Geopolitica
Il Kenya rifiuta la richiesta di Zelens’kyj di rivolgersi al Parlamento

Il 12 aprile, un alto funzionario del Ministero degli Affari Esteri del Kenya ha detto al quotidiano keniota The Nation che Nairobi aveva rifiutato la richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj di rivolgersi al parlamento del Kenya.
«Perché dovrebbero rivolgersi al parlamento keniota, ad esempio?” C’è una precedenza?» ha dichiarato il funzionario, ricordando che l’Ucraina ha altri canali diplomatici disponibili.
Il funzionario ha riferito che il Kenya, in particolare per il suo status di rappresentante africano nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, non vuole sembrare schierarsi nel conflitto, poiché spera «di vedere la fine della guerra».
«Abbiamo preso decisioni di principio che abbiamo preso da una posizione africana. Siamo lì [al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite] come rappresentanti dell’Africa».
L’Unione Africana ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, ma si è opposta alle pesanti sanzioni che altre nazioni hanno imposto alla Russia.
Il Kenya si è astenuto dal voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 7 aprile per sospendere l’adesione della Russia al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, cosa che la Russia ha contrastato revocando del tutto la sua adesione all’UNHRC.
Lo Zelens’kyj pare non finir mai di fare il suo «zoom tour» fra i Parlamenti dei Paesi di tutto il mondo – perfino in quelli africani, apprendiamo.
Dopo aver fatto applaudire il lavoro dei suoi sceneggiatori a Westminster, al Congresso USA, e perfino ai premi Grammy (l’idea di farlo parlare agli Oscar è saltata: poco male, altre prepotenze hanno preso la scena) rammentiamo come lo Zelens’kyj abbia parlato anche al Parlamento italiano, dove però hanno disertato centinaia di Parlamentari, senza che il gesto significativo fosse approfondito dai giornali, che si sono limitati ad accenni dove condannavano coloro che si erano assentati a questo grande rito del Nuovo Ordine Mondiale, l’adorazione dell’attore che suonava il piano col pene.
C’è da rilevare come la Knesset, il Parlamento israeliano, non ha accolto con unanime entusiasmo l’intervento di Zelens’kyj, con molti rappresentanti scandalizzati del fatto che un ucraino protetto dagli eredi di Stepan Bandera – un collaborazionista di Hitler, che portò alla morte ebrei e polacchi in quantità – facesse il paragone tra l’Ucraina odierna e la persecuzione degli ebrei sotto il tallone nazista.
Nel frattempo, in rete impazzano le foto dello Zelens’kyj in posa, tra luci da set fotografico e sacchi di sabbia, nel Palazzo-bunker da cui dirige la guerra – pardon, il ricatto mondiale a base di continue richieste di armamenti e della speranza che scoppi una Terza Guerra Mondiale in grado di salvare lui, i suoi oligarchi e i suoi gorilla neonazisti.
Zelensky always finds time to pose for a photo. pic.twitter.com/vMMRRq5jK8
— Truth Seeker (@iamtruth_seeker) April 11, 2022
Immagine della Presidenza Ucraina via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Il cancelliere tedesco Merz elogia Israele per aver fatto «il lavoro sporco per noi»

Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha elogiato gli attacchi militari di Israele contro l’Iran, affermando che il governo e l’esercito israeliani stanno facendo il «lavoro sporco» dei Paesi occidentali.
Merz ha rilasciato queste dichiarazioni in una serie di interviste a margine del vertice del G7 in Canada, a cui hanno partecipato tutti i garanti dell’accordo nucleare iraniano del 2015, ad eccezione di Russia e Cina.
«Questo è il lavoro sporco che Israele sta facendo per tutti noi. Anche noi siamo vittime di questo regime», ha dichiarato in un’intervista a ZDF, sostenendo che «questo regime di mullah ha portato morte e distruzione nel mondo».
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«Posso solo dire: il massimo rispetto per il fatto che l’esercito e la leadership israeliani hanno avuto il coraggio di fare questo».
«Presumo che gli attacchi degli ultimi giorni abbiano già indebolito considerevolmente il regime dei mullah e che sia improbabile che possa tornare alla sua precedente forza, rendendo incerto il futuro del Paese», ha affermato Merz in un’altra intervista con Die Welt.
La Germania fa parte del gruppo P5+1, che ha negoziato il Piano d’azione congiunto globale (JCPOA), comunemente noto come accordo sul nucleare iraniano, nel 2015. Nonostante il suo sostegno agli attacchi, Merz ha dichiarato che Berlino è pronta a sostenere nuovi negoziati per garantire che l’Iran non ottenga mai armi nucleari.
In una dichiarazione congiunta di lunedì, i leader del G7 hanno definito l’Iran la «principale fonte di instabilità e terrore nella regione». «Siamo stati sempre chiari sul fatto che l’Iran non potrà mai possedere un’arma nucleare» hanno aggiunto i leader gisettini.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha bruscamente interrotto la sua partecipazione al vertice del G7, martedì ha chiesto all’Iran una «resa incondizionata».
In precedenza Washington aveva chiesto a Teheran di interrompere ogni attività di arricchimento dell’uranio, che i funzionari iraniani avevano descritto come «completamente slegata dalla realtà».
L’Iran attualmente arricchisce l’uranio fino al 60% di purezza, ben al di sopra del limite del 3,67% stabilito dall’accordo nucleare del 2015, ormai defunto, che è stato dichiarato nullo e non valido dopo che Trump ne ha ritirato unilateralmente gli Stati Uniti durante il suo primo mandato.
La Russia ha condannato i primi attacchi aerei israeliani e ha chiesto una de-escalation. Il presidente Vladimir Putin ha parlato telefonicamente con Trump durante il fine settimana e, secondo il consigliere del Cremlino Yury Ushakov, i due hanno discusso della possibilità di riprendere i negoziati sul programma nucleare iraniano.
La posizione geopolitica e storica della Germania con Merz fa un passo avanti in direzione del grottesco più parossistica – cosa che poteva sembrare difficile, viste le reazioni fantozziane registrati negli ultimi anni agli insulti ucraini e alla distruzione del Nord Stream, subito dopo la quale il cancelliere tedesco Olaf Scholz apparve scodinzolante nello Studio Ovale di Biden.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente turco Receps Erdogan aveva umiliato il predecessore di Merz, lo Scholz, in una conferenza stampa congiunta, dicendo che non avendo la Turchia preso parte all’Olocausto (per lo meno, quello degli ebrei…) poteva parlare più liberamente della questione israeliana. L’Erdogano, come noto, è oramai sul podio mondiale della reductio ad Hitlerum applicata a Israele ed in particolare al premier dello Stato Giudaico Beniamino Netanyahu.
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Ora la questione diviene talmente abissale da essere spinosa: la Germania, accusata – e condannata – per genocidio, supporta pienamente uno Stato accusato a sua volta di genocidio.
La dinamica storica dà le vertigini: di fatto, la Germania è la ragione per cui Israele è stato fondato su permesso internazionale. Quindi, in un senso metafisico è possibile pensare ad una continuità, nella violenza e nel paradosso, tra i due Paese.
Un osservatore può dire: passano i decenni e si capovolgono (fino ad un certo punto) le dottrine politiche: tuttavia ciò che sembra conservarsi è la volontà di persecuzione. Un’infezione, un contagio, di cui non vengono più curati nemmeno i sintomi, mentre le cause profonde della malattia sono divenute sempre più indicibili, un tabù che imprigiona il discorso pubblico e politico quasi ovunque.
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Immagine di FinnishGovernment via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Putin: la Russia non chiede la resa dell’Ucraina

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Geopolitica
L’UE potrebbe cancellare i viaggi senza visto per gli israeliani

Israele potrebbe trovarsi ad affrontare la sospensione del suo accesso senza visto all’area Schengen dell’UE, in base alle nuove regole approvate dai legislatori europei. Lo riporta Euronews.
La decisione arriva poco dopo che lo Stato ebraico ha lanciato una campagna di bombardamenti contro l’Iran, innescando attacchi di rappresaglia.
Le nuove norme modificano i meccanismi di sospensione dei visti per includere violazioni della Carta delle Nazioni Unite, dei diritti umani, del diritto internazionale umanitario e violazione delle sentenze dei tribunali internazionali. Israele è tra i Paesi più a rischio a seguito delle accuse di crimini di guerra a Gaza sollevate dalle Nazioni Unite, ha scritto Euronews, citando fonti del Parlamento europeo.
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«Questo strumento ci aiuta a diffondere i valori che hanno costruito la nostra comunità», ha dichiarato alla testata giornalistica l’eurodeputato sloveno Matjaz Nemec, relatore del disegno di legge, insistendo sul fatto che «nessun Paese specifico è preso di mira», sebbene fonti del Parlamento europeo abbiano affermato che Israele è al centro dell’attenzione di diversi gruppi politici che spingono per la riforma.
Attualmente, i cittadini di 61 paesi, tra cui Israele, Regno Unito, Giappone e Australia, possono entrare nell’area Schengen fino a 90 giorni senza visto. Finora, l’UE ha sospeso l’accesso senza visto solo una volta, nel caso della Repubblica di Vanuatu per il suo presunto programma di cittadinanza per investimento.
In base alle nuove norme, la Commissione europea può imporre una sospensione di un anno tramite un atto di esecuzione, che richiede solo l’approvazione degli Stati membri e può essere bloccato a maggioranza qualificata. Le proroghe richiedono un atto delegato, che può essere bloccato dal Consiglio europeo o dal Parlamento. La procedura può essere avviata dalla Commissione o sollecitata da uno Stato membro dell’UE.
L’accordo attende ancora l’approvazione formale da parte del Parlamento europeo e del Consiglio prima di diventare legge dell’UE. La riforma fa seguito all’ampia condanna internazionale della condotta di Israele a Gaza e della sua recente operazione militare contro l’Iran.
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Immagine di Kreecher via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine capovolta
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