Animali
Le orche assassine stanno diventando assassine
Nomen Omen. Le orche assassine stanno diventando… assassine?
Le cronache internazionali riportano costantemente di orche assassine che attaccano piccole barche a vela, generalmente utilizzate dai ricchi europei per scopi ricreativi.
Dal 2020, queste creature marine hanno danneggiato navi circa 100 volte nelle acque al largo di Marocco, Portogallo e Spagna, secondo i dati forniti dall’Atlantic Orca Working Group.
Il numero di attacchi falliti contro le barche tuttavia è cinque volte superiore.
Secondo quanto si riteneva le orche assassine non considerano gli umani come prede e non li attaccano mai di proposito, tuttavia il loro odio nei confronti delle barche a vela è oramai innegabile.
Si sospetta che le orche in questione rappresentino un piccolo gruppo di creature e che tra loro vi siano solo due adulti. I tentativi di attacco si verificano quasi ogni settimana e seguono lo stesso scenario: alcune orche assassine distruggono il timone, mentre altre vanno a sbattere contro lo scafo.
Nei confronti di questa grave, pericolosissima situazione, sono state avanzate diverse ipotesi, tutte ancora da dimostrare.
Il dottor López Fernandez, un biologo dell’Università di Aveiro in Portogallo, ha studiato a fondo l’argomento e lo ha definito un «comportamento complesso che non ha nulla a che fare con l’aggressività».
Alcuni ricercatori ritengono che la pratica di attaccare le barche derivi dall’esperienza traumatica di una singola orca assassina, come una collisione con una nave o un impigliamento nella lenza, dopo di che ha imparato ad attaccarle e ha trasmesso questa conoscenza ad altre orche.
Il dottor López Fernandez ha sottolineato che «le orche condividono la loro cultura con i loro piccoli e con i loro coetanei», sottolineando che questa specie impara per imitazione. Tuttavia, non crede che questo modello comportamentale diventerà comune tra le orche assassine di tutto il mondo, ed è sicuro che rimarrà una caratteristica peculiare delle orche locali.
Altri ricercatori, riporta Sputnik, sottolineano la presenza di orche più giovani nel gruppo e affermano che potrebbe trattarsi di un semplice gioco che affina le loro abilità di caccia.
Come afferma Erich Hoyt, ricercatore presso Whale and Dolphin Conservation, «il gioco fa parte dell’essere un predatore» e le orche assassine potrebbero attaccare le barche per il «brivido».
Talaltri scienziati sottolineano che le orche usano l’ecolocalizzazione per cacciare e comunicare con i coetanei. Il rumore costante dei motori delle navi li stressa e provoca aggressività. Tuttavia, questo non spiega perché le orche assassine scelgano le barche a vela, che sono relativamente silenziose.
Bisogna comprendere che le orche sono cetacei, e quindi – come i delfini e le balene – soffrono di una sovraesposizione mediatica che nelle menti dell’opinione pubblica le ha rese, a forza di film e spettacoli nei parchi acquatici, creature tranquille e simpatiche.
I cetacei invece si distinguono talvolta per comportamenti inopportuni, pericolosi, talvolta osceni – nei confronti dell’uomo e di altre specie.
In molti forse hanno scordato i casi di balene che, d’un bleu, emergono dagli abissi per distruggere barche a vela con schienate titaniche, provocando il panico tra gli umani.
La specie cetacea più infame è tuttavia il delfino, dove fuori dal mainstream ogni anno si trovano notizie di scoperte sempre più agghiaccianti.
I delfini torturano spesso il loro cibo prima di mangiarlo, e, un po’ come i lupi, uccidono gli altri animali solo per divertimento: è il famoso surplus killing. I delfini si uccidono i cuccioli l’uno con l’altro, e a volte i loro stessi cuccioli. Sono conosciuti per l’inclinazione a uccidere anche cuccioli di altre specie.
C’è un problema di machismo cetaceo: i maschi della specie usano attaccare le femmine, sia per stupro sia per semplice violenza. Gli stupri possono essere di gruppo. Ci sono storie anche sull’omosessualità dei delfini, una specie che sembra non conoscere limiti quando è eccitata. Ricordiamo un dettaglio rivoltante: il pene dei delfini è prensile.
Tali mammiferi acquatici hanno poi il vizietto della droga. Secondo un servizio della BBC, «i delfini tursiopi giocano con pesci palla tossici che secernono una neurotossina che a dosi elevate può uccidere ma a piccole dosi sembra avere un effetto narcotico». Sì: i delfini sono dei drogati.
In un pezzo intitolato «I delfini sono più spaventosi degli squali», la scienziata marina e surfista di lunga data Apryl DeLancey ha scritto di un’esperienza spaventosa che ha avuto con un delfino a Manhattan Beach in California. Mentre stava facendo surf, un delfino ha iniziato a girare intorno a lei e al surfista accanto a lei. «I cerchi sono diventati sempre più piccoli fino a quando alla fine ha urtato di proposito la parte posteriore della mia tavola e poi è saltato sopra di me… Dopo il salto, il delfino è tornato a girarci intorno e alla fine si è arreso ed è decollato. Sembrava che ci stesse prendendo in giro o volesse che interagissimo con esso».
Secondo varie cronache, questi bulli del mare sono proni a rivoltanti tentativi di rapporti sessuali interspecie. Particolarmente vomitevoli furono gli esperimenti fatti negli anni Sessanta dallo psicoanalista neuroscienziato statunitense John Lily, che fece convivere – in un esperimento pagato dalla NASA – una donna ed un delfino, con risultanti agghiaccianti. Per non farsi mancare niente, in altri esperimenti il dottor Lily diede ai delfini anche l’LSD, e sapendo la storia dei pesci palla spremuti per la neurotossina, magari è piaciuto loro pure.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso è stato il turno dei delfini d’acqua dolce in Bolivia, che pare usino gli anaconda morti come oggetto sessuale.
Here is an incredible photo of two Bolivian river dolphin (Inia boliviensis) wrestling with a young green anaconda from Beni, Bolivia. I really wonder what is going on here, if they really tried to eat it or if it was some kind of playing behavior. Photo by Alejandro De Los Rios pic.twitter.com/pzC0jG6lth
— Markus Bühler (Bestiarium-Blog) (@MarkusBhler10) December 10, 2021
Le orche, tuttavia, rappresentano un altro livello di pericolo, in quanto hanno dimensioni tale da poter affondare piccole imbarcazioni.
Vale la pena quindi di riguardare questo video in cui un manipolo di umani salva un cucciolo di foca da una masnada di orche assassine fameliche – con tutto l’inquietante rischio che ciò comporta.
ORCA CHASING THE SEAL..VERY SMART SEAL TWITTER FAMILY ???? pic.twitter.com/gFGNj00TGr
— LIL GUY (@LILGUYISBACK) February 21, 2023
La foca in questione minga ha tutti i torti. Guardate a quale simpatico giuoco sono sottoposti i poveri cuccioli di pinnipede.
BRO THAT ORCA PUNTED THE SEAL SO FUCKING HARD LMFAO pic.twitter.com/rbYnK9CJZJ
— bobby (@kogsin) June 11, 2018
Perché la fine che fanno, i focidi, è tutto in questo ultimo sguardo che vedete qui sotto.
Nature can be cruel????
Watch this seal’s final moment before being an orca takes it away ???? pic.twitter.com/CiFvh2g6co
— The SciTech Guy (@theSciTechGuy) June 3, 2020
Passaggi umani per sfuggire alle orche sono richiesti anche da pinguini e lontre.
L’intelligenza di queste bestie è indiscutibile: guardatene un esemplare che usa un pesciolino come esca per papparsi un uccello.
Oppure guardatele lavorare in team creando tsunami per buttare in acqua il povero tricheco.
Killer Whales (Orcinus Orca) amazing pack hunters-Wave Washing one of their best hunting strategies which are knocking the seals off ice floes by ducking into the water making huge waves it is an amazingly well-coordinated effort-heightened vocalization during the process.
VC:BBC pic.twitter.com/qRS6alUmrR— Dr. PM Dhakate (@paragenetics) December 2, 2019
Sulla questione degli istruttori (le istruttrici, spesso) ammazzate dalle orche dei parchi acquatici la conversazione è lunga, e assai inquinata dagli animalisti che imputano le tragiche morti alla cattività delle bestie, che le indurrebbero alla psicosi.
In verità, se si chiamano pure in inglese Killer whales, «balene assassine», un motivo ci sarà, no?
Animali
Zoo tedesco giustizia antilopi sane: eutanasie animali e certi ricordi
Lo zoo di Lipsia ha sparato a quattro delle sue antilopi lechwe, citando ragioni di controllo della popolazione, senza menzionare problemi di salute o vecchiaia. Le carcasse sono state date in pasto ad altri animali dello zoo.
Le antilopi sono state abbattute venerdì mattina tramite cinque «colpi di precisione», come confermato dal portavoce dello zoo. Secondo la struttura, aveva tentato senza successo di trasferire gli animali in un altro zoo tramite il Programma Ex-situ, uno schema di gestione e conservazione della popolazione gestito dall’Associazione europea degli zoo e degli acquari.
Secondo quanto riportato dal quotidiano locale Leipziger Volkszeitung, che cita l’amministrazione dello zoo, la decisione è stata approvata da una speciale commissione etica.
Un caso simile si è verificato nello zoo australiano di Adelaide a ottobre, dove due leoni sono stati soppressi. Un maschio di nome Mujambi è stato il primo ad essere soppresso dopo aver sofferto di problemi di salute, che il team veterinario non è stato in grado di curare. Poco dopo, lo zoo ha deciso di sopprimere la compagna di lunga data di Mujambi, Amani, anche se la leonessa non era gravemente malata.
La struttura ha spiegato di aver scelto di risparmiarle gli «impatti negativi» del vivere da sola. «L’eutanasia è stata ritenuta nel miglior interesse per il benessere di Amani a causa del suo forte legame con Mujambi», ha affermato.
Lo zoo ha sostenuto che «a 23 e 19 anni, entrambi i leoni erano nelle ultime fasi della loro vita», con il direttore Phil Ainsley che ha insistito sul fatto che spostare Amani e integrarla in un altro branco o ambiente «era considerato troppo rischioso e stressante».
Il presidente e direttore della Zoological Wildlife Foundation, Mario Tabraue, ha detto a 7NEWS che «non c’è alcun ragionamento logico o scusa per quello che è stato fatto qui», suggerendo che lo zoo avrebbe potuto almeno provare a «trovare un altro compagno o amico» alla leonessa solitaria.
Verso la fine del 2022, lo staff dello zoo svedese Furuvik ha sparato e ucciso tre scimpanzé, lasciandone un altro ferito, dopo che gli animali erano fuggiti dal loro recinto. La struttura ha affermato all’epoca che gli animali «veloci, molto forti e generalmente senza paura» potevano «rappresentare una minaccia per la vita delle persone». Un portavoce ha aggiunto che lo zoo non aveva abbastanza tranquillanti per gestire la situazione in modo più umano.
L’idea da parte di zoo tedeschi di eutanatizzare via arma da fuoco animali sani ricorda, senza andare ai tempi dell’Aktion T4 – il programma sterminatore di eutanasia avviato dal Terzo Reich, con l’eliminazione di disabili ritenuti lebensunwertes leben, «vita indegna di essere vissuta» – un episodio di grottesco spinto capitato all’altezza del cosiddetto Dieselgate che sconvolse l’industria automobilistica tedesca: saltò fuori che grandi nomi dell’auto avrebbero allestito esperimenti per testare i gas delle auto su delle scimmie.
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Sì: camere a gas, con esperimenti medici annessi. La stampa germanica parlò pure di cavie umane… a qualcuno ricorda qualcosa?
Allora i giornali internazionali furono molto clementi, compresi quelli italiani, che ai tempi di governi tecnici e PD viveva questa bizzarra sudditanza (ricordate gli osanna alla Merkel?) nei confronti della «locomotiva d’Europa», non più ex invasore stile Marzabotto.
È tuttavia interessante tentare di immaginare le decisioni aziendali che hanno portato al fatto: le riunioni, le proposte («facciamo una camera a gas per scimmie, ja») e il consenso aò di fuori di ogni logica di memoria storica, relazioni internazionali, umorismo. Tre aree, in effetti, in cui la Germania non è mai andata fortissimo.
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Animali
Furry e quadroberi invadono anche il Kazakistan
🇷🇺 C’est un simple jeu pour enfants consistant à se mouvoir comme un animal, pourtant le quadrobics est dans le collimateur des conservateurs russes. Des députés ont déposé une proposition de loi pour bannir cette activité #AFPVertical ⤵️ pic.twitter.com/mMJX5ZMXjW
— Agence France-Presse (@afpfr) November 13, 2024
Il Parlamento di Astana ha iniziato a discutere il fenomeno, con alcuni deputati che chiedono restrizioni. Daulet Mukaev ha dichiarato che questa moda potrebbe causare traumi psicologici nei giovani, spingendoli a estraniarsi dalla realtà e abbandonare la loro umanità. Ha citato un proverbio locale per sottolineare il rischio di perdere una generazione e ha sollecitato le autorità a intervenire, definendo il problema una questione sociale, non solo familiare. Intanto, i giovani di Almaty temono possibili repressioni e giudizi pubblici, ritenendo che le loro attività non rappresentino una minaccia per la società. Tuttavia, le istituzioni sembrano avere difficoltà a distinguere tra quadroberi e furries, complicando ulteriormente il dibattito. Come riportato da Renovatio 21, i quadroberi, o quadrobici, starebbero per essere messi al bando anche nella Federazione Russa. I cosiddetti «furry» sono membri di una sottocultura definibile come «fetish» che si vestono con costumi di animali antropomorfi, commerciano arte erotica e si incontrano in convegni. Il fenomeno pare coinvolgere principalmente gli Stati Uniti d’America. Secondo una ricerca statistica svolta negli Stati Uniti, più del 37% trova che la sua «identità furry» sia molto legata alla sfera sessuale. Si apprende che esisterebbe per la tendenza anche un sottogenere pornografico chiamato «yiff». I dati raccolti rivelano che gli appartenenti al Furry Fandom in percentuale hanno un orientamento sessuale eterosessuale (37,2%), bisessuale (37.3%) ed omosessuale (25.5%). Come riportato da Renovatio 21, il gruppo hacker gay furry avevano attaccato anche un laboratorio atomico statunitense, dicendo che avrebbero riconsegnato i dati qualora gli scienziati si fossero impegnati nella creazione di una «ragazza-gatto».Degenerate Russian mother brings Quadrobics child into Moscow Hookah bar. She should be arrested and bar closed, forever. https://t.co/P2gWvxT7G9 pic.twitter.com/phnpZhc4Rh
— James Porrazzo (@JamesPorrazzo) October 20, 2024
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Animali
Attrice messicana muore dopo aver mangiato una rana. Speriamo non sia così anche per il «rito maya»
L’attrice trentatreenne Marcela Rodriguez è morta all’inizio di questa settimana dopo aver mangiato una rana scimmia gigante e aver ingerito una sostanza velenosa prodotta dall’anfibio.
La tragedia è avvenuta durante un rituale di «purificazione spirituale» durante in ritiro in Messico dove si trovava la Rodriguez.
Il veleno della rana, chiamato kambo, è una medicina tradizionale usata dalle tribù indigene sudamericane. Gli abitanti del posto che catturano le rane lo raccolgono legandole vicino a un fuoco, inducendole a stressarsi e a secernere kambo dalla pelle.
I sostenitori della sostanza affermano che può curare tutto, dall’ansia all’emicrania, ma comporta anche rischi importanti, tra cui l’ospedalizzazione e, in alcuni casi, la morte.
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La rana gigante di scimmia (Phyllomedusa bicolor) è una specie di rana foglia. Si trova nel bacino amazzonico di Brasile, Colombia, Bolivia e Perù. Della stessa famiglia è la rana dorata o rana freccia (Phyllobates terribilis), un essere estremamente tossico ritenuto l’animale più velonoso della Terra.
La storia dei poteri psicotropici di alcuni batraci è riconosciuto ben al di là della leggenda metropolitana che vuole che la fiaba del principe ranocchio sia una fantasizzazione di un effetto psicochimico possibile: la principessa bacia l’anfibio e quindi ha allucinazioni che trasformano la viscida creatura in un nobiluomo.
Come riportato da Renovatio 21, il paganesimo pre-colombiano sembra aver ripreso quota in Messico. Da una parte, abbiamo visto la «benedizione» azteca alla nuova presidente messicana, l’ebrea Claudia Sheinbaum, dall’altra la catastrofe di un nuovo rito cattolico approvato dal Vaticano, il «rito maya», che incorpora vari elementi del paganesimo maya, che come noto comprendeva il sacrificio umano.
Non sappiamo, al momento, se in qualche liturgia catto-maya vi sia implicato il kambo.
Ci stupiremmo se nella nuova liturgia approvata da Roma ci sarebbe da baciare, o mangiare, un rospo? Sarebbe, di certo, una riprova che il Sacro Palazzo si trova sotto occupazione satanica, essendo il batrace una creatura considerata un tempo vicina agli inferi, come spiega il filosofo Giuseppe Faggin (1906-1995), padre dell’inventore delle prime tecnologie per microprocessori Federico Faggin, nel suo libro Diabolicità del rospo (1973).
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Immagine di Jean-Marc Hero via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Generic; immagine ingrandita
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