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La Commissione Europea dice che può vietare i social media in caso di disordini civili

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Il Commissario Europeo per il mercato interno ha affermato che l’UE può vietare le piattaforme di social media in caso di disordini civili.

 

Thierry Breton, già noto per le sue tirate contro il Twitter di Elon Musk e per la sua difesa del passaporto vaccinale digitale (cioè, il green pass), ha dichiarato in un’intervista a France Info che «se sono presenti contenuti di odio, contenuti che richiedono disordini o uccisioni, ad esempio (…) le piattaforme sono obbligate a eliminarli. Se non lo fanno, saranno sanzionate immediatamente»

 

«Abbiamo squadre che possono intervenire immediatamente», ha detto il francese riportato dalla testata tedesca Heise online. Se i responsabili non agiscono subito, «allora sì, possiamo non solo infliggere una multa ma anche vietare l’operatività» delle piattaforme «sul nostro territorio».

 

In pratica, la Commissione Europea vuole regolare i contenuti in rete, ma pure la possibilità di effettuare uno shutdown selettivo di internet, un potere che si credeva possibile solo nella Repubblica Popolare Cinese con il suo «Grande Firewall», il sistema di censura e sorveglianza che blocca l’accesso in Cina a siti enormi (YouTube, Facebook).

 

Di fatto, quel che vediamo qui è davvero la costruzione di una Grande Muraglia digitale europea. Richiusi nella quale, meglio ricordarselo, ci siamo noi.

 

Il Commissario Breton ha altresì affermato che i giganti dei social media come TikTok, Facebook, Twitter, YouTube, etc. Potrebbero essere banditi sulla base dell’EU Digital Services Act (DSA).

 

L’occasione di questo giro di vite contro la libertà di espressione in rete arriva ovviamente dopo le violente rivolte etniche scoppiate in Francia negli scorsi giorni, grazie alle quali il governo francese sta estendendo i limiti legali dello spionaggio sui suoi cittadini, già divenuti ampli dopo la strage del Bataclan del 2015.

 

L’idea dell’interruzione dei social era stata espressa apertamente dal presidente francese Macron durante i giorni di barbarie nelle città francesi e francofone (anche cittadine del Belgio e della Svizzera sono state contagiate dai moti etnici). Il presidente aveva altresì incolpato del disastro i videogame.

 

«Dobbiamo pensare a come i giovani usano i social network, in famiglia, a scuola, i divieti ci dovrebbero essere… e quando le cose ci sfuggono di mano potremmo doverli regolamentare o tagliarli», aveva detto Macron in una riunione con oltre 250 sindaci lo scorso 4 luglio, scrive il giornale britannico Guardian.

 

Dopo aver ingenerato un enorme contraccolpo politico da parte dell’opposizione, varie figure del governo francese hanno cercato di fare marcia indietro sui commenti di Macron, affermando  che il presidente non intendeva un «oscuramento generale» delle piattaforme di social media, ma piuttosto una sospensione «occasionale e temporanea» delle reti online.

 

Eccerto. Non spengo la luce. Giro solo un pochino l’interruttore, non tutto quanto. Poi riaccendo quando voglio.

Il 5 luglio, i parlamentari francesi hanno votato a favore di un disegno di legge di riforma della giustizia che prevede la possibilità per la polizia di spiare i cittadini attivando da remoto il microfono, la fotocamera e il GPS di telefoni cellulari e altri dispositivi.

 

Nel caso di una grave crisi come una guerra o una pandemia, la Commissione Europea potrebbe quindi costringere le grandi piattaforme di social media a rimuovere i contenuti considerati una «minaccia urgente». In realtà, ciò è già vero, ad esempio, per testate russe come RT e Sputnik, incredibilmente irraggiungibili dalla rete di molti Paesi occidentali – una vera censura di guerra, che però non scandalizza nessun giornalista, ordine di giornalisti, attivisti professionisti per la libertà di stampa. Siamo obbligati a sentire solo la propaganda anglo-ucraina, e l’altro punto di vista non è materialmente ammesso.

 

Di fatto, l’UE imporrà nuove restrizioni alle piattaforme online con oltre 45 milioni di utenti il ​​25 agosto, il che sottoporrà queste grandi aziende tecnologiche a regole più severe sulla «distribuzione di contenuti illegali e dannosi», riferisce Heise.

 

Entro quella data le piattaforme devono presentare alla Commissione europea una prima valutazione dettagliata dei loro «maggiori rischi per gli utenti», altrimenti potrebbero incorrere in multe fino al 6% delle loro entrate globali.

 

Il commissario Breton ha annunciato che la prossima settimana la commissione condurrà un relativo «stress test» su TikTok, che esaminerà se il social cinese è disposto a rispettare i nuovi requisiti. Secondo quanto riferito, anche altre società di social media come Meta e Twitter saranno presto sottoposte a tali stress test.

 

Si tratta del capitolo elettronico dell’ascesa dell’anarco-tirannia europea: lasciano che ti rapinino, stuprino, brucino la casa – ma controllano con ferrea ostinazione ciò che puoi e non puoi dire. Caos sulle strade, e al contempo pugno di ferro sulla popolazione in fatto di tasse e pure libertà di pensiero.

 

L’euro-anarco-tirannide, state certi, non si fermerà al controllo di ciò che dite: aspettate di vedere cosa vi farà l’euro digitale, il cui carattere di tecnologia di sorveglianza è stato ammesso perfino da Christine Lagarde, per capire a quelle distopia assoluta stiamo andando incontro.

 

 

 

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YouTube cancella centinaia di video di presunti crimini di guerra israeliani

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YouTube ha eliminato centinaia di video che documentano presunte violazioni dei diritti umani commesse da Israele a Gaza e in Cisgiordania occupata, inclusi resoconti di testimoni oculari, inchieste investigative e filmati di natura umanitaria. Lo riporta la testata di giornalismo di inchiesta The Intercept.

 

Da ottobre, la piattaforma di video hosting avrebbe rimosso oltre 700 video e sospeso gli account di importanti organizzazioni palestinesi per i diritti umani, quali Al-Haq, Al Mezan Center for Human Rights e Palestinian Centre for Human Rights. Tra i contenuti cancellati figurerebbero un’inchiesta sull’uccisione della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh da parte delle forze israeliane, riprese di demolizioni di abitazioni in Cisgiordania e un documentario sulle madri sopravvissute agli attacchi israeliani a Gaza.

 

The Intercept ha descritto tali rimozioni come parte di un più ampio sforzo, sostenuto dagli Stati Uniti, volto a sopprimere la documentazione di presunti crimini di guerra israeliani. Le stesse organizzazioni palestinesi colpite da YouTube sono state sanzionate da Washington a settembre per aver fornito prove alla Corte penale internazionale (CPI) contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. La CPI ha emesso mandati di arresto per entrambi i funzionari nel 2024 per presunti crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza.

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Un portavoce di YouTube, Boot Bullwinkle, ha dichiarato a The Intercept che il proprietario della piattaforma, Google, «si impegna a rispettare le sanzioni applicabili».

 

L’influenza di Washington sulle aziende tecnologiche è diventata oggetto di controversia nazionale durante la presidenza di Joe Biden. Nel caso Murthy contro Missouri, agenzie federali sono state accusate di aver esercitato pressioni su Meta, Twitter e YouTube per censurare opinioni non gradite sotto il pretesto di contrastare la disinformazione. La Corte Suprema ha archiviato il caso nel 2024 per motivi procedurali, lasciando irrisolta la questione se tale coordinamento tra governo e piattaforme violi il diritto costituzionale alla libertà di espressione.

 

Le espulsioni avvengono nel contesto del sostegno militare e diplomatico di Washington a Israele durante il conflitto di Gaza. Gli Stati Uniti hanno fornito armi supplementari a Israele e hanno bloccato ripetutamente risoluzioni ONU che chiedevano il cessate il fuoco e condannavano le vittime civili. I critici affermano che tali azioni abbiano protetto Israele dall’obbligo di rispondere delle proprie condotte e indebolito gli sforzi internazionali per porre fine alla violenza.

 

Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa il fondatore di Google Sergey Brin, di origine ebraico-russa, ha definito l’ONU «chiaramente antisemita».

 

Negli scorsi giorni è emersa l’esistenza di un accordo segreto tra Israele Google e Amazon. L’intesa, denominata Progetto Nimbus e del valore di 1,2 miliardi di dollari, impedirebbe alle aziende di negare al governo israeliano l’accesso ai servizi cloud, anche in caso di violazione dei loro termini d’uso, stando ai documenti pubblicati dal Guardian con +972 Magazine.

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Immagine di Rego Korosi via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0

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I centri per le truffe online smantellati dall’esercito birmano. «Solo una messinscena»

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Dopo l’operazione in grande stile al KK Park, nell’area di Myawaddy al confine con la Thailandia, un migliaio di persone forzatamente impiegate in queste attività illecite si sono riversate oltre confine. Lo scetticismo di alcune fonti locali: «operazione dimostrativa legate alle minacce di sanzioni emerse anche durante il vertice dell’ASEAN. Ma le reti criminali restano radicate e godono di coperture politiche».   L’esercito del Myanmar ha condotto la settimana scorsa un’operazione di alto profilo contro i centri per le truffe informatiche situati al KK Park, un complesso localizzato al confine tra Myanmar e Thailandia, nei pressi di Myawaddy, di fronte alla città thailandese di Mae Sot, nella provincia di Tak. L’operazione è avvenuta in seguito all’aumento delle pressioni internazionali, comprese le dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump durante il vertice ASEAN, che ha criticato la giunta militare del Myanmar per aver favorito reti di traffico di droga e truffe informatiche transfrontaliere.   Il 24 ottobre, l’esercito birmano ha fatto esplodere edifici utilizzati per le truffe informatiche all’interno del KK Park, provocando esplosioni udite fino al territorio thailandese e una densa coltre di fumo sull’area. Le incursioni miravano ufficialmente a smantellare operazioni di cybercriminalità su larga scala che frodano vittime in tutto il mondo e vengono realizzate attraverso «nuovi schiavi» reclutati con il traffico di esseri umani. Secondo numerosi rapporti, queste attività sarebbero sostenute da reti criminali cinesi e milizie locali alleate del governo birmano.   Nel caos successivo all’operazione, oltre un migliaio di persone, tra cui stranieri provenienti in maggioranza da India, Cina e Vietnam, sono fuggite dal complesso verso la Thailandia. Le autorità di frontiera a Mae Sot hanno risposto chiudendo l’accesso ai furgoni provenienti dal Myanmar e rafforzando i controlli ai confini per gestire l’afflusso. Circa 1.200 persone sono state sottoposte a controlli per accertare eventuali casi di tratta di persone o altri reati; molti di loro sarebbero vittime costrette a lavorare per bande di truffatori.

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Nonostante l’esercito del Myanmar affermi di aver smantellato efficacemente le operazioni criminali, osservatori locali e vittime hanno definito il blitz «per lo più una messinscena» volta a placare l’attenzione internazionale. Particolare scetticismo deriva dal fatto che altri centri di truffe informatiche, come quello di Shwe Kutkku, vicino al confine, restano pienamente operativi. I dubbi sono aumentati con le voci secondo cui l’azione militare sarebbe stata motivata dal timore di nuove sanzioni statunitensi e dalle minacce di Trump durante il vertice ASEAN del 26-27 ottobre.   Offrendo una prospettiva locale, Benedict, un giovane Karenni che frequenta un master all’Assumption University di Bangkok, commenta ad AsiaNews: «puntano a dimostrare a Trump e alla comunità internazionale che stanno facendo qualcosa, più che a estirpare davvero queste reti criminali radicate. Le organizzazioni criminali storiche continuano a operare sotto la protezione delle guardie di frontiera (BGF) controllate dall’esercito del Myanmar».   I centri per le truffe informatiche lungo il confine tra Thailandia e Myanmar sono ormai una sfida persistente alla sicurezza regionale. Questi centri sfruttano lavoratori vittime di tratta o costretti con la forza per gestire truffe sofisticate dal valore di miliardi di dollari. Gli sforzi internazionali – tra cui le sanzioni statunitensi contro aziende e individui coinvolti – cercano di interrompere i flussi di finanziamento, ma una repressione su vasta scala resta difficile a causa delle complessità politiche e del controllo esercitato dalle milizie locali nella regione.   Il governo thailandese ha ribadito il proprio impegno per la sicurezza delle frontiere e per l’assistenza umanitaria, ma le recenti incursioni hanno evidenziato la sfida persistente rappresentata dalle reti criminali transfrontaliere che sfruttano l’instabilità politica del Myanmar.   La situazione rimane sotto stretta osservazione, mentre la regione si prepara a ulteriori sviluppi.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Incredibili video realizzati con l’IA lanciata da pochi giorni

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Il generatore di video basato sull’Intelligenza Artificiale Sora 2 di OpenAI ha debuttato la scorsa settimana e ha conquistato i social media con clip incredibilmente iperrealistiche che hanno fatto sì che gli spettatori si interrogassero su ciò che vedono online e hanno fatto sbiancare gli studi di Hollywood.

 

Gli utenti sembrano averci preso gusto a fare video sul defunto fisico tetraplegico Stephen Hopkins, anche crudelmente.

 

 

 


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Un altro modulo molto popolare è quello di esseri che vengono fermati dalla polizia – il filmato è come da una bodycam delle forze dell’ordine – e scappano via subito: ecco un gatto, Spongebob, Mario, un ammasso di prosciutto a fette.

 

 

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Il CEO di OpenAI Sam Altman viene beccato a rubare in un negozio, tutto visto da una telecamera di sorveglianza. L’uomo poi cucina Pikachu alla griglia.

 

 

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Animali che rubano alimentari nei supermercati.

 

 

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Piace Hitler che fa stand-up comedy con l’altrettanto (teoricamente) defunto Tupac, rapper ammazzato una trentina di anni fa ma che tutti per qualche ragione ricordano.

 

Lo Hitlerro dimostra di saperci fare con lo skateoboardo, e pure di saper rispondere a muso duro a Michael Jackson in un ambiente che ricorda le trasmissione trash di Jerry Springer.

 

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Pare che SoraAI abbia messo un filtro che impedisce di creare episodi di South Park, che gli utenti hanno generato automaticamente a bizzeffe.

 

 

Non manca la finta pubblicità degli anni ’90 per un giocattolo basato sull’isola dei pedofili di Jeffrey Epstein, con l’action figure del miliardario e di altri personaggi orrendi – l’aereo privato Lolita Express è incluso.

 

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Ecco, infine, il futuro: le fake news, ma nel senso vero. Telegiornali fatti con l’IA. Un motivo in più per non credere nemmeno a quelli veri.

 

 

Quindi: non è solo Hollywood che sarà sostituita, disintermediata, distrutto: è tutto quanto. È la realtà stessa che sta per venire divorata da simulacri iperreali eruttati ad ogni minuto dall’IA.

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