Connettiti con Renovato 21

Satira

Disperato appello al Parlamento: rimuovete il governo Draghi

Pubblicato

il

Onorevoli parlamentari,

 

vi scrivo perché qualche giorno fa, d’un tratto, mi avete dato un’insperato raggio di speranza.

 

Avevano incastrato anche voi, come i vostri colleghi britannici, americani, israeliani (questi ultimi più svegli, c’è da dire) nel nuovo rito orwelliano cui devono sottoporsi tutti i rappresentanti del cosiddetto mondo libero: la teleconferenza Zoom con l’attore-presidente in stato di alterazione Volodymyr Zelens’kyj. (Che in realtà, essendo nato in una famiglia di ebrei russi, mi sa che si chiama Vladimir, come Putin, ma del resto è un attore, merita di cambiare come piace al suo pubblico)

 

Non l’hanno detto ad alta voce, tuttavia ho sentito che qualcuno si è lamentato, e ha puntato il ditino di parassita sistemico: in aula c’erano oltre 300 assenti.

 

Non sapete che gioia inaspettata. Quindi, nonostante il bombardamento della propaganda che stiamo vivendo ovunque (accendente la TV o Twitter: gli ucraini, che comunque sono vittime, si apprestano a marciare su Mosca anzi su Vladivostok!) qualcuno di voi riesce ancora a ragionare.

 

Potrei uccidere il mio entusiasmo all’istante, basterebbe pensare che state praticamente tutti in partiti al governo (massì, anche l’opposizione della Melona, in fondo, lo è) e che siete voi a votare l’apartheid biotica che avete inflitto a me e a tutta la Nazione.

 

Tuttavia, sento già qualcuno di voi che si difende: abbi pietà di noi, i nostri partiti al governo hanno messo le loro facce peggiori: gli Speranza, i Franceschini, i Giorgetti, i Brunetti, i Di Majo (va bene: per i 5 stelle il discorso è complicato, la qualità diciamo che è assai omogenea).

 

Non importa, vado in epoché, sospendo stoicamente il giudizio perché devo lanciarvi subito, ô onorevoli, il mio ulteriore appello disperato: rimuovete il governo Draghi.

 

O almeno, rimuovete il Mario Draghi.

 

Lo dico senza impellenza. Per quanto possa sembrare bizzarro – uno che vuole cambiare il governo dovrebbe volerlo hic et nunc – vi dico che potete pure prendervi qualche giorno.

 

Perché questa richiesta non nasce da riflessioni apocalittiche sulla Cultura della Morte, la fine dei tempi e il ritorno del sacrificio umano, di quelle con cui riempio nottetempo Renovatio 21.

 

No, devo ammettere che la mia richiesta viene più da uno strano senso di… delusione.

 

Certo, sapevo chi era Draghi. Il Britannia e le privatizzazioni, la Goldman Sachs, l’Eurotorre, il Gruppo dei Trenta e la distruzione creativa, etc. etc.

 

Solo che me lo figuravo un po’ diverso. Pensavo: questo è uno sofisticato, questo ordisce piani potenti e diabolici, conosce tutto e tutti, ha una settantina d’anni di frequentazioni tra Wall Street, Francoforte, Borsella (mettetevela via: vogliamo chiamare Bruxelles così, ci sta tutto), Ciampi e Klaus Schwab, chissà che saggezza, chissà che profondità di pensiero ed azione.

 

Invece poi te lo ritrovi lì. Diverso. Non come te lo aspettavi.

 

Spara fake news, tipo sui vaccinati che non contagiano, e sui no vax che danno la morte. Dice cose di poco senso, non risponde a domande dirette. Non è in grado di articolare un discorso profondo sulle cause della guerra: fa complottismi da bar, o meglio da bouvette. Quando lo chiama Zelen’skyj dal bunker gli fa rispondere «telefoni ore pasti».

 

I politici lo vivono talmente male che nella corsa al Colle gli hanno preferito la palude: anche gli eletti, dunque, forse concordano con il mio pensiero, che va contro a quello che ogni ebete (soprattutto il goscista, quello che ha fatto subito ore di fila per la sprizza di mRNA sintetico a lui e al figlio) ci ha ripetuto a lungo: «Draghi è bravo».

 

Draghi è bravo? Massì, dai. Doveva essere il Monti premium. Quello che non ha problemi coi cagnolini «empatici» e che non confessa urbi et orbi che la missione è quella di distruggere la domanda interna.

 

Eppure, Monti aveva tutto un suo governo, fatto di alieni di tutti i tipi: gente mai vista prima, ma di potere immenso. La Fornero, quella dei Bilderberghi. Ricciardi, imperatore mondiale di Sant’Egidio. Il superbanchiere Passera, che è passato, senza attirare nessuno. Il mitico Giarda, ingiustamente canzonato e bullizzato alla Camera, con accuse tremende di fotoritocco delle orecchie fatto da quotidiani nazionali allineati. Il rettore della Cattolica Ornaghi, che in fondo non era nemmeno antipatico.

 

E invece Draghi? Al governo si tiene Speranza e Giggino di Majo. Questo davvero dice tutto sul suo effettivo potere.

 

Del reste, c’è qualcosa di rilevante che volete ricordare? Qualcosa che possiamo definire draghiano? (Fellini diceva: il successo è la trasformazione del tuo cognome in aggettivo)

 

Non lo ricordiamo per niente. Non una decisione netta, che faccia vedere quale ragione lo guidi. Non un discorso interessante: anzi, ricorderete quello di insediamento, in Parlamento, di una banalità sconcertante, robe che ci parevano raffazzonate lì per lì – ci sembrò – da uno che non conosce la politica ma vuole far sembrare il contrario.

 

Pensavamo che Draghi fosse un drago. Invece ci viene in mente una lucertolina. Non sputa fiamme, anzi, il tepore lo prende stando al sole il più possibile per un po’ di tempo, poi scappa via subito, un po’ pasticciona, come lo spazzacamino-rettile Biagio in Alice Paese delle Meraviglie. («Senti Biagio, tu sei un eroe, un vero» «Sul serio?»).

 

Scrivo perché  ho appena visto il premier in TV, e per l’ennesima mi sono cascate le braccia.

 

Il Draghi era a Borselle per l’incontro NATO, quello con Biden. Il quale, eccezionale, ne ha dette una delle sue: le sanzioni, ha assicurato ai giornalisti, non sono mai state pensate come deterrente. Eh? Ma allora perché si dovrebbe infliggere le sanzioni, se non funzionano?

 

Gli USA avrebbero dovuto impararlo dai tempi di Saddam etc. Le sanzioni non servono a nulla: in questo caso, certo, servono a distruggere l’economia euroamericana, perché l’effetto boomerang è oramai visibile a chiunque abbia una casa riscaldato, un’auto, un lavoro e, prossimamente, il bisogno di nutrirsi.

 

Tuttavia, non è la prima volta che Biden lo dice: ci sono clip contradditorie, mandate rete perfino dal Washington Post, in cui mostrano come il Grande Fratello della Casa Bianca poche settimane fa parlava della bellezza e dell’efficacia delle sanzioni.

 

Macché: ora Biden dichiara senza vergogna che esse non sono mai state adottate per fermare Putin, ma per causare «il massimo dolore possibile» – qualsiasi cosa voglia dire. Ci viene in mente la compagna di partito di Biden, Madeleine Albright, la sostenitrice di gruppi accusati di traffico di organi morta poc’anzi, quella che quando le chiesero se le sanzioni all’Iraq valevano il presso di mezzo milione di bambini morti, disse di sì.

 

Va bene, ma il problema non è Biden.

 

È che subito dopo il TG, sempre più orwelliano anche lui, ha mandato le parole di Draghi ai microfoni, fuori da un palazzo, non è chiaro se prima o dopo Biden – ma, ripetiamo, era lo stesso servizio TV.

 

Ecco che Draghi parla invece del grande valore delle sanzioni, che tanto danno stanno causando alla Russia. Qui sentiamo l’eco del suo ministro preferito, Giggino di Majo, che, forse inconsolabile per le offese ricevute alla sua idea di diplomazia e alla sua professionalità, in televisione andò a vantarsi del fatto che avevano fatto chiudere la Borsa di Mosca, subito prima di definire Putin «peggio di un animale».

 

Ci è sembrato, ecco, un discorso come tanti altri che abbiamo sentito fare a Draghi: vuoto. Fatuo. Privo di contenuti. Privo perfino di convinzione: in genere i politici riescono a simulare almeno quella, anche se non stanno dicendo nulla.

 

È stato l’ennesimo momento disperante. Ma perché non può dire qualcosa che magari è il contrario di quello che penso io, ma che almeno sa di ragionamento? Perché parla come se la realtà non esistesse? Perché dobbiamo meritarci questo momento fantasy della Repubblica, che tra lockdown e premier non eletto ha oramai la serietà di un giuoco di ruolo stile Dungeons&Dragons. («Segrete e Draghi»)

 

Sento i lettori che lamentano: preferivi il Conte? Boh, il governo alla fine è lo stesso, ci hanno spruzzato dentro qualche leghista e qualche forzista, tanto per far capire quanto siamo oramai sprofondati irreversibilmente nello Stato-partito.

 

Non so che dirvi.

 

Posso solo garantire che mi fanno male le orecchie a sentirlo parlare del danno all’economia russa quando Putin, di fatto, sta per fare scacco matto al dollaro inventandosi il petrorublo, in attesa dell’agrirublo, del metalrublo…

 

Quando oramai tutti stanno capendo che, causa sanzioni e stupidità atlantica, sta andando in scena la de-dollarizzazione del mondo, questo tira fuori la storiella della Russia, che si candida ad essere un hub economico mondiale che in pochi anni crescerà vertiginosamente negli investimenti grazie al valore del rublo impennato per il gas venduto a cinesi e indiani, ridotta a nazione ferita nel soldo.

 

E il problema è che la storiella non ce la racconta per ingannarci. Ce la racconta perché non ne ha un’altra da raccontare.

 

Forse un po’ ci crede anche lui.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Animali

Le orche di Gibilterra affondano una barca a vela. È ora di dire basta

Pubblicato

il

Da

Un gruppo di orche ha assalito e affondato uno yacht turistico con cinque persone a bordo al largo delle coste portoghesi, nei pressi della spiaggia di Fonte da Telha, a sud di Lisbona.

 

L’episodio, riportato dal giornale britannico The Independent, si è verificato sabato scorso. I cinque occupanti sono stati tratti in salvo da un’altra imbarcazione prima che lo yacht affondasse. Un video condiviso su Instagram da Mercedes-Benz Oceanic Lounge mostra un’orca che colpisce ripetutamente lo yacht, causandone l’inclinazione e l’affondamento, mentre un testimone esclama «Mio Dio».

 

Poche ore dopo, lo stesso branco, noto per le ripetute aggressioni di questi anni attacchi nei pressi di Gibilterra, ha attaccato un’altra barca nella baia di Cascais, con quattro persone a bordo, anch’esse soccorse senza riportare ferite. Dal 2020, centinaia di attacchi simili da parte di orche sono stati registrati vicino alla penisola iberica.

 

Due settimane fa, in Galizia, due imbarcazioni sono state assalite a breve distanza di tempo da una coppia di orche, appartenenti allo stesso branco guidato dalla famigerata orca femmina nota come «White Gladis». Le agenzie stampa scrivono in coro che «gli etologi» suggeriscono che questo comportamento possa essere di natura imitativa o una «reazione difensiva dovuta a un trauma».

 

Sostieni Renovatio 21

L’Autorità marittima nazionale del Portogallo ha dichiarato di aver ricevuto un avviso alle 12.30 «a causa di un’interazione con le orche (…) Gli equipaggi della stazione di salvataggio di Cascais e della Capitaneria del porto di Lisbona sono stati immediatamente attivati».

 

«Una volta giunti sul posto, si è constatato che l’equipaggio stava bene fisicamente, senza aver bisogno di assistenza medica, essendo stato trasportato con l’aiuto di una barca turistica nelle vicinanze».

 

Una nave di soccorso marittima spagnola è intervenuta dopo che le imbarcazioni sono state speronate dalle orche a pochi minuti di distanza l’una dall’altra nelle acque della Galizia. I soccorritori hanno rimorchiato in porto la nave danneggiata dalle orche prima di essere allertati di un altro attacco.

 

Da maggio 2020, i ricercatori hanno documentato centinaia di episodi – almeno uno al giorno! – di orche che attaccano proditoriamente vascelli umani nei pressi della penisola iberica, dando vita a diverse teorie e ricerche sull’aumento di questa tendenza comportamentale. Gli attacchi in genere prevodono il distacco del timone da parte delle orche, che poi procedono a danneggiare lo scafo.

 

L’ignominia dell’accademia e dei dei mezzi di stampa, che cianciano di una banda capitanata dall’orca matriarca chiamata «White Gladis», la quale sarebbe stata traumatizzata, non conosce né pudore né vergogna. La teoria dell’Orca cattiva perché offesa dagli uomini non solo non può avere alcun fondamento, ma viene ripetuta dalle agenzie come ennesima riprova della propaganda antiumana automatica, della Necrocultura di default promanta senza posa dalle centrali del mondo moderno.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Terra Incógnita (@oceaniclounge)

 

Iscriviti al canale Telegram

E quindi, eccoci ancora qui: danni per milioni di euro ed esseri umani messi in pericolo dalla torma delle killer whales iberiche.

 

Renovatio 21, che è l’unica testata che – con ostinazione, tra le proteste e pure gli insulti di tanti lettori (che non capiscono il senso metapolitico né comico di quanto andiamo scrivendo) – sta da anni veramente seguendo il fenomeno, dice ancora una volta: è il momento di dire basta.

 

La teppa orcina di Gibilterra troppo a lungo è stata tollerata. Alla ghenga di cetacei bianconeri va insegnata la legge dell’essere, che altri animali (compresi alcuni della loro stesse specie), comprendono benissimo: l’essere umano, fatto ad Imago Dei, è in cima alla piramide della vita, e non può essere toccato.

 

Una punizione severissima, se non la pena ultima, va comminata a questa mafia balenottera. Del resto, riflettetici: cosa si fa ad un cane «problematico»… ? Perché i cetacei –  nonostante ripetute prove della loro pericolosità e delle loro sadiche perversioni cannibaliche, drogastiche, vestimentarie, scatologiche e sessuali – godono di questo status di razza protetta? In India c’è la vacca sacra, perché nell’Occidente terminale deve esserci il delfino sacro?

 

Uno Stato serio provvederebbe subito a risolvere il problema. Un’appalto una bella baleniera giapponese, un gruppetto di islandesi o abitanti delle isole Fær Øer, «un paio di pinze ed una buona saldatrice», direbbe il Marcellus Wallace di Pulp Fiction. «Cura medievale» per le balene assassine, e sgherri con le nocche tatuate ACAB, nel senso del capitano di Moby Dick (pazienza se manca un’acca).

 

Se l’Unione Europea avesse un senso, prenderebbe subito provvedimenti, visto che ad essere in pericolo sono i suoi cittadini. Diciamo di più: se uno Stato non protegge i suoi membri (che ne rispettano le leggi e lo finanziano pure con tante, troppe tasse) a cosa serve davvero? Ecco: benvenuti nel paradosso dello Stato moderno, denunziato ogni giorno da Renovatio 21, una macchina programmata per umiliare ed uccidere gli esseri umani invece che per proteggerli.

Aiuta Renovatio 21

Perché uno Stato degno davvero di chiamarsi così, avrebbe già mandato un sommergibile (che attualmente non fanno nulla, se non muoversi negli abissi nella battaglia navale virtuale con i russi, con i quali nemmeno siamo in guerra, ufficialmente). Due siluri e il problema è bello che risolto. Provino, le orche assassine e stronze, ad affondare un sottomarino militare. Provino

 

Come indicato da Renovatio 21, un’idea di quello che si può fare dopo che la punizione della combriccola di mammiferi acquatici ce lo indica un ristorante di Yokohama. Sì, un bel pranzetto celebrativo a base di orca non è una prospettiva impossibile.

 

Anzi un banchetto in cui le orche non sono invitate sulle sedie, ma sui piatti, è auspicabile come deterrente non di poco conto: visto l’esibizionismo mostrato in un recente episodio al largo di Mossel Bay, in Sudafrica, dove un’orca ha aggredito uno squalo bianco per mangiarne il fegato dinanzi ai ricercatori, si potrebbe pensare una bella barchetta con tavolata, come di quelle che si vedono a Venezia la sera della Festa del Redentore, a consumare davanti alle stesse orche lasciate vivere le carni dei loro compagni di scorribande. Dicono che sono così intelligenti: ecco, allora potrebbero capire, e passare parola. Con gli esseri umani non si scherza. Chi tocca il figlio di Dio, viene punito.

 

Facciamo capire alla schifosa masnada pinnata chi comanda. È più che un imperativo metafisico e biologico, è una questione politica. Politica comunitaria vera e propria: della Comunità Europea, e della comunità umana.

 

È ora di dire basta. No alla prepotenza cetacea. Sì all’eccezionalismo umano.

 

Botte alle orche, per la legge naturale.

 

Roberto Dal Bosco

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

 

Continua a leggere

Satira

La rete impazzita per Greta trasformata in He-Man

Pubblicato

il

Da

Greta Thunberg, passionaria un tempo giovanissima della causa climatica, è ora alle prese con un oceano di lazzi scatenatisi in rete per il look esibito nelle ultime sue apparizioni.   La ragazza, ora in forze alla protesta nautica (motorizzata a combustibile fossile) della flotilla pro-palestinese, ha scioccato tutti con un taglio di capelli conosciuto tecnicamente come pageboy («taglio da paggio» medievale) che a molti ha ricordato un personaggio dello cartone Shrek, il principe Farquaadd. Ai più, tuttavia, ha ricordato un altro personaggio dei disegni animati, He-Man, il protagonista della serie anni Ottanta Masters of the Universe.  

Sostieni Renovatio 21

La Greta, evidente strumento mondialista che anni fa smuoveva (con il consenso dei governi!) milioni di studenti per i gli scioperi del «venerdì climatico» e parlava all’ONU («how dare you…») arrivando sulla barca a vela «Malizia II» con il principe (quello sì, tipo) monegasco marito della giornalista santoro-travagliana Isabella Borromeo, ora a ridotta a zimbello della rete, con la piattaforma X eretta a quartier generale degli zimbellatori, che zimbellano come non ci fosse un domani.   È un fiume zimbellante inarrestabile. He-Greta è realtà.      

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Tuttavia, molti sono offesi al riferimento, magari pure involontario, al biondo personaggio della Mattel. Parlare di He-Man significa toccare l’infanzia di tanti individui della generazione X.   Lo stretto collaboratore di Renovatio 21 Francesco Rondolini, possessore di un copia originale del Castello di Greyskull (così come un altro tizio che scrive per la testata, che se lo porta dietro da quando aveva otto anni, quello e pure la Cittadella del Serpente) ci fa sapere tutta la sua indignazione: «non è giusto, ma come si permette… giù le mani da He-Man, giù le mani dai Masters, i pupazzi della nostra infanzia».   Al culmine dell’ira funesta, Francesco ci manda pure un video di pochi secondi della sua collezione: un grattacielo impressionante di concrezioni in plastica di fantasie antiche. Lo He-manno è visibile all’ultimo piano della teca, dove, evolianamente, cavalca la tigre.  

Iscriviti al canale Telegram

Pupazzi che citano pupazzi, la vertigine socio-metafisica sale di brutto.   Non si tratta del primo assalto che i fan del biondo forzuto devono subire. Anni fa è emerso l’interesse delle torme omotransessualiste, che hanno tentato di trasformare l’eroe del pianeta Eternia in un’icona gay, con saggi accademici sul sottotesto omoerotico del cartone e continui meme sui sul suo rapporto con altri muscolosi personaggi, incluso il perfido deutoragonista Skeletor.     He-Man si traduce letteralmente come «lui-uomo», e forse è questo che attrae la popolazione gaia, che con la figura del maschio, secondo un certo pensiero psicanalitico, ha un rapporto incompleto – da qui la passione per ruoli in teoria molto maschili, come quelli dei Village People: il poliziotto, l’indiano, il pompiere, il marinaio… etc.   Sappiamo dell’esistenza dei «Bear», gli «orsi», un sottogruppo di omosessuali il cui ideale erotico è l’uomo grande, grosso, villoso: in pratica Babbo Natale. Un’ammissione implicita, secondo la teoria psicologica (da Sigismondo Freud alla cosiddetta terapia riparativa di Joseph Nicolosi) proibita e censuratissima, dei problemi del rapporto con la figura paterna, che è stata troppo debole o assente…   E Greta cosa c’entra? in effetti sembra un po’ mascolina nelle foto, ma non sappiamo nulla delle sue vere inclinazioni – questo gossip globalista ce lo hanno risparmiato, e ci saranno delle ragioni. Possiamo attaccare un paio di sinapsi, e ricordare che il transessualismo, secondo sempre più studi, pare correlato allo spettro autistico, e ci era stato detto che la ragazzina era Asperger: ma sono illazioni, e siamo convinti che la diagnosi psichiatrica spiattellata urbi et orbi possa fare parte del trend globale, partito da Hollywood diversi anni fa, di glamourizzare l’autismo, visto che la sua crescita è inarrestabile almeno quanto l’ascesa dei vaccini e dei loro obblighi.   Ci colpisce, tuttavia, nella foto che sta facendo il giro della rete, qualcos’altro. L’icona climatico-oligarchica, schiena leggermente curva e gambette un po’ piegate, sembrerebbe infatti come spingere con le budella, uno sforzo che taluni ritengono possibile leggerle pure in volto. Come mai? Non è che…  

Aiuta Renovatio 21

Ricordiamo che certi gas organici, nella narrazione climatista, sono il grande nemico da abbattere: i peti prodotti dalla civiltà che si alimenta a carne bovina, sostengono gli scienziati, sono la causa della catastrofe ambientale in atto – e di qui ai progetti eccezionali, spesso ben finanziati da Gates, come quelli per i tecno-pannoloni anti-scureggia per le mucche…   Anche di questo aspetto della nuova incarnazione pro-pal (dopo essere stata pro-Ucraina, ovvio) della svedese non abbiamo lumi, e non ci interessa nemmeno: anche perché, viste certe conferenza stampa in cui faceva scena muta, non siamo sicuri che se glielo chiedessimo saprebbe risponderci.   Il campione catodico laico (diciamo così) Piero Angela diceva che la prima vera Greta Thunberg che aveva conosciuto portava i baffi e si chiamava Aurelio Peccei – vero, grande signora della Necrocultura depopolazionista, vero e proprio inventore, committente dell’ambientalismo moderno.   Ecco, un bel suggerimento: la prossima volta, Greta, vai con i baffoni. Magari la gente ride meno.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da YouTube; modificata  
       
Continua a leggere

Satira

Auguri e figli gender

Pubblicato

il

Da

Accade a Padova, provincia del Veneto bigotto e benpensante, di sani e robusti principi morali e costituzionali. Un assessore (assessora, cioè), che ha appena dato alla luce una creatura, è riuscito/a a fare della propria riproduzione una notiziona planetaria grazie a una spontaneissima trovata: il superamento del fiocco monocromatico. Niente più rosa, niente più celeste, ecco il fiocco arcobaleno, tinto dell’ineffabile iride omotransessualista. 

 

L’assessoressa, che porta l’impegnativo cognome di Colonnello (da cui possibili cortocircuiti istituzionali dal sapore golpista: «assessore colonnello», anzi «assessora colonnella»), lo aveva già annunziato al Gay Pride dello scorso 31 maggio, cui aveva partecipato, cinta con la bandiera della gaiezza a mo’ di pareo, insieme al suo concittadino sempre sul pezzo, l’onorevole Zano.

 

«Mio figlio o figlia non avrà un fiocco rosa o azzurro per indicare il sesso bensì arcobaleno, simbolo di inclusione e di libertà». Ed eccallà. La stampa riporta strafelice che l’assessore colonnello è stato di parola: accanto alla puerpera – si può dire, puerpera? – compaiono cinque (perché cinque? c’è qualche numerologia simbolica LGBTina che ci sfugge?) coccarde arcobalenate.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Jack Calcetto (@anticosimo)


Sostieni Renovatio 21

Nihil novum sub sole: la pratica lungimirante di delegare al diretto interessato la libera scelta del proprio sesso è inveterata tra le star hollywoodiane, e perché mai un’assessor* piddina non dovrebbe conformarvisi.

 

Evvi tuttavia qualche ragionamento da farsi riguardo al nome scelto per la creatura. Molto gettonato per chi programma la neutralità sessuale della prole è Andrea, perché in effetti basta varcare la soglia della provincia autonoma di Bolzano e Andrea diventa femmina. Invece, secondo le cronache, al piccolo colonnello è stato imposto (quale inaccettabile prepotenza!) il nome di «Aronne». Biblica nomea, all’apparenza, tutta maschile. Come si concilia con l’arcobaleno? Ma dove è poi finita la strombazzata libertà del neonato? 

 

E perché non Aronnə con lo schwa? Capiamo che non è facile trovarlo sulla tastiera, ma si poteva allora optare per Aronn*, in attesa dell’autodeterminazione onomastica del pargolo (a che età? E se poi strada facendo cambia idea?). Ancora meglio, considerando gli ingombri delle lettere, sarebbe stato un «Aaronn*», con quella doppia «a» davanti che può arricchirlo di un effetto di stupefazione. Con lo stesso numero di lettere, ad una certa, la «a» in eccedenza a inizio parola potrebbe essere trasportata infine, come desinenza: vi presento Aronna. A meno che, ora che ci pensiamo, Aronne non sia stato scelto già come termine femminile, ma plurale: le Aronne. Sappiamo che in effetti per qualche ragione il genderismo anglofono consiglia l’uso di pronomi plurali (they/them) per le persone cosiddette «non binarie», o meglio per chi vuole.

 

Ragionandoci su, ci rendiamo conto però che si tratta di problemi inesistenti: con la sfolgorante carriera della carriera alias per tutti, qualsiasi studente può cambiare nome al volo, e pretendere di farsi chiamare col nuovo nome da tutta la scuola anche senza passare all’anagrafe. Che poi, pure il passaggio all’anagrafe per il cambio (di sesso, di nome, etc.) non è che sia cosa difficile: si può già fare, senza bisogna di castrazioni o chirurgie plastiche, in tanti Paesi, come la vicina Svizzera, o la Germania, dove si può fare una volta l’anno, da cinque anni in su. In futuro si potrà fare, molto presumibilmente, più volte. Lo si farà, se non lo si fa già, via internet, dal telefonino, con la app.

 

Insomma: perché mai, a questo punto, intraprendere quello sforzo indicibile che è la scelta del nome per la creatura (mettendo insieme gusti, statistiche, date, santi, faccia) quando questa può sceglierselo democraticamente in autogestione più in là? Se può scegliersi il sesso, perché non può scegliersi il nome?

 

Facciamo ufficialmente una proposta seria allo Stato moderno: ma perché mai dare nomi ai bambini, che poi magari non sono quelli che vogliono? Non sarebbe molto più facile assegnare loro un codice numerico, e via? Ad una certa, potranno sbloccarlo, come si fa quando si sceglie la password di un nuovo account dopo quella provvisoria iniziale, e piazzarci l’appellativo che vogliono, magari pure capolavori di digitazione come X Æ A-12, l’eccezionale, battaglianavalesco nome del figlio di Elone e dell’allora concubina cantante.

 

Si immagini la dolcezza sottesa alla nostra proposta: «THX1138, è pronta la cena!». A emettere l’annuncio qui, ovviamente, non è la madre, ma il genitore 1, oppure quello 2.

 

Havvi, infine, da farsi una considerazione riguardo al passare del tempo e dei costumi – o tempora, o mores, direbbe Ciceron* – con i relativi rischi: se a uno scappa «auguri e figli maschi», in quali conseguenze incorre? Denunzie? Rieducazioni? Deportazioni? Torture? Sostituzione coatta del nome anagrafico?

 

Che non sia il caso di conformare tutti al mondo nuovo? Suggeriamo all’onorevole Zan* di prendere spunto dal lieto evento che lo vede coinvolto per presentare un veloce disegnino di legge – un articoletto e via – per istituire, come unico auspicio proferibile a chi ancora si ostina a fare i figli con l’utero senza sesso predefinito, «auguri e figli gender». 

 

Roberto Dal Bosco

Elisabetta Frezza

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Più popolari