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Facebook censura il dibattito scientifico

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense.

 

 

Mentre il gigante dei social media continua a controllare i contenuti e mettere a tacere le opinioni contrarie, due dozzine di stati hanno introdotto progetti di legge che consentirebbero azioni legali contro la censura dei post operata dal social.

 

 

Dal 2016, i giganti dei social media si sono impegnati sempre più nella censura con il pretesto di prevenire la diffusione di disinformazione – «esaminando e stigmatizzando il contenuto di autori affidabili» mentre «aggiungono sempre più controlli dei fatti falsi e rimuovono articoli segnalati da utenti di sinistra senza spiegazioni», secondo il Comitato Editoriale del Wall Street Journal (WSJ).

 

Ora Big Tech e i suoi esperti virologi auto-consacrati stanno mettendo a tacere i medici con punti di vista contrari nel tentativo di chiudere il dibattito scientifico, continua il WSJ. Il comitato editoriale ha espressamente citato Facebook per aver definito un editoriale che il giornale aveva pubblicato a febbraio come fuorviante.

Dal 2016, i giganti dei social media si sono impegnati sempre più nella censura con il pretesto di prevenire la diffusione di disinformazione – «esaminando e stigmatizzando il contenuto di autori affidabili» mentre «aggiungono sempre più controlli dei fatti falsi e rimuovono articoli segnalati da utenti di sinistra senza spiegazioni»

 

Ecco cosa è successo. Il 19 febbraio, il WSJ ha pubblicato un articolo del dottor Martin Makary, chirurgo della Johns Hopkins, professore, autore pubblicato e capo consulente medico di Sesame Care, una società sanitaria ad accesso libero. Nell’articolo intitolato «Avremo l’immunità di gregge entro aprile», Makary ha scritto che, sulla base di studi e prove scientifiche, gli americani avrebbero reggiunto un’immunità sufficiente dalla vaccinazione e dall’infezione naturale all’inizio della primavera per ridurre drasticamente la diffusione del COVID.

 

Facebook ha aggiunto la dicitura «Contesto Mancante. I fact-checkers indipendenti ritengono che queste informazioni potrebbero indurre in errore le persone» all’articolo di Makary.

 

La dicitura di Facebook è collegata al sito web di fact-checkers indipendenti Health Feedback, membro della «Vaccine Safety Net» dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un progetto vaccinale dedicato alla correzione della «disinformazione sulla sicurezza dei vaccini» sui social media.

 

Tre scienziati di Health Feedback hanno analizzato l’articolo e gli hanno attribuito una valutazione di credibilità scientifica complessiva «molto bassa», affermando che «Il fuorviante articolo del Wall Street Journal sostiene, infondatamente, che gli Stati Uniti raggiungeranno l’immunità di gregge entro aprile 2021».

 

Secondo Facebook, una volta che qualcosa viene valutato da un fact-checker, Facebook «interviene per garantire che meno persone visualizzino l’informazione errata».

 

Secondo Facebook, una volta che qualcosa viene valutato da un fact-checker, Facebook «interviene per garantire che meno persone visualizzino l’informazione errata»

Ma il WSJ afferma che Makary non ha presentato la sua opinione come un’affermazione fattuale. Ha fatto una proiezione, come qualsiasi altro scienziato, basata su studi e dati riguardanti l’immunità di gregge. Ai fact-checker di Facebook non è piaciuta la proiezione di Makary perché potrebbe portare a un allentamento delle restrizioni.

 

I fact-checker di Health Feedback non erano d’accordo con le prove di Makary e la sua interpretazione. Hanno selezionato e applicato in modo errato gli studi per supportare le loro contro-opinioni e «le hanno mascherate come fatti», sostiene il WSJ.

 

«Gli scienziati spesso non sono d’accordo su come interpretare le prove», ha scritto il Comitato Editoriale. «Il dibattito è il modo in cui le idee vengono testate e gli argomenti vengono perfezionati. Ma i fact-checker di Facebook stanno presentando le loro opinioni come fatti e stanno cercando di mettere a tacere gli altri scienziati con opinioni che mettono in discussione le loro».

 

I fact-checker hanno selezionato e applicato in modo errato gli studi per supportare le loro contro-opinioni e «le hanno mascherate come fatti», sostiene il WSJ.

Nel dicembre 2020, Facebook si è impegnata per rimuovere «false affermazioni» sui vaccini COVID che erano stati sbugiardati da esperti di salute pubblica, anche se non hanno specificato quali esperti di salute pubblica», scrive The Hill.

 

Twitter ha seguito a ruota affermando che etichetterebbe o metterebbe un avviso sui Tweet che «avanzano voci non comprovate, affermazioni contestate, nonché informazioni incomplete o fuori contesto sui vaccini».

 

I legislatori in più di una dozzina di Stati, che temono che i giganti dei social media abbiano troppo controllo, hanno introdotto una norma nel tentativo di aggirare una legge federale, la sezione 230 del Communications Decency Act, che protegge le società di social media da azioni legali sulla censura dei post, riporta l’Associated Press.

 

«I giganti dei social media stanno dominando il discorso pubblico – agendo come autori, rimuovendo articoli, aggiungendo fact-check falsi e censurando altri autori rispettabili»

Sebbene lo statuto esentasse i siti Web dall’essere citati in giudizio per la rimozione di contenuti ritenuti «osceni, volgari, lascivi, sporchi, eccessivamente violenti, molesti o altrimenti discutibili» purché le società avessero agito in «buona fede», le società di social media come Facebook utilizzano questo statuto per proteggersi dalla rimozione di contenuti che non lo sono –– come il pezzo del Dr. Makary, dice il WSJ.

 

Il WSJ ha esitato a sostenere proposte volte a modificare la Sezione 230 per piattaforme come Facebook, ma «i giganti dei social media stanno dominando il discorso pubblico – agendo come autori, rimuovendo articoli, aggiungendo fact-check falsi e censurando altri autori rispettabili che non esisterebbero più senza le protezioni della Sezione 230», ha scritto il comitato editoriale del WSJ.

 

Il 18 agosto 2020, Children’s Health Defense (CHD) ha intentato una causa contro Facebook, Mark Zuckerberg e diversi fact-checker per censura illegale e dichiarazioni fraudolente e diffamazione nei confronti di CHD. Nella denuncia si afferma che i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC), la Fondazione CDC e l’OMS collaborano con Facebook e Zuckerberg in un’azione congiunta con il governo per censurare i contenuti.

 

Il 10 febbraio, l’account Instagram del presidente di CHD Robert F.Kennedy, Jr. è stato rimosso senza preavviso

La denuncia contesta l’uso di fact-checker surrogati che non sono né indipendenti né imparziali nel sopprimere le informazioni e la tecnologia ingannevole che Facebook utilizza per ridurre al minimo la portata e la visibilità dei contenuti.

 

Il 10 febbraio, l’account Instagram del presidente di CHD Robert F.Kennedy, Jr. è stato rimosso senza preavviso.

 

Mark Zuckerberg ha pubblicamente affermato che le piattaforme dei social media non dovrebbero essere «gli arbitri della verità» ma, come si legge nella denuncia di CHD, Zuckerberg sta lavorando col governo per sopprimere ed eliminare le critiche indesiderate ai funzionari e alle politiche governative.

Zuckerberg sta lavorando col governo per sopprimere ed eliminare le critiche indesiderate ai funzionari e alle politiche governative

 

 

Megan Redshaw

 

 

 

Traduzione di Alessandra Boni

 

 

© 9 marzo 2021, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

 

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Immigrazione

Conor McGregor indagato per hate speech: aveva criticato la risposta del governo alla violenza migrante di Dublino

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Il campione di MMA Conor McGregor è ora sotto inchiesta per «incitamento all’odio online» per le sue critiche alle politiche migratorie di massa del governo irlandese e per l’incapacità di proteggere i suoi cittadini dalla violenza dei migranti.

 

Il McGregor si è espresso con veemenza contro l’inerzia del governo dopo che diversi bambini e una donna sono stati accoltellati da un migrante algerino in pieno giorno la scorsa settimana.

 

«Bambini innocenti accoltellati senza pietà da uno straniero mentalmente squilibrato a Dublino, in Irlanda, oggi», ha pubblicato su Twitter. «Il nostro capo della polizia ha detto questo sulle rivolte avvenute in seguito. Drew, non va bene. C’è un grave pericolo tra noi in Irlanda che non dovrebbe mai verificarsi qui in primo luogo».

 

 

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McGregor ha anche chiesto ai leader irlandesi un’azione per affrontare la politica migratoria di fondo che ha consentito all’aggressore algerino di entrare in Irlanda.

«Le vostre affermazioni di nulla sono assolutamente inutili per la soluzione di questo problema. Agite!! Risolvete IMMEDIATAMENTE questa situazione!»

 

 

In risposta, le forze di polizia irlandesi, note come Gardai, stanno ora indagando su McGregor per «incitamento all’odio online».

 

«I post di McGregor sono al vaglio della Gardai, la polizia irlandese, nell’ambito di un’indagine sulla diffusione di discorsi di incitamento all’odio online. L’indagine è condotta da Justin Kelly, un vice commissario del Garda», ha riferito il britannico Sunday Times.

 

Il contesto dell’attacco a McGregor – peraltro un simbolo nazionale vivente, che ha espresso semplicemente la sua opinione pubblicamente – è da valutare bene, perché avviene proprio nei giorni in cui il primo ministro irlandese Leo Varadkar ha promesso di reprimere il cosiddetto hate speech, il «discorso di incitamento all’odio», in seguito alle rivolte scoppiate in seguito alla follia di accoltellamenti tra i migranti.

 

«Approveremo nuove leggi nelle prossime settimane per consentire al Gardai di utilizzare meglio le prove CCTV raccolte ieri», ha detto Varadkar. “Modernizzeremo le nostre leggi contro l’incitamento all’odio e all’odio in generale”.

 

«Abbiamo bisogno di leggi per poterli perseguire individualmente… La colpa è loro e noi le otterremo», ha aggiunto il Varadkar.

 

«Siamo un Paese di migranti. Siamo andati in tutto il mondo come popolo», ha insistito. «I nostri servizi pubblici non funzionerebbero senza la migrazione. Non ci sarebbe nessuno che si prenderebbe cura dei malati o degli anziani, sicuramente non abbastanza persone».

 

Le osservazioni di Varadkar che denigravano l’indignazione per l’accoltellamento più che per l’accoltellamento stesso erano così stonate che persino il CEO di Tesla Elon Musk ha concluso che il primo ministro irlandese «odia il popolo irlandese».

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Al momento dell’attacco, in cui è stata ferita una donna e dei bambini, i media mainstream – inclusa la britannica BBC – hanno negato che il sospetto fosse un immigrato, dicendo che quelle erano solo «voci» messe probabilmente in giro dall’estrema destra, mentre a loro risultava che il presunto accoltellatore fosse invece un «cittadino irlandese».

 

Il che tecnicamente è pure vero: il sospetto, 50 anni, ha infatti ottenuto la cittadinanza 20 anni fa, ma si tratterebbe di un algerino che non si è mai integrato in Irlanda; secondo quanto dicono alcune testate, sarebbe invece vissuto sempre alle spese dello Stato irlandese senza lavorare.

 

Leo Varadkar, figlio di padre indiano, è il primo premier irlandese dichiaratamente omosessuale. Il suo partito, il Fine Gael, è il più partito irlandese rappresentato a Bruxelles, ed è infatti considerato come decisamente europeista. Il Fine Gael, che si definisce liberal-conservatore e pure cristiano-democratico, nel 2014 lavorò alacremente per la campagna di modifica della Costituzione del 1937 affinché fosse inserito il comma secondo cui «il matrimonio può essere contratto per legge da due persone, senza distinzione di sesso».

 

Intervistato da Tucker Carlson, l’ex stratega di Donald Trump Steve Bannon, lui stesso di origini irlandesi, ha definito la situazione del Paese come «una polveriera», sottolineando come Varadkar e i politici siano totalmente divorziati dalla realtà e completamente venduti agli ordini della UE.

 

 

Gli oltre centomila immigrati presi a carico da Dubino in un anno, su una popolazione totale del Paese di poco più di 4 milioni di abitanti, danno l’idea della catastrofe demografica in corso, al punto che, come sottolinea Carlson, parlare di progetto di sostituzione etnica è l’unico modo per descrivere il fenomeno.

 

Secondo voci, il marzialista UFC McGregor, popolarissimo nella società dell’Eire, potrebbe scendere in campo e lanciare una sfida alla classe politica oramai lontana dalla realtà.

 

Nel frattempo, secondo il progetto di legge di Varadkar, non solo il campione potrebbe finire in galera, ma pure chiunque altro abbia sul proprio telefonino un meme considerato (da chi?) come hate speech.

 

L’Irlanda, patria delle oscure trame fiscali dei colossi tecnologici americani per i loro affari europei, potrebbe rappresentare il futuro che tocca a tutti noi: la convergenza Stato-multinazionali che predica Davos, con effetti mostruosi sulla popolazione, come quello di punire chiunque sia in disaccordo con le politiche di immigrazione – cioè, di sostituzione etnica – implementata dal governo nazionale e supranazionale.

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Cina

Arresti per le frodi on line: la Birmania estrada in Cina 31 mila persone

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il bilancio provvisorio dall’inizio della collaborazione a settembre fra forze dell’ordine dei due Paesi contro le truffe nelle telecomunicazioni. Al centro dell’inchiesta 63 presunti «finanziatori» e capi criminali che avrebbero truffato cittadini cinesi per «somme ingenti» di denaro. La guerra fra militari golpisti e milizie ribelli nella ex-Birmania alimenta il fenomeno.   Le autorità del Myanmar hanno consegnato alla Cina 31mila sospetti arrestati per frode nel settore delle telecomunicazioni da quando, nel settembre scorso settembre, le forze dell’ordine di entrambi i Paesi hanno avviato un giro di vite sulle truffe online.   Secondo quanto riferisce in una nota il ministero della Pubblica sicurezza, che ha rilanciato oggi la notizia, fra le persone finite al centro dell’inchiesta vi sono 63 presunti «finanziatori» e capi di organizzazioni criminali che avrebbero truffato cittadini cinesi per «somme ingenti» di denaro.  «La repressione – ha proseguito la dichiarazione ministeriale – ha ottenuto risultati significativi nella lotta».   Secondo i media statali di Pechino ogni giorno più di 100mila persone sono coinvolte in frodi nel settore delle telecomunicazioni in almeno mille centri votati alla truffa in Myanmar, nell’area confinante con il sud-ovest della Cina, che ha alimentato il fenomeno degli «schiavi del web».   Un traffico di enorme portata già denunciato a più riprese in passato e che può contare anche sulla situazione di tensione che si è creata nella zona di frontiera fra i due Paesi, a causa del conflitto in atto fra esercito legato al regime golpista birmano e gruppi ribelli.   La polizia cinese ha iniziato a reprimere le frodi a settembre, lanciando quelli che ha definito «attacchi rapidi» alle bande criminali in Myanmar. La settimana scorsa il capo di una banda criminale in Myanmar si è suicidato mentre era in fuga dalle autorità del Paese e tre membri della sua banda sono stati consegnati in un secondo momento alle autorità.   A causa dell’aumento delle truffe nel settore delle telecomunicazioni in Myanmar ai danni di cittadini cinesi, il vice-ministro degli Esteri Nong Rong ha visitato il Paese a novembre, sottolineando l’asse fra Pechino e Naypyidaw nel combattere la criminalità transfrontaliera.   Nel mirino vi sono non solo le truffe, ma pure il gioco d’azzardo on-line. L’alto funzionario cinese ribadisce il sostegno al Myanmar nel tentativo di mantenere stabili i confini, a fronte di una escalation militare nella ex-Birmania vista con preoccupazione da diverse nazioni nell’area.   L’esercito al potere in Myanmar sta affrontando attacchi su più fronti nelle terre al confine, mentre un’alleanza di gruppi di insorti appartenenti a minoranze etniche si combina con i combattenti pro-democrazia per sfidare il governo emanazione della giunta miliare.   Al riguardo, il ministero cinese degli Esteri sottolinea il ruolo «costruttivo» di Pechino nel «promuovere i colloqui di pace e sollecitare le parti interessate a mettere al primo posto gli interessi del popolo, al cessate il fuoco e a porre fine alla guerra il prima possibile».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Internet

Mosca inserisce il portavoce di Meta-Facebook nella lista dei ricercati

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Andy Stone, portavoce del conglomerato Meta tech, che possiede Facebook, Instagram e WhatsApp, è stato inserito nella lista dei ricercati in Russia, secondo il database del Ministero degli Interni del Paese.

 

Le agenzie Izvestia, RIA Novosti e altri media russi hanno riferito domenica che il nome di Stone ora può essere trovato nel database. Nel suo fascicolo si legge che il cittadino statunitense è ricercato per un procedimento penale, ma non rivela ulteriori dettagli.

 

Meta è stata etichettata come un’organizzazione estremista in Russia poco dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina nel febbraio 2022. Le sue app, Facebook e Instagram, sono state bloccate nel paese per aver consentito incitamenti all’odio contro cittadini russi e per aver distribuito contenuti ritenuti falsi riguardo l’esercito di Mosca. WhatsApp ha evitato le restrizioni perché classificato esclusivamente come strumento di comunicazione.

 

Nel marzo 2022, Reuters ha riferito, dopo aver esaminato le e-mail interne di Meta, che la società aveva deciso di allentare temporaneamente le sue regole in alcuni paesi per consentire agli utenti di Facebook e Instagram di incitare alla violenza contro i russi e i soldati russi nel contesto dell’operazione militare del Paese in Ucraina.

 

Si prevedeva inoltre che le richieste di morte del presidente russo Vladimir Putin e del suo omologo bielorusso Alexander Lukashenko venissero legittimate, secondo l’agenzia.

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Su Twitter, Stone ha risposto alla notizia, definendola «sensazionale» e spiegando la posizione di Meta sulla questione.

 

«Come risultato dell’invasione russa dell’Ucraina, abbiamo temporaneamente concesso spazio a forme di espressione politica che normalmente violerebbero le nostre regole, come discorsi violenti, come “Morte agli invasori russi”», ha scritto il portavoce. «Non permetteremo ancora inviti credibili alla violenza contro i civili russi», ha aggiunto.

 

Il gigante informatico ha anche cercato di smorzare i toni, con il presidente degli affari globali di Meta, Nick Clegg (ex ministro degli Esteri britannico), che ha affermato che la misura mirava esclusivamente a dare agli ucraini la possibilità di sfogare la loro rabbia nei confronti delle azioni della Russia.

 

Come scrive RT, la politica dell’azienda statunitense è stata criticata anche dal segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, che ha affermato che tale linguaggio è «inaccettabile» in qualsiasi contesto.

 

Il giorno successivo al rapporto della Reuters, il comitato investigativo russo ha annunciato di aver avviato un procedimento penale «in relazione alle richieste illegali di omicidio e violenza contro cittadini russi da parte dei dipendenti di Meta». L’agenzia ha affermato che fornirà una valutazione giuridica delle azioni di Stone e di altri dipendenti del colosso tecnologico statunitense.

 

Secondo gli investigatori, la loro condotta avrebbe potuto violare gli articoli 280 e 205.1 del codice penale russo, che comprendono gli appelli pubblici ad attività estremiste e l’assistenza in attività terroristiche.

 

Come riportato da Renovatio 21, a Mark Zuckerberg e alla sua azienda ad un certo punto era arrivata gratitudine direttamente dal presidente Zelens’kyj, che ringraziò per l’aiuto nello «spazio informativo» della guerra: un riconoscimento neanche tanto implicito dell’uso fondamentale dei social come arma bellica.

 

(Consigliamo al lettore che non l’abbia già fatto di leggersi l’articolo pubblicato da Renovatio 21 «Le origini militari di Facebook»).

 

In questi mesi Kiev ha dato al suo governo i poteri di limitare i media, bloccare siti web e perfino di «dare ordini» alle società Big Tech.

 

A inizio anno Meta, aveva invertito la sua precedente politica di etichettare il famigerato battaglione neonazista Azov come «organizzazione pericolosa». L’impegno a cambiare la politica, si scrisse, era stato presumibilmente fatto ai funzionari ucraini da Nick Clegg e Monika Bickert, capo della gestione delle politiche globali di Facebook, durante il World Economic Forum di Davos.

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