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Malvagia gang di orche assassine caccia e divora in gruppo un delfino

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Un team di biologi marini che lavora nella corrente di Humboldt al largo della costa del Cile ha osservato un gruppo di orche che hanno sviluppato una predilezione per i lagenorinci scuri (Sagmatias obscurus), una specie di delfino piccola e acrobatica diffusa tra gli oceani dell’emisfero australe.

 

Non si erano mai viste prima le balene assassine cacciare queste creature, a loro imparentate in quanto cetacei.

 

«La scoperta suggerisce che questo gruppo di orche appartiene a un sottoinsieme di animali che preferisce mangiare mammiferi marini piuttosto che pesci» scrive BBC Science Focus, che ovviamente non ha il coraggio di scrivere la parola «cannibalismo».

 

«È interessante notare che le orche sono state viste dividere il bottino di caccia tra i membri del gruppo, lasciando che fossero i membri della famiglia a mangiare per primi, compresi i cuccioli appena nati» continua il notiziario statale britannico.

 

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Secondo quanto riportato, la gang di cetacei violenti – chiamato dagli scienziati come «gruppo Mechado» – avrebbe una matriarca, cui è stato dato per qualche ragione il nome di «Dakota», che davanti alle telecamere degli umani avrebbe trattenuto il fiero pasto per permettere al cucciolo e al parentado di addentarlo.

 

Interessante il modo in cui riporta la faccenda il noto sito napoletano Fanpage: «una condivisione che gli scienziati hanno accostato a quella umana. Del resto, anche noi serviamo prima i bambini».

 

Eccoci: davanti all’ennesimo film horror servitoci dalla malvagia popolazione orcina, ecco scatta – incredibile – l’antropizzazione: sono come noi, sono come gli esseri umani. Qualcuno magari vuole anche dire: «sono meglio!». Eccerto, quante mamme italiane, durante il pranzo della domenica, aggrediscono un parente lontano per offrirlo, magari ancora vivo, al parentado stretto?

 

Il team di ricerca ha documentato il comportamento combinando le proprie indagini scientifiche, effettuate tramite telecamere montate su droni, con i dati raccolti da citizen-scientist che hanno filmato le orche durante le battute di pesca o di osservazione delle balene.

 

«Studiare le orche nel loro ambiente naturale è molto impegnativo perché sono predatori marini di punta, che percorrono lunghe distanze e vivono in mare aperto, il che rende difficile l’osservazione», ha affermato la dottoressa Ana Garcia Cegarra, biologa marina presso l’Universidad de Antofagasta, autrice principale dello studio.

 

«Il fatto che abbiamo osservato cuccioli appena nati è importante perché indica che stanno avendo prole, ma non conosciamo il loro tasso di sopravvivenza» ha dichiarato la ricercatrice, e non sappiamo se dobbiamo pensare che il tasso di sopravvivenza dei cuccioli potrebbe essere basso a causa del fatto che questa nuova passione delle orche per la carne di cetaceo include anche il divoramento dei figli.

 

E non si tratta della prima volta che un esemplare della feroce specie si esibisce dinanzi alle telecamere dei ricercatori in atti di violenza alimentare: come riportato da Renovatio 21, sette mesi fa a Mossel Bay, in Sud Africa, un’orca si mostrò alle telecamere di ricercatori e turisti mentre divorava oscenamente il fegato di uno squalo bianco, il quale, ricordiamo en passant, è attualmente minacciato e rientra tra le specie protette dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES).

 

Renovatio 21 vuole rammentare che non si tratta nemmeno del primo atto di boriosa aggressione che le killer whale praticano contro i loro cugini delfini. A inizio anno venne pubblicato su Instagram un drammatico filmato in cui, in un atto di barbaro e vile teppismo marino, un’orca attaccava un delfino scagliandolo per aria neanche fosse un birillo.

 

 

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La nequizia delle dentate balene bianconere sembra davvero non avere confine.

 

Alla minaccia del gruppo Mechado si aggiunge quella, sempre più intollerabile, della mafia delle orche di Gibilterra, che oramai da armi terrorizzano le imbarcazioni al largo dello Stretto, divertendosi ad attaccare le barche a vela e a staccarne il timone, producendo qualcosa come un attacco al giorno.

 

Come sempreRenovatio 21, si chiede: quousque tandem. Fino a quando dovremo sopportare la gratuita cattiveria di questi bestioni marini? Quanto ancora tollerare la ferale crudeltà di queste grottesche creature pinnate?

 

Che sia il caso, una volta per tutte, di chiedere una consulenza al Giappone, che non solo con le balene in generale ci ha un certo rapporto, ma che sembra – secondo una testimonianza che Renovatio 21 ha pubblicato senza poterne confermare la veridicità – addirittura in grado di portare le orche in tavola, e non per condividere con loro il pasto?

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La Russia pronta a vietare la «quadrobica», sottocultura degli imitatori degli animali

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Una legge che proibisce la promozione di ideologie distruttive in Russia è attualmente in lavorazione, ha detto sabato la vicepresidente del Comitato per l’istruzione della Duma di Stato, Yana Lantratova, in un’intervista con l’agenzia RIA Novosti. Il divieto comprenderebbe la cosiddetta «quadrobica» («quadrobics» in inglese), che sta rapidamente guadagnando terreno tra i giovani.   La quadrobica è una sottocultura che ruota attorno all’imitazione degli animali. Gli adolescenti che si definiscono quadrobers interpretano cavalli, gatti, cani e altri animali muovendosi su tutti e quattro gli arti e imitando suoni specifici, mentre indossano maschere e costumi.           La sottocultura ha recentemente registrato una crescita esponenziale grazie ai video virali su TikTok e YouTube, e si ritiene che sia stata inventata dal velocista giapponese Kenichi Ito. Nel 2015, con un tempo di 15.71 secondi, Ito ha stabilito il record del Guinness per la corsa a quattro zampe per 100 metri.    

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Lo Ito ha trascorso nove anni studiando come si muovono animali come le scimmie patas africane. Lavorava come custode e lavava i pavimenti a quattro zampe per esercitarsi nella sua tecnica di corsa a quattro arti.   Il quadrobico nipponico può essere veduto all’opera nell’inquietante video del gruppo australiano The Jezabels intitolato significativamente «My Love Is My Disease» («il mio amore è la mia malattia»).  

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La diffusione della postura a quattro zampe tra i giovani preoccupa le autorità russe.   «Sto sviluppando un disegno di legge per vietare la propaganda di ideologie distruttive, tra cui la quadrobica», ha detto la Lantratova all’agenzia di stampa, aggiungendo che «un quadrobico non è un fuorilegge, ma una vittima».   Il legislatore russo ha chiesto sanzioni legali contro coloro che rendono «movimenti di questo tipo popolari e attraenti», sottolineando che «ci sono intere comunità che non sono così innocenti come sembrano a prima vista».       La quadrobica è diventata una questione molto controversa per i legislatori del Paese negli ultimi mesi. All’inizio di questa settimana, il deputato della Duma di Stato Sergej Kolunov ha chiesto alla Commissaria per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova di introdurre sanzioni amministrative e penali contro i genitori dei quadrobici.   A settembre, un membro del Consiglio della Federazione, Natalia Kosikhina, aveva chiesto di bandire il movimento in Russia, affermando che «tali forme di sottocultura non solo colpiscono mentalmente, ma portano a conseguenze molto tragiche». Allo stesso tempo, la deputata ha affermato che le attività sportive ed educative dovrebbero essere rese attraenti per gli adolescenti.      

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Secondo gli psicologi, la quadrobica è un modo facile e accessibile per i bambini di evadere dalla realtà, in particolare durante la pubertà. All’inizio di quest’anno, la psicoterapeuta Antonina Perekrestova ha detto a RBK che il movimento è per lo più unito da adolescenti che mancano di attenzione e supporto da parte dei loro genitori e insegnanti sottolineando che i quadrobici hanno comunemente problemi di comunicazione con i coetanei e hanno bisogno di essere coinvolti in attività che facilitino il loro sviluppo intellettuale e fisico per evitare problemi con le abilità sociali in futuro.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato era emerso il caso di «Toco», un uomo giapponese che aveva affermato di aver realizzato il suo sogno d’infanzia creando un costume iperrealistico dal costo di circa 15 mila dollari con il quale diceva di poter divenire un cane collie, razza in Italia chiamata erroneamente da alcuni come «Lassie».    

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È impossibile non connettere l’ascesa della quadrobica con quella dei cosiddetti «furries», ossia persone adulte che si travestono da personaggi animali pelosi grazie a grandi costumi.   La sottocultura furry, che secondo alcuni ha una certa valenza sessuale, sta prendendo piede in vari Paesi, in alcuni casi penetrando – secondo alcune notizie pubblicate dalla stampa americana – persino nelle scuole.   Si tratta ulteriori passi verso la slatentizzazione della psicosi della società moderna, che a questo punto non è solo tollerata, ma incoraggiata dalle autorità.   Anche in Italia si comincia a discutere non più di disforia di genere (oramai accettata), ma di «disforia di specie», che sarebbe la condizione in cui la persona (il bambino, spesso) dice di identificarsi con un animale.   La tendenza in ambito anglofono ha già un nome spendibile socialmente, Therian. I theriani sono coloro che credono di essere un animale, talvolta anche solo in parte. Talvolta è possibile sentire il termine Otherkin, che tuttavia definisce chi non si sente totalmente umano, identificandosi pure come elfo, alieno, robot, etc.   Le istituzioni stanno cominciando a piegarsi ufficialmente al fenomeno.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa un membro del Consiglio scolastico della provincia dell’Ontario, in Canada, confermò la presenza nelle scuole pubbliche di bambini che si «identificano» come animali, e quindi che come tali devono essere trattati da compagni e istituzioni. Media mainstream come la CNN hanno promosso anche tendenze come quella di «identificarsi» con una sirena – un trend otherkin globale da non sottovalutare.

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La polizia norvegese chiude il caso della morte di Hvaldimiro, la balena accusata di essere una spia russa

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Una balena beluga che i media occidentali un tempo avevano sospettato essere una «spia russa» è probabilmente morta a causa di un’infezione, ha annunciato la polizia norvegese, escludendo i sospetti iniziali che l’animale famoso fosse stato colpito.

 

Il mammifero marino, soprannominato Hvaldimir (crasi tra hval, balena in lingua norvegese, e Vladimir, nome dell’uomo del Cremlino), era stato trovato morto nella baia di Risavika, nella Norvegia meridionale, a fine agosto.

 

Come riportato da Renovatio 21, gruppi per i diritti degli animali OneWhale e NOAH avevano sporto denuncia alla polizia norvegese, sostenendo che i molteplici fori circolari nel corpo della balena indicavano che erano stati sparati dei colpi di arma da fuoco.

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Tuttavia, un’autopsia effettuata dall’Istituto veterinario norvegese ha suggerito che non vi è stato alcun atto criminale nella morte di Hvaldimir, ha affermato la polizia venerdì.

 

Secondo Amund Preede Revheim, a capo della sezione Mare del Nord e ambiente della polizia della Norvegia sudoccidentale, il cetaceo è probabilmente morto a causa di un’infezione batterica, sviluppatasi in una ferita provocata da un bastone rimasto incastrato nella bocca della creatura.

 

Quanto ai buchi circolari, è probabile che siano stati fatti da uccelli che abitualmente beccano le carcasse delle balene, ha spiegato.

 

«Dato che non c’è nulla nelle indagini che indichi che Hvaldimir sia stato ucciso in modo illegale, la polizia non vede alcun motivo per avviare un’indagine sulla morte della balena», ha affermato l’ufficiale. La denuncia degli attivisti è stata ritirata, ha aggiunto.

 

Revheim si è anche lamentato del fatto che per l’istituto veterinario norvegese è stato «difficile» effettuare l’autopsia perché «molti organi della balena erano molto marci».

 

La famosa balena beluga bianca è stata avvistata per la prima volta al largo della costa nella regione del Finnmark, nell’estremo nord della Norvegia, nel 2019. Al momento della scoperta, l’animale indossava presumibilmente un’imbracatura per telecamera con la scritta «Equipaggiamento San Pietroburgo», cosa che ha portato a selvagge speculazioni nei media occidentali sul fatto che la creatura marina fosse in realtà una «balena spia russa» in missione per distruggere l’Occidente, a partire della fondamentale nazione del Regno di Norvegia.

 

Alcuni, tuttavia, hanno ipotizzato che l’animale fosse in realtà una «balena terapeutica» – un animale utilizzato cioè per il contatto con gli umani – addestrata che in qualche modo era fuggita dal suo recinto.

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Lo Hvaldimir era noto per essere amichevole con gli umani e veniva spesso visto avvicinarsi alle imbarcazioni e interagire con chi era a bordo, e circolano in rete vari video non verificati in cui se la spassa in porto facendo scherzi ai gabbiani, rubando la GoPro a kayakisti o persino recuperando dagli abissi un’iPhone caduto ad una signora.

 

 

 

 

Come sa il lettore, Renovatio 21 aveva suggerito l’ipotesi che ad uccidere il povero Hvaldimiro potrebbero essere state le malefiche orche assassine di Gibilterra, che, come tanti gruppi di ultras e facinorosi sulla terraferma, certo sembrano pronte ad essere manipolate ed utilizzate con strumento della politica sporca della NATO.

 

Orche assassine prezzolate per essere se stesse – cioè letteralmente balene assassine, verso le quali nessuno, sinora, ha fatto qualcosa. (Con l’eccezione di quel ristorante in Giappone…)

 

Al momento, ad ogni modo, l’idea che il beluga possa essere stato avvelenato dalla nequizia di un altro cetaceo noi non la escluderemmo.

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Nuova York darà ai suoi topi la pillola anticoncezionale, inquinando drammaticamente l’ambiente

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La città di Nuova York ha approvato un programma sperimentale per ridurre la popolazione di ratti della città senza usare veleno. A partire dall’anno prossimo, i pellet contraccettivi saranno collocati in contenitori speciali accessibili ai ratti in diversi quartieri della città.   I sostenitori di questo approccio sostengono che ridurrà in modo umano il numero di ratti senza mettere in pericolo altri animali o l’ambiente. Se tutto va come previsto, i ratti ingeriranno il contraccettivo, diventeranno sterilizzati e in questo modo non potranno riprodursi.   L’iniziativa è stata soprannominata «Legge Flaco», dal nome del gufo omonimo fuggito da uno zoo cittadino l’anno scorso e poi trovato morto con del veleno per muridi in circolo, secondo quanto riportato dai media locali.

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«Non possiamo uscire da questa situazione avvelenandoci, non possiamo uscire da questa situazione uccidendoci», ha affermato il membro del consiglio comunale Shaun Abreu ad aprile, quando ha presentato per la prima volta il disegno di legge.   Nel corso di un programma pilota di 12 mesi, gli ispettori effettueranno controlli mensili per verificare quanti pellet sono stati consumati nei diversi quartieri.   «Durante tali ispezioni mensili delle aree del programma pilota, il dipartimento dovrà monitorare la quantità di contraccettivo per ratti in ogni distributore di contraccettivi per ratti», si legge nelle disposizioni del disegno di legge.   Senestech, l’azienda che produce il prodotto di origine vegetale denominato Contrapest, sostiene che ogni dose impedisce ai ratti di riprodursi per 45 giorni, riducendone così la popolazione in modo umano senza mettere in pericolo altri animali o l’ambiente.   Nuova York è da tempo famosa per il suo problema con i ratti. Si stima che tre milioni di roditori vivano nella Grande Mela, secondo la società di disinfestazione MMPC, che ha basato la cifra su uno studio del 2014 di Jonathan Auerbach.   Il gruppo animalista PETA ha accolto con favore quello che ha definito un «approccio innovativo» al problema, elogiando la città per aver scelto «il controllo delle nascite invece di metodi crudeli e letali come il veleno e il soffocamento».   L’uso di anticoncezionali per il controllo della popolazione animale è comune, in ispecie per quanto riguarda i piccioni delle piazze cittadine. Nel 2006 gli animalisti chiesero all’allora sindaco della laguna Massimo Cacciari che sui banchetti in Piazza San Marco fosse venduto mangime anticoncezionale.

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La contraccezione, e forse non solo quella, viene praticata in Sud Africa anche con gli elefanti. Un articolo di domenica 8 ottobre 1995 si intitolava «aborto e pillola per gli elefanti, avanzata sconcertante proposta». Eppure un articolo di tre anni prima «Pillola per elefanti africani, sono diventati troppi» lodava il metodo chimico anticoncezionale come alternativo al culling, ossia all’abbattimento selettivo di alcuni branchi.   Tutte queste soluzioni non tengono presente di un aspetto agghiacciante della chimica contraccettiva: l’inquinamento ambientale.   Come riportato da Renovatio 21, secondo studi, l’inquinamento da pillola anticoncezionale, che ricordiamo è un ormone sessuale steroideo sintetico, starebbe facendo diventare i pesci transessuali, e vi sono stati recenti allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».   È interessante come ambientalisti ed animalisti vari di questo tipo di inquinamento – sterilizzante, transessualizzante, lesivo della biologia animale ed umana – non si siano mai occupati.   La sua cifra antiumana lo fa ritenere forse accettabile?

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