Intelligenza Artificiale
Robocani pompieri a Nuova York

Il Dipartimento dei vigili del fuoco della città di Nuova York (FDNY) sono diventati i primi nel Paese ad acquistare un robocane da 75.000 dollari dalla Boston Dynamics. Lo riporta il New York Times.
Come sa di certo il lettore di Renovatio 21, non si tratta del primo dipartimento di pubblica sicurezza ad acquistare robocani.
Il FDNY ha detto al NYT che hanno in programma di utilizzare i robot da 30 chili affettuosamente chiamati «Spot», per aiutare i pompieri durante le difficili missioni di ricerca e salvataggio, un uso potenzialmente molto meno controverso della tecnologia rispetto ai colleghi poliziotti che hanno usato robocani da combattimento nei raid nel 2020.
È passato poco meno di un anno da quando il NYPD ha annullato il suo contratto con Boston Robotics subito dopo che il pubblico ha scoperto i robot tramite un video virale.
Il video mostrava uno dei robot, dipinto di blu come la polizia, che camminava a fianco degli agenti fuori da un edificio di edilizia popolare dopo l’arresto di un presunto ladro d’appartamento
Nah they really got these robot police dogs in NYC. This is wild pic.twitter.com/iG7CTPFevH
— fucktheseniggas. (@1800SPOILED) April 12, 2021
«”Che cazzo è questo” è la reazione giusta», aveva twittato un giornalista del Times in risposta al video.
Secondo il capitano Michael Leo del team di robotica dei pompieri neoeboraceni, Hollywood è responsabile della sfiducia del pubblico in queste macchine.
«L’industria televisiva e quella cinematografica ci stanno danneggiando in qualche modo perché spesso mostrano immagini di robot armati, e poi la gente pensa che sia così che siano tutti i robot», ha detto al NYT .
«Tutta la nostra missione è salvare vite. Questa è la cosa fondamentale. Questi robot salveranno vite».
Non solo salvare vite, ma anche, direttamente o indirettamente, porotarle vie. Un intervento sul Washington Post di un esperto di immigrazione ha ipotizzato che l’uso di robocani operativi a pattugliare il confine Messico-USA potrebbe aver aumentato il numero di migranti morti, perché, spaventati dai «Terminator dogs», essi potrebbero aver optato per strade impervie e letali.
Come riportato da Renovatio 21, sono ben pronti robocani da combattimento che posso essere utilizzati insieme ai soldati.: e questo non solo negli USA, dove hanno montato armi sui robocani, ma anche in Cina, che ha creato il «roboyak» con il probabile intento di usarlo in una possibile guerra di confine in Himalaya.
Al di là delle preoccupazioni sull’armamento e sulla generale inquietudine di questi robot già li possiamo vedere utilizzati come strumento di sorveglianza e ciò inizia a destare una ragionevole preoccupazione da parte dei cittadini.
In queste ore si è parlato dell‘uso di robocani e di droni volanti nella sorveglianza e repressione del mostruoso lockdown dei 26 milioni di abitanti di Shanghai.
Nella società orwelliani che stiamo costruendo, prepariamoci a vedere robocani fuori dalle nostre finestre, e droni a controllarci ovunque siamo. Pronti, magari, a divenire slaughterbots.
Intelligenza Artificiale
Iran, fatwa e Intelligenza Artificiale

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nel Paese si è aperto un dibattito fra favorevoli e scettici nell’uso della tecnologia, in particolare per la «velocizzazione» nelle pubblicazioni delle sentenze in materia religiosa. Oltre la dicotomia tra tradizione e modernità, lo stesso Khamenei chiede ai religiosi di esplorare e sostenere questo processo. Gli investimenti del governo iraniano nel settore.
In una prospettiva di «modernizzazione» pur mantenendo l’impronta «musulmana» degli insegnamenti e in accordo coi dettami dell’islam, i vertici dell’Iran su impulso della guida suprema Ali Khamenei guardano all’intelligenza artificiale nella pratica religiosa, dalle fatwa alle madrasa.
Il cuore di questa iniziativa è la città santa di Qom, in cui vive circa la metà dei 200mila leader religiosi sciiti, principale centro di riferimento per l’insegnamento della fede musulmana in Iran e luogo in cui vengono emessi molti degli editti religiosi o risolte le dispute sulla dottrina.
L’establishment clericale considera l’IA un mezzo per essere più reattivi di fronte alle richieste della società, pur salvaguardandone i valori tradizionali. Negli stessi seminari di Qom l’auspicio è che la tecnologia possa contribuire a una più approfondita analisi dei testi e alla velocizzazione delle sentenze (fatwa, che possono toccare i temi più disparati, non solo in materia di fede ma pure della vita quotidiana), tenendo il passo «con una società in evoluzione».
Il sostegno di Khamenei
«I robot non sostituiscono gli studiosi della legge più anziani, ma possono essere un assistente fidato che può aiutarli a emettere una fatwa più velocemente» ha dichiarato al Financial Times Mohammad Ghotbi, a capo di un gruppo tecnologico di Qom.
Certo, l’attenzione per l’Intelligenza Artificiale riflette lo scontro tra tradizione e modernità in Iran, come emerso anche nella lotta pro diritti e libertà innescata dall’uccisione della 22enne curda Mahsa Amini per mano della polizia della morale.
Tuttavia, mentre i chierici di Qom operano per proteggere i valori tradizionali gli iraniani «si affidano sempre più spesso al progresso tecnologico» prosegue Ghotbi.
«La società di oggi – avverte – favorisce l’accelerazione» e il clero non dovrebbe opporsi a questo passaggio naturale e al desiderio degli abitanti della Repubblica islamica di condividere i progressi tecnologici globali.
Del resto lo stesso Khamenei sembra sostenere questa evoluzione, tanto da esortare il clero a esplorare l’IA, mentre il capo del principale seminario della città santa ha accolto con favore l’uso della tecnologia per «promuovere la civiltà islamica». «Il seminario – ha affermato a luglio l’ayatollah Alireza Arafi – deve essere coinvolto nell’uso delle tecnologie moderne, guidato nel progresso» in particolare per quanto riguarda «l’Intelligenza Artificiale. Dobbiamo entrare in questo campo – ha spiegato – per promuovere la civiltà islamica».
«Esegesi e perplessità»
Ciononostante, l’adozione dell’IA potrebbe rivelarsi impegnativa e poco adatta all’intricato sistema giuridico che regola l’islam sciita iraniano (e la fede musulmana più in generale). Secondo i critici, infatti, non è in grado di cogliere le sfumature necessarie per emettere sentenze complesse.
Una obiezione cui Ghotbi replica spiegando che può «aiutare» i religiosi a rispondere in modo «più rapido» alle domande del pubblico, adattando l’islam alla modernità, senza scomodare qui l’esegesi del Corano che è uno dei grandi temi irrisolti della fede musulmana.
Altri ancora temono che l’IA possa erodere ulteriormente il ruolo del clero quale interprete della sharia, la legge islamica, in una fase di proteste e contestazioni innescate dalla controversia sull’hijab, il velo obbligatorio.
Secondo gli esperti di Brookings Institution, una delle sfide più significative dell’integrazione dell’IA nelle società tradizionali è il potenziale di erosione culturale e morale a essa collegato. Perché la nuova tecnologia, soprattutto se progettata e usata senza tenere presente i valori e le tradizioni locali, può senza volerlo promuovere una visione del mondo o una prospettiva morale in contrasto con usanze e credenze. Ecco dunque come gli sforzi per usare l’IA nell’interpretazione di testi religiosi, soprattutto per l’islam, possa risultare fonte di controversia.
Una analisi dell’Oxford Islamic Studies suggerisce che le interpretazioni degli insegnamenti religiosi non richiedono solo conoscenze linguistiche, ma anche comprensione storica, sociologica e teologica.
Il timore è che l’IA possa portare a una eccessiva semplificazione o, addirittura, ad un malinteso o a una errata lettura degli insegnamenti religiosi, i quali sono per loro stessa natura ricchi di sfumature. E potrebbe anche rappresentare una «minaccia» per i metodi di apprendimento tradizionali e per le madrasa, le scuole coraniche, in cui si pone grande attenzione ed enfasi sul rapporto che si viene a instaurare fra insegnante e studente.
I piani di Teheran
Quello dell’Intelligenza Artificiale è uno dei temi in agenda per la leadership iraniana, che nel recente passato ha mostrato più di un interesse e sta già sviluppando un piano in tre punti per sfruttarne le potenzialità.
A parlarne è stato di recente il vice-capo del dipartimento per la Scienza e la tecnologia Rouhollah Dehqani, il quale ha così spiegato l’idea alla base del progetto: vi sono tre «programmi di sviluppo scientifico» oggetto di studi e di approfondimento, di cui «il primo nelle università. Il secondo – prosegue – sono i programmi di sviluppo tecnologico che vengono perseguiti in aziende che lavorano nel campo dell’intelligenza artificiale» e l’ultimo prevede «la creazione di un centro tecnologico nazionale» per il settore.
La road-map di sviluppo risale al 2022 ed è frutto di un anno di lavoro scientifico presso l’Istituto di ricerca di tecnologia dell’informazione e della comunicazione, che ha visto la partecipazione di accademici e industriali, pubblici e privati.
Il documento è presentato in due sezioni generali: «Sviluppo delle applicazioni» e «Sviluppo dei fattori abilitanti» sottolinea Mohammad-Shahram Moein, responsabile del Centro di innovazione e sviluppo dell’IA presso l’istituto. «Nella sezione di sviluppo delle applicazioni, l’obiettivo principale – avverte – è utilizzare l’IA in aree prioritarie come salute, trasporti e agricoltura» mentre in un secondo momento si punterà su «istruzione, industria e ambiente. Nello sviluppo dei fattori abilitanti, abbiamo considerato – sottolinea – la formazione di manodopera specializzata, lo sviluppo di infrastrutture e del sistema di innovazione».
Il documento che traccia i lavori, sostenuto da Khamenei, comprende 10 obiettivi principali, 9 strategie e 156 attività per un orizzonte di 10 anni.
Secondo il database Nature Index, nel 2021 la Repubblica islamica si è piazzata al 13mo posto nel mondo fra le nazioni leader del settore per numero complessivo di pubblicazioni. Nel luglio 2022 il vice-ministro della Scienza Peyman Salehi ha dichiarato che – a dispetto delle sanzioni statunitensi, le attività internazionali degli scienziati iraniani sono in aumento, tanto che oltre il 35% degli articoli riguardanti l’Iran presenti su Scopus sono progetti multinazionali.
Nella legge di bilancio per l’anno 1402 del calendario iraniano, iniziato il 21 marzo scorso, sono previsti circa 37 mila miliardi di rial (75 milioni di dollari) per la scienza e la tecnologia, con un aumento del 35% del budget rispetto all’anno precedente. Finora sono nate in tutto il Paese oltre 8mila aziende operative nel settore, chiamate a produrre «conoscenza» e creare «posti di lavoro» come auspicato dalla guida suprema.
Infine, il Fondo per l’innovazione e la prosperità ha versato quasi 500 milioni di dollari a sostegno delle imprese che operano nel settore della conoscenza.
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Immagine di Bernard Gagnon via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International, 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic; immagine modificata
Bizzarria
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Intelligenza Artificiale
Google utilizza una enorme quantità d’acqua per l’Intelligenza Artificiale

Il consumo di acqua del colosso della tecnologia informatica Google sta aumentando rapidamente mentre continua la sua spinta nel mondo dell’intelligenza artificiale ad alta intensità energetica.
Secondo dati ambientali di quest’anno resi pubblici di recente, la multinazionale di Mountain View nel 2022 ha utilizzato l’astronomica cifra di 5,6 miliardi di litri d’acqua.
Si tratta di un aumento del 20% rispetto al suo utilizzo nel 2021, che può probabilmente essere attribuito in gran parte ai crescenti sforzi dell’azienda nel campo dell’Intelligenza Artificiale. Lo sviluppo degli algoritmi IA in enormi data center consuma immense quantità di energia, oltre che enormi quantità di acqua per il raffreddamento.
La maggior parte di quest’acqua non viene nemmeno estratta dai corsi d’acqua: è così pulita da poter essere utilizzata come acqua potabile.
Si tratta di una prospettiva non esattamente allineata con la narrazione dell’emergenza ecologica, soprattutto considerando che la scarsità d’acqua si sta trasformando in un problema non di poco conto, anche sulla costa occidentale degli Stati Uniti dove ha sede il colosso tecnologico.
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La California, che ha subito una devastante crisi idrica negli ultimi anni (qualcuno dice: programmaticamente) ha leggi tremende per quanto riguarda il consumo d’acqua: vengono razionati gli usi della lavatrice, l’irrigazione del giardino e perfino lo scarico del water, significativamente meno potente di quelli europei, con tutti i disdicevoli problemi del caso.
La situazione è diventata così grave che il data center progettato da Google in Arizona è passato alla «tecnologia raffreddata ad aria» a causa della carenza d’acqua nella zona, secondo Insider.
Nel suo rapporto Google afferma che l’82% del suo consumo di acqua dolce lo scorso anno proveniva da regioni a «basso stress idrico».
Tuttavia non è certo solo un problema di Google, perché anche Meta e OpenAI stanno consumando quantità di acqua gigantesche per mantenere in funzione i loro data center.
Gli esperti stimano che l’ultimo modello di intelligenza artificiale di Meta, LLAMA 2, abbia raddoppiato il consumo di acqua dell’azienda rispetto al precedente.
Google almeno pare abbia la decenza di tentare di alleviare, almeno in parte, questo grave problema di consumo e di abuso di acqua. L’aumento del consumo di acqua «è dovuto alla crescita del business e si allinea con altri dati basati sulle attività», ha detto a Gizmodo un portavoce della megaditta californiana. «Stiamo lavorando per affrontare l’impatto del nostro consumo di acqua attraverso il nostro approccio di raffreddamento dei data center attento al clima e la strategia di gestione responsabile dell’acqua, compreso il nostro obiettivo di rifornimento del 120%».
È ben curioso vedere i colossi ultramiliardari fare contorsioni attorno ai loro «principi etici» riguardo l’ambiente. L’acqua ci detto e ripetuto, giustamente, che è un beve primario e prezioso e quindi non va sprecato, ma evidentemente ai titani della Silicon Valley è consentito di farci la lezioncina filantropica (cioè, filantrocapitalistica), mentre poi fanno come meglio ritengono per il loro tornaconto.
Che il bene acqua sia messo in pericolo dagli stessi che predicano il rispetto per l’ambiente lo abbiamo visto anche nel caso del potere dello Stato.
Come riportato da Renovatio 21, a poca distanza da casa nostra, in Germania, a causa delle «politiche green» e di una ideologia ecotalebana, Berlino ha rischiato di avere problemi di approvvigionamento idrico pochi mesi fa.
Immagine di Robbie Shade via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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