Droga
Le ammissioni di Duterte sulla guerra alla droga sarebbero «crimini contro l’umanità»

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
È quanto sottolinea il responsabile della commissione per i diritti umani della Camera dopo l’audizione di ieri in cui l’ex presidente ha riconosciuto di aver dato ordine di «incoraggiare» i sospetti a reagire, per giustificare le uccisioni da parte dei poliziotti. Per avvocati e attivisti le sue parole sono «una prova schiacciante» di colpevolezza.
Le ammissioni fatte ieri in Senato dall’ex presidente filippino Rodrigo Duterte, in merito a un suo ruolo attivo nelle numerose morti collegate alla guerra alla droga portata avanti da Manila sotto la sua leadership, lo rendono passibile di «crimini contro l’umanità». È quanto ha affermato oggi il responsabile della commissione per i diritti umani della Camera Bienvenido Abante, a un giorno di distanza dalle parole pronunciate dell’ex capo dello Stato di aver ordinato ai poliziotti di «incoraggiare» i sospetti a reagire, per poterli uccidere. Egli avrebbe anche avuto una vera e propria squadra della morte sotto il proprio controllo.
«Spetta ora alle autorità competenti considerare attentamente la dichiarazione e accertare le responsabilità penali degli individui interessati, sia sotto il concetto di responsabilità di comando che di cospirazione» prosegue Abante. «Questi casi – avverte – potrebbero includere i crimini contro l’umanità, come sanzionato dalla legge repubblicana n. 9581, dalla legge filippina sui crimini contro il diritto umanitario internazionale, il genocidio e altri crimini contro l’umanità». E interpellato sulla portata dell’ammissione resa davanti alla commissione, egli sottolinea che è «vincolante».
Parere analogo anche per l’avvocato pro diritti umani Chel Diokno, tra le persone presenti all’udienza in Senato di ieri, secondo cui le ammissioni di Duterte possono essere usate contro di lui in tribunale. «È una prova molto schiacciante perché ha fatto quelle dichiarazioni sotto giuramento e sono quelle che chiamiamo ammissioni extragiudiziali» ha detto il legale e attivista durante un’intervista televisiva.
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«Vengono dalla sua bocca. È il miglior tipo di prova – conclude – perché non proviene da qualcun altro. Viene direttamente dall’ex presidente».
Tornando alle dichiarazioni, il responsabile della Commissione diritti umani alla Camera parla anche di «scioccante normalizzazione della brutalità» durante l’interrogatorio. Duterte, afferma Abante, «non offre scuse, né mostra alcun segno di pentimento» per le esecuzioni extragiudiziali che hanno caratterizzato il suo mandato.
Duterte ha vinto la corsa alle presidenziali del 2016 con un consenso schiacciante, grazie anche alla promessa di replicare la sua campagna anticrimine introdotta durante il mandato nella città di Davao su scala nazionale.
La guerra al narcotraffico e al consumo di stupefacenti ha visto migliaia di sospetti uccisi in controverse operazioni di polizia. Ad oggi è aperta una indagine della Corte penale internazionale (CPI) per stabilire se le uccisioni legate alla violenta campagna antidroga – sulle quali ha indagato anche l’ONU – siano frutto di una politica di Stato.
Secondo i dati della polizia nazionale filippina (PNP) sarebbe oltre 6.600 il numero dei morti ufficiali ma, in base ai resoconti di media e attivisti per i diritti umani, il numero delle vittime è compreso tra le 27mila e le 30mila unità contando gli omicidi commessi dai vigilanti.
La commissione aveva già invitato Duterte a partecipare alla seduta del 22 ottobre, in modo che potesse rispondere alle accuse secondo cui, dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 2016, avrebbe deliberatamente elevato a livello nazionale il presunto «modello Davao».
Una politica deliberata di uccisioni che prevede una ricompensa in denaro per ogni persona ammazzata. La prossima udienza è ora fissata per il 6 novembre prossimo. «Ci aspettiamo – conclude Abante – che l’ex presidente si presenti. Abbiamo molte domande da fargli sulla sua guerra alla droga e sulle morti che ne sono derivate. Crediamo che le sue risposte ci daranno un quadro più completo delle esecuzioni extragiudiziali».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Droga, mafia e rivoluzione: storia e geopolitica tra Stati Uniti e Cuba

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Droga
Narcocartelli messicani usano droni armati contro pattuglia di frontiera USA

I cartelli messicani hanno autorizzato l’uso di droni armati ed esplosivi contro il personale delle forze dell’ordine e della polizia di frontiera degli Stati Uniti.
Dalle note trasmesse agli agenti della dogana e della protezione delle frontiere degli Stati Uniti emerge che i cartelli stanno preparando violenti attacchi contro di loro per aver ostacolato il flusso di migranti e droga attraverso il confine meridionale degli Stati Uniti.
Minacce contro gli agenti della pattuglia di frontiera sono state fatte in diversi post sui social media. I post chiedono l’assassinio degli agenti dell’ICE.
The New Juárez Cartel (NCDJ) carried out a drone strike on Mexican soldiers, killing 3 and injuring a general.
Mexico isn’t “on the brink” of war it’s already lost. The cartels own the battlefield, and the government is just a spectator. The only thing that stops this from… pic.twitter.com/bO2iNMZOMp
— TexanonX™ (@TexanonX) February 4, 2025
The threat from the Cartel to American Safety cannot be more evident, THIS IS A WAR!
Drone footage of cartel warfare is ‘indicative’ of danger still present at border, says Rep. Chip Roy
Roy said that the knowledge that cartels own drones with weapon capabilities ‘open[s] up a… pic.twitter.com/ffat5QRu8A
— Dennis Emmitt (@DennisREmmitt) February 5, 2025
Il deputato del Maryland Glenn Ivey, membro della Commissione per la sicurezza interna della Camera, ha parlato con l’emittente NewsNation e ha affermato che non sorprende che i cartelli si stiano affidando ai droni armati, data la loro onnipresenza nei conflitti.
All’inizio della settimana, il capo della polizia di frontiera Tom Homan ha affermato che le informazioni trapelate sulle operazioni mirate hanno costretto le autorità a prendere ulteriori precauzioni per garantire la sicurezza degli agenti.
«Abbiamo molte città obiettivo, ma non le condividerò con voi perché dobbiamo garantire la sicurezza dei nostri agenti», ha affermato Homan. «In effetti, Chicago, quell’operazione è trapelata, quindi abbiamo dovuto riprogrammarla. Ma abbiamo bisogno di un elemento sorpresa per questioni di sicurezza degli ufficiali. Non vogliamo che il cattivo sappia che stiamo arrivando», ha aggiunto l’Homan.
Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha affermato che gli attacchi militari contro i cartelli sono «sul tavolo».
Durante un’intervista con Fox venerdì, lo Hegseth è stato incalzato sulle strategie per combattere i cartelli messicani. In un recente incidente da quando Trump è entrato in carica, i membri del cartello hanno sparato contro gli agenti della pattuglia di frontiera.
#Mexico 🇲🇽: A new video posted “MF” Cartel members operating Explosive-laden drone in #Zacatecas.
Cartel members displays a DJI Drone which is armed with an air-dropped Improvised (locally-made) Grenade —which will likely be used against #CJNG members. pic.twitter.com/9pxnm045ct
— War Noir (@war_noir) January 23, 2025
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«Se scopriamo che continuano a sparare al controllo delle frontiere e continuano a introdurre fentanyl nel nostro paese, come segretario della difesa, ti è permesso ora di perseguitarli in Messico o dove si trovano?» ha chiesto il conduttore Brian Kilmeade. Hegseth ha risposto dicendo che non «voleva anticipare il presidente e non lo farò. Alla fine sarà una sua decisione».
«Ma vorrei essere chiaro», ha continuato. «Tutte le opzioni saranno sul tavolo se abbiamo a che fare con quelle che sono designate come organizzazioni terroristiche straniere che prendono di mira specificatamente gli americani al nostro confine».
«Stiamo finalmente proteggendo il nostro confine. Abbiamo protetto il confine di altre persone per molto tempo. L’esercito si sta orientando, spostandosi verso una comprensione della difesa della patria sul nostro confine territoriale sovrano».
Come riportato da Renovatio 21, attacchi contro la Border Patrol statunitense da parte dei cartelli si erano verificati ancora una settimana fa.
Nel suo primo giorno in carica, Trump ha ordinato al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, al Tesoro, alla Giustizia, alla Sicurezza Interna e alla comunità dell’Intelligence di prepararsi a designare i cartelli come «organizzazioni terroristiche straniere». Tali designazioni sono attese al più presto per metà febbraio.
Come riportato da Renovatio 21, secondo voci Trump starebbe pensando di schierare le forze speciali USA in una missione di distruzione dei cartelli.
Come riportato da Renovatio 21, l’uso dei droni per il trasporto della droga è estremamente comune oramai, con oltre 9.000 incursioni di droni dei narcos messicani nello spazio aereo statunitense.
I cartelli della droga costituiscono il quinto più grande datore di lavoro in America Latina.
I cartelli messicani, che vengono da un periodo di sanguinari conflitti interni, sono stati pionieri dell’uso di droni commerciali per sganciare bombe sulle bande rivali.
Come riportato da Renovatio21, un militante che indossava le insegne del famigerato cartello del Golfo del Messico (Cartel Del Golfo, o CDG) è stato filmato nello Stato del Tamaulipas mentre trasportava un Javelin, cioè un lanciamissili anticarro di fabbricazione statunitense, quasi sicuramente proveniente dagli arsenali mandati in Ucraina e poi finiti al mercato nero creatosi con il fiume di armi regalate a Kiev e ora finite in mano a criminalità e terroristi in tutto il mondo.
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