Connettiti con Renovato 21

Internet

Il vicepresidente eletto JD Vance: gli USA potrebbero ritirare il sostegno alla NATO se l’Unione Europea censurasse i social media

Pubblicato

il

JD Vance, il vicepresidente eletto del partito repubblicano, ha avanzato l’audace suggerimento che gli Stati Uniti potrebbero riconsiderare il loro sostegno alla NATO se l’Unione Europea tentasse di regolamentare le piattaforme di social media statunitensi.

 

Questa affermazione è stata fatta durante la campagna elettorale, in un’intervista con il podcaster Shawn Ryan, in cui Vance ha raccontato un incidente che ha coinvolto un alto funzionario dell’UE che ha minacciato Elon Musk per aver permesso all’ex presidente Donald Trump di salire sulla piattaforma.

 

Vance ha evidenziato il netto contrasto tra i valori europei e americani, in particolare sulla questione della libertà di parola. «Il leader, non ricordo esattamente quale funzionario fosse all’interno dell’Unione Europea, ma ha inviato a Elon questa lettera minacciosa che sostanzialmente diceva, “Ti arresteremo se metti in evidenza Donald Trump” che, tra l’altro, è il probabile prossimo presidente degli Stati Uniti», ha riferito.

 

Vance si riferisce con probabilità a Thierry Breton, noto per le sue posizioni sul controllo di internet, che all’epoca era Commissario Europeo per il mercato interno prima che fosse allontanato dalla Commissione Ursula 2. Il Breton si era particolarmente infervorato per l’intervista che Musk fece a Trump tre mesi fa, al punto che la Commissione stessa prese le distanze dal francese.

 

In risposta al Breton, il Musk aveva promesso una «battaglia molto pubblica in tribunale», rivelando: «La Commissione Europea ha offerto a X un accordo segreto illegale: se avessimo censurato silenziosamente il discorso senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato. Le altre piattaforme hanno accettato quell’accordo. X no».

Acquista la t-shirt DONALD KRAKEN

Il vicepresidente eletto Vance sostiene che la partecipazione dell’America alla NATO dovrebbe essere subordinata al rispetto della libertà di parola da parte dell’alleanza, un valore fondamentale americano.

 

«Quindi, ciò che l’America dovrebbe dire è: se la NATO vuole che continuiamo a sostenerla e la NATO vuole che continuiamo a essere un buon partecipante a questa alleanza militare, perché non rispetti i valori americani e la libertà di parola?», ha chiesto Vance, criticando l’idea di sostenere un’alleanza militare che non rispetta la libertà di parola come «folle», insistendo sul fatto che il sostegno americano è subordinato a dei prerequisiti, come il rispetto della libertà di parola, in particolare tra gli alleati europei.

 

Vance forse non è a conoscenza (o finge di non esserlo) del fatto che proprio la NATO potrebbe essere dietro la grande ondata di censura sui social. Si tratta della tesi portata avanti dall’ex funzionario della prima amministrazione Trump Mike Benz, che ha scrupolosamente ricostruito le origini dell’impeto censorio abbattutosi sul mondo occidentale, indicando come possa essere una reazione della NATO dinanzi agli smacchi concatenati dell’annessione russa della Crimea, della Brexit e, infine, dell’elezione 2016 di Donald Trump.

 

Benz suggerisce quindi che ogni democrazia occidentale si trova sotto il military rule, la legge marziale, con un bavaglio imposto alla popolazione dai militari.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0

Continua a leggere

Internet

Tagliato anche il cavo internet che collega Svezia e Finlandia

Pubblicato

il

Da

Un cavo in fibra ottica che collega Svezia e Finlandia sarebbe stato danneggiato in due luoghi separati.   Tuttavia, la polizia finlandese ha dichiarato martedì che «non c’è motivo di sospettare alcuna attività criminale» in relazione all’incidente.   Il ministro della Difesa civile svedese Carl-Oskar Bohlin aveva ipotizzato in precedenza, nel corso della giornata, che l’incidente potesse essere stato un atto deliberato, citando le circostanze che hanno caratterizzato il danno.

Sostieni Renovatio 21

Tuttavia, la compagnia di telecomunicazioni finlandese Elisa ha successivamente confermato che almeno una delle violazioni era stata causata da lavori di costruzione.   Martedì sono emerse notizie di due tagli, entrambi avvenuti sul suolo finlandese. Il taglio del cavo, che collega i Paesi nordici, ha interrotto i servizi Internet per migliaia di famiglie e aziende nella Finlandia meridionale.   Global Connect, l’operatore della linea, ha riferito che circa 6.000 famiglie e 100 aziende sono state colpite dall’interruzione. Una delle falle è stata riparata durante la notte, mentre i lavori sulla seconda erano ancora in corso.   I media svedesi, tra cui SVT e Aftonbladet, hanno inizialmente affermato che la polizia finlandese stava indagando sui danni come un potenziale atto criminale. Tuttavia, le autorità finlandesi hanno in seguito chiarito che non era in corso alcuna indagine sull’incidente.   «Contrariamente a quanto riportato dai media, la polizia finlandese non ha in corso alcuna indagine penale sui danni al cavo in fibra ottica tra Finlandia e Svezia», ​​ha affermato un portavoce.   Nonostante ciò, Bohlin ha sostenuto che potrebbe trattarsi di sabotaggio, affermando che «a causa delle circostanze che hanno circondato quanto accaduto, si sospetta un sabotaggio».   Jaakko Wallenius, direttore della sicurezza presso Elisa, ha confermato a Helsingin Sanomat che una delle rotture era stata causata da un escavatore durante i lavori di costruzione. L’incidente, ha detto, è stato segnalato tempestivamente ed è stato considerato un «incidente del tutto ordinario».   Anche Niklas Ekstrom, responsabile delle comunicazioni presso Global Connect, ha attribuito una delle interruzioni alle attività di costruzione, mentre la causa della seconda violazione è ancora in fase di accertamento.   Si tratta, ad ogni modo, di un ulteriore incidente ai grandi cavi internet internazionali nell’ultimo anno, con alcuni incidenti nella regione che hanno sollevato sospetti di sabotaggio.   Come riportato da Renovatio 21, ad ottobre, due cavi sottomarini che collegavano Finlandia, Germania e Lituania sono stati danneggiati nel Mar Baltico, spingendo il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius a suggerire la possibilità di un sabotaggio deliberato. Per l’incidente è stata in seguito accusata una nave cinese.   L’Internet globale poggia su un sistema di cavi sottomarini, alcuni dei quali posti da giganti come Facebook e Google.

Aiuta Renovatio 21

Come riportato da Renovatio 21, a inizio 2024 si era ipotizzato che un improvviso crash di vari siti internet, tra cui Facebook, potesse essere stato causato da cavi sottomarini nel Mar Rosso tranciati dagli Houthi.   Parte del traffico può passare dai satelliti, soprattutto ora grazie allo Starlink di Elon Musk. Tuttavia, tutte le potenze spaziali hanno raffinato in questi anni le proprie armi anti-satellite (ASAT), e Paesi come Cina, Russia e Israele hanno già minacciato di tirare giù la costellazione di satelliti di comunicazione eloniana.   Come ribadito da Renovatio 21, in caso di guerra la perdita delle infrastruttura, in primis quella informatica, è da mettere in conto per tutti quanti.
  Come riportato da Renovatio 21, diversi organi di informazione hanno riferito che vari Paesi nordici hanno pubblicato informazioni in cui consigliano le loro popolazioni su come prepararsi a una possibile guerra o ad altre crisi inaspettate.   Settimane fa un rapporto UE pubblicato dall’ex presidente finlandese Sauli Niinisto invitava i cittadini europei ad iniziare ad accumulare scorte di beni sufficienti per tre giorni, per essere pronti a fronteggiare potenziali disastri, tra cui un conflitto nucleare.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia  
Continua a leggere

Internet

L’Australia vieta l’uso dei social media ai minori di 16 anni

Pubblicato

il

Da

Il Parlamento australiano ha approvato una proposta di legge per impedire ai minori di 16 anni di usare i social media. Il Senato ha approvato la legge giovedì, dopo che la Camera dei rappresentanti aveva fatto lo stesso il giorno prima.

 

Secondo l’emittente pubblica australiana ABC, il Social Media Minimum Age Bill definisce una «piattaforma di social media con restrizioni di età” come un servizio con un «unico scopo, o uno scopo significativo» per consentire «l’interazione sociale online» tra persone, che possono «pubblicare materiale» sulla piattaforma.

 

Tuttavia, la legislazione non nomina alcun servizio specifico.

Iscriviti al canale Telegram

Le piattaforme che non adottano «misure ragionevoli» per escludere le persone di età inferiore ai 16 anni dovranno pagare multe fino a 50 milioni di dollari australiani (30, 76 milioni di euro). La nuova legge entrerà pienamente in vigore tra 12 mesi.

 

Il governo ha sostenuto che la legge è necessaria per proteggere meglio il benessere dei bambini.

 

«I social media stanno danneggiando i nostri bambini e oggi, come risultato diretto della nostra legislazione approvata dal parlamento… i genitori possono avere una discussione diversa con i loro piccoli», ha detto il Primo Ministro Anthony Albanese ai giornalisti. «Vi sosteniamo, è il nostro messaggio ai genitori australiani».

 

Il primo ministro ha respinto le preoccupazioni sull’attuazione del disegno di legge. «Non sosteniamo che la sua attuazione sarà perfetta, proprio come il divieto di alcol per i minori di 18 anni non significa che qualcuno sotto i 18 anni non abbia mai accesso. Ma sappiamo che è la cosa giusta da fare», ha detto.

 

Google e Meta hanno sollecitato l’Australia a rinviare l’approvazione del disegno di legge fino al completamento della sperimentazione sulla verifica dell’età.

 

«Siamo preoccupati per il processo che ha accelerato l’approvazione della legislazione senza considerare adeguatamente le prove, ciò che l’industria fa già per garantire esperienze adatte all’età e le voci dei giovani», ha affermato Meta, la società madre di Facebook e Instagram, in una dichiarazione di giovedì.

 

Meta ha aggiunto che si aspetta «una consultazione produttiva su tutte le regole associate al disegno di legge per garantire un risultato tecnicamente fattibile che non imponga un onere gravoso sui genitori e sugli adolescenti e un impegno affinché le regole vengano applicate in modo coerente su tutte le app social utilizzate dagli adolescenti».

 

La società madre di Snapchat, Snap, ha rilasciato una dichiarazione, affermando che «ci sono molte domande senza risposta su come questa legge verrà implementata nella pratica». La società ha anche promesso di «coinvolgere strettamente» il governo australiano.

 

Alcuni politici e attivisti australiani hanno criticato la legislazione come incompleta. Il senatore Matt Canavan ha sostenuto che la legge «non affronta le preoccupazioni sulla privacy».

 

«Il tentativo di vietare ai bambini di usare i social media sarà inefficace, ma quel che è peggio potrebbe minare gli sforzi adeguati per contenere i danni dei social media», ha scritto Canavan su X.

Aiuta Renovatio 21

Molti paesi hanno cercato modi per garantire che i bambini navighino sulle piattaforme online in modo sicuro. A marzo 2024, lo stato americano della Florida ha vietato l’uso dei social media ai bambini di età inferiore ai 14 anni e ha richiesto a quelli di età compresa tra 14 e 15 anni di ottenere il consenso dei genitori.

 

L’Australia ha una lunga storia di conflitto di superficie con i colossi informatici. Nel 2021 il governo lanciò il News Media Bargaining Code, un accordo in base al quale le organizzazioni giornalistiche potevano negoziare con le grandi aziende tecnologiche il pagamento e l’inclusione dei loro contenuti sulle piattaforme digitali. La risposta di Facebook fu quella di minacciare un ban delle notizie dalla piattaforma.

 

Canberra, ad ogni modo, negli scorsi giorni ha evitato di un soffio il Misinformation and Disinformation Bill («legge sulla misinformazione e la disinformazione») che avrebbe aumentato ancora di più – se possibile – il livello di totalitarismo del Paese slatentizzatosi con il COVID: la proposta di legge redenva di fatto il governo come unico arbitro della verità.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Arte

L’Italia del rock vaccinaro, amico della censura

Pubblicato

il

Da

Ci tocca di vedere anche questa. Legioni dei facenti parti della un tempo detta «musica ribelle» nazionale – quello che chiamano, sorvolando la contradictio in adjecto, «Rock italiano» – hanno deciso, in un coraggio annunziato urbi et orbi, di abbandonare la piattaforma social X, già nota come Twitter.   Eh sì, alcuni noti personaggi dello star system italiota, ritenendo il nuovo proprietario Elon Musk un figuro cattivo e illiberale, in ispecie dopo che è stato organicamente assorbito dalla sfera trumpiana, hanno cancellato i propri account X, lasciandoci senza più i loro rockettissimi «cinguettii digitali».   Una presa di posizione decisa da parte degli eroi della musica leggera, una scelta forte e irrevocabile contro il nuovo padrone, il tiranno Elon. Il quale, di fatto, ha semplicemente reso più libera la piattaforma, licenziando l’80% della forza lavoro (il sito va meglio di prima: cosa faceva tutta quella gente?) e reintegrando le persone che erano state espulse, talvolta solo per un pronome sbagliato, di fatto svincolandolo dalle mannaje censorie della gestione precedente, che il Musk ha paragonato, senza scherzare, alla Pravda dei tempi sovietici.

Iscriviti al canale Telegram

I paladini della sedicente «musica ribelle», quindi parrebbe di capire della libertà di espressione, non ci stanno. Ecco che i vari Piero Pelù, Elio e le storie tese, Nicola Piovani e il redivivo scrittore Roberto Saviano (ma dove lo avevano messo?), solo per citarne qualcuno, se ne vanno dal social muskiano. Sono gli stessi che non pare abbiano mosso un dito quando, con un arbitrio totalitario, venivano chiusi i profili utenti sgraditi alla ditta. Ricordate quel tempo? È stato poco fa…   Che il vero confronto, la vera libertà di espressione – o semplicemente le opinioni terze – siano per alcuni così intollerabili? Perché poi? Perché possono minare le granitiche convinzioni politicamente corrette? Perché sono abituati a vedere l’ecosistema dei media (social, allineati con TV, giornali, cinema, tutto) ripetere sempre e solo la loro versione?   Vogliamo ricordarci di come alcuni degli indomiti idoli del rock nell’era pandemica schernivano chi non la pensava come loro, chi nutriva qualche ragionevole dubbio sull’efficacia delle mascherine, sul beneficio incondizionato dei lockdown e sulla magia salvifica del «santo siero» anti-COVID.   Tutti, in coro monofonico, lodarono il vaccino attraverso i propri canali social e finanche urlandolo ai propri concerti con quel fare spocchioso o di chi stava facendo la cosa giusta e doveva indottrinare i dissidenti.   Come l’osannato rocker di Zocca, Vasco Rossi – per il quale lo scrivente nutre una passione musicale profonda – che a metà del brano Eh… già inserito nel suo ultimo CD dal vivo canta i seguenti versi: «Eh già, ormai io sono vaccinato sai. Tre volte!».  

Sostieni Renovatio 21

Le ugole filopandemiche non si sono risparmiate nel bio-catechismo dei loro fan. Di più: in alcuni casi VIP dello spettacolo avrebbero anche incitato, tramite i loro account social, a segnalare i propri vicini di casa che non si allineavano ai diktat di Stato, come un noto attore romano figlio d’arte ci ha insegnato.   All’estero, come in Italia, gli impavidi rockettari, aderirono in massa al pensiero unico dominante. I tanto eclettici Kiss, per voce del bassista e cantante Gene Simmons definì «nemici» coloro che rifiutano il vaccino. «Non mi importa delle tue convinzioni politiche», disse il Simmons proprio quando lui e il compagno di band, Paul Stanley, sono risultati positivi al coronavirus nonostante si sottoposero a vaccinazione.   Anche gli Offspring – band punk-rock californiana assai nota a metà degli anni Novanta – si omologarono alle «regole pandemiche» del tempo, allontanando il loro batterista, Pete Parada, perché non vaccinato.   Fortunatamente la musica non è solo questa masnada di attempati che si aggrappano a una golden age musicale a cui non appartengono più, ma è anche ben altro. E’ il grido di un rocker libero, Eric Clapton – il quale ancora sa stupirci accarezzando le sei corde – che tra i primi ha denunciato i danni da vaccino, avendoli subiti in prima persona.   Il chitarrista infatti si scagliò contro la propaganda sulla sicurezza dei vaccini COVID. «Non avrei mai dovuto avvicinarmi alla siringa, ma la propaganda diceva che il vaccino era sicuro per tutti». «Sono stato un ribelle per tutta la vita, contro la tirannia e l’autorità arrogante, che è quello che abbiamo ora», ha aggiunto il Clapton. Clapton ha affermato che la psicosi da formazione di massa ha persino colpito i suoi colleghi, amici e familiari.   Il bluesman criticò i media definendoli «traffico a senso unico nel seguire gli ordini e l’obbedienza» per il suo ruolo nello spingere le vaccinazioni e le restrizioni sociali draconiane. A memoria mia, non ricordo nessuna delle nostre leggende musicali nostrane che abbia «twittato» un qualcosa a favore del cantautore britannico.   Il cantante britannico Richard Ashcroft, noto come frontman del gruppo The Verve, tre anni orsono annullò un’apparizione programmata ad un festival musicale dopo che gli organizzatori decisero di inserire l’evento nell’Events Research Program del governo, ossia un circuito di eventi dove potevano entrare solo coloro che avrebbero esibito prova del fatto di essere stati doppiamente inoculati o siano risultati negativi al COVID. Tutto questo era troppo per Ashcroft, che una volta resosi conto, si ritirò immediatamente dal Festival inglese. Ashcroft ha sottolineato il suo rifiuto di far parte di qualsiasi «esperimento governativo» o eventi che impongono restrizioni.   Il cantante Van Morrison criticò apertamente il ministro nordirlandese riguardo alle politiche di restrizione COVID, beccandosi una bella denuncia dal politico in questione.    Purtroppo, nel Belpaese nessuno ha fatto come il Morrison o come Clapton, tranne rari casi di cantanti che già erano stati estromessi dal mainstream musicale per altre ragioni.

Aiuta Renovatio 21

Gli eterni frequentatori dei salotti buoni della discografia italiana sono stati solerti a cancellare gli account segnalandolo con indomita fierezza nei propri Facebook e Instagram, dimenticando una cosa fondamentale per chi dovrebbe interessarsi alla libertà e alla libertà di espressione: il CEO di Meta – azienda che detiene Facebook e Instagram – Mark Zuckerberg, ha recentemente ammesso che l’amministrazione Biden ha fatto pressione sulle sue aziende di social media «per censurare determinati contenuti sul COVID-19» e che era sbagliato censurare la storia del laptop di Hunter Biden.   In una lettera indirizzata al presidente della commissione giudiziaria della Camera lo Zuckerberg ha scritto che «nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente fatto pressione sui nostri team per mesi affinché censurassero determinati contenuti sul COVID-19, tra cui umorismo e satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo».   Alla fine, la decisione se rimuovere o meno i contenuti è stata nostra, e siamo responsabili delle nostre decisioni, comprese le modifiche relative al COVID-19 che abbiamo apportato alla nostra applicazione in seguito a questa pressione», ha dichiarato il giovane ultramiliardario, sulla cui piattaforma continua a ballare senza problemi il rock de noaltri.   Quindi, vorrei ricordare sommessamente a lor signori che la censura applicata, almeno per il momento, non alberga su X, bensì sta altrove. Questa pletora di «ex cinguettatori» su X credo alla fine non ci mancherà molto.   La «vita spericolata», credete, non sta negli hub vaccinali, né sui social di Zuckerberg.   Francesco Rondolini  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Più popolari