Epidemie
Cos’è questa nuova influenza che sta attaccando i nostri figli?
In pratica me lo ha ripetuto anche il fattorino che mi ha portato il pacco ieri.
Gli avevo detto che mi dispiaceva se non c’ero stato al mattino, quando era passato, ma del resto avevo la bambina ammalata. L’uomo, che dall’aspetto e dalla parlata avrei detto maghrebino, mi ha risposto che capiva benissimo, perché anche a lui era capitato.
«Due settimane di influenza, prima una settimana intera di febbre alta di un bambino, poi la settimana dopo stessa cosa con l’altro» ha esclamato con accento forte.
È la stessa medesima storia che sto sentendo ovunque. Febbre alta, 39°C, financo ai limiti del 40°C. Invece che durare quei tre giorni scarsi, con il saliscendi che ben conosciamo, temperature e sintomi (tosse forte, mal di gola) rimangono tenaci a lungo, fino preoccupare i genitori. Poi, dopo circa sette giorni o perfino qualcosa di più, il male sparisce, anche se il bambino è lasciato un po’ pallido e indebolito – ma niente di che.
L’idea che ci sia in giro questa influenza nuova, durevole e coriacea, è rafforzata dal fatto che vi sono classi delle elementari dimezzate (o più che), attività sportive che addirittura stanno saltando le lezioni perché i bambini non sono abbastanza per l’allenamento.
Poi, l’altro fatto enigmatico: il contagio sembra, come dire, rallentato. L’influenza ha di solito un’incubazione breve, 1 o 2 giorni. Qui invece si sentono storie di fratellini (o mamme, papà, nonne, etc.) che si ammalano dopo circa una settimana che si è ammalato il primo.
Quanto scrivo sopra è pura osservazione personale. Aneddotica, o neanche quello. Del resto, mica ci sono alternative: nessuno, davvero nessuno sta cercando di raccontare cosa sta succedendo.
Da niuna parte qualcuno sta cercando di fare mezza spiegazione: cos’è questa influenza di quest’anno, così atipica per resistenza, intensità, durata? Cos’è questa cosa dei contagi lenti?
I virologi e i ministri non sembrano interessati alla cosa. Quindi, potrebbero far spallucce e dire che sono solo idee campate in aria, magari qualche statistica disposta a spiegarlo pure si trova. Anche se qualcuno si è già fatto scappare che l’influenza quest’anno è arrivata con un mese di anticipo. Bizzarro. Tuttavia, si raccomanda l’esperto, mascherina in classe: «potrebbe aiutare e proteggersi dal contagio, come abbiamo già visto con il COVID».
Agli esperti chiediamo: scusate, e quelli che avevano fatto la vaccinazione influenzare? Era già uscita l’edizione per il ceppo 2022, no? L’assessore al Welfare della Regione Lombardia Guido Bertolaso ha presentato proprio oggi uno spot per la campagna di vaccinazione antinfluenzale, con testimonial (purtroppo) il genio del panettone Iginio Massari.
Quindi vuol dire che le 1,4 milioni di dosi somministrate tra il 12 ottobre e il 13 novembre di un siero che impedirà alle persone di prendere il malanno che sta flagellando le nostre famiglie? Il ceppo su cui è tarata la siringa è quello giusto?
Scusate, so bene che sono domande sciocche. Del resto, leggiamo su Repubblica di un medico di famiglia, segretario di un’associazione di categoria, che dichiara tranquillo che «il virus dell’influenza tende a colpire di più chi non si è vaccinato». Eh sì: «Chi ha fatto la vaccinazione anti influenzale negli anni passati, in un certo modo mantiene una memoria immunitaria, ha un patrimonio anticorpale. Chi invece in passato non si è vaccinato, e al contempo non ha contratto l’influenza grazie all’utilizzo della mascherina, è scoperto dal punto di vista immunitario».
Capito? I vaccini antinfluenzali stagionali passati aiutano, perché c’è una memoria immunitaria, «in un certo modo». Non sappiamo dire, noi inesperti, se chi si è beccato l’influenza tutti gli anni invece questa «memoria immunitaria» l’abbia o meno. Del resto abbiamo visto l’OMS cambiare i testi del suo sito, per cui l’immunità di gregge avverrebbe solo grazie alla vaccinazione della popolazione, mica per la presenza di anticorpi, naturali o meno che siano.
Vabbè, ma del resto, cosa stiamo a perdere tempo co’questi?
Nessuno, dico nessuno, ha delle risposte da dare. Questo dai virologi dovremmo averlo imparato. In teoria.
Ricordate, per esempio, la sparizione dell’influenza nel 2020? In pratica, c’era COVID dappertutto, casi di influenza, invece, pochissimi. Il problema è che sembra proprio non sia una distorsione pubblicitario/statistica con cui ci hanno narcotizzato in pandemia: una farmacista quest’anno me lo ha confermato, dicendo che ha visto per l’annata COVID un crollo di vendite di sciroppi e prodotti affini.
In pratica, il COVID scacciava il virus influenzale? Virus che si sostituiscono? Possibile?
Beh, anche qui, è dura trovare un virologo che abbia voglia di parlarne. A dire il vero, uno celo. Florian Krammer, professore di vaccinologia presso il Dipartimento di Microbiologia della Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital (prestigioso ospedale di Nuova York) e condirettore del Center for Vaccine Research and Pandemic Preparedness si è lasciato andare ad una ammissione sincera sul New York Times.
«Gli scienziati hanno osservato in passate pandemie che un nuovo virus può influenzare la circolazione di quelli esistenti. Un esempio è il virus dell’influenza. Durante le ultime tre pandemie influenzali, nel 1957, 1968 e 2009, i virus dell’influenza A che erano nuovi per l’uomo hanno sostituito alcuni dei virus influenzali che circolavano già all’epoca, provocando l’estinzione di alcuni dei virus più vecchi» spiega il dottor Krammer.
Tuttavia, ammette il vaccinologo, «gli scienziati non comprendono appieno perché ciò accada». Scusate, è il caso di ripeterlo: «gli scienziati non comprendono appieno perché ciò accada». Rileggete.
Ecco, sarebbe da andare in cerca del dottor Krammer per stringerli la mano, anche senza guanti, anche se nella frase dopo dice che la colpa potrebbe essere del cambiamento del comportamento delle persone, qualsiasi cosa voglia significare.
«Sebbene sia difficile prevedere esattamente cosa accadrà questo inverno, probabilmente ci saranno molte persone che si ammaleranno di virus respiratori. I bambini potrebbero contrarre più malattie per i prossimi uno o due anni, prima che le cose si stabilizzino in un ritmo più regolare». Insomma anche il superprofessore ipervaccinista alza bandiera bianca. Certo non perdendo occasione, da buon virologo, di cassandrare un bel futuro tetro per i bimbi nei prossimi mesi. On connait la chanson.
Insomma, c’è un’influenza nuova, o almeno sembra così a tutte le famiglie che conosco. Fermiamo pure i pensieri che ci porterebbero a pensare ad altri esperimenti Gain of Function, perché a Wuhano (o in Ucraina, o a Boston, o a Londra, o ovunque) si annoiavano. L’idea che i virus escono dai laboratori, nonostante i progressi, dobbiamo dire che ancora deve rimanere proibita. No?
Il fatto è che non hanno nemmeno provato a iniziare a raccontarci cosa è, anche se in alcuni casi sembrerebbe proprio che i sintomi possono essere più duri di quelli del COVID: il bambino che magari con il COVID ha tossicchiato qualche giorno con 37,5°C, ora ci ha 39,5°C costanti e dei rombi tonitruanti che salgono su violenti per la gola.
Bertolaso l’ha ammesso: «L’influenza al momento ci preoccupa più del COVID». Ha ragione. Del resto, ci ricordiamo bene le campagne terroristiche degli anni scorsi sulle decine di migliaia di morti mietuti dal virus influenzale. Ci ricordiamo anche, a dire il vero, qualche storia di persone rimaste danneggiate totalmente, di lotti ritirati… col morto.
Resta questa sensazione beffarda di abbandono: nessuno sa cosa stia succedendo. Dobbiamo dire, che, in fondo, la cosa può dare compiacimento: in un mondo dove sembrava che sapessero tutto, e ti davano ordini di conseguenza (anche se nemmeno sapevano se il vaccino era testato per fermare il contagio) questo momento di vuoto, con il fischiettamento di dottori e politici che si ode lontano, fornisce come un singolo raggio di una luce che avevamo dimenticato.
Ecco, riassaporate la libertà di ammalarvi senza che ne dipenda il vostro lavoro, il vostro sostentamento, la libertà di esprimervi e di deambulare e di riunirvi, e il rapporto con parenti e conoscenti e con la massa vaccina tutta, certo compresa della notoria «casta degli stronzi» ( © 2020 Renovatio 21).
Fatelo subito, però. Perché potrebbe durare poco.
Roberto Dal Bosco
Epidemie
La Russia sottoporrà a test per l’epatite tutti i lavoratori immigrati. E l’Italia?
A partire da marzo 2026, la Russia imporrà ai lavoratori migranti di sottoporsi a test per l’epatite B e C, ampliando le attuali disposizioni di screening medico. Le nuove regole si applicheranno ai cittadini stranieri e agli apolidi che entrano in Russia per lavoro, oltre a coloro che richiedono lo status di rifugiato o asilo temporaneo.
Le visite mediche sono obbligatorie per i migranti: senza di esse, non è possibile ottenere permessi di lavoro, residenza temporanea o permanente. I lavoratori migranti devono completare gli esami entro 30 giorni dall’arrivo, mentre chi non intende lavorare ha 90 giorni di tempo. Attualmente, gli screening includono test per droghe e malattie gravi come HIV, tubercolosi, sifilide e lebbra.
Le modifiche al processo di controllo sanitario per gli stranieri in visita sono state proposte all’inizio dell’anno da un gruppo di lavoro sulle politiche migratorie, guidato dalla vicepresidente della Duma di Stato, Irina Yarovaya. La vicepresidente ha chiarito che l’obiettivo è rafforzare il monitoraggio sanitario degli stranieri in arrivo e prevenire la diffusione di malattie pericolose.
I lavoratori migranti sono fondamentali per l’economia russa, occupando ruoli chiave in settori come edilizia, agricoltura e servizi. Milioni di migranti, soprattutto dall’Asia centrale, sono attratti da salari più alti rispetto ai loro paesi d’origine. Tuttavia, questo afflusso ha sollevato dibattiti su salute pubblica e stabilità sociale. Per questo, le autorità russe hanno introdotto rigidi controlli sanitari e requisiti per i migranti, cercando di bilanciare i benefici economici con la sicurezza sanitaria.
Nell’ultimo anno, la Russia ha anche intensificato la lotta contro l’immigrazione illegale. Il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che istituisce una nuova agenzia statale all’interno del Ministero dell’Interno, incaricata di migliorare la gestione dei flussi migratori.
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Il Cremlino ha dichiarato che l’iniziativa punta a razionalizzare il processo migratorio, promuovere il rispetto delle leggi russe tra i migranti e ridurre le attività illegali.
In Italia la situazione epidemiologica dell’immigrazione è un grande tabù del discorso pubblico.
«In base ai dati epidemiologici in nostro possesso, risulta che in Italia il 34,3% delle persone diagnosticate come HIV positive è di nazionalità straniera» diceva in un’intervista a Renovatio 21 il dottor Paolo Gulisano sette anni fa. «Considerato che gli stranieri rappresentano circa il 10% della popolazione italiana, questo dato vuole dire che la diffusione dell’HIV tra gli stranieri è oltre il triplo che negli italiani».
«Un dato che fa pensare. Molti immigrati provengono da Paesi dove la diffusione dell’HIV, così come quella della TBC, è molto più alta che in Europa. Basta far parlare i dati. Il numero dei decessi correlati all’AIDS nel 2016 per grandi aree è il seguente: Africa Sud-Orientale: 420 mila; Africa Centro-Orientale: 310 mila; Nord Africa e Medio Oriente: 11 mila; America Latina: 36 mila, più il dato dei soli Caraibi che è di 9400. Europa dell’Est e Asia centrale: 40 mila; Europa Occidentale e Nord America: 18 mila; Asia e Pacifico: 170 mila. Ora, la lettura di questi numeri ci fornisce delle evidenze molto chiare».
«È quindi chiaro quali siano i rischi di una immigrazione di massa, incontrollata anche dal punto di vista sanitario, e i rischi legati al fatto che un numero impressionante di immigrate africane viene gettato nel calderone infernale della prostituzione, che diventa veicolo di diffusione di malattie veneree».
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Epidemie
Paura e profitto, dall’AIDS al COVID
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Le opinioni dissenzienti sull’AIDS «abilmente represse per decenni»
Shenton era una reporter della BBC, l’emittente pubblica nazionale del Regno Unito, quando sviluppò il lupus indotto da farmaci, dopo essere stata sottoposta a un’eccessiva terapia farmacologica in Spagna negli anni ’70. «Mi hanno dato tutto quello che c’era scritto nel libro», ha detto Shenton. «Certo, sono imploso e mi sono sentito gravemente male. Sono stato al Westminster Hospital per due mesi. Sono quasi morto». L’esperienza ha suscitato in lei l’interesse per le indagini sulle lesioni causate dai trattamenti medici. In seguito è entrata a far parte dell’emittente nazionale britannica Channel 4, producendo una serie di documentari, Kill or Cure. La serie si concentrava sulla riluttanza delle grandi aziende farmaceutiche a ritirare trattamenti pericolosi o inefficaci. «Quello mi ha davvero dato la carica», ha detto Shenton. Nei primi anni ’80, Shenton e il suo produttore vennero a conoscenza della ricerca del dottor Peter Duesberg, un biologo molecolare tedesco che sosteneva che l’HIV non causava l’AIDS. Iniziò a mettere in discussione le narrazioni dominanti. «Abbiamo continuato a realizzare 13 documentari sull’AIDS», ha detto Shenton. Il documentario Positively False si concentra sulla «manipolazione delle aziende farmaceutiche e delle organizzazioni [mediche] interessate in tutto il mondo, che manipolano il terrore della peste», ha affermato Shenton. Il film rivela «la scienza imperfetta che circonda l’AIDS e le conseguenze di seguire ipotesi sbagliate», ha affermato Shenton nell’introduzione. Tra queste, la convinzione che l’AIDS sia infettivo, che sia causato dall’HIV e che l’HIV sia contagioso. «Molti scienziati e ricercatori non sono d’accordo. Queste opinioni sono state abilmente represse per decenni dall’ortodossia scientifica prevalente e dai media mainstream», ha affermato Shenton nel documentario. I ricercatori che mettevano in discussione la narrazione dominante sull’HIV/AIDS sono stati repressi e messi a tacere, così come gli scienziati che mettevano in discussione la narrazione prevalente sul COVID-19, ha affermato Shenton.Sostieni Renovatio 21
Test PCR «completamente inutili» per AIDS e COVID
In entrambi i focolai, sono stati utilizzati test PCR per determinare l’infezione, ha affermato. «Il test [PCR] è completamente e totalmente inutile», ha detto Shenton. I test non possono «distinguere tra particelle infettive e non infettive». Shenton ha affermato che i diversi Paesi utilizzano standard diversi per determinare una diagnosi positiva di HIV. «Si potrebbe fare il test per l’HIV, per esempio in Sudafrica, e risultare positivi, e volare in Australia e risultare negativi», ha detto Shenton. All’inizio dell’epidemia di AIDS, molti scienziati ritenevano che fattori legati allo stile di vita, tra cui la dipendenza da droghe ricreative e l’uso di nitriti come i «poppers», fossero la causa dell’AIDS a causa dei danni che provocavano al sistema immunitario. Allo stesso tempo, i funzionari sanitari e i media hanno erroneamente attribuito la diffusione della malattia in Africa all’AIDS, quando in realtà era la mancanza di accesso all’acqua potabile a far ammalare le persone, ha detto Shenton. Queste narrazioni sono cambiate quando le agenzie sanitarie governative hanno iniziato a interessarsi alla ricerca sull’AIDS, ha affermato Shenton. «Quando il CDC [Centers for Disease Control and Prevention] è intervenuto e ha riunito tutti i suoi rappresentanti per esaminare questo gruppo di giovani uomini che erano molto, molto malati… l’intera teoria secondo cui l’AIDS era causato dallo stile di vita o dalla tossicità è scomparsa», ha detto Shenton.Iscriviti al canale Telegram ![]()
Fauci ha promosso trattamenti mortali per AIDS e COVID
Shenton ha affermato che i trattamenti medici dannosi sono stati al centro sia dell’epidemia di AIDS che di quella di COVID-19. Nel 1987, la Food and Drug Administration statunitense approvò l’AZT (azidotimidina) per le persone sieropositive. L’AZT si rivelò pericoloso per molti pazienti affetti da AIDS. Durante la pandemia di COVID-19, i vaccini e il remdesivir hanno danneggiato le persone. E in entrambi i casi – l’epidemia di AIDS e la pandemia di COVID-19 – Fauci ha svolto un ruolo chiave. «Eravamo profondamente, profondamente critici nei confronti di Fauci, per il modo in cui ha gestito gli studi multicentrici di fase due sull’AZT. Voglio dire, erano corrotti, e tutta la prima fase è stata finanziata dall’azienda farmaceutica [Burroughs Wellcome, ora GSK ], e avevano dei rappresentanti, e questo è noto attraverso i documenti sulla libertà di informazione, che sono andati lì e hanno portato a casa i risultati del gruppo trattato con il farmaco e del gruppo placebo, eliminando gli effetti collaterali nel gruppo trattato con il farmaco» ha detto la Shenton. Nel film Positively False, diversi scienziati e ricercatori hanno spiegato come l’AZT impedisca la sintesi del DNA, impedisca la replicazione delle cellule e contribuisca alla generazione di cellule cancerose. Tuttavia, secondo il documentario, i pazienti che mettevano in dubbio la sicurezza e l’efficacia dell’AZT venivano stigmatizzati e la loro sanità mentale veniva messa in discussione. Holland ha fatto riferimento al libro del 2021 del Segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., The Real Anthony Fauci : Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health che contiene una sezione sul lavoro di Fauci durante l’epidemia di AIDS. «Solleva tutti questi interrogativi il fatto che in realtà sembra la stessa truffa e gli stessi giocatori… non è cambiato molto», ha detto Holland.Aiuta Renovatio 21
Il «terrore della peste» esisteva molto prima dell’AIDS o del COVID
Secondo Shenton, le epidemie di AIDS e COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», che è esistito nel corso della storia. All’inizio del XX secolo, negli Appalachi, fu diagnosticata un’epidemia di pellagra. La malattia, che causava una mortalità diffusa e si diceva fosse infettiva, si rivelò essere una carenza nutrizionale. «Negli Appalachi, la popolazione molto povera viveva con una dieta completamente priva di nutrienti», ha detto Sheton. «Si trattava di una varietà di mais, ma lo cucinavano eliminandone tutti i nutrienti e dipendevano solo da quello». La gente aveva così tanta paura di contrarre la pellagra che coloro che si pensava fossero infetti venivano ricoverati in istituti o «gettati fuori dalle navi», ha affermato. Un infettivologo di New York, il dottor Joseph Goldberger, stabilì che la pellagra non era contagiosa, ma era causata da malnutrizione e carenza di niacina (vitamina B), ha detto Shenton. Fu emarginato per le sue scoperte. «È stato ridotto allo stato laicale, privato dei fondi, ridicolizzato. È morto. E cinque anni dopo la sua morte, hanno detto che aveva assolutamente ragione: non era contagioso, era tossico», ha detto. Secondo Shenton, in Giappone dagli anni ’50 agli anni ’70 la mielo-ottico-neuropatia subacuta (SMON) era comune. «Centinaia di migliaia di giapponesi sono rimasti paralizzati dalla vita in giù e ciechi, e nessuno riusciva a capire il perché. E ovviamente pensavano: “Oh, è un virus”», ha detto. Un neurologo giapponese, il dottor Tadao Tsubaki, ha studiato i pazienti affetti da SMON e ha stabilito che la condizione non era infettiva, ma era causata da un farmaco antidiarroico ampiamente somministrato, il cliochinolo. «Ci sono voluti 30 anni e squadre di avvocati per respingere in tribunale l’idea che la causa della SMON fosse un virus», ha affermato Shenton. Michael Nevradakis Ph.D. © 7 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Epidemie
Le restrizioni COVID in Spagna dichiarate incostituzionali, annullate oltre 90.000 multe
Oltre 90.000 multe per violazioni delle norme anti-COVID sono state annullate dopo che la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato incostituzionali le severe misure adottate nel 2020.
Secondo il quotidiano spagnuolo The Objective, al 3 settembre 2025 sono state revocate 92.278 sanzioni, in seguito alla sentenza che ha giudicato incostituzionali alcune disposizioni del decreto sullo stato di emergenza del 2020, in vigore durante il primo lockdown per il COVID-19.
Queste sanzioni rappresentano solo la prima tranche di multe destinate all’annullamento, con altre che probabilmente seguiranno. Durante il rigido lockdown del 2020, imposto con lo stato di allarme, sono state emesse oltre 1 milione di sanzioni a livello nazionale, con circa 1,3 milioni di persone multate per aver violato le restrizioni.
La Corte Costituzionale ha stabilito che alcune parti dell’articolo 7 del Regio Decreto 463/2020, relative al divieto generale di circolazione, comportavano una sospensione ingiustificata del diritto fondamentale alla libertà di movimento, andando oltre una semplice limitazione. Tale misura superava i limiti dello stato di allarme, secondo la Corte, che ha precisato che una restrizione così drastica sarebbe stata giustificabile solo con uno stato di emergenza più severo, soggetto a un iter parlamentare più rigoroso.
La sentenza si applica retroattivamente a tutte le multe emesse durante il lockdown del 2020, creando un notevole onere per l’amministrazione statale. The Objective riferisce che «l’applicazione è stata lenta e disuniforme a seconda delle regioni», suggerendo che i rimborsi potrebbero richiedere mesi o anni.
Il quotidiano sottolinea che i 92.278 casi annullati finora rappresentano «solo la punta dell’iceberg di una crisi normativa» derivante dalle severe politiche di lockdown imposte dal governo spagnolo nel 2020.
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Immagine di Javier Perez Montes via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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