Animali
Almeno un attacco al giorno: la banda delle orche assassine stronze persiste

La teppa cetacea di Gibilterra colpisce ancora. Anzi, continua imperterrita nelle sue scorribande contro le imbarcazioni degli umani.
Renovatio 21 ne aveva parlato qualche settimana fa: la situazione nelle acque al largo di Marocco, Spagna e Portogallo pareva andata fuori controllo, con attacchi proditori continui da parte dei mammiferi acquatici bianconeri, barche a vela «scuffiate», cioè ribaltate dalla masnada di bestioni pinnati.
Ora un sito creato per monitorare l’attività delle orche chiamato Orcas.pt sostiene, dati alla mano, che vi sarebbe un ulteriore aumento delle insensate violenze delle Killer Whale.
I can’t get over this. A captain found his small boat surrounded by orcas off the coast of Spain, and at first he was excited. Then they started ramming his ship, and took the rudder off. pic.twitter.com/fejli1jsxN
— Stop Cop City (@JoshuaPHilll) June 15, 2023
Secondo i dati del sito, c’è stato almeno un incontro con orche assassine ogni giorno a giugno, con un totale di 10 attacchi e 12 avvistamenti aggiuntivi segnalati dall’inizio del mese. In alcuni giorni si è assistito a più attacchi, come quattro il 3 giugno e due l’8 giugno.
#Orcas seem to have enough of us. These attacks started in #2020 of the southern coast of #Spain and #Portugal. pic.twitter.com/NS5lpVPIrZ
— KnutSchumacher (@Knut_Schumacher) June 13, 2023
Il creatore del sito, un signore di nome Rui Alves, spera che diffondendo la consapevolezza di questi incidenti, i marinai evitino le aree delle orcazze, riducendo al minimo i potenziali rischi.
"We didn't even see them coming."
Orcas are attacking boats in Europe. pic.twitter.com/ThPr8eds7U
— CNN (@CNN) June 14, 2023
Recenti resoconti descrivono diversi casi di barche danneggiate o affondate durante gli incontri con le orche. In un incidente, una barca è stata speronata per oltre un’ora, provocando la rimozione del timone. Un altro yacht è stato colpito ripetutamente, portando al suo completo affondamento.
Fortunatamente, finora non sono stati segnalati gravi danni all’uomo. Finora.
Nah lmao orcas are dope. Dolphins can get it tho pic.twitter.com/il5h7ule9I https://t.co/3eRKq4Jpsn
— ronny da II ???????? (@notronnyrick) June 20, 2023
Le ragioni alla base degli attacchi alle barche rimangono poco chiare. Tuttavia si fa strada la teoria – molto animalara e Ultima-Generazione-compatibile – che un’orca traumatizzata di nome White Gladis potrebbe influenzare altre orche assassine a imitare i suoi attacchi alle navi: alla base della cattiveria del crudele pachiderma pisciforme, ci sarebbe insomma la cattiveria dell’uomo.
Tutto torna: colpa dell’essere umano, quindi fate meno figli, eutanatizzatevi, fatevi sbranare da un orso, da un lupo, da un cinghiale oppure anche – novità! – da un’orca assassina – e pure molto stronza.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Animali
Falso allarme della Marina britannica: non era un sottomarino russo, ma un peto di balena

Le navi britanniche hanno trascorso diversi giorni sulle tracce di un presunto sottomarino stealth russo prima di concludere che la sospetta traccia sonar potesse in realtà appartenere a una balena che emanava peti subacquei, ha detto una fonte della Royal Navy al quotidiano britannico The Sun.
Due suoni misteriosi sono stati captati al largo della costa nord-occidentale della Scozia, tra Applecross e l’isola di Raasay, secondo il tabloid britannico. Convinta che fossero opera dell’uomo, la Royal Navy ha iniziato una caccia in acque profonde.
«Abbiamo analizzato i suoni e ora crediamo che si trattasse di un mammifero marino. Una balena», ha detto un funzionario della marina anonimo al The Sun, aggiungendo che la balena potrebbe aver emesso una forte e squassante quantità di gas in quel momento.
«Lo stiamo prendendo molto seriamente», ha detto un’altra fonte della Royal Navy. «Dobbiamo supporre il peggio».
Il primo segnale è stato rilevato mentre viaggiava verso nord, verso il mare aperto. Il secondo è stato udito «giorni dopo» mentre si muoveva verso sud, prima di girarsi e ripartire.
L’Ammiragliato aveva ipotizzato che la Direzione principale per la ricerca in acque profonde (GUGI) dell’esercito russo potesse aver tentato di installare sensori per ottenere le firme acustiche dei sottomarini della Royal Navy, come i portamissili di classe Vanguard e le imbarcazioni d’attacco di classe Astute.
La posizione effettiva della flotta sottomarina britannica dovrebbe essere un segreto gelosamente custodito. Secondo il New York Post, i sospetti suoni di flatulenza sono stati rilevati «a circa 100 miglia» (cioè 160 km) dalla base dei sottomarini.
Il quotidiano statunitense ha ridicolizzato l’incidente definendolo «la caccia al Red Fart-ober», un gioco di parole sul titolo del film del 1990 Caccia a Ottobre Rosso, pellicola con Sean Connery basata sul romanzo dell’ineffabile Tom Clancy
I sottomarini con missili balistici sono considerati una componente chiave del deterrente nucleare di un paese, assicurando che il suo arsenale atomico non possa essere eliminato da un primo attacco a sorpresa. All’inizio di questo mese, la marina francese ha represso l’uso di un’app di monitoraggio della forma fisica nella sua base di sottomarini nucleari, temendo che i post online di Strava potessero rivelare i programmi di pattugliamento delle imbarcazioni.
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Le tensioni tra NATO e Russia, esacerbate dal conflitto in Ucraina, altre volte sono tracimate nel mondo cetaceo.
Una balena beluga avvistata al largo della costa settentrionale della Norvegia nel 2019 è stata descritta come una «spia russa» e seguita dalla marina norvegese per anni. La balena, soprannominata «Hvaldimir» (crasi tra la parola norvegese per balena, hval, e Vladimir), è stata trovata morta lo scorso agosto, presumibilmente per cause naturali. Alcuni, tuttavia, hanno parlato addirittura della possibilità che lo Hvaldimiro fosse stato assassinato a colpi di arma da fuoco.
La questione dei peti sottomarini che possono innescare una guerra termonucleare globale non è da sottovalutare, e va ad aggiungersi alla pericolosa quantità di problemi e malefatte a base di balene, orche e delfini di cui Renovatio 21 cerca costantemente di informare i lettori, sottolineando l’orrore e l’allarme che nella popolazione deve cominciare a suscitare la questione dei pisciformi mammiferi marini.
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La marmotta oracolare non sarà sostituita da una torta vegana

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Animali
Clonato furetto in via di estinzione

L’US Fish and Wildlife Service ha annunciato che un furetto dai piedi neri (mustela nigripes) clonato ha appena prodotto la prima prole apparentemente «sana». Si tratta della prima volta che una specie in via di estinzione clonata si riproduce negli Stati Uniti, costituendo, secondo quanto comunicato, un «risultato rivoluzionario nella ricerca sulle specie in via di estinzione».
La creatura clonata, di nome Antonia, ha dato alla luce due cuccioli sani allo Smithsonian National Zoo and Conservation Biology Institute (NZCBI) in Virginia, dopo essersi accoppiato con un maschio di 3 anni nato naturalmente.
All’inizio di quest’anno, Antonia è stata clonata da campioni di tessuto conservati presso il Frozen Zoo della San Diego Zoo Wildlife Alliance nel lontano 1988, ben 35 anni fa.
Gli scienziati dell’USFWS addetti al programma di recupero del furetto, hanno dato seguito a questo primo grande risultato, continuando la discendenza genetica di una specie che ormai dipende da un pool genetico estremamente limitato, derivato da soli sette singoli antenati furetti. Ciò significa che il furetto dai piedi neri è estremamente vulnerabile, specialmente in condizioni ambientali mutevoli, ma con una nuova linea di discendenza, la specie ha una nuova possibilità di continuare la sua eredità.
Secondo l’USFWS, i campioni di tessuto da cui è stata clonata il mustelide contengono tre volte la diversità genetica dell’attuale popolazione della specie, il che significa che la sua prole potrebbe contribuire notevolmente ad approfondire la diversità genetica della specie.
Secondo alcune stime, all’inizio del 1900, c’erano fino a un milione di furetti dai piedi neri, ma alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, la specie è stata ritenuta estinta a causa dell’espansione agricola e dell’eradicazione del cane della prateria, che rappresentava un 90% della sua alimentazione.
«Questo progetto rappresenta una pietra miliare storica nella storia della conservazione», ha affermato Ryan Phelan il co-fondatore di Revive & Restore, partner di questo esperimento. «Per la prima volta, possiamo affermare con certezza che la clonazione ha contribuito a una variazione genetica significativa in una popolazione riproduttiva. Man mano che questi cuccioli avanzano nel programma di riproduzione, l’impatto di questo lavoro si moltiplicherà, creando nel tempo una popolazione più robusta e resiliente».
Come riportato da Renovatio21, «replicare» animali non è certo una novità, almeno dai tempi della notoria pecora Dolly.
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Pochi anni fa ricercatori dell’Università cinese di Nankai hanno affermato di aver clonato alcuni maiali attraverso un processo completamente automatizzato. Una scrofa surrogata avrebbe dato alla luce sette maialini clonati presso l’università cinese.
La clonazione di cani, gatti, cavalli ed altri animali domestici è una realtà, per chi può permetterselo, da diversi anni. Il processo prevede l’estrazione del DNA dall’amato animale domestico per produrre embrioni che sono la sua replica genetica esatta da collocare all’interno di una madre surrogata per svilupparsi fino alla nascita.
Un possessore di cani clonati sarebbe il presidente argentino Javier Milei, il quale, è stato detto dalla stampa, sarebbe pure in contatto medianico con il quattrozampe originario. Il clonaggio di animali domestici, che sono destinatari di grande investimento affettivo da parte delle persone, ci avvicina giocoforza alla piena accettazione della clonazione umana.
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Immagine di USFWS Mountain Prairie via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic; immagine ingrandita
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