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Balenotteri gay e stupratori scandalizzano gli oceani

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Gli scienziati hanno documentato per la prima volta in assoluto un rapporto omosessuale fra due esemplari maschi di megattera. Lo riporta il New York Post.

 

Gli omo-cetacei sono stati fotografati dai ricercatori al largo delle coste delle Hawaii, scrive un articolo sui risultati pubblicato martedì scorso sulla rivista scientifica Marine Mammal Science.

 

«Gli accoppiamenti e gli incontri sessuali non riproduttivi tra i giganteschi mammiferi marini sono stati osservati raramente in natura e mai catturati prima dalla fotocamera» scrive il giornale di Nuova York.

 

Il rapporto omofilo tra balenotteri è stato fotografato vicino al cratere Molokini al largo dell’isola di Maui il 19 gennaio 2022, dopo che un’imbarcazione privata ha avvistato la coppia di bestioni marini. Le megattere furono successivamente identificate dai trematodi della coda e precedenti campioni bioptici raccolti dai ricercatori confermarono che entrambe le balene erano maschi.

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«Le fotografie tuttavia rivelano una storia più oscura della rivelazione secondo cui la specie è LGBT-friendly» scrive il New York Post.

 

Secondo quanto riportato, è stata osservata una megattera adulta sana che inseguiva una megattera adulta ferita e visibilmente emaciata in circolo attorno alla barca.

 

«Secondo i ricercatori, il maschio aveva il pene estruso– invece che nascosto all’interno del lembo genitale come normalmente – mentre inseguiva la balena maschio che si muoveva lentamente. La balena forte ha penetrato più volte nel lembo genitale della balena più debole mentre la afferrava con le pinne pettorali, come si vede nelle fotografie, prima di tuffarsi nelle profondità del mare».

 

Insomma, si tratta di uno stupro gay cetaceo?

 

«Qui abbiamo la prima documentazione di un maschio di megattera che penetra sessualmente un’altra megattera, ma anche il caso di un animale ferito e malsano che viene penetrato da quella che sembra essere una balena sana e forte», hanno scritto gli autori del rapporto.

 

Gli stessi scienziati hanno affermato che è tuttavia difficile conoscere la spiegazione esatta del comportamento, ma hanno fornito alcune possibilità: «la megattera più forte potrebbe aver tentato erroneamente di accoppiarsi con quella malata, potrebbe aver rafforzato una relazione sociale con un conspecifico ferito o potrebbe aver espresso il suo dominio sul concorrente più debole».

 

Quindi, traducendo, per la legge della jungla balenottera: sei più debole, sei inferiore, quindi ti penetro, ti violento.

 

Va ricordato, inoltre che, i ricercatori hanno già osservato una volta una megattera con il pene estruso adiacente al corpo fluttuante di un maschio morto poco prima durante un combattimento.

 

«È sorprendente che le uniche due osservazioni di tale comportamento nella letteratura scientifica riguardino balene malate o decedute», avevano scritto i ricercatori.

 

Quindi, evvi anche la necrofilia cetacea?

 

«Gli scienziati non sanno se un comportamento sessuale simile si sarebbe verificato o si sarebbe verificato tra due megattere maschi sani, ma gli incontri sessuali tra coppie dello stesso sesso sono stati documentati in un’ampia gamma di specie, inclusi altri mammiferi marini come trichechi, foche delfini tursiopi comuni, orche assassine e orche grigie».

 

La pericolosa, oscena dissoluzione della specie dei mammiferi pisciformi non cessa di stupire.

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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa gli scienziati hanno scoperto delfini di acqua dolce usare un anaconda morto come attrezzo sessuale. È stato notato inoltre che i maschi della specie, che ricordiamo sono dotati di «peni prensili», usano attaccare le delfine, sia per stupro sia per semplice violenza. Gli stupri possono essere di gruppo, e i sono pure storie sull’omosessualità dei delfini, una specie che sembra non conoscere limiti quando è eccitata, arrivando a molestare anche le femmine umane, rivoltante fenomeno che interessò il controverso scienziato statunitense John Lily, che fece convivere – in un esperimento pagato dalla NASA – una donna ed un delfino, con risultati da vomito. Per non farsi mancare niente, in altri esperimenti il dottor Lily diede ai delfini anche l’LSD.

 

I delfini si uccidono i cuccioli l’uno con l’altro, e a volte i loro stessi cuccioli. Sono conosciuti per l’inclinazione a uccidere anche cuccioli di altre specie. I delfini, la cui consumazione è proibita nonostante i ricettari nostrani ancora riportano come si prepara il «mosciame di delfino», torturano spesso il loro cibo prima di mangiarlo, e, un po’ come i lupi, uccidono gli altri animali solo per divertimento. I delfini sono anche dei drogati: secondo un servizio della BBC, «i delfini tursiopi giocano con pesci palla tossici che secernono una neurotossina che a dosi elevate può uccidere ma a piccole dosi sembra avere un effetto narcotico».

 

L’anno scorso una torma di delfini ha cominciato ad attaccare ripetutamente i bagnanti su una spiaggia giapponese, causando quattro feriti. Ma non si tratta delle sole spiagge: in Giappone i cetacei si sono spinti così oltre che una balena è stata vista nuotare nel fiume Yodogawa, non lontano da Osaka.

 

Renovatio 21 si è occupata varie volte della banda di orche debosciate che incrocia presso Gibilterra, che ha scatenato qualcosa come un attacco al giorno, con la teppa cetacea a minacciare anche le spiagge spagnuole.

 

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Tuttavia gli esempi del comportamento inaccettabile da parte di questi animali – che mascherano la loro malvagità impadronendosi dei colori del panda, simbolo delle specie protette – non accennano a fermarsi: solo la settimana scorsa a Mossel Bay, in Sud Africa, un’orca assassina ha sbranato dinanzi ad un pubblico umano uno squalo bianco, che è invece davvero una specie protetta dal CITES. La creatura, dopo aver assassinato il pescecane, ne avrebbe consumato pubblicamente il fegato.

 

Abbiamo riportato, inoltre i casi di aggressione da parte di balene agli esseri umani e alle loro barche.

 

Settimane fa in Australia un surfista – o meglio, un praticante di wingfoiling – è stato brutalmente assaltato da una balenottera che, non paga di averlo buttato in acqua schiacciandolo col suo mastodontico peso, lo ha pure trascinato negli abissi dell’Oceano.

 

 

Altri casi, finiti in filmati che vi abbiamo mostrato, fanno vedere balene che con pachidermiche spanciate a seguito di guizzi fuor d’acqua distruggono imbarcazioni – con persone a bordo.

 

 

E vogliamo sempre ricordare, che va considerata, riguardo l’acredine del cetaceo verso l’uomo, la teoria secondo cui gli antichi avvistamenti di mostri marini non sarebbero da ricondurre ad altro se non i peni eretti delle balene, che a questo punto immaginiamo vengano oscenamente esposti alla vista degli umani come gesto di sfida.

 

Da tempo oramai Renovatio 21 chiede un la creazione di un movimento internazionale per sistemare il comportamento dei cetacei, chiaramente divenuto sconcio, indecente, immorale, scurrile, impudico, dissoluto, licenzioso, depravato, lascivo, volgare, sporco, laido, scostumato, svergognato, lubrico, scandaloso, turpe, disonesto e pericoloso.

 

Fino a quando gli oceani, e l’umanità, dovranno sopportare lo scandalo di queste bestie prive di pudore?

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Cecchini in elicottero uccidono 700 koala

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Circa 700 koala sono stati colpiti dai cecchini che sorvolavano il parco nazionale Budj Bim nel Victoria, in un’operazione eutanatica a seguito di un devastante incendio boschivo che ha bruciato oltre 2.000 ettari di habitat.   L’incendio ha lasciato molti koala feriti, disidratati e senza cibo, spingendo le autorità – evidentemente in apprensione per i sentimenti dei marsupiali arboricoli – ad avviare l’abbattimento all’inizio di aprile per evitare ulteriori sofferenze.   Il governo regionale ha difeso la decisione di effettuare un abbattimento aereo dei koala nel parco nazionale Budj Bim, citando le valutazioni degli esperti e i pareri dei veterinari.

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Secondo quanto riportato dalla stampa australiana martedì, le organizzazioni per la protezione degli animali hanno espresso preoccupazione per la salute dei cuccioli orfani abbandonati dopo la strage.   L’approccio australiano, che è consistito materialmente nell’invio di cecchini in elicottero per sparare alle bestiole, ha scatenato una reazione rapida e diffusa.   «Il ricorso alle riprese aeree dovrebbe essere considerato l’ultima risorsa», hanno affermato in una nota gli Amici della Terra di Melbourne, esortando le autorità a sospendere l’abbattimento e a consentire l’accesso al sito ad osservatori indipendenti.   «È la prima volta che in Australia vengono uccisi dei koala sparando da un elicottero», ha dichiarato l’organizzazione. «L’abbattimento aereo dei koala è una novità australiana e crea un precedente etico sgradevole».   L’organizzazione per la protezione degli animali Koala Alliance ha espresso preoccupazione per i giovani cuccioli vulnerabili che rischiano di essere abbandonati a se stessi e di morire di fame o di freddo.   «Se i koala venissero abbattuti dagli alberi, significherebbe che molti piccoli verrebbero lasciati a soffrire e morire. È spregevole. È crudele», ha dichiarato il gruppo in una dichiarazione su Facebook.   Gli attivisti hanno espresso una preoccupazione tutta eutanatica per il fatto che le decisioni venivano prese da veterinari e tiratori da distanze fino a 30 metri, aumentando il rischio di uccidere per errore koala sani, comprese le madri che si prendevano ancora cura dei loro cuccioli.

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Cioè: il koala sano può vivere, il koala malato no. Il concetto nazionalsocialista di lebensunwertes leben, «vita indegna di essere vissuta», si applica anche agli orsettoidi degli antipodi – e lo ritengono sia i cecchini stragisti che quanti – ambientalisti, animalisti, gattare che laggiù si chiameranno koalare, magari pure coalizzate – protestano. Magari sono gli stessi che invece approvavano la repressione senza pietà di coloro che – sani! – si opponevano al regime pandemico australiano, che in effetti ci ha regalato ulteriori momenti hitleristi, con la costruzione di veri e propri lager.   Come riportato da Renovatio 21, certi ricordi della vecchia eugenetica con baffetto rimergono in continuazione: ad esempio quando tre mesi fa lo zoo di Lipsia ha sparato, per ragioni di «controllo della popolazione», a quattri antilopi sane.   La pandemia, rammentiamo, è stato momento slatentizzante per tali pulsioni: pensiamo al progetto delle autorità britanniche di imporre l’uccisione di tutti i gatti domestici durante il COVID.

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Immagine di Silverish Lily via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Ecco il terrifficante «coccodrillo mangia-dinosauri»

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Un nuovo studio ha portato alla luce la figura del Deinosuchus riograndensis, un immane loricato che viveva in Nord America nella preistoria, talmente grande da divenire predatore di dinosauri. Gli scienziati ora lo chiamano «coccodrillo del terrore». Lo riporta la CNN.

 

Il Deinosuchus costituisce uno dei più grandi coccodrilli mai esistiti, con un corpo lungo almeno 8 metri e denti grandi come banane. Da circa 82 a 75 milioni di anni fa, il predatore più grande nuotava nei fiumi e negli estuari del Nord America. Il cranio era largo e lungo, con una protuberanza bulbosa alla punta, diversa da qualsiasi altra struttura cranica osservata in altri coccodrilli.

 

Le impronte di denti sulle ossa del Cretaceo suggeriscono la prospettiva scioccante secondo cui il Deinosuchus cacciasse o si nutrisse di dinosauri.

Immagine di Smokeybjb via Wikimedia CC BY-SA 3.0

 

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Nonostante il suo nome scientifico, che si traduce come «coccodrillo del terrore», il Deinosuchus è stato comunemente definito «alligatore maggiore», e precedenti valutazioni delle sue relazioni evolutive lo avevano classificato tra gli alligatori e i loro antichi parenti.

 

Tuttavia, una nuova analisi di fossili, insieme al DNA di coccodrilli viventi come alligatori e coccodrilli, suggerisce che il Deinosuchus appartenga a una parte diversa dell’albero genealogico dei coccodrilli.

 

A differenza degli alligatoridi, il Deinosuchus ha mantenuto le ghiandole del sale dei coccodrilli ancestrali, che gli permettono di tollerare l’acqua salata, come riportato mercoledì dagli scienziati sulla rivista Communications Biology.

 

I coccodrilli moderni possiedono queste ghiandole, che raccolgono e rilasciano il cloruro di sodio in eccesso.

 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

La tolleranza al sale avrebbe aiutato il Deinosuchus a navigare nel Mare Interno Occidentale che un tempo divideva il Nord America, durante una fase di serra segnata dall’innalzamento globale del livello del mare.

 

Il Deinosuchus potrebbe quindi essersi diffuso in tutto il continente, popolando le paludi costiere su entrambe le sponde dell’antico mare interno e lungo la costa atlantica del Nord America.

 

L’albero genealogico rivisto del nuovo studio sui coccodrilli offre nuove prospettive sulla resilienza climatica del gruppo e suggerisce come alcune specie si siano adattate al raffreddamento ambientale mentre altre si sono estinte.

 

L’albero genealogico rivisto del nuovo studio sui coccodrilli offre nuove prospettive sulla resilienza climatica del gruppo e suggerisce come alcune specie si siano adattate al raffreddamento ambientale mentre altre si sono estinte.

 

 

Sebbene il Deinosuchus fosse stato a lungo classificato come un parente degli alligatori, la sua distribuzione su entrambe le sponde di questo vasto canale costituiva un enigma irrisolto. Se si trattava di un alligatoreide – un gruppo che oggi vive solo in acqua dolce – come poteva il Deinosuchus attraversare un mare lungo più di 1.000 chilometri?

 

Un’ipotesi suggeriva che i primi alligatori fossero tolleranti all’acqua salata e che in seguito avessero perso questa caratteristica. Tuttavia tale interpretazione non aveva molte prove a supporto; si basava esclusivamente sull’inclusione del Deinosuchus nel gruppo degli alligatoride.

 

Immagine di Connor Ashbridge via Wikimedia CC BY-SA 4.0

 

Un’altra possibile spiegazione era che il Deinosuchus si fosse diffuso in Nord America prima della formazione del Canale interno occidentale, che avrebbe diviso le popolazioni occidentali da quelle orientali. Tuttavia, la documentazione fossile non lo conferma. Il canale apparve circa 100 milioni di anni fa, il che lo rende circa 20 milioni di anni più antico dei primi fossili di Deinosuchus conosciuti.

 

Sebbene il Deinosuchus fosse uno dei coccodrilli più grandi, non era l’unico gigante. Secondo lo studio, i coccodrilli enormi si sono evoluti indipendentemente in ambienti acquatici più di una dozzina di volte negli ultimi 120 milioni di anni, durante tutte le fasi climatiche globali, comprese le ere glaciali.

 

Anche tra le specie viventi, segnalazioni di individui di 7 metri o più persistettero fino al XIX secolo, il che suggerisce che l’enorme Deinosuchus fosse la regola piuttosto che l’eccezione.

 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

Come riportato da Renovatio 21, il mondo continua ad essere zeppo di scene di panico scatenate dalle apparizioni in territorio umano dei tremendi rettili.

 

E non si tratta solo di loricati.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso gli scienziati dell’Istituto indiano di tecnologia Roorkee, in India, hanno pubblicato un articolo sulla rivista Scientific Reports per discutere della loro scoperta del Vasuki Indicus, una nuova specie di serpente gigante, vissuto circa 47 milioni di anni fa nello Stato indiano del Gujarat, che sarebbe stato «lungo come un autobus».

 

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Leoni di mare indemoniati attaccano surfisti

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Un’ora di leoni marini «indemoniati» hanno attaccato persone sulla costa Californiana nelle ultime due settimane. Lo riporta la stampa americana.   In un episodio raccapricciante, un surfista californiano è stato «scosso» nel profondo dopo essere stato sbranato da un leone marino, un otariide che possiamo definire come una grossa foca.   «Oggi ho vissuto l’esperienza più straziante e traumatica dei miei 20 anni di surf», ha scritto il fotografo ed esploratore Rj LaMendola nella didascalia di un post su Facebook, ricordando l’attacco. «Sembrava posseduto», ha scritto il LaMendola, affermando che l’animale coinvolto nell’incontro appena a nord di Los Angeles era «selvaggio, quasi demoniaco».

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Il residente di Ventura ha dichiarato di stare facendo surf a circa 150 metri dalla riva all’Oxnard State Beach Park quando, «dal nulla», il mammifero «è emerso dall’acqua» e si è lanciato verso di lui a tutta velocità. «La sua bocca si è spalancata, i denti brillacano, e i suoi occhi mi hanno fissato con una ferocia inquietante», ha ricordato il surfista in istato di choc. «Il mio cuore ha sussultato mentre istintivamente tiravo la tavola di lato, remando freneticamente per evitarla mentre si lanciava in avanti, deciso a schiantarsi contro di me».   «Ho schivato a malapena la prima carica, mi si è fermato il respiro mentre mi giravo, disperato e diretto verso la riva». Poi la tozza belva marittima è scomparsa di nuovo nel blu da cui era venuta – ma quello fu solo l’inizio del pestaggio della creatura contro l’umano. Il leone marino si è quindi lanciato di nuovo alla carica «mostrando i denti», come se fosse «un predatore folle», ha detto il malcapitato.   «Questa volta si è schiantato sulla mia tavola con una forza incredibile, tuffandosi sotto di me in un arco rapido e fluido che mi ha fatto venire i brividi», ha scritto LaMendola, che ha capito che non si trattava di un «incontro giocoso». «Si trattava di qualcosa di completamente diverso, qualcosa di sbagliato».   Si trattava dell’inizio un circolo vizioso in cui la bestia posseduta indietreggiava ripetutamente e attaccava il surfista indifeso, costringendolo a proteggersi con la tavola e a nuotare verso la riva tra un attacco e l’altro.   Durante uno dei circa quattro scontri, LaMendola tentò di colpire il suo baffuto aggressore con un pugno, ma questi ha schivato il colpo con «inquietante agilità». Ecco quindi che l’orrendo animale si è voltato per stringere le tremende fauci intorno alla «natica sinistra» del surfista, prima di trascinarlo giù dalla tavola e farlo cadere nell’acqua.   «Non so come descrivere la paura che mi ha preso in quel momento», ha ricordato il sopravvissuto. «Così lontano dalla riva, così indifeso, a fissare il volto di questa creatura che non assomigliava a nulla che avessi mai visto prima: la sua espressione era selvaggia, quasi demoniaca, priva della curiosità o della giocosità che avevo sempre associato ai leoni marini».   Dopo una snervante battaglia interspecifica, il LaMendola è riuscito infine a nuotare verso la riva, mentre la furia focide non smetteva di seguirlo e di attaccarlo finché i suoi piedi «finalmente raschiarono la sabbia».   La tuta della vittima era «a brandelli» nel punto in cui era stata morsa, ha raccontato, esponendo una «ferita da puntura» da cui il sangue colava lungo la gamba e finiva sulla sabbia. Successivamente LaMendola si è recato al pronto soccorso in auto.   Quando il povero appassionato di surf ha contattato il Channel Islands Marine and Wildlife Institute per denunciare l’attacco, i ricercatori hanno risposto di aver notato un aumento degli incidenti a Santa Barbara e nella contea di Ventura che coinvolgevano leoni marini e altri animali marini.   Infatti, non si tratta dell’unico caso del genere, purtroppo.   A Sud del luogo dell’aggressione, la quindicenne Phoebe Beltran stava facendo un test di nuoto a Long Beach per diventare bagnina quando un leone marino l’ha morsa ripetutamente. «Ero così spaventata, così scioccata, ma sentivo ancora un dolore immenso alle braccia, più e più volte», ha raccontato l’adolescente ai media locali statunitensi.   Altro che squali.  
  Gli attacchi consecutivi hanno fatto notizia a livello mondiale e causato una certa ansia tra coloro che vivono in California e nelle sue spiagge iconiche. Sebbene gli attacchi siano rari, gli esperti affermano che il numero di animali ammalati dalla fioritura di alghe tossiche sembra essere in aumento.   I giornali stanno speculando, al solito, su cause esogene rispetto la cattiveria animale: ecco la spiegazione eco-sostenibile, per cui a rendere mostruosamente aggressivo il mammifero acquatico sarebbe stata un’alga tossica.   Foche e altri mammiferi pinnati non sono nuovi a storie di ira e violenza.   Come riportato da Renovatio 21, la California aveva vissuto tre anni fa momenti di panico quando una coppia di leoni marini si presentò sulla spiaggia di La Jolla Cove costringendo i bagnanti a fuggire terrorizzati. La situazione dei poveri bagnanti è stata paragonata da un osservatore come l’«essere inseguiti da Godzilla».   In seguito spopolò in rete il video con il sottofondo dei Beach Boys.   Come Renovatio 21 ha avuto modo di ricordare riguardo il recente caso di elicottero caduto a causa pinguino, i leoni marini sono una razza che si comporta verso i controversi pennuti in maniera oscena e criminale, arrivando a stuprarli in pubblica piazza.   Il filmato è solo per persone con lo stomaco forte – almeno quanto quello di pinguini, gabbiani e cormorani che guardano questa scena indegna senza nemmeno provare ad intervenire.  

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Vogliamo ricordare anche di quando un malvagio leone marino, a favore di telecamere, cercò di rapire una bambina trascinandola in acqua.     I leoni marini sono stati inoltre notati commettere rapine e ladrocini vari ai danni di poveri pescatori.  

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I maschi della specie possono crescere fino a 2,5 metri di lunghezza e possono pesare fino a 275 chili, secondo lo Smithsonian National Zoo. Le femmine possono raggiungere fino 1,8 metri di lunghezza e possono pesare circa 181 chili.   I leoni marini sono animali estremamente comuni in certe parti della costa californiana. A Santa Cruz, nota spiaggia surfistica a sud di San Francisco, è possibili vedere poltrire lungo il pier, il pontile che dalla spiaggia si spinge verso il mare ospitando ristoranti di incredibili clam chowder (zuppa di vongole all’americana).   La natura insolente e scroccona della specie è ben visibile anche in questo video, dove la creatura pinnata prima si autoinvita in un club sulla spiaggia, usufruisce della piscina senza averne titolo, per poi scacciare un membro pagante dal suo sdraio per sollazzarvisi.     Si tratta di comportamenti da bestiacce di cui dobbiamo cominciare a tenere conto.

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