Vedremo Grozny di fine anni Novanta? I palazzi scassati sotto il cielo grigio, i fuochi per strada per riscaldarsi? È possibile, di fatto in Ucraina stanno per rimandare i ceceni con altro programma, Kadyrov non fa che dirlo. Non dimentichiamo che fu proprio la fine della guerra in Cecenia il motivo per cui Putin è divenuto Putin, il suo primo lavoro, realizzato alla perfezione, da primo ministro della Federazione Russa nel 1999 – lo pretese provvidenzialmente Eltsin, che, pure nello stupore dell’alcolismo terminale, aveva visto giusto.

 

I ceceni – che non sono gli ucraini, sono, come dire, leggermente più complessi da sedare – sono stati domati, e anzi adesso fanno le adunate allo stadio o in piazza in decine di migliaia a urlare «Allah Akbar, viva il presidente Putin».

 

E quindi, il cambio di fase della guerra – che, dicono alcuni, potrebbe essere pure dichiarata, stavolta, lontano dall’etichetta di «operazione militare speciale» – ci farà vedere cose belluine?

 

Non è detto, non sappiamo, ma forse – ci tocca dire – non è nemmeno importante.

 

Diciamo questo perché crediamo che la partita di scacchi 4D di Putin non abbia gli ucraini come obiettivo finale. C’è molto di più: questa guerra stabilirà gli equilibri futuri del pianeta. Putin è entrato in un chicken game con l’Occidente: come in Gioventù bruciata, vince chi non molla il volante mentre l’altra macchina ti viene addosso.

 

Quindi l’obiettivo, come in ogni guerra secondo Von Clausewitz, è piegare la volontà dell’avversario, cioè noi. Noi occidentali, noi europei, noi italiani.

 

Leve per farlo ne ha: non è una guerra cinetica (come quella contro le forze ucraine), ma è una guerra economica. Una guerra economica che, in realtà, grazie a Draghi e la Von der Leyen, è stata già agita contro la Russia.

 

Nel chicken game dei gasdotti, la scommessa è quanto le società europee possano tirare avanti senza idrocarburi. Può reggere la Germania senza gas? Può farlo l’Italia? I Paesi UE sono abbastanza coesi, fra di essi e dentro di essi, da sopportare un inverno con ondate di morti di freddo? L’Europa così come la conosciamo può sopravvivere a disoccupazione totale, a fragorose rivolte, perfino al ritorno della fame?

 

Potrebbe non essere in grado. Le grandi democrazie del vecchio continente potrebbero sfilacciarsi sotto il peso delle pompose menzogne che le costituiscono. Chiunque prenderà potere negli Stati in cui la popolazione, alle urne o con le forche, caccerà la sua élite si troverà a resettare la diplomazia precedente e a tornare ai rapporti amichevoli con la Russia, che significano accordi su gas, petrolio, carbone, fertilizzanti, grano, palladio, neon e financo ingegneria atomica. Più tutte le esportazioni,  quelle che in Italia le sanzioni hanno disintegrato per miliardi e miliardi all’anno.

 

Basterebbe un primo Paese, che non sia l’Ungheria, a dire che il re è nudo. Cioè, che è meglio la Pace con Mosca che le sanzioni, la guerra, la follia russofobica che ci ha potenzialmente spinto nella Finestra di Overton termonucleare.

 

Esce un Paese, ne esce un altro. Bum.

 

A quel punto, tutti i sistemi che ci hanno portato fin qui potrebbero essere messi in discussione: l’Unione Europea, la NATO…

 

Già la NATO. Comprendiamo che se la manovra di Putin riesce, la NATO potrebbe sfaldarsi. Cioè, la più grande armata militare della storia umana, potrebbe sparire dalla lista dei nemici del Cremlino. Non una cosa da poco.

 

E in effetti, c’è anche questa questione che non è stata presa sul serio, quella strettamente militare.

 

Qualche giorno fa il socialista catalano Josep Borrell, eurocrate dedito a prospettive guerrafondaie da togliere il fiato, ha annunciato che le riserve di armi europee sono ai minimi.

 

Non ho davvero capito come sia possibile che una notizia del genere sia passata in sordina: siamo senza armi. Siamo indifesi. Ciò vuol dire che, se la Russia decidesse improvvisamente di invaderci, non avremo strumenti a sufficienza per difenderci. Ciò è particolarmente vero per le scorte di vari Paesi: la Cechia, per esempio, perfino negli USA rimbalzano chat di soldati allucinati dal fatto che hanno dato a Kiev i fucili di precisione, lasciandoli privi delle armi per cui si sono addestrati.

 

I magazzini militari, elementi strategici della difesa di ogni Paese, si sono svuotati.

 

Com’è stato possibile? Semplice, abbiamo continuato a mandare armi a Kiev, che se le rivendeva (forse al 70%) o che se le faceva catturare in battaglia. Come un pozzo senza fondo: videoconferenze di Zelens’kj nei Parlamenti, alla mostra del cinema, ai premi TV, alla Sagra del Broccolo Fiolaro: dateci armi, dateci armi, non ci interessa la vostra inflazione, dateci armi, non ci interessa quello che pensate del Battaglione Azov, dateci armi, dateci armi, tante, tantissime, subito. Magari anche nucleari, se ve ne crescono un paio…

 

Qualche militare italiano, sappiamo, si era opposto – forse la strana multa dei vigili fatta in autostrada ai trasportatori di carrarmati (in Campania!) va letta così? – ma per il resto, abbiamo consegnato agli ucraini tanta, tanta roba.

 

Da un punto di vista militare, si tratta di un vantaggio immane di Mosca. L’avversario, ha già esaurito le risorse. L’avversario è più disarmato rispetto a pochi mesi fa.

 

Si tratta di una mossa sublime, fatta senza sparare un colpo, nel segno di Sun Tzu, che del resto veniva fatto leggere a tutti gli agenti KGB come Putin. Il nemico perde le sue forze senza combattere…

 

Ora lo vediamo: tutto questo, l’esaurimento delle armi, delle risorse, della psiche degli europei non sarebbe possibile se la guerra ucraina fosse durata poco.

 

Più dura il conflitto attorno al Donbass, è più l’esaustione dell’Europa avanza, e con essa gli obiettivi altissimi di Mosca – riottenere il rispetto e l’economia dell’Occidente, smilitarizzarando, più che gli ucronazisti, l’intero arco dei loro padroni atlantici.

 

Un giornalista piuttosto antirusso che scrive su un quotidiano nazionale, coinvolto in quella strana storia di accuse ai dottori russi venuti in Lombardia per il COVID, settimane fa aveva twittato un messaggio di scherno a Putin quando questi aveva detto che tutto andava secondo i piani: macché, diceva il saggio reporter italiano, niente va come vuole Putin perché la guerra doveva durare 4 o 5 giorni.

 

Di grazia, il gazzettiere dove aveva preso questa informazione? Gliela aveva passata direttamente la Zakharova o il generale Konashenkov (entrambi entrati poi nella polemica russo-lombarda…)?

 

Ovviamente, il tizio non aveva idea di quel che stava dicendo: perché una guerra lampo avrebbe forse risolto il conflitto in Ucraina, ma non quello con l’Occidente. Per quello serve tempo, astuzia, serve far durare lo scontro, e far correre come criceti, a distanza di migliaia di chilometri, i nemici.

 

La guerra, per far effetto sugli europei, deve durare.

 

Per tutti questi motivi mi è chiarissimo: dicono che sia una guerra cinetica per procura americana contro la Russia, combattuta tramite l’Ucraina.

 

È giusto anche pensare che si tratta di una guerra non cinetica combattuta per cambiare l’Europa e l’assetto militare mondiale, sempre tramite l’Ucraina, ma indirettamente, nell’iperuranio della strategia metastorica, nei piani degli scacchi 4D.

 

E allora: il vero obiettivo di Putin siamo noi. È inutile nasconderselo a questo punto.

 

Inutile anche nascondersi che il nostro problema sono i nostri connazionali – in particolare i politici, le élite – che non lo possono capire, e che quindi stanno per portarci nell’abisso.

 

Attendiamo. A breve altre pedine verranno mangiate. Forse ci vorrà un po’. I russi sanno aspettare, sanno sacrificarsi.

 

L’Occidente, no.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine modificata.

 

 

 

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Attacco di droni ucraini respinto in Crimea: «erano puntati su obbiettivi civili»

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Diversi droni ucraini sono stati abbattuti dalle difese aeree nella città di Dzhankoy in Crimea nella giornata di ieri. Lo riporta il sito governativo russo RT che riporta come fonte funzionari locali.

 

I detriti dei droni distrutti hanno danneggiato una casa e un negozio nella zona, ha scritto lunedì su Telegram il leader della Repubblica di Crimea, Sergey Aksjonov, secondo cui una persona sarebbe rimasta ferita nell’incidente: si tratterebbe di un 33enne che sarebbe stato ferito da schegge. Portato in ospedale, la sua vita non sarebbe in pericolo, secondo quanto detto dal capo dell’amministrazione Dzhankoj, Igor Ivin.

 

«Tutti i droni erano puntati su obiettivi civili… Non ci sono strutture militari nelle vicinanze», ha scritto martedì su Telegram l’assistente di Aksjonov, Oleg Krjuchkov.

 

Uno degli UAV è stato distrutto sopra un istituto tecnico, schiantandosi al suolo tra un edificio accademico e un dormitorio. «Gli altri sono stati abbattuti su aree residenziali», ha detto, senza specificare quanti droni volassero. «Oltre agli esplosivi, ognuno di essi conteneva schegge», ha aggiunto Krjuchkov.

 

Kryuchkov ha condiviso le foto dei detriti dell’aereo abbattuto sul suo canale Telegram, che mostrava che i droni portavano adesivi del meme Internet noto come trollface. Ci vuole «un tipo speciale di cinismo», ha notato, per decorare in questo modo gli UAV che prendono di mira i civili.

 

L’attacco sventato è avvenuto pochi giorni dopo che la Crimea ha celebrato il nono anniversario della sua riunificazione con la Russia a seguito di un referendum del 2014, dove la stragrande maggioranza della popolazione locale ha votato per l’annessione con Mosca.

 

Il presidente della Federazione Russa due giorni fa è arrivato in Crimea con una visita a sorpresa.

 

La penisola, che era stata assegnata all’Ucraina da Krushev in una serata in cui, secondo i racconti, forse gli mancava la lucidità, è entrata ufficialmente a far parte della Russia il 18 marzo 2014, poco dopo il violento colpo di stato a Kiev conosciuto generalmente come Maidan.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, il vice segretario di Stato americano per gli affari politici Victoria Nuland ha affermato che la Crimea è un «obiettivo legittimo» per gli attacchi ucraini.

 

«La Russia ha trasformato la Crimea in una massiccia installazione militare», ha affermato il sottosegretario di Stato americano per gli affari politici dell’amministrazione Biden. «Questi sono obiettivi legittimi, l’Ucraina li sta colpendo e noi lo sosteniamo», ha continuato la Nuland nelle sue osservazioni del 16 febbraio al Carnegie Endowment for International Peace. La Duma, il Parlamento russo, l’anno passato aveva invitato la Nuland a Mosca per spiegare i laboratori biologici ucraini finanziati dagli USA, la cui esistenza è stata da lei stessa ammessa in un’audizione della Commissione Relazioni Estere del Senato USA.

 

La Nuland aveva altresì ammiccato alla distruzione del Nord Stream mesi prima che avvenisse.

 

 

In un’audizione recente, interrogata dal senatore texano Ted Cruz, la Nuland, regina dei necon, aveva ammesso la sua gioia per il fatto che il Nord Stream fosse stato distrutto.

 

Il mese scorso Donald Trump ha nominato la Nuland come uno dei motivi in cui siamo arrivati vicino alla Terza Guerra Mondiale.

 

Come ricorda RT, l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev, che ora ricopre il ruolo di vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Federazione Russa, ha avvertito a febbraio che qualsiasi attacco all’interno della Crimea sarebbe stato «accolto con inevitabili ritorsioni usando armi di qualsiasi tipo».

 

 

 

 

 

 

 

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Gli USA rifiutano l’armistizio ancora prima che venga offerto

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Il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale USA John Kirby è intervenuto  su Fox News per opporsi risolutamente alla prospettiva della pace tra Russia e Ucraina: Washington è fermamente contraria a un cessate il fuoco tra le parti.

 

Il Kirby ha bollato qualsiasi iniziativa di pace come «inaccettabile» nella situazione attuale, annunciando che qualsiasi iniziativa di pace scaturita dagli incontri Xi-Putin sarebbe stata respinta.

 

«Quello che abbiamo detto prima, e lo diremo di nuovo oggi, che se all’esito di questo incontro ci sarà una sorta di appello per un cessate il fuoco, beh, sarà semplicemente inaccettabile perché tutto ciò che farà… è ratificare la conquista russa fino ad oggi».

 

Sfugge a Kirby e a tutto l’apparato il fatto che a un cessate il fuoco, date le attuali realtà militari, salverebbe migliaia e migliaia di ragazzi ucraini: ma non è una novità il fatto che a Washington nulla interessi della popolazione ucraine, in quanto questa guerra è, si dice, una guerra contro la Russia combattuta fino all’ultimo ucraino.

 

Kirby ha continuato spiegando come negli ultimi tempi Mosca e Pechino stiano «aumentando la loro collaborazione e il loro rapporto». Le due nazioni si sono unite per scardinare e «riscrivere» le cosiddette «regole del gioco a livello globale». Russia e Cina «sono due Paesi che si stanno sbattendo contro questo ordine internazionale basato su regole che gli Stati Uniti e tanti dei nostri alleati e partner hanno costruito, dalla fine della seconda guerra mondiale».

 

Sfugge al personaggio coi capelli tinti, e a tutto il mondo che lo produce, che l’avvicinamento ulteriore di Russia e Cina è stato causato proprio dagli USA, che in caso di scoppio della Terza Guerra Mondiale si troverebbero, anche stavolta, a combattere su due fronti: solo che sta volte Mosca non è più alleata, la Cina ha più di un miliardo di persone ed entrambi i Paesi nemici sarebbero armati di armi nucleari e di sistemi di consegna, come i missili ipersonici, contro cui Washington e le sue navi non avrebbero difesa.

 

Come riportato da Renovatio 21, un passato accordo di pace, che sarebbe stato trovato nell’aprile 2022, a poche settimane dall’inizio del conflitto, fu sabotato dagli angloamericani con una repentina – all’epoca inspiegata – visita di Boris Johnson a Kiev. Incontrato Zelens’kyj e portatogli un certo messaggio, l’accordo fu stracciato, e come conseguenza migliaia e migliaia di ragazzi sono stati mandati nella fornace della guerra in corso ad essere maciullati dall’artiglieria, bombardati da droni nei boschi, fatti esplodere nelle trincee…

 

Del resto c’è da capire come funzione la dinamica dell’élite al potere a Kiev: cosa succederebbe all’attore comico Zelens’kyj se non seguisse più il copione? La cintura neonazista che sta intorno (fisicamente, dicono) a Zelens’kyj glielo aveva anticipato nel 2019, parlando del fatto che il neoeletto presidente non avrebbe dovuto arretrare di un centimetro riguardo il territorio ucraino: in caso contrario, ci sarebbe stata l’impiccagione su un albero del Khreshatyk, il viale della capitale che porta a piazza Maidan.

 

Il lettore si farà la domanda: chi comanda davvero i gruppi neonazisti ucraini? La risposta Renovatio 21 ha cercato di darla tante volte.

 

E quindi, chi comanda davvero in Ucraina? Chi vuole morte e distruzione invece che pace e prosperità?

 

 

 

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Negata udienza ONU al commissario per i diritti umani di Donetsk

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Al commissario per i diritti umani nella Repubblica popolare di Donetsk (DPR) Darja Morozova è stata rifiutata un’udienza davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

 

Russia, Brasile, Ghana e Cina erano favorevoli alla sua testimonianza, mentre Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone, Albania, Malta, Francia, Svizzera ed Ecuador si sono espressi contrariamente; Gabon, Mozambico e Emirati Arabi Uniti si sono astenuti.

 

Nel suo rapporto scritto, la Morozova documenta che dal 20 luglio 2014 al 24 febbraio 2022, ci sono state 4.374 persone uccise in attacchi delle forze ucraine nel Donbass e quasi 8.000 persone sono rimaste ferite. Morozova ha osservato che già nella primavera del 2014 il regime di Kiev, salito al potere con un colpo di Stato appoggiato dagli Stati Uniti, «ha inviato un esercito per sopprimere le manifestazioni pacifiche, utilizzando aerei, artiglieria e armi di azione letale di massa».

 

«Dall’inizio del conflitto e dal 24 febbraio 2022, a seguito dell’aggressione armata dell’Ucraina sul territorio della DPR, sono state uccise 4.374 persone, tra cui 91 bambini. Quasi 8.000 civili sono rimasti feriti a vari gradi di gravità, inclusi 323 bambini, almeno 27 dei quali hanno ricevuto una disabilità», afferma il rapporto del difensore civico di Donetsk.

 

Il documento afferma che «all’inizio dell’operazione speciale, più di 23.000 edifici residenziali privati ​​e circa 5.000 condomini erano stati distrutti dalle sparatorie delle formazioni armate ucraine». Hanno anche distrutto «circa 850 strutture scolastiche, 350 strutture sanitarie e 800 strutture abitative e di servizi comunali che forniscono gas, acqua, calore ed elettricità ai consumatori della repubblica».

 

Il suo rapporto documenta che «sono stati registrati massicci fatti di torture ed esecuzioni di prigionieri in Ucraina». «I civili nei territori controllati da Kiev sono soggetti a persecuzione politica e repressione per motivi ideologici da parte dei servizi speciali», ha dichiarato la Morozova.

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi mesi al Palazzo di vetro fa oltre 50 Paesi hanno votato contro la risoluzione ONU sull’antinazismo. La Federazione Russa, che ha portato a New York le prove delle torture subite dai prigionieri russi da parte delle forze ucraine e che sta cercando di discutervi anche il caso Nord Stream, sta mettendo in discussione la gestione americana delle Nazioni Unite.

 

Nelle sale dell’ONU risuona ancora l’appello del ministro degli Esteri Sergej Lavrov fatto alla plenaria lo scorso 24 settembre, che ripeté le parole dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite (dal 1953 al 1961) Dag Hammarskjöld, ucciso in un misterioso incidente aereo in Zambia nel 1961: «L’ONU non è stata creata per portare l’umanità in paradiso , ma per salvare l’umanità dall’inferno».

 

 

 

 

 

 

Immagine di Mstyslav Chernov via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

 

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